Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: il Tong Len, prendere e dare.

Ghesce Tenzin Tenphel: Evitiamo di dare la colpa agli altri. Ma gli altri hanno un ruolo molto marginale nel causare i nostri eventi interni, ma non posso consegnare le chiavi del mio malessere o felicita agli altri.

Ghesce Tenzin Tenphel: Evitiamo di dare la colpa agli altri. Ma gli altri hanno un ruolo molto marginale nel causare i nostri eventi interni, ma non posso consegnare le chiavi del mio malessere o felicita agli altri.

Insegnamenti del Venerabile Lama Ghesce Tenzin Tenphel al Centro Studi Cenresig di Bologna, dall’11 al 12 maggio 2013, sul tema Come Praticare il Prendere ed il Dare con il Respiro: . Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, del Centro Sangye Cioeling di Sondrio, il cui nome è stato conferito da Sua Santità il Dalai Lama. Traduzione dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti, che si ringrazia.

Il prendere e dare, in tibetano tong len, era in origine una tecnica segreta resa poi nota da uno dei principali Lama Kadampa il quale, dopo aver ricevuto la trasmissione di queste istruzioni provò la meditazione per alleviare le sofferenze dei lebbrosi. I risultati benefici della meditazione nei confronti degli ammalati, spinsero il lama a diffondere l’insegnamento rendendolo di pubblico dominio. Il tong len è una tecnica di meditazione molto importante per lo sviluppo della mente altruistica e per la generazione di bodhicitta. Con questa tecnica che parte dalla generazione di equanimità nei confronti di tutti gli esseri, amici, nemici e neutrali, il meditatore si appropria delle loro sofferenze sia fisiche che mentali in modo da distruggere la mente egoistica che si afferra all’”io”. La fase successiva della meditazione consiste nel dare a tutti gli esseri amore, felicità e benessere, liberandoli da ogni tipo di condizionamento negativo. Questa tecnica è molto utilizzata nel buddhismo mahayana e consigliata spesso da sua Santità il Dalai Lama e da molti qualificati maestri come anche venerabile Lama Zopa Rinpoce, in casi di malattie fisiche o sofferenze di altro tipo che interessano la propria persona o altre a noi care e anche per ridurre l’avversione verso qualcuno.

Ven. Gheshe Tenzin Tenphel, Sabato 11 maggio 2013.

La motivazione di non danneggiare e di essere di beneficio agli altri deriva dall’aver adeguatamente riflettuto e meditato. Tutti quanti di base desideriamo essere felici, ma quella felicità che desideriamo, ma sembra non venire, perché sembriamo troppo focalizzati su noi stessi.

Qual’è il problema? Perché pensiamo solo a noi stessi!

È perché abbiamo invece bisogno degli altri, per tutto ciò che è il sostentamento della nostra vita, dipendendo da queste persone, staremo meglio se appunto intesseremo buone relazioni. Se invece continuiamo ad essere ossessionati solo da noi stessi, si crea in noi un’attitudine d’isolamento e non ci si fida mai degli altri e ciò porta ad ulteriori frustrazioni e conflitti.

Tantissimi problemi immediati che abbiamo nella nostra vita dipendono da questo modo di pensare. Nessuno di noi non ha problemi, è esente da colpa, da sofferenza. Anche solo pensando che siamo tutti uguali, comprendiamo subito che e’ assurdo avere ostilità verso gli altri. Se anche pensiamo: sulla base che tutti siamo uguali, che beneficio abbiamo dal danneggiare gli altri? A livello immediato con l’aggressività è possibile ottenere magari qualcosa, ma poi se danneggiamo gli altri, non avremo più amici, ma nemici, avremo tutti contro.

E, continuando con questa attitudine egoistica, quanta felicità ne trarremo?

Ad esempio, il solo pensiero di nuocere l’altro, ha forse un effetto negativo verso l’antagonista? È in grado di nuocergli? No, ha solo l’effetto di farci del male, perché ci rende preoccupati.

