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Terremoto in Tibet, crescono le vittime: oltre 2050 ed il Dalai Lama chiede di visitarle
Aprile 20th, 2010 by admin

Il dolore incontenibile della popolazione che ha visto distruggere famiglie e case dal sisma

Il dolore incontenibile della popolazione che ha visto distruggere famiglie e case dal sisma

La Cina blocca l’accesso alla zona colpita dal sisma alle organizzazioni internazionali, squadre di soccorritori giapponesi specializzati nel salvataggio bloccate prima di raggiungere la zona dove realizzare l’intervento, vedi http://www.dossiertibet.it/node/10663 Timori per l’arrivo della neve proprio sull’epicentro del terremoto. Monaci tibetani affermano che il bilancio delle vittime è molto più alto. La Cina ha decretato per domani una giornata di lutto nazionale per ricordare le vittime del terremoto nel Qinghai, mentre proprio oggi il bilancio dei morti è giunto a 2050 morti. Altri 195 persone sono disperse. Ma il numero, spiegano dal posto, è destinato a salire. Nell’aiuto alla popolazione colpita lavorano anche centinaia di monaci tibetani della zona o delle province vicine. Secondo loro il bilancio dei morti e molto più alto di quello ufficiale. Un monaco di Jiegu ha dichiarato che solo il 17 aprile essi hanno cremato 2100 salme. I monaci dei diversi monasteri dell’altopiano – autorità riconosciute per la popolazione locale – avvertono che il numero delle vittime potrebbe crescere di molto. Sono centinaia, dicono, i sopravvissuti che portano i corpi dei loro cari direttamente nei monasteri, senza registrarli presso le autorità, proprio per evitare le cerimonie funebri comuni.

Il Consiglio di Stato ha decretato che domani tutte le bandiere della nazione, alle ambasciate a ai consolati nel mondo saranno issate a mezz’asta. Anche gli intrattenimenti saranno sospesi. …

Proseguono intanto senza sosta le ricerche per i sopravvissuti. Ieri una donna anziana, una bambina e una terza persona sono stati tratte in salvo ancora vive a una settimana dal sisma. Per i sopravvissuti vi sono difficoltà nella distribuzione degli aiuti e ieri aveva cominciato a cadere la neve. Secondo il servizio meteo nella settimana sono attese nevicate proprio nella zona di Jiegu, vicino all’epicentro del sisma.

Sua Santità il Dalai Lama, nato proprio nella zona, chiede a Pechino di poter portare di persona il suo sostegno ai sopravvissuti. E un giornale cinese, a sorpresa, appoggia la richiesta.
Il presidente cinese Hu Jintao si è recato ieri a Jiegu, epicentro del devastante terremoto che settimana scorsa ha colpito l’altopiano del Tibet, per incoraggiare le squadre di soccorso e commemorare i morti. Nel frattempo, la lista delle vittime continua a crescere – oltre 1.700 secondo le fonti ufficiali, più di 2.000 secondo i locali – e il Dalai Lama chiede a Pechino di poter visitare l’area. Una visita che, scrive a sorpresa un analista del
South China Morning Post, “il governo cinese dovrebbe permettere”. Il leader cinese è arrivato sui monti della provincia del Qinghai dopo aver interrotto il viaggio ufficiale in America Latina; prima di lui, anche il primo ministro Wen Jiabao si è recato nella zona, colpita il 14 aprile da un sisma di magnitudo 6,9 Richter. I funzionari incaricati dei soccorsi dicono di aver provveduto alle necessità fondamentali degli oltre 12mila feriti e 100mila sfollati. Ma aggiungono che sarà complicato riportare la zona alla normalità, data anche l’altitudine di 4mila metri in cui si trovano i campi profughi. Parlando ai sopravvissuti, Hu Jintao ha chiarito che “la priorità è quella di salvare vite. Ogni vita deve essere considerata come un tesoro”. Tuttavia si assottigliano le possibilità di trovare ancora sopravvissuti, nonostante ieri sia stato tirato fuori dalle macerie un anziano che ha passato cento ore sepolto. Grande dolore anche per i funerali delle prime vittime, che sono state cremate insieme su delle enormi pire nonostante il buddismo tibetano, prima religione dell’area, prediliga delle cerimonie funebri singole. Il Dalai Lama, dal suo esilio di Dharamsala, ha inviato le proprie condoglianze e chiesto al governo cinese di potersi recare nell’area, suo luogo di nascita. Il leader religioso, che loda le autorità di Pechino per il pronto intervento e per le operazioni di soccorso al momento in atto nella zona, scrive infatti: “Chiedo alle comunità monastiche, ai giovani e a tutti i tibetani di continuare a sostenere le famiglie di chi ha perso tutto. Vorrei potermi recare di persona a Kyigudo, zona colpita dal terremoto dove sono nato io e il defunto Panchen Lama, per portare il mio conforto ai sopravvissuti”. Commentando questa richiesta, l’analista Wang Xiangwei scrive sul South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong : “La richiesta del Dalai Lama non verrà ascoltata da Pechino, e questo è un peccato. Come già successo per il terremoto disastroso del Sichuan, due anni fa, il livello di unione nazionale è altissimo oggi in Cina: il governo non dovrebbe temere l’influenza del Dalai Lama, ma anzi sfruttare questa occasione per dimostrare al Paese e al mondo che i cinesi di etnia han e i tibetani possono vivere e lavorare insieme”.

Le squadre di soccorso cercano di lavorare 24 ore su 24 per salvare superstiti seppelliti ancora sotto le macerie, ma il problema più urgente è come dare riparo alle decine di migliaia di persone senzatetto. Zhou Ming, membro del ministero degli affari civili, afferma che “il numero delle tende è sufficiente, ma il maggior problema è la difficoltà dei trasporti. Ci vorrà tempo perché tutte le tende arrivino nella zona colpita”. Zou ha detto di sperare che la situazione si risolva in due giorni. Intanto migliaia di persone dormono all’addiaccio, con temperature sotto lo zero.

Ieri è giunto nella provincia il premier Wen Jiabao, per visitare i superstiti e per sostenere le squadre di soccorso. “Per salvare le persone – ha detto – non dobbiamo risparmiare sforzi… specie nelle prossime 72 ore, vi prego dateci sotto il più possibile”. Fra la popolazione che reca soccorso vi sono anche molti monaci tibetani. Molti morti vengono accatastati vicino al monastero di Gyegu in attesa del funerale. Alcuni monaci afferma di aver raccolto migliaia di salme, mettendo in dubbio le cifre ufficiali del disastro.


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