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Il Dalai Lama parla con i cinesi su Twitter
Maggio 22nd, 2010 by admin

In chat con il Dalai Lama beffata la censura di Pechino

Il leader spirituale tibetano aggira la censura e ‘twitta’ da New York: risponde a 250 domande poste dai cittadini

Dalai Lama: A secular person can be spiritual: compassion is for everyone to practice. http://twitter.com/dalailama

Il Dalai Lama ‘twitta’ con i cinesi. ”Voglio ringraziare Wang Lixiong per avermi concesso questa opportunità di parlare con il popolo della Cina. Sono molto contento. Purtroppo negli anni passati, le nostre relazioni con il governo cinese non hanno portato a nessun miglioramento sostanziale. Ma ho ancora molta fiducia nei i cinesi. E sono molto contento di comunicare con loro”. E’ iniziata cosi’ la ‘chiacchierata’ online del Dalai Lama che per la prima volta oggi e’ riuscit a squarciare la censura di Pechino e a rivolgersi direttamente ai cittadini cinesi. E’ stato possibile grazie a internet e all’aiuto dello scrittore dissidente Wang Lixiong. Il leader spirituale dei tibetani ha utilizzato il popolare Twitter per parlare delle degradanti condizioni del Tibet, di come la maggioranza cinese sta alterando l’equilibrio demografico e anche della spinosa questione della sua successione, una delle domande più gettate tra le circa 300 a cui ha risposto con l’aiuto di un interprete cinese. Non e’ possibile sapere quanti internauti sono riusciti a collegarsi dal territorio cinese per seguire l’intervista. Twitter e’ stato censurato dal regime di Pechino lo scorso anno in coincidenza con l’anniversario del massacro di Piazza Tienammen. Ma da allora sono sorti molti ‘cloni’ su cui e’ possibile vedere i contenuti del popolare website. Durante la ‘chat’, il Dalai Lama ha risposto per circa 90 minuti a una serie di domande selezionate nei giorni scorsi dagli stessi internauti. L’intervista e’ avvenuta in un albergo di New York dove si trova per una serie di conferenze. L’iniziativa era stata lanciata dall’intellettuale e scrittore Wang, che vive negli Stati Uniti insieme alla moglie tibetana. E’ stato lui a ‘ospitare’ il Dalai Lama sulla sua pagina di Twitter, nonostante il capo dei tibetani sia presente sul network dall’inizio dell’anno con un ‘account’ personale. Il Dalai risponde su Twitter: il testo in italiano.

. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/05/21/visualizza_new.html_1794896557.html

Il Dalai risponde su Twitter: il testo in italiano.

Il Dalai Lama risponde su Twitter al popolo di Internet. In un’intervista concessa negli Stati Uniti al dissidente cinese Wang Lixiong, che ha raccolto le domande di oltre mille navigatori cinesi, e posto quelle più votate nei giorni scorsi in un sondaggio su Google moderator. La conversazione tra i due, in un albergo di New York dove il Dalai e’ in visita, e’ stata poi aggiornata in tempo reale sul social network. Così nello stile di Twitter, 140 caratteri, il leader tibetano (che da qualche mese ha un suo account) si e’ rivolto per la prima volta alla Rete.

Il Dalai Lama è stato on line per circa un’ora, tre le due e le tre ora italiana, rispondendo in tibetano. I post sono stati inseriti su Twitter in cinese. Di seguito, la conversazione tradotta in italiano (il resto dell’intervista verrà pubblicato poi da Wang Lixiong sul suo blog, in cinese)

20:12 (14:12 in Italia) Il Dalai entra nella stanza di un albergo a New York

20:15  Wang Lixiong ringrazie il Dalai Lama per questa conversazione con i navigatori cinesi. 1253 persone hanno registrato delle domande on line, in tutto 289, poi votate 12473 volte per la selezione finale.

Visti i suoi impegni, questa conversazione non può essere troppo lunga e dettagliata, ma spero che stiamo aprendo un canale per una comunicazione libera e duratura tra lei e gli internauti cinesi

Dalai Lama. “Non c’è nessun miglioramento promettente nelle relazioni tra me e il governo cinese. Ma ho fiducia nei cittadini cinesi. Sono contento di questa opportunità”

1. Riguardo al futuro leader religioso del Tibet, quando lei non ci sarà più, saranno sempre due i Panchen Lama esistenti?