Siamo frustrati perché non è avvenuto niente, perché non ci sono state conseguenze negative sul nostro avversario. Fin quando siamo in amicizia con gli altri e a quella persona vanno bene le cose siamo contenti della sua amicizia. Ma quanto ci fa del male, tutte le amicizie ed il successo degli altri ci diventano antipatici. Il nostro pensiero malevolo, non solo non è di danno per chi vogliamo colpire, ma fa del male solo a noi stessi. Solo sulla base d’aver compreso quelle ragioni, quando allora si medita: a cosa serve rimanere col pensiero vacuo? Solo a rilassarsi in quel momento: cosa serve? Non è forse vero che tutti i problemi ce li troviamo lo stesso? Infatti, i pensieri che non vanno bene, quelli negativi, ci sono ugualmente nella nostra mente. Ed emergono alla prima occasione. Sono possibili, si in certi momenti in cui ci vogliamo rilassare, ma la meditazione è il giusto modo di pensare. Se invece riflettiamo in modo corretto, che vantaggi e svantaggi abbiamo dal pensiero che danneggia gli altri? Piano piano dobbiamo comprendere che è completamente inutile ed assurdo avere quei pensieri di danneggiare gli altri.

Cosa non vogliamo? La sofferenza. Ma è sempre presente.

Allora, se è cosi, c’è sempre un qualcosa che nella nostra mente non va bene, che deriva dal fatto di non mantenere la mente sotto controllo, da cui derivano tantissime situazioni negative. Dobbiamo perciò sempre mantenere il costante controllo della nostra mente, anche se lo facciamo nell’ambito di confini d’isolamento quando meditiamo. Se nutriamo ancora la fantasia d’essere dei bravi meditatori, dobbiamo ricrederci, perché è solo orgoglio, non un modo corretto di pensare. È estremamente importante tenere la mente sotto controllo, come? Esercitando il più possibile consapevolezza ed introspezione.

Se penso: “Sto conducendo la mia vita il meglio possibile, ma il pensiero discorsivo nella mente non si ferma sempre”. Se andiamo a guardare: sono emozioni disturbanti. Dobbiamo renderci conto di questo tipo di realtà nella nostra mente, dobbiamo rendercene conto per cambiarlo. Le malattie stesse hanno a che vedere col nostro modo di pensare. Più siamo calmi, pazienti e soddisfatti, meno avremo problemi, anche di salute.

Fondamentale è cambiare un certo tipo di modo di pensare, quello che nella realtà non è legato a nessun valore. E, quando ce ne rendiamo conto, non sarebbe nemmeno tanto difficile da rimuovere. Non è che tutti tutti hanno questi problemi. Magari qualcuno non li ha. Ma c’è un livello superficiale di pensieri che è di gran danno, verso cui siamo indifferenti. Ma, se non vogliamo toccare quegli stadi mentali che ci fanno continuamente rimanere nelle emozioni disturbanti, se allora vogliamo procedere sulla via del darma senza averle rimosse, si rivelerà impossibile farlo. Ci sono tantissime situazioni aggravanti nella nostra vita, che dipendono da questo atteggiamento superficiale. Tipo: “Basta, ora vado a meditare, vado a Pomaia, vado ad ascoltare i maestri”. Di tutte queste situazioni, verso cui siamo completamente indifferenti, dobbiamo rendercene conto, altrimenti non avremo ottenuto nulla. Finché non cambiamo fin dalla superficie il nostro modo di pensare, la nostra mente non andrà mai bene.

Voglio raccontarvi una storia, che può avere attinenza con quanto accade in Italia. Un zurighese era piuttosto stressato, e pensò: “È meglio che mi ritiri in un luogo isolato”. Cosi comprò un terreno nella campagna torinese, in un posto più tranquillo ed isolato. Poi lo ritrovai anni dopo in un incontro che feci in un centro indù a Torino. Cosi mi raccontò d’essere molto infelice perché era solo e non aveva più nessuno con cui parlare. Cosi gli spiegai che tutto dipendeva solo dalla sua mente.

È la nostra realtà di incontrare situazioni difficili e complicate. E, di sicuro dobbiamo andare a riflettere sulle ricadute dei nostri pensieri su noi stessi e sugli altri.

Qual’è il modo corrente di pensare? Quali sono le modalità con cui sosteniamo le nostre ragioni verso un qualcuno?

