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Sangye Tso si è autoimmolata
Maggio 28th, 2015 by admin

Una donna tibetana si è autoimmolata ed è deceduta il 27 maggio 2015 in Tibet, nella Contea di Chone, regione del Kanlho, provincia del Gansu. Si chiamava

 Sangye Tso

Sangye Tso

, aveva trentasei anni ed era madre di due figli. Si è cosparsa di benzina e si è data fuoco attorno alle 4.00 (ora locale) di fronte alla sede del personale di sicurezza cinese, nelle vicinanze del monastero di Choekhorling.

Il suo corpo carbonizzato è stato subito requisito dalle forze di sicurezza che poco più tardi lo hanno restituito alla famiglia dispiegando però un ingente numero di poliziotti all’interno e attorno all’abitazione della defunta. Sale a 141 il numero dei tibetani che hanno cercato la morte con il fuoco in segno di protesta all’interno del Tibet.

Ieri Sangye Tso aveva inviato ai famigliari, tramite l’applicazione WeCaht, un messaggio di cui però non si conosce al momento il contenuto. Sembra che dopo aver ricevuto il messaggio avessero espresso preoccupazione.

Nuove tensioni nella Contea di Tawu dopo la morte di Tenzin Gyatso, immolatosi con il fuoco il 20 maggio. Il 22 maggio la popolazione locale, aveva chiesto che fossero liberate le dieci persone (quattro donne e sei uomini) arrestate dalla polizia in seguito all’autoimmolazione del tibetano. Per tutta risposta un alto funzionario della Contea aveva dichiarato di “essere pronto a fornire ai tibetani la benzina nel caso avessero voluto darsi fuoco”. Il 24 maggio un migliaio di tibetani, incluso l’abate del monastero di Nyitso,  si sono riuniti in sit all’interno del monastero per protestare contro il comportamento delle autorità cinesi e del capo della Contea di Tawu.

Fonti: Phayul – Free Tibet

TIBET: ARRESTATO IL MARITO DI SANGYE TSO, LA DONNA TIBETANA IMMOLATASI IL 27 MAGGIO SCORSO

6 giugno 2015. La polizia cinese ha arrestato Tamding Wangyal, il marito di Sangye Tso, la donna tibetana madre di due figli immolatasi lo scorso 27 maggio nella Contea di Chone, regione dell’Amdo. Si era cosparsa di benzina e si era data fuoco attorno alle 4.00 (ora locale), di fronte alla sede del personale di sicurezza cinese, nelle vicinanze del monastero di Choekhorling.

Sangye e il marito gestivano un ristorante, un negozio e un albergo ma a causa di ripetuti problemi insorti con le locali autorità cinesi avevano deciso di aprire una nuova attività a Nagchu e di lasciare i bambini con i nonni. Fonti tibetane hanno riferito che prima di portare a compimento la sua protesta Sangye Tso aveva inviato ai suoceri alcuni suoi gioielli e capi di abbigliamento destinati a fornire i mezzi necessari per assicurare ai figli un’adeguata istruzione. Dopo la sua morte, i locali funzionari di polizia hanno chiesto di vedere e fotografare tutto ciò che la donna tibetana aveva fatto pervenire ai suoceri. Hanno inoltre sottoposto a lunghi interrogatori altri membri della famiglia.

Dopo il gesto di estrema protesta di Sangye Tso, le autorità cinesi hanno tratto in arresto anche tre monaci del monastero di Choekhorling: Samten Gyatso, Lobsang Samten e Thinlay Gyatso. Nonostante la polizia non abbia fornito alcuna spiegazione sulle ragioni del loro arresto, i tibetani del luogo ritengono che molto probabilmente siano stati fermati per aver diffuso la notizia dell’immolazione di Sangye Tso attraverso la rete di chat vocale WeChat. Le autorità cinesi hanno incrementato i controlli su tutti i canali di comunicazione inclusi i servizi di messaggio vocale e la posta elettronica.


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