Dalai Lama. “Ho detto in un annuncio ufficiale nel 1969 che tutto dipende dalla gente del Tibet. L’ho ripetuto nel ’92, sottolineando che io trasferirò tutti i miei diritti a un leader che sia eletto dai Tibetani”

“Io penso che la figura del Dalai Lama non sia importante. Finché sarò in vita farò del mio meglio. Il governo cinese si preoccupa del Dalai Lama più di quanto faccia io stesso. Sì. c’è la possibilità che coesistano due Panchen Lama, ma questa circostanza non aiuterà.”

2. Cosa pensa dell’11mo Panchen Lama nominato dal governo cinese?

Dalai Lama. “Per quello che ne so io, è un ragazzo intelligente, uno che lavora sul Buddismo. Il pubblico ha ancora dubbi su di lui sul fatto che possa davvero raggiungere dei risultati”

3. Sul dialogo tra il governo tibetano in esilio e il partito comunista cinese: per quale motivo non si è raggiunto alcun risultato in oltre dieci anni? E quali sono i punti di disaccordo?

Dalai Lama. “La cosa più rilevante è che il governo cinese non sottolinea mai che il problema è il Tibet. Si concentrano solo su Dalai. Io non ho alcuna richiesta. Ho solo una grande preoccupazione per la cultura del Tibet, specialmente la sua religione e il suo ambiente naturale”.

“Se il governo di Pechino si rende conto che esiste un problema nella provincia dello Xinjiang, così come esiste in Tibet, e si decidesse ad affrontarlo e risolverlo, io sarei il primo a mettermi al loro fianco per cooperare, condividendo gli stessi obiettivi”

“Ma per ora il governo centrale insiste nel proposito di ricostruire, sviluppare e rendere unito il Tibet. Ma lo stanno facendo con la forza. Continuano a parlare di stabilità per la regione, ma io credo che la stabilità venga dalla fiducia nel cuore delle persone”.

4. Le differenze tra i tibetani e la maggioranza cinese Han stanno diventando sempre più profonde, indipendentemente dalla piega che prenderà in futuro la politica cinese. Molti tibetani danno la colpa al governo degli Han sul Tibet. Però, gli stessi cinesi han sono vittime del regime autocratico di Pechino. Che cosa ne pensa?

Dalai Lama “Le relazioni tra i Tibetani e gli Han risalgono a migliaia di anni fa, sono state a volte armoniose a volte no. Ora siamo in un periodo di conflitto, ma dipende dal governo della Cina, non dai cinesi”.

“Il problema principale è la mancanza di un accertamento della verità a partire dai fatti, il metodo professato da Deng Xiaoping. Hu Yaobang fece tantissimi sforzi concreti. Un articolo scritto dal premier Wen Jiabao di recente approva i metodi di Hu Yaobang. Dovremmo imparare la verità invece di fissarci sui documenti ufficiali”

5. Ha dei consigli per mantenere delle relazioni amichevoli tra gli Han e i Tibetani?

Dalai Lama. “Se gli Han e i Tibetani condividessero la stessa mentalità e una identità di base, molti problemi sarebbero più facili da risolvere. Incontro spesso gente dalla Cina continentale, sono sinceri, non c’è difficoltà di comunicazione”

“Ripeto sempre che si sono due livelli nei rapporti umani. Il primo è che siamo tutti uomini, siamo tutti uguali. Questa è la cosa fondamentale. Dopo vengono le differenze di religione, cultura e lingua, etc.”

“Nel 1955, quando ero a Pechino, studiai il marxismo. Anche lì si afferma che tutti siamo uguali. Sono davvero d’accordo”

6. Nel Documento per una reale autonomia dei tibetani, non viene mai menzionato come proteggere i diritti degli Han. Lei è d’accordo che gli Han abbiano il diritto di risiedere in Tibet, nel caso di un futuro più autonomo? Molti Han pensano che l’autonomia che richiedete sia una forma di indipendenza, e sospettano che un governo autonomo avrebbe pregiudizi verso gli Han, cacciandoli dal Tibet.

