Ma gCig, Mistica Tibetana.

Ma gCig

Ma gCig

Ma gCig, Mistica Tibetana.

  1. Il mondo di Ma gCig

Ma gCig (pron. Ma Cig) fu una yogini1 praticante dello yoga, una mistica2 vissuta in Tibet tra il 1055 e il 1145.

Per entrare nel suo mondo dobbiamo soffermarci a dipingere un quadro del contesto in cui la sua esistenza si svolse: un periodo storico che fu per il Tibet momento di grande fermento spirituale, come vedremo.

Alcuni secoli prima – a partire dal VII° secolo d.C. e fino all’ inizio del IX°l’insegnamento buddhista aveva iniziato ad introdursi in Tibet in quella che viene definita la Prima Diffusione del Dharma. In quell’epoca il Tibet conosceva una situazione di grande espansione (spingendosi fino all’Asia centrale, fino alla Cina occidentale e fino ai paesi Himalayani), basata su una capacità di spostamento e di attacco efficiente e rapida3, e godeva di sicurezza politica sotto il potere centrale di una dinastia di re iniziata dal II° sec. a.C. La Prima Diffusione del Dharma Buddhista in Tibet avvenne ad opera, da un lato, di re divenuti buddisti che invitarono studiosi ed eruditi dall’India e, dall’altro, grazie all’attività di questi stessi eruditi e maestri buddisti. Tra questi ultimi ricordiamo Vimalamitra, Santaraksita, invitato dal re Trisong Detsen, e soprattutto il maestro Padmasambhava che, invitato a sua volta dall’abate Santaraksita, giunse in Tibet nell’VIIIIX secolo e diede l’impulso fondamentale all’introduzione del Dharma Buddhista in Tibet, trasmettendo gli insegnamenti Mahayana (sviluppatisi in India fin dal I° sec. d.C.) e gli insegnamenti Vajrayana -Veicolo di Diamante-, la forma tantrica del buddhismo così come era venuta sviluppandosi attraverso la tradizione degli ottantaquattro MahaSiddha (Grandi

Realizzati) a partire dall’inizio del VII° secolo nel nord dell’India.4 Padmasambhava è sempre stato considerato dal popolo del Tibet un secondo Buddha perché fu per il Tibet ciò che il Buddha Sakyamuni più di mille anni prima era stato per l’India: stabilì in modo decisivo le radici buddhiste in Tibet, costruì il primo monastero, quello di Samye, il quale fu il centro propulsore a partire dal quale il Dharma buddhista si diffuse in tutto il Tibet, mentre numerosi testi di sutra e tantra venivano tradotti in lingua tibetana. La linea di trasmissione che risale al maestro Padmasambhava è ancora viva attualmente, conosciuta sotto il nome di Nyingmapa, la scuola antica, e conta numerosi importanti maestri e realizzati a tutt’oggi.

Dopo questo periodo di grande fervore, subentrò, fin verso la metà del X° sec., un breve periodo di persecuzione del Buddhismo che, tuttavia, rimase vivo in forma sotterranea e poté rifiorire dopo la morte del re che gli era ostile (questa morte chiude anche la dinastia dei Grandi Re iniziata nel II° a.C.).

Arriviamo così al periodo che ci interessa più da vicino: i secoli XI°- XII°. Questo è il periodo detto della Seconda Diffusione del Dharma, periodo di fermento spirituale in tutto il Tibet, caratterizzato dall’opera di grandissimi maestri (ricordiamo soltanto il maestro indiano Atisa che, invitato in Tibet nel 1042, fondò la scuola Kadampa), di importanti traduttori (grandiosa ad esempio fu l’opera di traduttore di Rinchen Zangpo (958-1055) e dalla nascita successiva delle Scuole Nuove (nuove in rapporto alla Gnigma, sorta nel corso della Prima Diffusione). Tra i traduttori ricordiamo Marpa Cio ki Lodro (1012-1096) che compì numerosi viaggi in India per ricevere insegnamenti da maestri e yogi indiani, e riportò in Tibet numerosissimi testi che vennero tradotti in lingua tibetana. Marpa iniziò anche a trasmettere gli insegnamenti profondissimi della Mahamudra ricevuti in India da Naropa e Metripa. Il principale discepolo di Marpa porta un nome famoso anche presso i non buddisti: Milarepa (1040-1123), colui che divenne il depositario del lignaggio di Mahamudra, dei sei yoga di Naropa e di profonde istruzioni tantriche. Dai discepoli di Milarepa si svilupperà la Kagyupa che, insieme alla scuola Sakyapa (è del 1073 la fondazione del monastero di Sakya da parte di Konchog Gyalpo), è nata interamente in Tibet da maestri tibetani, a dimostrazione di come ormai la conoscenza e la pratica del Buddhismo fosse perfettamente intrecciata alla realtà del Tibet. La precedente religione del Tibet, il Bon, aveva nel frattempo assimilato elementi del Dharma Buddhista, pur mantenendo la specificità delle sue tecniche meditative e la purezza della trasmissione dell’antichissimo insegnamento Dzog Chen.

