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Dalai Lama: il Tibet è un problema ecologico e culturale, oltre che per i diritti umani
Novembre 9th, 2010 by admin

Sua Santità il Dalai Lama: Alcuni funzionari cinesi pensano che noi tibetani siamo anti – cinesi. Non è vero, non lo siamo mai stati. Naturalmente, siamo contrari alle decisioni politiche e alle ingiustizie perpetrate in Cina, ma non siamo contro il popolo cinese".
Sua Santità il Dalai Lama: Alcuni funzionari cinesi pensano che noi tibetani siamo anti – cinesi. Non è vero, non lo siamo mai stati. Naturalmente, siamo contrari alle decisioni politiche e alle ingiustizie perpetrate in Cina, ma non siamo contro il popolo cinese”.

Alla Conferenza internazionale di sostegno al Tibet, il leader buddista ricorda che tutto il mondo ha interesse a preservare l’ecologia e anche la cultura tibetana, minacciate dalla politica cinese. Grande solidarietà da molti Paesi e l’auspicio di maggiori rapporti con il popolo e i politici cinesi.

La 6° Conferenza Internazionale dei Gruppi di Sostegno al Tibet, organizzata dal Gruppo di Coordinamento indiano per la Causa Tibetana, è iniziata il 5 novembre a Surajkund, vicino New Delhi in India, alla presenza di autorità internazionali. Il Dalai Lama ha lanciato un appello alla comunità internazionale di considerare la questione tibetana non solo per i diritti umani, ma anche per l’ecologia e la cultura. Il primo incontro ebbe luogo a Dharamsala, nell’ormai lontano 1990, seguito da quelli di Bonn (1996), Berlino (2000), Praga (2003) e Bruxelles (2007).

Alla sesta conferenza, aperta il 5 novembre alla presenza del Dalai Lama, di Lal Krishna Advani – ex Primo Ministro indiano – e del Primo Ministro del Governo Tibetano in esilio Samdhong Rinpoche, hanno partecipato oltre 250 delegati provenienti da 57 paesi. L’Associazione Italia-Tibet era rappresentata dal Dottor Stefano Dallari, per anni membro del direttivo dell’Associazione. Alla cerimonia di inizio dei lavori (nella prima foto il Dalai Lama e Advani accendono la lampada inaugurale), hanno partecipato anche la senatrice filippina Miriam Defensor Santiago, Rafael Gimalov, membro del parlamento russo e Vijay Singh Mankotia, ex Ministro dello stato indiano dell’ Himachal Pradesh. Il Dalai Lama ha approfondito le possibili conseguenze dell’attuale politica cinese sotto questi 3 aspetti. In campo ecologico, ha evidenziato che oltre un miliardo di persone dipende dai corsi d’acqua che nascono nel Tibet e ha citato gli scienziati cinesi che considerano la zona come un “terzo polo”, importante per l’ecologia mondiale quanto il polo nord e il polo sud. Per questo aspetto, del tutto scientifico e privo di connotazioni politiche, ha sottolineato l’importanza per la Cina e per tutti che sia preservata l’ecologia della regione, che invece è minacciata in vari modi dallo sfruttamento cinese, ad esempio con la progettazione di dighe grandiose nelle gole naturali. Per la questione culturale, ha ricordato come la tradizione tibetana comprenda non soltanto la religione buddista, ma ha creato una scienza e un filosofia che hanno contribuito allo sviluppo dell’umanità, attraverso il mondo buddista. Ad esempio con lo sviluppo dell’antico pensiero indiano dell’Ahimsa, una dottrina di azione guidata dalla compassione. Egli ha ricordato che la cultura buddista tibetana è una cultura di pace e di compassione, un approccio alla vita che può dare indicazioni e stimoli a tutta l’umanità. Circa i rapporti con le autorità cinesi, il Dalai Lama ha osservato che un grosso ostacolo a rapporti migliori è la mancanza di trasparenza, la propaganda distorta e la censura praticata da Pechino verso il problema tibetano. Ha insistito che se ci fossero un confronto non distorto e una magistratura indipendente, si potrebbe risolvere con rapidità la questione tibetana. Per la Cina stessa ha auspicato cambiamenti graduali, senza l’adozione rapida di modelli democratici che potrebbero causare disordini, ma con un progressivo ritiro del Partito comunista cinese dal controllo della vita pubblica.

Tra le personalità presenti all’inaugurazione, Lal Krishna Advani, ex vice premier indiano, ha elogiato l’importante opera dei Gruppi di Sostegno del Tibet e ha invitato la Cina a un dialogo sincero con il Dalai Lama e a riconoscere le legittime aspirazioni del popolo tibetano. Ha pure indicato che i rapporti tra Cina e India possono evolvere diventando determinanti per la storia del 21° secolo, come 2 civiltà che hanno tanto in comune, e che questi aspetti in comune dipendono in parte dalla civiltà tibetana. Egli ha presentato il libro “2008 Uprising in Tibet:  Chronology and Analysis”, realizzato dal Tibetan Department of Information & International Relations.

Da anni Pechino considera il Dalai Lama un pericoloso terrorista e perseguita chi difende i diritti umani e culturali dei tibetani accusandolo di separatismo.