Dalai Lama. “Dove sono nato io vivono Han e i musulmani Hui, e di certo ci saranno molti Han ancora in futuro. Ma il punto centrale è non ridurre il Tibet ad una nuova Mongolia interna, dove i mongoli sono una minoranza. Una autonomia di questo tipo ha senso. In alcune aree del Tibet, la cultura e la lingua Tibetane rischiano una crisi seria a causa dell’aumento della popolazione Han”.

7. Nei suoi scritti si parla del Tibet come di un pacifico paese buddista, una immagine molto diversa dalla descrizione data dal governo cinese come di una società in passato fondata sulla schiavitù. Molte foto provano queste crudeltà. Può spiegare queste differenze di vedute?

Dalai Lama. “Riconosco che negli anni prima del 1950 il Tibet era sottosviluppato. Nessuno ha mai detto che il Tibet fosse bello come il Paradiso. I Tibetani che oggi vivono in esilio non vogliono ripristinare le vecchie istituzioni. Tuttavia, il governo cinese dal canto suo sostiene che in passato il Tibet era un inferno profondo. E questo non è vero. E’ propaganda. Molti Tibetani non sono d’accordo. Anche nella Rivoluzione culturale cinese, si annunciavano grandi risultati, che il tempo avrebbe smentito. La propaganda non ha potere”

“Facendo un altro esempio, tutto il mondo sa cosa è accaduto in Piazza Tiananmen il 4 giugno 1989, ma la propaganda del Partito comunista cinese continua a fingere che nulla sia accaduto. Ognuno dovrebbe informarsi in modo oggettivo e equilibrato. Dico spesso ai Tibetani: non pensiate che io sia sempre nel giusto: dovete osservare le cose e farvi una vostra idea. E anche come buddisti, dovete riflettere profondamente su quanto accade”

8. Se il governo cinese le permettesse un giorno di rientrare in Tibet e rendesse la regione indipendente, quale organizzazione politica darebbe allo stato?

Dalai Lama. “Nel governo tibetano in esilio, abbiamo sempre attuato la democrazia”

9. Lei ha sempre chiesto che i soldati cinesi lascino il Tibet, il che le ha attirato le critiche delle autorità cinesi. Ritengono che questo sia il primo passo verso la vostra indipendenza. Continua a sostenere questa richiesta di non avere militari in Tibet?

Dalai Lama. “Per quanto io parli di autonomia della regione tibetana, ho sempre detto chiaramente che la questioni della diplomazia e della sicurezza nazionale spettano al governo centrale.

10. Sembra che non ci sia modo per lei di vedere una soluzione per il Tibet mentre è ancora in vita. Che si attende per il futuro?

Dalai Lama. “Nei 60 anni dalla fondazione della Repubblica popolare cinese da parte del partito comunista, ci sono state politiche molto diverse riguardo le minoranze etniche nell’era di Mao, in quella di Deng, fino a quelle di Jiang e poi di Hu Jintao. Perciò credo che l’attuale atteggiamento verso la minoranza tibetana cambierà e che la questione del Tibet verrà risolta sulla base degli interessi comuni tra le parti”.

http://gabrielebarbati.nova100.ilsole24ore.com/2010/05/il-dalai-risponde-su-twitter-il-testo-in-italiano.html

TIBET: DALAI LAMA, “IO SONO ANCORA MARXISTA”

New York, 21 mag. – C’e’ ancora qualche marxista nel mondo? Il teorico della non violenza e nobel per la Pace Dalai Lama lo e’. E’ forse, nella Cina di oggi, anche questa ideologia puo’ apparire pericolosa. Al suo arrivo a New York, dove terra’ una serie di letture pubbliche, il leader spirituale tibetano ha risposto alla domanda di un cronista: “Io sono ancora marxista”, ha detto, e ha sottolineato come l’ideologia del filosofo di Treviri abbia “contenuti etici, laddove il capitalismo vuole solo realizzare profitti”.