Semplicemente: “Penso male di quella persona, perché c’è”. Ma non è che il problema cessi d’esistere quando quella persona se ne va, non la vediamo più. Pensiamo a quante ore di sofferenza che ci siamo creati se in treno, ad esempio, ci siamo convinti che quella di fronte a noi è una persona negativa e quindi nutriamo ostilità verso di essa. Ad esempio, quando qualcuno fa un qualcosa di strano, siamo sconcertati. Perché? Ma, se ci pensiamo, non c’è nessuna buona ragione per prendersela. La prima cosa da fare è riflettere ed eliminare tutte le situazioni in cui noi stessi danneggiamo noi stessi. Pensiamo anche solo alle esperienze che abbiamo in questa vita: i problemi che sorgono non hanno un fine. Perché, dopo un problema ne sorge un altro.

Specialmente nel contesto della pratica, dobbiamo cambiare dentro di noi.

Non abbiamo fatto di tutto per porre termina ad un qualcosa che non ha fine. In generale tantissimi problemi sono generati dall’umanità stessa. Altrimenti, se riusciamo a porre rimedio ai nostri problemi, riusciremo ad eliminarne tantissimi. Dobbiamo cambiare gli aspetti negativi. Se riflettiamo e facciamo un’analisi intelligente e sincera, comprenderemo come i problemi della nostra vita dipendono dal nostro modo sbagliato di pensare. Per quanto riguarda la nostra realtà, fisica o mentale: qual’è la più importante. Senz’altro la mente. Che è il fattore principale. Se, altrimenti, non ci prendiamo affatto cura della mente, dove arriviamo? Cosa succede se lasciamo andare la mente cosi come è, la mente si aggrava, l’emotività costante incide continuamente sulle nostre sofferenze. Vediamo costantemente degli individui che hanno continuamente problemi, e se la mente è lasciata completamente in preda alle emozioni disturbanti, con conseguenze nefaste sul nostro fisico, che degenera, si debilita e la vita s’accorcia. Noi tutti vorremmo avere una vita lunga con pochi problemi e malattie, e cosa ci fa la rabbia? Cos’è che ci crea problemi e malattie e ci accorcia la vita? E lo conferma la scienza medica: la rabbia ci divora il sistema immunitario, quello che sostiene la salute.

Ma chi sviluppa e si addestra alla compassione, proprio perché significa prendersi cura degli altri, li abbraccia tutti, comprende tutti quanti ed acquisirà lungimiranza, il che è provato dagli studi presentati anche da non molto di recente dalla letteratura medica. Se volete avere una lunga e sana vita, cercate d’essere altruisti e di esprimere amore e compassione. Quella è la vera vita. Non solo: le presone che sono state analizzate scientificamente sono state messe in condizione di rivelare che più si sviluppa consapevolezza più si sviluppa pazienza, sulla base di vero amore e compassione, mentre più è forte l’amore verso gli altri, più sarà intenso il pensiero altruistico di beneficio per gli altri. Questa è la base per il ton len. L’inizio è la pazienza.

Quindi. fondamentale è avere una mente paziente. Innanzitutto, chiediamoci: cosa significa avere una mente paziente? Infatti, moltissime persone pensano che avere pazienza, essere pazienti, significa non mostrare la nostra o loro rabbia interiore. Ma quella non è pazienza. Perché la rabbia è già sorta e quella persona è gai arrabbiata. Il che non va assolutamente bene e la repressione della rabbia causa problemi fisici al cuore.

Butta tutto fuori senza covarlo dentro. Tra tutte le cose più importanti, la più importante è di non tenere dentro di quel tipo d’emozione negativa che covate. Quando abbiamo un conflitto, l’attitudine mentale che cova rancore è la nostra rovina. Se invece andiamo ad analizzare, chiedendoci, cosa è successo, cosa ho ottenuto, andiamo a vedere che la ragione valida, è completamente priva di ragioni. Se poi in retrospettiva, ripensandoci, ci vergogniamo, ci sentiamo imbarazzati dal solo pensiero d’incontrare quella persona.

Andando a riflettere, chiediamoci, con chi avvengono i conflitti? Coi nostri amici, le persone più vicine. Ma lo vogliamo? Non vogliamo forse essere in armonia. E sarà così impossibile avere armonia nel mio cerchio familiare, tra i miei amici familiari. Invece sono cosi poche e rare le circostanze in cui ci arrabbiamo col cosiddetto nemico. Perché ben difficilmente avremo la possibilità di incontrarlo. Ma gli oggetti della nostra rabbia finiscono per essere coloro che ci sono sempre vicini. Perché non accade ciò che desideriamo sempre.

