La storia di Ajastya l’asceta

Bodhisattva: “Possano i saggi venire su quest’isola, essere miei ospiti e parlare con me. Il saggio cammina sulla strada della virtù e conduce gli altri su quella stessa strada. Ha buona educazione e ascolta ciò che è detto per il suo bene; per questo sono amico del saggio.”
Bodhisattva: “Possano i saggi venire su quest’isola, essere miei ospiti e parlare con me. Il saggio cammina sulla strada della virtù e conduce gli altri su quella stessa strada. Ha buona educazione e ascolta ciò che è detto per il suo bene; per questo sono amico del saggio.”

Molti anni fa, il Bodhisattva nacque nella famiglia di un famoso brahmano, che era stimato da tutti per la sua grande pietà. La sua nascita fu considerata un grande dono ed egli fu allevato affinché diventasse un uomo sapiente. Furono compiuti tutti i riti e i sacrifici prescritti e gli furono insegnati i Testi Sacri e tutte le scienze: l’astronomia, i mantra, la geometria, l’origine delle parole, la grammatica, ecc. Crescendo il Bodhisattva divenne molto famoso per la sua saggezza e, grazie ai doni dei suoi discepoli, anche molto ricco. Così la sua fama di saggio crebbe con le sue ricchezze, che distribuiva generosamente ai parenti, agli amici e ai discepoli più poveri. – …Quando raggiunse l’età prescritta per formare una famiglia, il Bodhisattva si sentì infelice, perché vedeva che ora tutti si aspettavano che continuasse ad accumulare ricchezze e a compiere i doveri che la vita familiare impone: sentiva che tutte queste cose lo ostacolavano dal praticare le sue severe pratiche ascetiche. Allora il suo occhio intcriore si aprì e vide in modo chiaro che solo la rinuncia al mondo gli avrebbe donato la libertà necessaria per incamminarsi sulla Via della Perfezione. Così diede via le sue ricchezze come se fossero acqua e si ritirò dalla vita familiare per vivere in solitudine, meditando e praticando ogni tipo di virtù. Ma ancora continuava a essere visitato da tutti quelli che desideravano ascoltare i suoi insegnamenti e Ajastya, che voleva ritirarsi completamente dal mondo, si rifugiò sull’isola di Kara, nel lontano Oceano del Sud. Nel centro dell’isola c’era un lago meraviglioso, circondato da alberi ricchi di frutta e fiori: vicino alla spiaggia crescevano in abbondanza radici commestibili e piante medicinali.

In questo luogo solitario il Bodhisattva costruì il suo eremitaggio e visse felice la dura vita dell’asceta, mangiando solo il necessario per sostenersi. Anche su quell’isola sperduta capitava a volte un viaggiatore o un pellegrino, e quando ciò accadeva il Bodhisattva onorava l’ospite con le radici, i frutti e le fresche acque del lago, invitandolo poi nella sua dimora, l’Eremitaggio della Penitenza. E ogni volta gentili parole di benvenuto e benedizioni accompagnavano il semplice cibo. Il Bodhisattva viveva in modo così puro che anche gli animali dell’isola lo onoravano come un maestro, e quando lo incontravano sulle sponde del lago o su quelle dell’oceano, si sdraiavano ai suoi piedi in segno di obbedienza e reverenza.

Un giorno, la fama della vita virtuosa praticata dal Bodhisattva arrivò fino alle orecchie di Sakra, il re degli dei. Egli volle mettere alla prova la pazienza di quel santo eremita e così fece sparire tutti i frutti e le radici che crescevano intomo all’Eremitaggio della Penitenza. Ma Ajastya, la cui mente era concentrata sulla meditazione e non sul pensiero del nutrimento del corpo, si accontentò di bollire le foglie degli alberi e gli steli d’erba nell’acqua del lago e mangiò con soddisfazione quel semplice cibo. Allora Sakra spogliò tutti gli alberi, i cespugli e le erbe dalle loro foglie, così come fa il vento d’autunno, ma il Bodhisattva raccolse le foglie cadute e, dopo averle bollite, se ne cibò. Sakra cominciò a pensare che il suo potere non potesse scalfire la felicità di Ajastya, così apparve davanti a lui, sotto forma di brahmano, proprio all’ora di pranzo. L’asceta lo accolse gentilmente e lo invitò al suo eremitaggio: poi, con volto felice e parlando dolcemente, gli offrì tutte le foglie bollite, ormai così difficili da trovare. Il brahmano mangiò tutto con soddisfazione e Ajastya, l’asceta, non ebbe nulla, se non la gioia di vedere il suo ospite rifocillato e pieno di gratitudine. Ma la mancanza di cibo non disturbava le sue meditazioni, e per tutto il giorno e la notte seguente si sentì pieno di felicità. Per cinque giorni consecutivi Sakra apparve al Bodhisattva come ospite, ogni volta fu accolto con la stessa gentilezza e gioia, e sempre mangiò tutto il cibo, senza lasciare nulla all’asceta. Ma Ajastya rimase impassibile; allora Sakra sentì che il potere di quell’uomo era superiore al suo e cominciò a temere che quel saggio potesse, grazie alle dure penitenze e alla sua straordinaria carità, entrare nel regno degli Dei e diventare il loro re. Discese sull’isola e si manifestò al Bodhisattva nella sua meravigliosa forma celeste dicendo:

“Dimmi, perché hai lasciato i tuoi pari, la tua famiglia e tutti coloro che ti amavano, per venire in questa foresta e vivere una vita di penitenza senza piaceri?”