IN CHAT CON IL DALAI LAMA BEFFATA LA CENSURA DI PECHINO

Dialogo su Twitter con i cinesi. Grazie a Internet e al dissidente Wang Lixiong un’ora di conversazione libera a distanza. Aggirato lo sbarramento degli hacker. dal nostro corrispondente GIAMPAOLO VISETTI PECHINO – Gli Stati Uniti hanno servito ieri alla Cina il piatto più avvelenato che gli attuali leader del partito comunista siano mai stati costretti ad ingoiare. Il cocktail esplosivo, confezionato nella stanza 1014 dell’hotel Loews di New York, è arrivato in tavola a Pechino poco dopo le otto della sera. Tre gli ingredienti che hanno infiammato lo stomaco delle autorità, sorprese e impotenti: il Dalai Lama, Google e Internet. I tre grandi nemici del potere cinese, per poco più di un’ora, hanno unito le forze per affermare che informazione e tecnologia, nel nome di democrazia e libertà di espressione, possono ormai superare anche la più sofisticata delle censure. Il siluro che ha aperto un varco nella «Grande Muraglia di Fuoco», eretta dalla Cina per isolarsi elettronicamente dal resto del mondo online, è partito da Twitter. Grazie al social network e allo scrittore dissidente Wang Lixiong, in esilio negli Usa, per la prima volta dopo 51 anni il leader spirituale dei buddisti tibetani è tornato in Cina e ha potuto dialogare in modo libero con i cittadini del Paese da cui è dovuto fuggire dopo l’invasione di Lhasa. Anche Google, costretto due mesi fa a riparare a Hong Kong per sottrarsi alle limitazioni politiche, ha consumato a freddo la sua vendetta. Twitter, come Facebook, YouTube e gli altri web-forum occidentali, in Cina è oscurato. L’intervista pubblica a distanza è stata dunque possibile grazie a Google Moderator, l’applicazione che già nel novembre scorso aveva permesso agli studenti di Shanghai, rivelatisi poi delle controfigure del partito, di parlare con Barack Obama. Il motore di ricerca americano si è messo a disposizione per selezionare le domande inviate dagli internauti cinesi, girandole poi al post newyorkese di Wang Lixing. Nonostante lo sbarramento eretto dagli hacker di Pechino, dalla Cina sono filtrati 1253 messaggi. Grazie a 12.457 voti in diretta, Google Moderator ha inoltrato a New York i 289 preferiti dal popolo della Rete e il Dalai Lama ne ha affrontati una decina. Non si può dire che la Cina abbia potuto partecipare ad un evento tanto straordinario. Gli utenti di Internet sono 404 milioni, la più grande piazza mediatica del pianeta. Secondo le stime solo 80 mila dispongono però di proxi e filtri che consentono di aggirare gli sbarramenti della censura collegandosi a server domiciliati all’estero, in particolare a Hong Kong, a Londra o negli Usa. Il Dalai Lama, che da gennaio ha un account su Twitter, ha chattato con questi attraverso un interprete che ha tradotto le sue risposte dal tibetano al mandarino. La serata più nera del partito – Stato si è rivelata comunque un enorme successo per la repressa e ininfluente opinione pubblica cinese. Il premio Nobel per la pace, per la prima volta, ha potuto illustrare direttamente il suo pensiero ad una popolazione cresciuta nella disinformazione di regime che lo dipinge come un pericoloso separatista. Ha spiegato che la sua successione dipende solo dal popolo tibetano e che alla sua morte «il problema con il Panchem Lama nominato da Pechino si porrà». Ha ripetuto di non avere ambizioni personali e di essere preoccupato solo per la cultura e la spiritualità del Tibet. Ha criticato lo «sviluppo forzato» della regione himalayana e la censura che paralizza la Cina. «Il problema – ha detto – è che nessuno può dire la verità. Ma solo la verità e la libertà di espressione possono guarire la Cina dal cancro che la corrode». Ha ricordato che tra «han» e tibetani i rapporti sono millenari e che se ora sono tesi, non è colpa della gente, ma del potere che divide le persone con la propaganda. Ha negato, nel caso venisse riconosciuta l’autonomia della regione, il rischio di una «pulizia etnica» anti-cinese, accusando Pechino di averla invece promossa in Mongolia Interna. Nulla di nuovo, se non la dichiarazione d’amore per il marxismo «ultimo custode filosofico di valori etici che il capitalismo distrugge con la religione del profitto». Nel mirino sono però tornati la propaganda «che è riuscita a cancellare dall’anima cinese la rivoluzione culturale e il massacro di Tiananmen» e la dittatura «a cui il mio governo in esilio ha preferito la democrazia». L’ultima risposta ha aperto all’ottimismo, prevedendo «grandi e positivi cambiamenti anche per il Tibet». Nella notte cinese Internet è stato intasato di messaggi entusiasti. Nessun commento invece dal governo. Dopo la trappola di Google e del Dalai Lama, oggi atterra in Cina Hillary Clinton. Ieri ha strappato un mezzo sì al mantenimento della base militare Usa in Giappone, domani affronterà il dossier Corea del Nord. Se Pechino trionfa in economia, la sua autorevolezza politica globale resta tutta da costruire. http://www.repubblica.it/esteri/2010/05/22/news/dalailama-internet-4254280/

