SIDEBAR
»
S
I
D
E
B
A
R
«
Tibet, testamento di un monaco Picchiato fino a morire
Ottobre 14th, 2003 by admin

Repubblica — 14 ottobre 2003   pagina 16   sezione: POLITICA ESTERA

«Sono in uno stato così terribile che non posso neanche ingoiare una pallina di cibo e le mie gambe sono paralizzate. So che morirò tra non molto». Nyima Drapka ha scritto una durissima denuncia sul regime carcerario dei prigionieri politici in Tibet. Prima di morire, il monaco buddista ha trovato la forza di raccontare le torture praticate nelle prigioni cinesi. «Mi hanno picchiato come un tamburo» ha scritto Drapka, rinchiuso per due anni nella prigione di Dawu, in Tibet. Arrestato nel marzo 2000 per aver affisso in strada manifesti contro Pechino, il giovane monaco è morto il 2 ottobre scorso. Non aveva ancora compiuto 30 anni. La sua lunga lettera è stata diffusa su Internet da siti che si battono per la causa tibetana e pubblicata in parte ieri dal Times. E’ indirizzata al Dalai Lama, capo spirituale e temporale del Tibet. «Nel momento in cui la mia vita viene spezzata – ha detto Drapka – spero che attraverso il mio appello il mondo potrà conoscere la repressione della Cina sul Tibet e il trattamento disumano a cui sono sottoposte persone come me». Drapka era entrato da ragazzo a far parte del monastero di Nyatso. Dopo aver distribuito in città i manifesti contro la Cina è stato condannato a 9 anni di prigione. «Quattro membri dell’ ufficio di sicurezza di Dawu – ha raccontato – sono venuti per arrestarmi. Da subito, senza farmi una sola domanda, hanno iniziato a picchiarmi come un tamburo. Non mi hanno dato né acqua né cibo. Sono stato caricato su un aereo per Chengdu. Al mio arrivo, un dirigente della sicurezza cinese ha ricominciato a picchiarmi. Questa reincarnazione del diavolo mi ha bloccato a terra e colpito così duramente che sono rimasto mezzo morto e mezzo vivo. Sono svenuto. Quando sono tornato cosciente, quasi tutto il corpo mi faceva male ed ero incapace di muovermi. Non sentivo più le mie gambe». In prigione le autorità cinesi hanno chiesto al monaco di rinnegare i suoi gesti e le sue opinioni in cambio della liberazione. Ma lui ha rifiutato. «Non sono spaventato dalla morte. Provo un affetto infinito e una devozione totale per il Tibet» ha scritto ancora nella lettera-testamento. Il suo è anche un inno al popolo tibetano, appena 2,6 milioni di abitanti sul Tetto del mondo. Drapka era anche lettore di storia del Tibet all’ università di Khampa. «Nelle mie ricerche ho imparato quanto siamo arretrati: non godiamo di diritti umani fondamentali e non abbiamo nessuna autorità politica sulla nostra terra. Ma allo stesso tempo, studiando la magnifica storia dei nostri antenati, ho raccolto il coraggio e la determinazione per sacrificare la mia vita per il Tibet. Io sogno un paese indipendente dove tutti i tibetani possano avere una reale libertà». Dopo anni, il nuovo presidente cinese Hu Jintao ha finalmente accettato di aprire un dialogo con il Dalai Lama, costretto in esilio dal 1959. Il leader buddista, ieri in visita a Parigi, ha confermato le discussioni con Pechino. «Dal settembre 2002 due delegazioni dei miei rappresentanti si sono recate in Cina e c’ è dunque un dialogo che è stato riannodato con le autorità cinesi». Ma il Dalai Lama (che chiede l’ autonomia del Tibet e non l’ indipendenza) ha anche spiegato che non sono stati fatti finora passi avanti. «Il fatto che le discussioni siano riprese non ha comportato il benché minimo miglioramento della sorte dei tibetani, malgrado questo fosse l’ obiettivo». Nell’ ultimo anno sette monaci buddisti, tra cui la giovanissima Ngawang Sangdrol, sono stati liberati. Secondo Amnesty International, ci sono ancora 180 religiosi in carcere «che non hanno mai avuto un processo e subiscono torture e maltrattamenti». E le autorità cinesi hanno ricominciato di recente ad applicare la pena di morte contro i dissidenti. – ANAIS GINORI

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/10/14/tibet-testamento-di-un-monaco-picchiato-fino.html


Comments are closed

»  Substance:WordPress   »  Style:Ahren Ahimsa