Per concludere questa rapidissima panoramica storica5, notiamo soltanto come una tale immane opera di traduzione di tutti i testi buddisti, assieme alla preservazione accurata dei lignaggi di trasmissione degli insegnamenti tantrici e delle istruzioni di pratica meditativa, ha permesso che il corpus dell’insegnamento e della pratica del Dharma buddhista, sia Mahayana che Vajrayana, rimanesse inalterato fino ad oggi, mentre dalla sua patria d’origine –l’India– dovette scomparire completamente tra il XII° e il XIII° secolo, a seguito dell’avanzata dell’Islam in India: ma ormai la totalità dei testi scritti e dei lignaggi di trasmissione era stata completamente trasferita in Tibet.

  1. . La biografia di Ma gCig.

Nel medesimo secolo in cui Marpa il traduttore viaggiava instancabilmente attraverso i passi Himalayani riportando in Tibet testi e insegnamenti e trasmettendo insegnamenti e pratiche ad un suo gruppo di discepoli, e mentre molti altri maestri giungevano dall’India e traduttori tibetani lavoravano alla traduzione fedele di testi indiani, mentre iniziavano a sorgere scuole consolidandosi a partire da lignaggi di trasmissione, nasceva nel 1055 in un paese posto nel Tibet sud occidentale, Ma gCig che -contemporanea di Milarepa, anche se non risulta che si siano conosciuti- fu parte integrante di questo grande periodo di fioritura spirituale in Tibet.

La biografia6 di Ma gCig sfuma in un’agiografia, rimarcando soprattutto lo svolgersi di una

storia di evoluzione interiore più che una successione di eventi esteriori, secondo il modello di tutte le biografie tibetane. In tibetano sono denominate rnam thar che significa completa liberazione: perciò la storia della vita sarà soprattutto la storia delle tappe attraverso cui Ma gCig ha raggiunto la completa liberazione, il Risveglio completo.

L’agiografia narra di eventi miracolosi relativi sia al concepimento che alla nascita di Ma gCig, eventi che rendevano chiaro fin dall’inizio come chi stava nascendo fosse in realtà un essere straordinario: Khandroma in tibetano, Dakini in sanscrito. Con questo nome viene indicata una donna che sia qualcosa di più di un semplice essere umano: la Khandroma è una incarnazione di saggezza, una manifestazione dell’energia dinamica

inerente la saggezza assoluta. E’ quindi l’energia attraverso cui la saggezza si traduce in atto, e può assumere l’aspetto di una donna in carne ed ossa. Ciò che caratterizza una Dakini in forma umana è che si tratterà di una donna che vive con lo scopo altruista di aiutare gli altri, di aiutare i praticanti, e di preservare l’insegnamento. Eventi miracolosi relativi al concepimento e alla nascita di un essere straordinario sono abituali nelle agiografie, in particolare ricordiamo il concepimento e nascita del Buddha storico, caratterizzati da visioni della madre al momento del concepimento, annunci, profezie e nascita miracolosa, senza alcuna sofferenza per la madre. La madre di Ma gCig descritta, alla pari del marito, come di animo gentile, puro, altruista e praticante buddhista- durante la gravidanza, fin dal momento del concepimento, ha sogni e visioni che annunciano la straordinarietà dell’evento. La nascita –annunciata dalla voce della bambina direttamente dall’interno del grembo materno– sarà colma di eventi soprannaturali, quali ad esempio arcobaleni in cielo, pioggia di fiori e profumo d’incenso che sorgono spontaneamente, musica celeste…

Ma gCig, che ben presto dimostrò di comprendere le scritture e l’insegnamento più profondo, venne chiamata Lab sGron (pron. Dron): la luce di Lab, Lab essendo il nome del suo paese natìo. Luce di Lab: indica il riconoscimento precoce che le venne tributato per le sue qualità di conoscenza e saggezza, chiare fino dall’infanzia. Ben presto (sotto i dieci anni di età) divenne esperta lettrice7 dei testi della Prajnaparamita, e successivamente iniziò il suo percorso di studio e pratica sotto la guida di diversi maestri, arrivando ad avere una profonda comprensione intuitiva della Prajnaparamita, la perfezione della saggezza: la saggezza di cui si tratta è la saggezza della Vacuità. La Vacuità, o l’assenza di entità individuale, permanente e autosussistente nei fenomeni, o in altri termini- l’interdipendenza di tutti i fenomeni, è il cuore dell’insegnamento buddhista espresso nel Sutra della Prajnaparamita e ampliato in successivi commentari che costituiscono il corpus della letteratura della Prajnaparamita.

