S. S. Dalai Lama: Non abbiamo che l’educazione

Sua Santità il Dalai Lama: "Spesso Sakyamuni si è presentato come un medico: "Come l'oceano intero è impregnato dal sapore del sale, così tutto il mio messaggio non ha che un sapore, la liberazione."

Sua Santità il Dalai Lama: "Spesso Sakyamuni si è presentato come un medico: "Come l'oceano intero è impregnato dal sapore del sale, così tutto il mio messaggio non ha che un sapore, la liberazione."

La chiave è nelle nostre mani.

Sua Santità il Dalai Lama: “Ma la chiave è nelle nostre mani. Non bisogna cercarla altrove. È vero che la specie umana è la sola a poter distruggere la terra. Gli uccelli, i conigli non hanno questo potere. Ma se ha il potere di distruggere la terra, ha anche quello di proteggerla.”

Jean-Claude Carriere: “Ma non intraprende questa strada. Anche qui, a Dharamsala, mi ha sorpreso, passeggiando per le foreste, vedere ovunque mucchi di cartacce, scatole di conserva, plastica Sembra che gettino tutto ovunque.”

Sua Santità il Dalai Lama: “È il contributo della comunità tibetana!”.

Jean-Claude Carriere: “Ieri, vicino al mio albergo, ho visto un gruppo di bambini tibetani che giocavano rumorosamente. Il loro divertimento consisteva nell’estrarre i rifiuti da un bidone delle immondizie e nello sparpagliarli per terra Mi fermai e mi domandai: che cosa fanno? Perché?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Hanno sette o otto anni, sono nati in un mondo-spazzatura, per loro la natura è piena di plastica, è così, non l’hanno conosciuto prima. Non sanno che il mondo era bello. Il concetto stesso di bellezza, non lo conosceranno forse mai.”

Non abbiamo che l’educazione

Jean-Claude Carriere: “Che fare, allora?”.

Sua Santità il Dalai Lama: “Non abbiamo che l’educazione. È la nostra sola arma, insieme all’esempio che possiamo dare. E questa educazione, dal punto di vista buddhista, comincia con la nozione di interdipendenza. Tutto dipende da tutto. La vita di questi fanciulli che giocano è direttamente collegata alle cartacce che estraggono dalla spazzatura. Bisogna dirlo, spiegarlo, e soprattutto farlo sperimentare.”

Jean-Claude Carriere: “È un compito lungo.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Sì, un compito quotidiano, che non terminerà mai. Ma la nostra sopravvivenza, e la qualità della nostra sopravvivenza, hanno questo prezzo. La condivisione di questa presa di coscienza è essenziale se vogliamo migliorare, sia pure di poco, il nostro atteggiamento, il nostro rapporto col mondo. Dobbiamo vincere l’isolamento del nostro spirito, dobbiamo rinnovare i nostri contatti con il resto dell’universo. Altrimenti, davvero, siamo perduti. Perduti perché separati. Bisogna mostrare, instancabilmente, che il nostro interesse è l’interesse degli altri, che il nostro futuro è il futuro degli altri. E quando dico “gli altri”, non penso solamente agli altri esseri umani, evidentemente uguali a noi. Penso ad ogni altra forma di vita, su questa terra e fuori di questa terra.”

Jean-Claude Carriere: “Non è dunque una questione di sentimento, né di morale?”

Sua Santità il Dalai Lama: “È anzitutto un fatto.”

Jean-Claude Carriere: Tutti coloro che, da vicino o da lontano, si sono interessati al buddhismo, sono stati colpiti dall’affermazione secondo la quale la compassione, fondamento stesso della condotta, non dipende in alcun modo da quello che noi chiamiamo sensibilità. Anche se non possiamo evitarlo, non serve praticamente a nulla piangere sui nostri mali o sulle sventure altrui. La compassione buddhista non ha nulla a che vedere con questo o quel caso particolare. Si basa su un senso molto preciso della nostra appartenenza alla totalità del mondo. Testi venerabili dicono che essa è senza causa, senza calore, senza passione, instancabile, immutabile. Come ricordava Jacques Bacot nel 1925, “è del tutto obiettiva, fredda e legata a una concezione metafisica. Non è spontanea, ma conseguente a lunghe meditazioni… Abbraccia tutti gli esseri trasportati dalle passioni nel ciclo delle rinascite. È universale mentre la nostra è particolare”.