Il Dalai Lama parla ai cinesi. Via Twitter

Elusa la censura. «Mi aspetto grandi cambiamenti, decisiva la fiducia reciproca»

Democrazia in rete – Il premio Nobel intervistato per oltre un’ora. Anche sulle tensioni con il governo di Pechino.

BANGKOK—Non potendo fisicamente mettere piede in Cina, il Dalai Lama l’ha fatto per via informatica. Ed è con il microblog Twitter — scambio di messaggi sintetici—che il leader tibetano ha provato per un’ora e mezza ieri sera a dialogare direttamente con i cinesi. I suoi interlocutori sono una élite: le poche decine di migliaia di utenti Internet che, scavalcando la censura, impiegano Twitter. Lo stesso Wang Lixiong, organizzatore della chat, è un cinese han anomalo, che contesta le politiche di Pechino nei confronti del Tibet e del Xinjiang. Wang ha raccolto le domande, ha ottenuto le risposte del Dalai Lama facendole tradurre in mandarino, 1.253 persone hanno posto 289 quesiti e quasi in 13 mila hanno selezionato i migliori.

Il Dalai Lama ringrazia Wang perché nonostante «non abbiamo fatto progressi significativi per migliorare il rapporto con Pechino », tuttavia «ho una grande fiducia nel popolo cinese ». Il colloquio mostra un monaco conciliante, attento soprattutto a rassicurare la controparte, esposta abitualmente alla propaganda della Cina. Lo dimostra la questione più votata: la scelta del prossimo Dalai Lama. Ebbene, spiega il Premio Nobel, «nel ’92 ho proposto che le prerogative del Dalai Lama fossero trasferite a un leader tibetano eletto democraticamente. Non è che si tratti di un metodo tanto importante. Il Partito comunista si è applicato alla materia più di me…». Lo scenario possibile è che tibetani e cinesi scelgano ciascuno un Dalai Lama, com’è accaduto con il Panchen Lama. Sul Panchen Lama che Pechino coltiva come un contro-Dalai Lama per contrastare la popolarità del «separatista », il Premio Nobel è cauto: «Da quel che so è abbastanza intelligente. Studia il buddhismo. I fedeli ancora non sono certi del suo livello di dottrina… Dipende da lui».

Seconda domanda: su quali aspetti il governo tibetano in esilio e Pechino proprio non possono intendersi? «Per le autorità cinesi non esiste una questione tibetana, esiste solo il problema del Dalai Lama. Io non ho aspirazioni, mi curo solo della cultura tibetana. Un giorno il governo centrale riconoscerà che in Tibet ci sono problemi come in Xinjiang, li affronterà e li risolverà. Io lo aiuterò, perché abbiamo lo stesso obiettivo: sviluppare il Tibet, nella solidarietà. Solo che l’approccio cinese è la forza». I netizen cinesi incalzano il Dalai Lama, vogliono sapere delle incomprensioni fra tibetani e cinesi han. «Il rapporto tra han e tibetani—risponde—non risale al ’49 (nascita della Repubblica Popolare, ndr) o al ’50 (occupazione del Tibet, ndr), ma a mille anni fa. Relazione a volte molto armoniosa, a volte conflittuale, come ora. Il motivo è il governo, non il popolo». E qui il Dalai Lama spende parole di credito verso alcuni leader cinesi: «La maggior difficoltà è non realizzare l’approccio di Deng Xiaoping: partire dalla realtà».