La colpa è la mancanza di pazienza. Perché non ci prendiamo cura gli uni degli altri e, nel momento in cui succede un qualcosa che non è in accordo con ciò che desideriamo, ci arrabbiamo, anche coi nostri genitori.

Ciascuno di noi dipende dagli altri. E, proprio perché dipendiamo dagli altri, dobbiamo essere in armonia con gli altri. E questo modo d’essere a chi è di beneficio? A noi stessi! Ed avremo tanti amici. E di chi è questa responsabilità? Di tutti noi! E poiché siamo i primi a ricevere questo beneficio ce ne dobbiamo far carico e realizzare la pazienza.

Pazienza significa mantenere la mente calma di fronte a qualsiasi situazione che si presenti. Sia che siamo pazienti o meno, i problemi arrivano. E se abbiamo pazienza, cosa succede? Quel tipo d’attitudine mentale si rafforza, all’opposta, se la pazienza è poca, qualunque tipo di condizione incontreremo ci disturberà, e ci arrabbieremo anche in circostanze che vengono normalmente considerate positive. Perché la mente viene in quel momento a tanta sofferenza che precipita nell’afflizione, nella rabbia.

Cominciate ad esercitare la pazienza su qualcosa di piccolo, altrimenti la mente quasi malata non sarà in grado di reggere. Iniziamo da un qualcosa di limitato e non lasciamo che la rabbia diventi una reazione abitudinaria. Cosi, esercitandoci, la pazienza diventerà sempre più forte e più la pazienza s’incrementerà meno saremo di danno agli altri. Ci sono tantissimi di questi modi di pensare e questi sono immediati, e su queste piccole situazione possiamo benissimo fare qualcosa.

Se qualcuno ci danneggia, come dobbiamo fare per essere pazienti? Come dobbiamo elaborare il modo di pensare?

Pensando che il danno della persona che ci danneggia è un’opportunità per sviluppare la pazienza.

Chi ci fa perdere quell’opportunità?

Siamo noi stessi a perdere quell’opportunità. E dobbiamo arrabbiarci con noi stessi se perdiamo quell’opportunità. È come se lo facesse per noi, per il nostro beneficio, per offrirci un opportunità. Questo è il modo di cambiare il nostro modo di cambiare il nostro metodo di pensare e di realizzare la pazienza.

Cosa ci rende in grado di realizzare i benefici della pazienza? Qualcuno che ne è l’oggetto.

Questo è solo il modo giusto di pensare in accordo alla realtà. Come potremmo addestrarci nella pazienza se non ci fossero queste opportunità? Sia che siete pazienti o no dovrete affrontare delle difficoltà.

La pazienza porta a grandi risultati, specialmente a lungo termine.

L’immolarsi per alcuni è una sofferenza molto minore che rimanere continuamente sotto la capa del terrore cinese. Moltissimi sono in prigione, quando ne escono sono malridotti, e la maggior parte muore dopo un mese o due in ospedale. Non sono situazioni piacevoli se mi metto a raccontarvele.

Realisticamente parlando, anche se ci sono delle condizioni esterne che agiscono, quelle sono solo condizioni per cui, se non vuoi danneggiare costantemente te stesso, devi evitare quegli atteggiamenti, continuamente, altrimenti ti rivolterai su te stesso instancabilmente. Se hai veramente affetto per te stesso è lì che devi andare a cambiare.

Compassione è quel desiderio che tutti siano liberi dalla sofferenza. Alcuni l’hanno grande o piccolo, ma questo desiderio lo nutrono tutti. Cerchiamo di capire cos’è il vero affetto per se stessi. Cos’è dare vero affetto? Quando l’hai compreso su te stesso, allora lo comprendi sugli altri e comprendi che quella è vera compassione.

Come funziona la meditazione del tong len?

Pensa di prendere su di te le sofferenze degli altri.

Il tong len è basato sul vero affetto, sulla compassione per gli altri. È prendere: sulla base di vedere gli altri sulla base di genuina compassione. Cos’è la compassione genuina? L’affetto che desidera che gli altri siano liberi dalle sofferenze. E l’amore genuino? Il desiderio amorevole che gli altri conseguano la felicità. Altrimenti questa compassione non sorge. Coloro che veramente praticano il ton len usano tutti i problemi e malattie per toglierli agli altri. Non devo pensare di praticare il tonlen per me stesso quando mi ammalo, non per pensare d’avere un mio beneficio. Occorre pensare effettivamente agli altri. Perciò è indispensabile avere un affetto genuino per gli altri, perciò se non posso avere affetto per me stesso, come posso esprimerlo per gli altri? L’addestramento tonlen si può generare prima di generare compassione.

