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Cina: carcere segreto a chi chiede giustizia
Novembre 13th, 2009 by admin

La ragazza veniva dal Gansu, remoto nord ovest. Quindici anni e una missione. Chiedere giustizia a nome di suo padre, troppo malato per andare a Pechino per far valere i suoi diritti. Il 10 luglio 2008 individui in borghese l’hanno chiusa in una serie di centri di detenzione improvvisati. “Non c’era che da dormire e mangiare. …Né tv né giornali, niente”. Picchiata, ha perso un dente. Libera il 13 settembre. Alla vigilia del viaggio asiatico di Barack Obama, Human Rights Watch (Hrw) ha diffuso un rapporto di 53 pagine sulle “prigioni nere” cinesi. Alberghi o simili adattati a carceri illegali e ufficialmente “inesistenti” dove le autorità – locali, ma spesso su mandato o nell’indifferenza di quelle superiori – chiudono chi presenta petizioni o lamentele.

La pratica delle petizioni è legale, persino elogiata dal premier Wen Jiabao, e risale alla dinastia Quing. Tuttavia i poteri locali intercettano i cittadini che partono e possono metterli in imbarazzo. Esempio di questi giorni, dopo il rapporto: La città di Shenzhen annuncia che “chi fa proteste anormali” rischia il campo di lavoro. “È un vero e proprio sistema” denuncia Hrw, basandosi su testimonianze di 38 detenuti. Diecimila “arresti”, si stima. I racconti di privazioni, minacce, cure negate, violenze, stupri, detenzione per mesi di bimbi persino “di 3 anni” illustrano un universo denunciato pure da avvocati e giuristi cinesi. Nega il Ministro degli esteri: “Chi non è soddisfatto può farlo notare con apposite vie legali”. Marco Del Corona   Corriere della Sera    13 novembre 2009


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