La Saggezza della Vacuità, nel sistema del tantra tibetano, è femminile, è la Madre: il nome stesso di Ma gCig –Unica Madreci indica il suo essere tutt’uno con la Saggezza della Vacuità, che sarà il cuore stesso della pratica di meditazione che al suo nome è indissolubilmente legata, il “Supremo Metodo che recide i démoni” –Dam Chos bDud Kyi gCod Yul- abbreviato in gCod (pron. Cioed).

Tornando al percorso di Ma gCig, come abbiamo detto incontrò e seguì gli insegnamenti di molti maestri differenti approfondendo e realizzando interiormente il senso profondo del Dharma la Vacuità –, ma l’incontro più significativo per la sua evoluzione interiore avvenne con Pha Dam Pa Sangs rGyas (pron. Gye). Questi era un maestro indiano, mahasiddha, cioè ‘grande realizzato’, che trasmetteva la tradizione del sDug bsNgal Zhi Byed (pron. Du Ngel Sci Gie) che significa: la Pacificazione del Dolore. Pha Dam Pa Sangs rGyas visitò il Tibet diverse volte (nel quadro di quegli scambi continui che caratterizzavano l’epoca, come abbiamo visto) e, in uno di questi viaggi, incontrò Ma gCig alla quale trasmise questi suoi insegnamenti. Secondo la tradizione, le parole con le quali le trasmise l’insegnamento furono: “Accetta ciò che ti ripugna. Aiuta quelli che ti sembra impossibile aiutare. Abbandona tutte le cose per cui provi desiderio. Va’ in luoghi che ti suscitano paura. Sii continuamente attenta e consapevole. Realizza il Buddha in te”.8

Ben presto – Ma gCig aveva appena circa vent’anni– come conseguenza della sua profonda comprensione dell’essenza di tutti gli insegnamenti ricevuti, Ma gCig abbandona le convenzioni del mondo questo è un segno distintivo dei siddha, yogi erranti-, si veste soltanto più di stracci, non ha più dimora, vive in compagnia dei più umili, dei lebbrosi: la sua diventa la vita di una yogini errante (viene spontanea l’associazione mentale con lo “yogi” occidentale: San Francesco di Assisi(1181-1226) e il suo abbandono di ricchezze e sicurezze). Intanto continua il suo percorso di incontri con maestri che le trasmettono insegnamenti, non solo del Mahayana ma anche del Vajrayana: riceve insegnamenti sulla Mahamudra, sui sei yoga di Naropa, su alcuni importanti cicli tantrici e sullo rDzogs Chen. Realizza infine il Risveglio completo, descritto con tutti i caratteri del Risveglio di un Buddha, e in cui si rivela definitivamente come Ma gCig sia una autentica Dakini, cioè l’incarnazione dell’energia della saggezza, e iniziatrice di una nuova scuola grazie al potere conferitole direttamente da manifestazioni divine.

Qui termina la prima parte del cammino spirituale di Ma gCig, caratterizzato al momento del Risveglio dalla profezia: “Yogini, tu aiuterai tutti gli esseri senzienti (…) . I tuoi insegnamenti splenderanno come il sole alto nel cielo e i tuoi discepoli acquisteranno la conoscenza da cui non si torna più indietro”.

Rileviamo che “aiuterai tutti gli esseri senzienti” è un riferimento all’ideale del Bodhisattva e alla pratica fattiva della compassione, altro capisaldo della Via, insieme alla saggezza della Vacuità. Il cammino spirituale, il percorso fino al Risveglio è indirizzato fin dall’inizio dalla motivazione altruista: non si cerca il Risveglio, la liberazione dalla sofferenza, solo per se stessi, ma innanzitutto per tutti gli altri esseri. Questa –che all’inizio è una motivazione per la pratica e un auspicio, al momento del Risveglio completo diventa effettiva capacità di aiutare tutti gli altri esseri a liberarsi dalla sofferenza (nella storia del Buddha Sakyamuni vediamo che realizzato il completo Risveglio – inizia l’opera di insegnamento e diffusione del Dharma a beneficio di tutti gli esseri viventi). Allo stesso modo, in questo momento a Ma gCig viene detto che da ora sarà davvero capace di aiutare gli altri in modo efficace perché non più condizionata dalla visione egoica.

A 23 anni, Ma gCig incontra lo yogi indiano Thod Pa Bhadra e, a seguito di diversi sogni e premonizioni positive, i due si uniscono in matrimonio e daranno alla luce diversi figli. Non dobbiamo naturalmente immaginare questo soltanto come un matrimonio in senso ordinario: anzi, essenzialmente è un’unione tra due praticanti del profondo yoga tantrico, unione definita come “unione di saggezza e metodo” o di “vacuità e compassione”, “intelligenza e amore” secondo una terminologia propria ai mistici cristiani. “Vacuità e compassione”: Vacuità è il principio femminile, la Madre di ogni manifestazione; Compassione è il metodo eccelso che si manifesta esso stesso dalla Vacuità e in unione con essa costituisce le due ali indispensabili ognuna al completo Risveglio.