Come? Riflettiamo la realtà di sofferenza, spingiamoci a generare almeno il pensiero: “Ah come sarebbe meraviglioso se questi esseri non soffrano”. Se, ad esempio, andiamo a trovare un nostro amico ricoverato in ospedale e vedete i vicini di letto che soffrono, e generate l’attitudine che gli altri non soffrano, in quel momento stiamo imboccando una strada meravigliosa. Perché si possa effettivamente ricevere la sofferenza degli altri, ne occorre la maturazione. Occorre una vera attitudine genuina, al 100 per cento occorre essere in quella direzione. Quel tipo di mente sorge in quella persona che si sta addestrando. Ma sono proprio pronto a prendere su di me le sofferenze per liberare gli altri esseri dalla sofferenza? Allora dobbiamo aiutare gli altri a pensare nel modo giusto. Come fare? Proprio per quella motivazione sorge la capacità di voler diventare un essere illuminato.

Ho incontrato un ragazzo indiano senza gambe, e con una borsa di studio andò negli USA ed arrivo tra i primi cinque, ed una settimana prima che arrivassi, avevano preparato tutto.

Domenica 12 maggio 2013

Esprimiamo dal profondo del nostro cuore la motivazione di beneficiare indistintamente tutti gli altri esseri.

La ragione per cui continuiamo a soffrire, nonostante che non lo desideriamo, è che la mente è sottomessa al controllo delle emozioni distruttive. Ma non basta limitarsi a fare delle preghiere e pregare ed auspicare di non soffrire. Non basta. Se poi praticate il darma e chiedete al lama di fare delle preghiere, anche questo non basta. E non vi sto sconsigliando di farlo. La cosa principale da fare è di riconoscere le cause della sofferenza e sforzarsi così di cambiarle. Non vuol dire che, nel momento in cui cercheremo di progredire spiritualmente, avremo risolto tutti i nostri problemi. E non pensate di non incontrar più delle persone malvagie. Anche queste le incontrerete. Basta un minimo disappunto per far sorgere sofferenza fisica, proprio per questo è necessario impegnarsi a pacificare la mente, ma questo non significa che cessi la sofferenza mentale. Se incontrassimo solo gente positiva e non avessimo ostacoli, allora a cosa servirebbe la pratica spirituale? Dato che ci sono situazioni sfavorevoli di tipo fisico, se permettiamo che queste afflizioni ci colpiscano anche dal punto di vista fisico, cosa ci resta da fare? Tutte queste sofferenze ci colpiscono e, se non facciamo nulla per impedirlo, permettiamo che a sofferenza si sommi altra sofferenza.

Siamo tutte persone piuttosto intelligenti e siete capaci di riflettere, e se vogliamo capire, ci riusciamo: di tutte queste cause esterne che ci causano sofferenza, qual’è una delle condizione maggiori di sofferenza? La posso cambiare, o no? Si, il corpo è impermanente, cambia ad ogni istante, ma la sua natura è quella della sofferenza, e non lo possiamo cambiare. Posso cambiare le sofferenze mentali? Si perché posso cambiare il mio modo di pensare, è l’unica cosa che posso veramente cambiare, perché la natura di quei fenomeni è della sofferenza.