Addirittura, il leader tibetano allude alla semi-riabilitazione dell’ex segretario comunista, Hu Yaobang, fatta dal premier Wen Jiabao a metà aprile: «Hu si sforzò molto. L’articolo di Wen ne ha riconosciuto l’approccio: conoscere la realtà locale anziché basarsi sui documenti ufficiali. Lo dico spesso ai tibetani: non pensate che quel che dico sia necessariamente giusto. Osservate e comprendete». Han e tibetani? «Non sono gli unici popoli ad avere delle differenze, ma l’uguaglianza risolve i problemi. Io sottolineo sempre che gli uomini sono tutti uguali, un principio che ho appreso nel ’55 studiando il marxismo». Gli chiedono se il Tibet che vagheggia ospiterebbe l’esercito cinese: «Anche nella mia “autonomia” politica estera e difesa spetterebbero a Pechino». E c’è dell’ottimismo a sorpresa: «Nella storia del Pcc ci sono stati grandi cambiamenti, quindi cambierà anche la politica etnica, soprattutto in Tibet. Decisiva la fiducia reciproca ».

Altro quesito: tanti pensano che la sua autonomia sia invece indipendenza e gli han verranno discriminati… «Il punto chiave è che il Tibet non può diventare come la Mongolia Interna, dove i mongoli sono ormai minoranza». Infine, gli interlocutori cinesi gli contestano una visione idilliaca del Tibet storico, mentre Pechino sottolinea l’arretratezza oscurantista, schiavitù inclusa. «Prima del 1950, era una società arretrata. Lo ammettiamo, mai detto che fosse il paradiso. Nessuno rivuole il vecchio sistema. Ma la propaganda cinese dice che il Tibet fosse l’inferno, e non è vero neanche questo… E’ successo come con il 4 giugno (strage della Tienanmen, ndr), il Partito fa finta che non ci sia mai stato. La cosa importante è che ciascuno possa fare le sue ricerche in modo obiettivo e scientifico». E: «Non ho sempre ragione». Che forse è un modo gentile e cifrato per dire: se mi sbaglio io, magari a volte sbaglia anche il Partito comunista…

Marco Del Corona 22 maggio 2010

http://www.corriere.it/esteri/10_maggio_22/il_dalai_lama_parla_ai_cinesi_via_twitter_marco_del_corona_de64b606-6582-11df-89b0-00144f02aabe.shtml

Dalai Lama parla coi cinesi su Twitter

Dalai Lama

Il leader spirituale ha risposto a 250 domande degli utenti

VALERIA FRASCHETTI

NUOVA DELHI
Twitter in soccorso della causa tibetana, almeno per un’ora. Tanto è durata la prima intervista del Dalai Lama con gli internauti cinesi avvenuta attraverso il sito di instant messaging. A partire dalle 12 italiane (le 8 di sera in Cina) il capo spirituale dei tibetani ha risposto a 250 domande formulate da 1.100 utenti della Repubblica popolare. L’iniziativa era stata lanciata su Twitter da Wang Lixiong, scrittore cinese dissidente della politica di Pechino in Tibet, che in un messaggio aveva detto di aver offerto al Premio Nobel per la Pace la possibilità di accedere al sito col suo account per l’occasione.
Così, attraverso un voto online avvenuto su un’applicazione di Google chiamata Google Moderator, circa 12 mila persone hanno selezionato le 250 domande per il leader tibetano, ha spiegato Xiao Qiang, direttore della rivista “China Digital Times”, che ha base negli Stati Uniti. Twitter, dove il Dalai Lama ha da qualche mese un proprio account con oltre 350 mila followers, in Cina è bloccato. Ma il sito di instant messaging permette ad altre applicazioni e server di accedere al suo servizio, così gli internauti cinesi hanno potuto accedere ai «twit» del Dalai Lama senza dover ricorrere ai proxy che permettono di aggirare la poderosa censura di Pechino. Proprio per questo motivo, ha spiegato Qiang, Twitter è ampiamente utilizzato in Cina nonostante i filtri censori delle autorità. «In realtà la Grande Muraglia (digitale, ndr) ha favorito la crescita della comunità di Twitter come in nessun altro Paese al mondo», ha dichiarato all’Associated Press Qiang. Secondo lui si tratta di una comunità che ha il suo collante proprio nell’anti-censura: «Numerose discussioni su Twitter sono sulla libertà di Internet e su come aggirare la Grande Muraglia con metodi più sofisticati». Il leader dei buddisti tibetani ha risposto alle domande da New York, dove si trova per una vista di due giorni. Dalla cittadina indiana di Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio, il segretario del Dalai Lama, Tenzin Takhla ha confermato a La Stampa che l’intervista è avvenuta come da programma. «Tuttavia – ha aggiunto – non possiamo sapere da quanti utenti è stata seguita». http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201005articoli/55253girata.asp