Per 12 anni lo yogi e la yogini conducono la vita errante praticando insieme; dopo 12 anni- ancora a seguito di sogni e visioni- Ma gCig riprende la vita solitaria, a 35 anni. Come il matrimonio, così anche la separazione non deve essere pensata secondo le nostre abituali categorie: esse sono descritte come le azioni di due altissimi praticanti, due mistici che non svolgono alcuna azione guidati dall’io e da desideri o calcoli personali. Si tratta di un agire senza che ci sia chi agisce: perciò, quando il tempo del dare alla luce i figli termina, Ma gCig riprende il cammino solitario e questo non comporta alcuna sofferenza per nessuno (anche i figli, sono descritti nell’agiografia come incarnazioni di saggezza e saranno grandi praticanti): il padre continuerà a vivere per qualche anno con i figli iniziandoli già anche all’insegnamento e alla pratica del Dharma. Dai 35 anni in poi, dopo aver per alcuni anni praticato in luoghi sacri e cimiteri, Ma gCig si stabilisce in ritiro. All’età di 42 anni, incontrerà di nuovo i suoi figli: glieli porta il padre, Thod Pa Bhadra. Quando marito e moglie si rivedono dopo 7 anni di separazione “confrontarono quello che avevano capito, parlarono della loro pratica, cantarono canti e poi Thod Pa Bhadra partì per l’India”,9 cioè riprende la sua vita di eremita che va in pellegrinaggio e pratica in luoghi solitari. Di lui la biografia non parlerà più, mentre Ma gCig si prenderà cura dei figli in quanto discepoli e soprattutto trasmetterà loro l’insegnamento della pratica del gCod dando così inizio al lignaggio di trasmissione.

Ma gCig resterà poi sempre in ritiro, continuando a insegnare a moltissimi discepoli e, come visto, anche ai suoi figli che avranno successivamente una parte importante nella trasmissione della tradizione del gCod in Tibet. Nel 1145, all’età di 90 anni, Ma gCig “passò alla terra delle Dakini”.10

  1. La Pratica del gCod. Come quando si taglia dritti Per i valichi montani,

si vada oltre i calcoli senza seguire alcun sentimento di odio o di amore”.11

Il gCod, (pron. Cioed), recisione, è abbreviazione dell’espressione più estesa “Supremo metodo che recide i demoni” –Dam Chos bDud Kyi gCod Yul- abbreviato appunto in gCod. Questo metodo è “la versione tantrica della pratica della Prajnaparamita, un mezzo abile particolarmente eccelso per condurre lo yogi all’esperienza diretta della vacuità”12. L’esperienza diretta della vacuità dell’io e dei fenomeni è il cuore stesso dell’insegnamento Buddhista che propone –come via per uscire dalla sofferenza dell’esistenza– la liberazione dall’attaccamento all’io perché da esso derivano tutte le emozioni negative (gelosia, avidità, collera…). E la liberazione dall’attaccamento all’idea di essere un io unico, permanente e autosussistente nonché all’idea che i fenomeni esterni e le altre persone siano a loro volta separati autosussistenti e permanenti, avviene attraverso la comprensione -prima intellettuale poi esperienziale per visione diretta nella natura della realtà- della vacuità inerente il Tutto, soggetto e oggetto. Quello che chiamiamo Buddhismo è del tutto non intellettuale nella sua essenza, benché passi senz’altro anche attraverso la via intellettuale: la realizzazione autentica del vero senso dell’insegnamento è sempre un’esperienza viva che non coinvolge soltanto l’intelletto, ma tutto l’essere. Il praticante autentico è colui che guarda al di là delle apparenze per scoprire quale sia la vera Realtà, l’essenza di tutto ciò che appare, e arriva a realizzare l’essere fondamentalmente vuoto della Realtà: tutti i fenomeni, soggetto e oggetto, sono vuoti di realtà propria o, in altri termini, sono interdipendenti, e l’idea di un “io” separato e auto sussistente è un’idea erronea da cui si genera ogni sofferenza.

Nell’insegnamento e nella pratica del gCod, questa esperienza diretta della natura profonda della Realtà la vacuità- è prodotta attraverso un rituale che affronta direttamente le paure che sorgono dall’attaccamento.

Scrive Ma gCig13: Quando si pratica il gCod nei luoghi orridi è come quando si curano i danni provocati dal fuoco con cauterizzazioni dello stesso fuoco. Questo insegnamento, che consiste nel ridestare, recidere, ricacciare e sottomettere (i demoni) e che provoca forti sensazioni, è simile alla cura con applicazioni di fuoco. (..) Non si può ottenere la liberazione con l’uso di antidoti rasserenanti e piacevoli”. E: “Si vada errando per luoghi tetri e ritiri montani, non ci si faccia distrarre dalle dottrine e dai libri, nessun potere spirituale può derivare da essi. Perciò si faccia reale esperienza in luoghi orridi e desolati”. Vediamo pezzo per pezzo questa frase di Ma gCig: innanzitutto, cosa sono i “demoni”?