Quali sono le cause della sofferenza che possiamo cambiare e quelle che non possiamo cambiare? Possiamo fare esercizi, mangiare cibi sani, evitando quelli scadenti, ma non posiamo cambiare radicalmente la situazione del corpo, possiamo agire temporaneamente con dei palliativi, ma, dal punto di vista fisico, non possiamo cambiare quelle situazioni, le dobbiamo perciò accertare. Cos’è che vorremmo? Una realtà completamente diversa. Nessuno vorrebbe invecchiare, ammalarsi. Ma non sosteniamo il nostro corpo ingerendo molti cibi controindicati. Ma quel che è peggio è dal lato mentale, perché la mente è disturbata, irascibile, il che non fa altro che disturbare la nostra salute fisica, il che ci farà invecchiare più velocemente e la nostra vita diventerà più breve. Osserviamo quel che desideriamo e quel che effettivamente succede. Succede esattamente l’opposto di quel che desideriamo. Per praticare abbiamo bisogno d’essere in salute. Solo successivamente, è quando progrediremo che le nostre condizioni non saranno più tanto importanti. Se andiamo a vedere la natura della mente, della coscienza mentale, quello che pensa, la sua natura è luminosa e cognitiva, perché riflette e comprende gli oggetti. Ma le emozioni distruttive non fanno parte della natura della mente. Sono modi di vedere errati. Non hanno un sostegno reale, non hanno validità, comprendono la realtà in modo completamente sbagliato e si possono eliminare. La mente per natura ha la capacita d’espandersi all’infinito, sì proprio per natura. E quel fenomeno può cosi espandersi all’infinito. Tutte le coscienze, gli aspetti cognitivi validi, che hanno un riscontro con la realtà, possono espandersi all’infinito. Mentre le capacita verbali, fisiche, le prestazioni degli atleti, hanno un limite invalicabile. Le coscienze mentali non vanno cosi, non hanno limiti.

Cosa dobbiamo veramente addestrare?

La mente, perché è l’unica cosa che ho.

Abbiamo parlato della realtà, dei nostri problemi, delle sofferenze e delle sue cause. La coscienza mentale è luminosa per natura e può espandersi all’infinito ed è possibile comprendere le cause della nostra sofferenza. Queste sono le cause del ton len.

Se comprendiamo le situazioni di base delle nostre sofferenze, questa potenzialità di sviluppo infinito, quando su questa base si vedono le sofferenze, si genera empatia verso gli altri, ed è su questa base che la pratica del ton len ha significato.

Ed è proprio cosi, si continua a soffrire per un certo qual modo di pensare. Sono comportamenti negativi completamente inutili. E questi mi faranno compassione: sì, quelli che si arrabbiano ed ora non li vedo in modo ostile, ma come esseri sofferenti che mi fanno tanta pena.

Ad esempio, pensiamo quali sono gli oggetti verso i quali abbiamo compassione? Sono quelli immersi nel dolore.

Ma quelli che sembrano avere tanto potere, condizioni favorevoli, che fanno male agli altri, non ricevono un briciolo della nostra compassione. Ma pensate che siano felici? Per nulla! La loro mente è oscurata, stanno accumulando tantissime sofferenze, stanno anche esaurendo un certo tipo di condizioni e stanno accumulando tantissima sofferenza: quindi si genererà amore ed empatia per quelle persone. Allora, se ci riflettiamo, non esiste nemmeno un essere ordinario che non meriti amore e compassione. Dobbiamo cosi rivolgerci su noi stessi. Siamo qui per praticare il tonlen.

Innanzitutto vediamo come affrontiamo la sofferenza.

Tutti noi non vogliamo soffrire. Quale sofferenza non vogliamo? Il dolore, il malessere, è quel che non vogliamo.

Cose l’amore e la compassione?

Se siamo soddisfatti di liberarci dal dolore, siamo in grado di generare amore e compassione per tutti gli altri? Se non riusciamo ad andare oltre, siamo quindi limitati dall’esperienza della sofferenza. Quindi la risposta è no.

Il ton len è una pratica molto potente, la cui efficacia dipende dall’energia d’ognuno.

Più abbiamo sviluppato la mente di compassione, più avremo la mente calma e vedremo gli altri in un’ottica molto positiva. Ciò che impedisce lo sviluppo della compassione è la rabbia, l’odio, il cui antidoto principale è la pazienza. La rabbia dipende da tutti gli stadi mentali di malessere, che sorgono dalla frustrazione dei nostri desideri, dai desideri irrealizzati e da tutto ciò che riteniamo sia nostro, stia dalla nostra parte, ci appartenga, che crei quindi una divisione, una frattura tra noi e gli altri.

Se veramente siamo capaci di pensare in modo realistico, allora non sorgerebbero i malesseri mentali che causano la rabbia, è quindi l’ignoranza di non comprendere la realtà che ci fa insorgere rabbia ed odio.

Cos’è la realtà?