La cerimonia inaugurale è iniziata quando il Maestro di Cerimonia Vijay Kranti ha invitato il Dalai Lama e L.K. Advani ad accendere le luci in occasione del Diwali, la festa indiana delle luci ricorrente il 5 novembre.

Tema della conferenza – secondo quanto affermato in apertura dei lavori dal Dr. Nand Kishore Trika, presidente del Gruppo di Coordinamento indiano per la Causa Tibetana ed ex editore del Navbharat Times, quotidiano nazionale in lingua hindi,- la discussione sull’attuale situazione esistente in Tibet e l’individuazione delle azioni attraverso le quali i Support Groups di tutto il mondo possono rendere più incisivo il loro lavoro alla luce dei cambiamenti avvenuti in Cina e Tibet. Anche Trikha, dirigente del Gruppo Centrale ha insistito che la questione tibetana riguarda tutta l’umanità.

Messaggi di saluto e di augurio per la Conferenza sono giunti da tutto il mondo. Peter Slipper, vicepresidente della Camera del Parlamento australiano, e Bob Brown, senatore per la Tasmania, hanno confermato il massimo sostegno nella ricerca di una soluzione per la questione tibetana. Michael Danby, parlamentare australiano e presidente del Gruppo Interpartitico parlamentare per il Tibet, ha ricordato come le forti pressioni del governo cinese portino i governi nazionali a dare un sostegno limitato al Tibet e ha plaudito simili ampi convegni per riaffermare la solidarietà mondiale al Tibet.

Dennis Cusack, copresidente del Network di Supporto Internazionale al Tibet, ha insistito per un aumento di attività di effettivo sostegno al Tibet, anche finalizzate a raggiungere la popolazione cinese e i giovani leader comunisti cinesi.

Yang Jianli, presidente di Iniziative per la Cina, ha affermato che sempre più cinesi sono colpiti dalla figura del Dalai Lama e capiscono che la questione dei diritti in Tibet riguarda l’intera società cinese. Ha pure ricordato il tentativo di togliere il tibetano come lingua d’insegnamento nelle scuole della regione, qualificandolo come un genocidio culturale.

Ci sono stati interventi di membri del parlamento di India, Filippine e Russia, che hanno in vario modo ripreso e confermato le preoccupazioni espresse dal Dalai Lama.

Tra gli interventi del pomeriggio c’è stata la testimonianza di Tsewang Dhondup, ferito dai proiettili della polizia cinese durante una dimostrazione in Tibet nel marzo 2008.

La Conferenza durerà una settimana e saranno discusse iniziative concrete di sostegno. (N.C.)

Presente per la prima volta anche un folto gruppo di cinesi convinti assertori della causa tibetana. Ad essi si è rivolto il Dalai Lama nella parte finale del suo discorso, spesso interrotto dagli applausi del pubblico. (AsiaNews)

L’INTERO DISCORSO DI SUA SANTITÀ IL DALAI LAMA

Alcuni funzionari cinesi pensano che noi tibetani siamo anti – cinesi. Non è vero, non lo siamo mai stati. Naturalmente, siamo contrari alle decisioni politiche e alle ingiustizie perpetrate in Cina, ma non siamo contro il popolo cinese. Ne abbiamo una prova: la presenza qui oggi di molti Han. Spero che nessuno vi abbia comperati o dato dei soldi per partecipare a questa conferenza…Sono certo che siete venuti fin qui a vostre spese, per vostra volontà. Conosco molti di voi da parecchi anni, siete persone istruite e intelligenti, siete patrioti che amano la cultura e il popolo cinese e che, ovviamente, amano il proprio paese. E siete qui per aiutarci.

E questa è la dimostrazione che la nostra è una lotta giusta e nobile e che, soprattutto, non chiediamo la separazione dalla Cina ma una genuina autonomia. È per questo motivo che in tempi recenti, in particolare negli ultimi due anni, ho incontrato tanti cinesi: intellettuali, insegnanti, professori e studenti. Ne ho incontrati a centinaia. E ho avuto occasione di leggere più di mille articoli, scritti in cinese, tutti a sostegno della Via di Mezzo e contro la politica del governo di Pechino che mira, a lungo termine, solo al proprio interesse. Questo è un buon segno, mostra chiaramente che non siamo anti-cinesi.

Vedo qui anche tanti europei. I cinesi ci accusano di voler internazionalizzare la questione tibetana. Ho spesso ricordato che noi abbiamo due mani: tendiamo la destra a Pechino ma se la Cina non ci concede nulla e la nostra mano rimane vuota, tendiamo allora la mano sinistra alle molte persone che mostrano sincera attenzione alla causa del Tibet, ci avvaliamo della loro simpatia e del loro supporto. Ma se la Cina ci ascoltasse e ottenessimo qualche risultato concreto, saremmo pronti a ritirare la mano sinistra e diremmo ai nostri sostenitori: grazie, arrivederci. E quindi, in definitiva, chi sta facendo del Tibet una questione internazionale?

Il discorso del Dalai Lama al sito:

<http://www.youtube.com/watch?v=BLkZvUPtZd8>

Fonte: tibet.net


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