“Il continuo reincarnarsi sulla terra” rispose l’asceta, “è fonte di dolore, la vecchiaia e le malattie portano sofferenza e l’inevitabilità della morte riempie la mente d’angoscia. Io sto cercando di trovare la via che permetta di salvare tutti gli esseri da questi mali. Questo è il motivo per cui ho lasciato il mondo e vivo la vita dell’asceta.”

Sakra fu felice di questa risposta, perché ora sapeva che il Bodhisattva non cercava la gloria celeste:

“Per la saggezza di queste parole” disse, “ti farò un dono. Scegli qualsiasi cosa tu voglia.”

Ma Ajastya non desiderava le cose del mondo e così rispose:

“Che io non desideri mai una moglie, dei fi-gli e ogni cosa ambita dagli uomini. Possa il fuoco ardente del desiderio mai entrare nel mio cuore. Questo è il dono che ti chiedo!”

Sakra capì che il Bodhisattva era completamente soddisfatto della sua vita di penitenza e disse:

“Per i tuoi saggi propositi ti concederò volen-tieri un altro dono. Dimmi, cosa desideri?”

“Desidero che il fuoco dell’odio, per la colpa del quale l’uomo perde le ricchezze, la casta e la reputazione, non entri mai nel mio cuore.”

Il re degli dèi, compiaciuto da queste parole, rispose:

“Hai detto il giusto! Il saggio rinuncia all’odio del mondo. Accetta ancora un dono da me.”

Allora Ajastya replicò:

“Possa io non vedere mai uno sciocco ed evitare il fastidio di vivere con lui. Questo è ciò che ti chiedo.”

“Ma perché aborrisci la vista di uno sciocco?” disse Sakra. “Uno sciocco ha bisogno di insegnamenti e tu, pieno di compassione come sei, dovresti aiutarlo!”

Ajastya rispose:

“Se uno sciocco fosse curabile con qualche tipo di insegnamento, allora non vorrei evitarlo. Ma uno sciocco segue i sentieri sbagliati come se fossero quelli giusti e cerca di convincere quelli che lo circondano a fare lo stesso. Egli si arrabbia con coloro che cercano di insegnargli e non può essere aiutato nella sua presunzione. Per questo non voglio vedere uno sciocco.”

Poi il Bodhisattva, per mostrare al re degli dei che i saggi sarebbero stati ospiti graditi, continuò:

“Possano i saggi venire su quest’isola, essere miei ospiti e parlare con me. Il saggio cammina sulla strada della virtù e conduce gli altri su quella stessa strada. Ha buona educazione e ascolta ciò che è detto per il suo bene; per questo sono amico del saggio.”

“Tu sei un vero santo. Perciò ti prego di concedermi il piacere di esaudire ancora un tuo desiderio.” esclamò Sakra, pieno di reverenza dopo le sagge parole del Bodhisattva.

Ajastya, per compiacere il grande dio, disse:

“Possa il cibo che ti ho offerto, arricchito dalla carità, ritornarmi indietro e possa un gran numero di mendicanti, liberi da cattive azioni, venire da me per riceverlo.”

“Non solo tutto ciò che hai chiesto si compirà” rispose Sakra, “ma per la tua generosità ti concederò ancora un dono.”

Allora il Bodhisattva, per dare una lezione al re degli dei, disse:

“Se vuoi concedermi il più grande dei doni, ti prego di non comparire mai più davanti a me nella tua meravigliosa forma celeste.”

Dopo queste parole Sakra si irritò e la sua voce si alzò come il tuono:

“Perché tu, a cui appaio senza che sia stato compiuto alcun rituale, senza preghiere e offerte da parte tua, perché tu, a cui ho offerto i miei doni, non vuoi più vedermi?”

Il Bodhisattva rispose gentilmente:

“Non adirarti, ma lascia che ti spieghi il mio pensiero. Non è per irriverenza o scortesia che ti chiedo di non apparire davanti a me nella tua forma gloriosa, ma solo perché la tua sfolgorante bellezza potrebbe farmi dimenticare i miei voti religiosi e le mie penitenze.”

Allora Sakra si inchinò a lui con reverenza, e, dopo aver girato intorno al Bodhisattva da sinistra a destra, scomparve.

Il mattino seguente Ajastya trovò una grande quantità di cibo e bevande davanti all’eremitaggio, e molti santi monaci, ispirati da Sakra, vennero sull’isola e divisero il cibo con lui. Così, fornito giornalmente dagli dei di nutrimento divino, il Bodhisattva offrì con generosità, per tutta la sua vita, cibo e insegnamenti ai saggi che andavano a visitarlo nella lontana isola di Kara.