Tantissimi avvenimenti positivi e negativi, desideri, realizzazioni e delusioni, queste sono le nostre esperienze: positive o negative, e ci sono tante persone cui piaciamo e cui siamo invece antipatici, sono aspetti della nostra realtà e comunque sono la realtà in cui siamo calati. È la nostra esperienza che ci fa continuamente incontrare esperienze positive e negative. Quando incontriamo delle condizioni avverse e quando, invece di lodi, riceviamo offese, quando i nostri piani non funzionano, non siamo contenti e ci arrabbiamo contro quelle condizioni. Specialmente nelle nostre relazioni, quando ci sono conflitti coi nostri partner e generiamo tantissima rabbia e malessere mentale. La mente così diventa agitata, spazientita, e più è agitata e meno è pacifica, e meno siamo in grado di tenerla sotto controllo. E, quando ciò sorge, la sua condizione mentale diventa sempre peggiore e non vogliamo soffrire. È una reazione a catena: dalla mente afflitta ne deriva la mente insoddisfatta, da cui scaturisce la rabbia. E, qualunque sia la situazione che dobbiamo affrontare, ciò ci porterà effetti negativi, anche sulla nostra salute fisica e ci danneggia la vita. Lasciamo perdere la pratica e meditazione ton len, la verità è che abbiamo difficoltà a portare avanti anche le piccole cose della vita quotidiana.

Pensate che tutto ciò corrisponda al vero?

Quindi è meglio accettare, accettare la nostra situazione, accettare ciò che ci capita, accettare la sensazione che deriva da una situazione sfavorevole o che crediamo sfavorevole.

Siamo stati abituati a pensare male e basta una piccola parola per poi continuare a lungo a pensare male.

Non c’è bisogno di pensare troppo, basta poco. Basta un piccolo gesto. Un gesto d’amore e di compassione vale più di mille, cento, un milione di belle parole. Siamo noi stessi a farci più male di quanto ci possano fare gli altri. Quando raggiungeremo almeno una comprensione parziale di tutto ciò, allora sorgerà spontanea in noi la compassione. Se la persona che ci danneggia ha anch’essa una motivazione, perché non sa pensare, anzi, perché pensa in modo sbagliato, allora dobbiamo imparare come pensare bene, a sviluppare buon cuore. Cosi diventeremo più grandi.

Identificare la sofferenza col dolore e limitarci a quella non basta.

Cos’è il desiderio genuino di liberazione?

È quello di liberarci della sofferenza condizionata dalle azioni ed emozioni pervasive. Questa è la sofferenza da comprendere ed è il desiderio genuino di liberazione. Finché le nostre esistenze sono e saranno condizionate dal maturare delle azioni e dalle esperienze distruttive, non saremo in grado di esprimere vero amore e compassione. Se riusciamo a riflettere veramente sulla natura di un esistenza dominata dalle emozioni distruttive, ci renderemo conto di quanto sia impossibile avere esperienze di vera felicità. Ancora di più sorgerà compassione per i malvagi che diventano un oggetto speciale di compassione rispetto agli altri.

A chi è di beneficio il ton len?

Lo è per se stessi, non per gli altri.

Chi genera la grande compassione, diventa una persona straordinaria, che si prende cura di tutti gli altri: è felice. La scienza dice che chi sviluppa più compassione ed empatia per gli altri, ha più ricadute positive sul lobo destro cerebrale che è quello del coraggio, di prendersi delle responsabilità. Viceversa, chi vive nella rabbia avrà influssi sul lobo sinistro e sprofonderà nella rabbia.

Cos’è la rabbia nei sogni?

È un qualcosa di conscio o una rielaborazione? Dipende se si è molto o poco abituati alla rabbia. Si sogna d’arrabbiarsi perché siamo abituati a farlo e ci portiamo la rabbia anche nei sogni, che restano quindi disturbati. I tibetani dicono di non dormire con un coltello vicino, perchè c’è chi si è ammazzato, accoltellandosi da solo.