Il Dalai Lama sbarca su Twitter: parlerà con oltre mille cinesi

di Gabriel Bertinetto

Purtroppo negli anni passati, le nostre relazioni con il governo cinese non hanno portato ad alcun miglioramento sostanziale. Ma ho ancora molta fiducia nei cinesi. E sono molto contento di comunicare con loro». È la prima risposta del Dalai Lama alle domande postegli da migliaia di cittadini della Repubblica popolare in un’intervista collettiva svoltasi grazie a Twitter, la piattaforma Internet di «instant messaging».

POVERITÀ E PROPAGANDA
L’evento è frutto dell’iniziativa di un oppositore del regime comunista, che risiede negli Stati Uniti, Wang Lixiong. Tenzin Gyatso, che vive abitualmente nell’esilio indiano di Dharmasala, ma in questi giorni si trova a New York, ha colto immediatamente l’occasione di rivolgersi direttamente al popolo cinese, superando gli schermi della propaganda di Pechino. Il fatto che il Dalai Lama chieda solo un’ampia autonomia e non l’indipendenza per il Tibet, e che non si stanchi di esortare i seguaci ad usare solo metodi di lotta non violenti, è normalmente liquidato dal governo della Repubblica popolare come la menzogna di un terrorista. Molti cinesi probabilmente credono che le cose stiano davvero così. Twitter è uno dei siti oscurati dalle autorità di Pechino. Dalla metà del 2009 accedervi richiede una notevole abilità internautica. E tuttavia Wang Lixiong ritiene che oltre ottantamila utenti riescano abitualmente ad aggirare il blocco della censura informatica. Il Dalai Lama non ha scoperto da ieri le potenzialità comunicative del web. All’inizio dell’anno ha aperto un suo «account» personale su Twitter, seguendo l’esempio di molte personalità, politiche e non, che da tempo si sono lanciate nella navigazione online. Grande frequentatore di Twitter è notoriamente il presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

NOVANTA MINUTI

Nella conversazione (o «chat» come viene usualmente definita nel gergo di Internet) il religioso ha spiegato le misere condizioni in cui si trova la sua terra, ha descritto il modo in cui l’afflusso sempre più massiccio di membri della maggioranza etnica han stia alterando l’equilibrio demografico locale, ed  ha affrontato la delicata questione della sua successione, una delle domande più  frequenti. L’intervista è durata circa novanta minuti. Alla domanda sulle ragioni per cui i negoziati con Pechino non abbiamo mai prodotto risultati, il Dalai Lama ha risposto come ciò dipenda dal fatto che «il governo centrale ha sempre negato ci siano problemi in Tibet, sostenendo che ci sono solo problemi con il Dalai Lama». Ma «personalmente io non ho alcuna richiesta da avanzare -ha detto il religioso-. La mia unica cura è per le questioni che attengono alla cultura ed alla lingua tibetana, ed all’ambiente».

http://www.unita.it/news/mondo/99020/il_dalai_lama_sbarca_su_twitter_parler_con_oltre_mille_cinesi


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