Nel mondo occidentale il Buddhismo tibetano nei tempi passati (nemmeno tanto lontani, arriviamo fino a un 40-50 anni fa) è stato molto mal conosciuto, frainteso e affrettatamente giudicato secondo categorie che non gli appartengono: era facile sentirne parlare come di qualcosa di demoniaco, di superstizioso, di politeista a causa di questo grande pantheon di divinità pacifiche e irate, di rappresentazioni di figure “demoniache”, e sembra che sfuggisse del tutto agli studiosi dell’epoca il fatto che tutte queste rappresentazioni fossero da intendersi come un linguaggio simbolico.

Nell’insegnamento del gCod sono chiamate “demoni” le emozioni negative o perturbatrici che impediscono il Risveglio. Scrive Ma gCig14 :“La radice di tutti i demoni è la propria mente. Quando, nel percepire un qualsiasi fenomeno, si prova attrazione e poi desiderio, si è catturati dai demoni”.

Questo è appunto l’insegnamento base a partire da Buddha Sakyamuni: eliminare l’attaccamento a sé, da cui dipende il gioco di attrazione/desiderio o avversione con cui l’io si rapporta al mondo esterno; esistono una quantità di metodi meditativi, ma tutti in effetti hanno questo unico scopo: risolvere, sciogliere, eliminare quel “senso dell’io” che è fattore di differenziazione e separazione, fonte di sofferenza.

Nel sistema del gCod si ha una complessa articolazione, una demonologia molto dettagliata che considera tutti gli aspetti di quello che potremmo anche chiamare il Male: Ma gCig suddivide i demoni in tangibili (che entrano attraverso i sensi), intangibili (eventi puramente mentali, in particolare la concettualizzazione di bene e male), del compiacimento (compiacersi delle proprie acquisizioni di conoscenza o dei risultati della pratica), dell’orgoglio. Quattro categorie in cui rientrano tutte le possibilità di creare ostacolo alla vera conoscenza e quindi al Risveglio; puntualizza però Ma gCig:15 Pur essendo divisi in quattro categorie, i demoni sono tutti compresi in quello dell’orgoglio”. Perciò l’eliminazione dell’attaccamento all’io è l’arma suprema: “Eliminando l’orgoglio, i demoni si placano16. In un altro testo17, Ma gCig chiarisce: “Orgoglio è un modo di parlare dell’attaccamento all’io. L’attaccamento all’io è alla radice di tutti i mali (…). Perciò diventa un demone, poiché non ci permette di accedere alla liberazione: perciò è chiamato demone dell’orgoglio o demone dell’afferramento di un io. Attraverso l’afferramento di un io là dove esso non esiste, la mente diventa tormentata dall’emozione e ogni cosa, buona o cattiva, che appare alla mente è presa per reale: è questo che si chiama orgoglio, (afferramento di un io). (…) Quando non siamo più trasportati dall’orgoglio verso le idee di bene e male, quando siamo liberi dagli estremi, allora da tutte le cose che la mente proietta come creazioni e desideri, appare una dolcezza: questo non è un concetto, ma uno stato di confort mentale in cui si è a proprio agio, in cui l’attaccamento all’idea di un io è stato distrutto (…); è una consapevolezza viva senza alcun attaccamento a nulla. (… così) il demone dell’orgoglio è stato reciso e quindi anche tutti gli altri demoni delle emozioni sono recisi. Perciò quando c’è un io ci sono dei demoni; ma quando non c’è più un io non esiste alcun demone. Quando non c’è più un io, non c’è più nulla da recidere, e non esiste né paura né terrore”.

Questo demone principale –l’orgoglio, l’attaccamento a se stessi– viene attaccato in modo diretto nella pratica del gCod, perché come abbiamo sentito dalle parole di Ma gCig “non si può ottenere la liberazione con l’uso di antidoti rasserenanti e piacevoli”. Secondo questo pensiero, le metodiche di meditazioni che “rasserenano”, che sono piacevoli, potrebbero ancora essere utilizzate dall’io per rafforzare il senso della propria importanza.. Quindi il metodo del gCod utilizza come strumento di pratica l’attaccamento che ognuno ha al proprio corpo ed entra direttamente nella paura di perdere il proprio corpo. Il corpo è ciò a cui siamo attaccati da sempre, ciò in cui identifichiamo noi stessi: visualizzando di offrire il proprio corpo a divinità ed esseri di ogni specie perché se ne cibino, il praticante fa sorgere e crescere per eliminarli in modo definitivo- direttamente l’attaccamento e la paura, le due emozioni principali su cui lavora la pratica del gCod, secondo le parole citate prima: “ … ridestare, recidere, ricacciare, sottomettere( i demoni)

La recisione di questi demoni, ovvero le forti emozioni che sorgono durante la pratica, e la recisione della causa di tutte le emozioni negative, l’attaccamento all’io– questa recisione coincide con l’intuizione profonda della Vacuità.