L’efficacia del ton len dipende dalla capacità delle persone, ma, innanzitutto, dobbiamo accettare la nostra situazione, la pazienza di sopportare le proprie avversità, altrimenti è impossibile praticare amore e compassione. Comunque, la pazienza è una capacita fondamentale per affrontare la realtà. L’addestramento alla pazienza è molto importante: sia che pratichiamo o meno il ton len. La compassione è la disposizione di prendersi cura della persona. La pazienza è l’antidoto alla rabbia. Ma, innanzitutto dobbiamo accettare i nostri problemi e difficoltà, altrimenti non ci sarà possibile progredire nel cammino spirituale. A parte chi ha già sviluppato un certo tipo di qualità e pazienza, dobbiamo iniziare dalle piccole cose, quelle che avvengono costantemente nel giorno, che non le consideriamo nemmeno delle situazioni di rabbia meritevoli da scrutarci. E ci arrabbiamo per piccole cose. La mente concettualizza, elabora anche le piccole cose. Questo tipo di concettualizzazione indebolisce la mente che diventerà piena di dubbi e ne saremo soverchiati. Moltissime di queste situazioni potremmo affrontarle senza arrabbiarci. Se volessimo essere in grado di non arrabbiarci per queste situazioni che potremmo cambiare, queste situazioni scomparirebbero. Altrimenti, rimangono perché non abbiamo usato la nostra intelligenza. Perché mai mi debbo arrabbiare? Se mi muovo in quella direzione posso evitare moltissima rabbia, e pensiamo a quanta più felicita potremmo conseguire. Quindi affrontiamo le situazioni più difficili, più complicate. Non pensate che tutte queste situazioni di rabbia sono dirette verso degli esseri umani. Ad esempio, pensate: “Anche se Ghescelà dice queste belle cose, non ne posso più per il caldo, per la ristrettezza del posto”. Nel nostro percorso dobbiamo trovare un qualcosa di positivo. Ma, se durante la meditazione sono concentrato, ed una volta terminata, se lascio che la mia mente non sia attenta, diventerà infelice. Perciò dobbiamo mantenere la nostra mente attenta, anzi, dopo la meditazione, dobbiamo far sì che sia ancor più attenta.

Cercate di comprendere che, di sicuro, dovremo affrontare problemi e sofferenze.

Se stiamo attenti ai nostri pensieri, se ci sforziamo di comunicarli in modo positivo, allora saremo sulla via giusta, quella della felicità.

Domanda. Potrebbe spiegare la differenza in termini di meditatazione tra amorevole gentilezza e compassione?

Venerabile Ghesce Tenzin Tenphel. Amore è il desiderio di felicita, mentre la compassione è il desiderio di liberazione dalla sofferenza. Sviluppando questo pensiero sorge l’amore e la forza di uno è la forza dell’altro: amore e compassione. Inoltre è vero che il beneficio primario del dare e prendere lo sviluppa chi medita, poi, in rapporto dalle capacita del meditante, è anche possibile una ricaduta positiva sulla persona che lo deve ricevere. Ad esempio, è possibile ricevere un beneficio sulla base del ton len? Si, anche sulla base della cura, della genuina compassione di prendersi cura dell’altro. Sulla base dell’intensità dell’emozione di prendersi cura dell’altro si condiziona la ricaduta positiva su quella persona. Comunque dipende dal modo di pensare della persona malata e che ha bisogno, dipende dalla sua apertura mentale. Essere di beneficio agli altri non è molto semplice. Specialmente per noi esseri ordinari è difficile, ma è comunque possibile portare giovamento.

Domanda. Il tonlen porta karma positivo?

Venerabile Ghesce Tenzin Tenphel. È possibile, dipende dal modo di pensare dell’altro. Specialmente chi è ammalato a volte non vuole vedere chi sta bene. Apprestiamoci ad accettare le nostre sofferenze ed i nostri problemi, dobbiamo essere sempre pronti.

Domanda. È utile fermarsi un attimo per generare pazienza? E fare un respiro profondo per generare pazienza?

Venerabile Ghesce Tenzin Tenphel. Si, ma senza forzare, dipende dal coraggio, l’impegno, la capacita. Non c’è bisogno di studiare, dice qualcuno, basta fare come Millarepa. Ma egli non è un essere comune, il suo comportamento è fuori del comune.

Dobbiamo sempre sforzarci di migliorare i nostri pensieri in modo positivo. Alzarsi di mattino di cattivo umore non è una bella cosa, perché si è iniziata male la giornata e per tutto il giorno ci porteremo con noi questa sensazione negativa.

Sulla base dell’amore e della compassione si fa la meditazione del dare e prendere, e la possiamo realizzare con stadi sempre più specifici e sempre più fortemente quando trasformo il mio modo di pensare, comprendendo che gli altri sono più importanti di me stesso. A questa meditazione devo unire la comprensione della vacuità, per cui diventa molto più potente.