In questo senso si diceva prima- questo metodo è la versione tantrica della Prajnaparamita: la saggezza che intuisce la vacuità di tutti i fenomeni esterni e interni sarà la spada che taglierà reciderà- alla radice ogni attaccamento a un’idea di se stessi errata, illusoria e fonte di sofferenza. Questo lavoro interiore non avviene in questo caso sulla base di meditazioni di calma mentale o di riflessioni che portino gradualmente alla visione intuitiva: si tratta invece di un complesso rituale che coinvolge il corpo e la mente e fa sorgere dal profondo le paure e i terrori che il praticante affronterà con la spada della conoscenza.

Il rituale brevemente- comprende una danza, l’uso di strumenti rituali che sottolineano il canto che accompagna la danza, e si concentra sulla visualizzazione dell’offerta del proprio corpo a divinità benevole e a esseri e spiriti feroci. Il rituale si svolge prevalentemente all’aperto e –tradizionalmente- in “luoghi orridi” e solitari, come i cimiteri, che già di per sé incutano paura nel praticante. Nella prassi del rituale sono riscontrabili elementi di origine sciamanica, facenti capo all’universo religioso o magico pre buddhista del Tibet, ma anche non del Tibet: per esempio l’utilizzo degli strumenti rituali nel mondo sciamanico aveva la funzione di mettere in contatto con una dimensione trascendente, o mondo degli spiriti. Ma nel sistema del gCod, gli spiriti maligni sono la proiezione dell’angoscia e delle paure del praticante stesso, le divinità benevole sono invece proiezione dei desideri. Offrire il corpo danzando sul proprio io è il metodo che recide il dualismo tra bene e male, tra desiderio e avversione, realizzando la libertà dalla paura e dall’attaccamento. Si potrebbe definire un metodo catartico perché esasperando l’emozione alla fine porta a riconoscerne l’inconsistenza e a realizzare lo stato ultimo della Realtà. Si potrebbe anche forse definire un metodo omeopatico, poiché cura il male instillando dosi della stessa causa del male: infatti, secondo le parole di Ma gCig stessa, citate sopra: “… si curano i danni provocati dal fuoco con cauterizzazioni dello stesso fuoco”.

Oppure potrebbe anche evocare alla mente nella sua essenza pratica, terapeutica- le tecniche della psicologia contemporanea che curano le fobie attraverso metodi di esposizione all’oggetto della fobia, o in immaginazione oppure anche in vivo18. Queste tecniche di terapia delle fobie hanno una percentuale di guarigione che supera il 90%, e questo facendo le debite proporzioniè un po’ il risultato aspettato dalla pratica del gCod che cauterizza in modo definitivo dalla paura che sorge dall’attaccamento. D’altronde, nel Dharma buddhista si riscontra spesso uno squisito intreccio tra filosofia e psicologia, per cui i concetti più alti e apparentemente astratti hanno poi una controparte pragmatica in una pratica che conduce passo passo la mente a realizzare pienamente quegli stessi concetti che ora diventano così parte di un’esperienza trasformante l’esistenza concreta.

E’ interessante notare che in Tibet i praticanti del gCod –essendo liberi dalla paura che deriva dall’attaccamento a sé e al proprio corpo- erano chiamati in caso di epidemie per occuparsi dei cadaveri e della purificazione dei luoghi contaminati, ed erano anche utilizzati per esorcismi o per guarire con il loro rituale- ambienti e persone colpiti appunto da pestilenze o da mali difficilmente guaribili. Della stessa Ma gCig si racconta che nel corso della sua vita abbia guarito decine di persone tramite il rituale del gCod, che è rituale di pacificazione delle negatività.

Il sistema del gCod così elaborato da Ma gCig ha in sé gli elementi fondamentali del Dharma Buddhista. Dell’influsso della Prajnaparamita – la saggezza che intuisce la Vacuità- abbiamo già parlato; un altro influsso fondamentale è l’ideale base del Mahayana, l’ideale dell’amore per gli altri che caratterizza il Bodhisattva, cioè colui che compie tutto il cammino verso il Risveglio non soltanto per se stesso ma per tutti gli esseri e, una volta giunto al Risveglio, sceglie di continuare a nascere nel mondo per aiutare quanti più esseri possibile a conseguire essi stessi la liberazione. L’opera che tratta in modo completo del cammino verso il Risveglio compiuto in questa ottica di amore e compassione per gli altri, è il Bodhicaryavatara Lo stile di vita del Bodhisattva-, di Shantideva, mistico indiano dell’VIII secolo. Leggiamo in questo testo: “Tutta la gioia di questo mondo deriva dal desiderare la felicità altrui, tutto il dolore d questo mondo deriva dal desiderare la felicità per sé19.E poi: “Se tutti i mali, i dolori e le paure sorgono dall’aggrapparsi a un sé, allora questo grande demone a che mi serve mai? Se non lo abbandono completamente, non sarò in grado di metter fine alla sofferenza (…). Perciò, per calmare il dolore che su me ricade e per alleviare le sofferenza altrui, rinuncerò a me stesso per gli altri e me ne prenderò cura come faccio con me”20. Questa visione non rimane teorica ma, come ogni singolo insegnamento filosofico nel Dharma Buddhista ha una controparte pratica in varie forme di addestramento mentale ad operare questa inversione di importanza tra sé e gli altri. La pratica del gCod si pone anch’essa su questa linea, enunciando fin dal principio che ciò che si deve recidere è l’attaccamento a sé (definito demone anche in Shantideva, nei versi sopra citati).

Anche l’offerta del corpo per soddisfare i desideri di altri esseri la si incontra nel testo di Shantideva; per esempio: “Non è corretto cercare di ottenere un mio profitto dagli occhi e il resto, che ho messo al servizio altrui, e non è corretto che essi compiano qualcosa che agli altri possa fare del male21: se non proprio l’offerta, l’utilizzo del proprio corpo per beneficiare gli altri. L’offerta del corpo si trova comunque anche nel Buddhismo antico: per esempio nelle storie delle Vite Anteriori del Buddha, si trova una storia in cui il Buddha, vedendo una tigre così affamata che stava per divorare i suoi stessi cuccioli per sfamarsi,offre il proprio corpo alla tigre “in modo che la tigre non uccida i suoi figli e questi non siano offesi dalla madre”22.

Il sacrificio del corpo, l’offerta del proprio corpo è offerta di ciò che si ha di più prezioso: talvolta il corpo è definito nel Tantra “il tempio di tutti i Buddha” e sempre, all’inizio di ogni insegnamento, si riflette sulla preziosità della propria esistenza umana libera da impedimenti e ben dotata di qualità e si sviluppa la determinazione di utilizzare questo prezioso corpo umano per praticare il Dharma e beneficiare gli altri. Allo stesso tempo, però, questo stesso corpo è la base dell’imputazione dell’idea di un io, la base dell’identificazione di un se stesso separato dal resto del mondo, autonomo e indipendente: idea erronea eppure creduta assolutamente vera, e base di tutta la dinamica patologica (generatrice di sofferenza) di attrazione e repulsione, desiderio e avversione da cui derivano le varie emozioni negative e infine tutte le azioni che promuovono l’incessante dolore del mondo. Il rituale del gCod, nel quale il praticante immagina di offrire il proprio corpo per soddisfare altri esseri, è sacrificio della falsa idea di una propria identificazione con il corpo, ed ecco perché si dice che esso trancia di netto alla radice l’attaccamento all’io.

Questi elementi che abbiamo brevemente elencato – la compassione e l’amore per gli altri e la consapevolezza della vacuità inerente il Tutto- trovandosi all’origine dell’insegnamento del gCod, lo definiscono chiaramente come un insegnamento Mahayana; la forma rituale è propria del Buddhismo tantrico e la tradizione del gCod si caratterizza come un “mezzo abile” per accelerare la strada verso il Risveglio, quindi appartenente al Vajrayana.D’altronde ogni insegnamento del Vajrayana poggia sulle solide basi della grande corrente principale del Buddhismo Mahayana, a cui si intrecciano gli elementi tantrici.

Proprio in quanto insegnamento del Vajrayana, il gCod si appoggia su iniziazione e istruzioni “segrete”, trasmesse da lignaggi ininterrotti risalenti fino alla stessa Ma gCig LabsGron: non può essere praticato né da principianti né da chi non abbia ricevuto l’iniziazione e le istruzioni direttamente da un maestro qualificato.

Per concludere, ancora qualche parola di Ma gCig:23

Si stia come lo spazio, come lo spazio privo di concetti. Si stia senza concetti, in uno stato imparziale,

come lo spazio, privo di dubbi e paure. Senza dubbi e paure nell’immensità.

Come lo spazio, al di là di desiderio o sfiducia, si stia liberi senza desiderio o sfiducia.

Come lo spazio privo di egoismo, si abbandoni l’egoismo.

Come lo spazio privo di vanità, si abbandoni qualsiasi vanità”.

Raffaella Arrobbio

1 Due strade per chi volesse fare della pratica la propria vita: la via monastica, e la via dello yogi errante, di solito laico, o con voti in particolari momenti. La via monastica ha caratterizzato il Buddhismo fin dalle sue origini (i discepoli del Buddha erano monaci e monache, mentre ai laici veniva lasciato un ruolo di sostegno della comunità monastica); la via dello yogi, il praticante che va errando e mendicando, senza possedere nulla, è caratteristica dei praticanti tantrici, o praticanti del Vajrayana. In Tibet arrivano entrambe le strade di pratica: le differenze evidenti non escludono però una assoluta similarità di base nel riferimento ai princìpi base del Dharma buddhista.

2 Il vocabolo “misticismo” è qui usato nel suo senso eminente di Via che conduce al di là della dimensione egoica, e “mistico” o “mistica” è colui / colei che tale via percorre, sotto qualunque cielo e all’interno di qualunque tradizione si trovi a condurre la propria esistenza.

3 Gli annalisti cinesi scrivevano con ammirazione della qualità delle armature dei tibetani: “Le loro armature sono ottime. Ne rivestono tutto il corpo, lasciando fessure solo per gli occhi. Uomini e cavalli sono ugualmente coperti di cotte di maglia di ottima fattura”. In : R. A. Stein La civiltà tibetana. Einaudi ed.

4 Vajrayana: veicolo di diamante, detto anche Mantrayana o Tantrayana, è il terzo veicolo del Buddhismo, naturale prolungamento del Mahayana quando questo applica i cosiddetti “mezzi abili” allo scopo di accelerare il percorso verso il completo Risveglio. Veicolo eccezionalmente veloce (se rapportato ai due precedenti) ma proprio per questo anche pericoloso se utilizzato senza la necessaria motivazione altruista e senza la comprensione profonda della corretta visione della vacuità di soggetto e oggetto. Per questo motivo, tradizionalmente gli insegnamenti del Vajrayana sono tenuti segreti. Inoltre nel Vajrayana è di primaria importanza il lignaggio di trasmissione da maestro a discepolo: soltanto sotto la guida personale di un maestro (guru, lama) si può praticare efficacemente questa via. E’detto che senza l’abilitazione (iniziazione), l’autorizzazione e le istruzioni ricevute da un maestro del lignaggio, la pratica non porta a nulla.

5 Per approfondire: R.A. Stein La Civiltà Tibetana. Einaudi ed.

6 In: T. Allione Donne di Saggezza. Ubaldini ed. si trova la traduzione italiana della biografia di Ma gCig redatta nel XIX sec. da Jamgon Kongtrul Lodro Ta Ye sulla base di una collazione di diverse biografie antiche.

7 In Tibet era usuale utilizzare l’opera di lettori che leggevano testi sacri ad alta voce ed era segno di grande capacità del lettore saper leggere a gran velocità il testo. Di Ma gCig si riporta che a soli dieci anni sapeva leggere sei volte più veloce di chiunque altro.

8 In: a cura G. Orofino. Ma gCig- Canti Spirituali. Adelphi ed.,1995

9 T. Allione. Ibidem.

10 T. Allione. Ibidem.

11 Ma gCig Lab sGron. Grande Raccolta degli Insegnamenti sulla Nobile Pratica della Recisione dei Demoni, Perfezione della Sapienza a c. G. Orofino. Adelphi ed., 1995

12 Philippe Cornu. Dictionnaire encyclopédique du Bouddhisme. Ed. du Seuil,2001

13 Ma gCig Lab sGron. ibidem

14 Ma gCigLab sGron. ibidem

15 Ma gCig Lab sDron. ibidem

16 Ma gCig Lab sGron. ibidem

17 Les explications de Ma gCig ma – Grande Commentario sul gCod- Traduzione francese di Dominique Thomas. Ed.Dzambalà, France.

18 Si veda ad esempio la Desensibilizzazione Sistematica, eccellente tecnica terapeutica delle fobie, che ha un’efficacia comprovata scientificamente di oltre il 90%: la si può trovare descritta in diversi trattati di psicoterapia cognitiva e comportamentale e dal suo stesso ideatore J. Wolpe in The Practice of Behavior Therapy, Pergamon Press 1969; v. anche: a c. B. Bara Manuale di Psicoterapia Cognitiva, cap. 9, Bollati Boringhieri, 1996.

19 Shantideva. Bodhicaryavatara. Cap. VIII, 129

20 Shantideva Ibidem. Cap. VIII, 134-136

21 Shantideva. Ibidem. Cap. VIII, 138.

22 Aryasura. Jatakamala in: La Rivelazione del Buddha, vol. 1, Mondatori 2001

23 Ma gCig Lab sGron. La punta di capello della sapienza.Trattato sulla recisione dei demoni secondo la Perfezione della sapienza a c. G. Orofino, Adelphi ed., 1995.

fonte http://www.associazionears.eu/documenti/MagCig,%20Mistica%20Tibetana.pdf