Sua Santità il Dalai Lama: “Ora, il fatto è che non abbiamo che una terra, nostra madre comune, e che ogni danno che le provochiamo si ritorce necessariamente contro di noi. Se non prestiamo attenzione alla terra, distruggiamo il nostro stesso futuro”.

Jean-Claude Carriere: “Possiamo ancora salvarlo?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Certo. Cominciando dal controllo delle nascite, che bisogna promuovere al più presto. Parallelamente, possiamo ripulire i fiumi, e il suolo, e quest’aria che respiriamo. Sì, possiamo farlo! Spetta solo a noi. E non è una questione di sensibilità o di morale. È il nostro futuro a essere in gioco!”

Le nostre radici giudaico-cristiane.

Jean-Claude Carriere: “Le nostre sono altre radici, che chiamiamo giudaico-cristiane, e questo mito dell’inizio della Genesi ove il Dio creatore dà all’uomo il potere su tutto ciò che è vivente, i pesci dell’acqua, gli uccelli dell’aria, il bestiame, anche sugli animali che strisciano sul suolo. A cui s’aggiungono i frutti della terra, gli alberi. In un racconto decisivo, che sappiamo ora essere stato scritto tardivamente (al ritorno dall’esilio degli Ebrei a Babilonia, verso il V o IV secolo avanti Cristo), l’uomo si attribuisce, in poche righe, il possesso senza riserve dell’intero pianeta. Lo fa in buona fede, certo, e in nome di un Dio ormai unico. È difficile valutare fino a che punto questa parola antica ci influenzi ancor oggi. Sono portato a credere che questa influenza, sottilmente profonda, sia presente in ognuno dei nostri gesti.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Davvero?”

Jean-Claude Carriere: “Gli occidentali si sono ripetuti, per secoli, di essere la meraviglia del creato, fatti a immagine stessa di Dio. Hanno finito per crederlo. Gli sforzi per liberarci da questo mito, che il buddhismo non ha mai conosciuto, sono lenti e pesanti, si deve sempre ricominciare da capo. Soltanto vent’anni fa, in Occidente, erano pochissimi coloro che si sentivano parte integrante della ruota. La maggioranza di noi, ed è ancora così, si consideravano al contrario coloro che fanno girare la ruota.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Certamente. Lei parlava di alcuni gruppi di uomini d’affari che vengono qui a fare ritiri, e che le chiedono consiglio. Che cosa sono al confronto di tanti milioni di executives organizzati, armati di ventiquattr’ore e di computer portatili, il cui progetto non è che di sfruttare?”

Sua Santità il Dalai Lama: “È vero che l’Occidente è affascinato dall’efficienza. E senza dubbio, in molti campi, questa efficienza strappa l’ammirazione. Allora pongo una domanda che mi sembra naturale: questa efficienza tecnica, perché non applicarla alla salvaguardia di ogni forma di vita? Sarebbe un compito entusiasmante per l’umanità, che sembra appunto mancare di un grande progetto, di un ideale.”

Jean-Claude Carriere: “È difficile. La certezza della nostra supremazia ha radici così lontane…”

Sua Santità il Dalai Lama: “È difficile, ma indispensabile! Se non si risolve il problema della sopravvivenza, non resterà nessuno nemmeno per sollevare il problema! E il buddhismo può aiutarvi. Dapprima, come ho già detto, grazie all’estrema attenzione che presta al concetto di interdipendenza. Non lo si ripeterà mai abbastanza. Poi, per l’atteggiamento che adotta nei confronti della verità dottrinale. Se la scienza contraddice le Scritture, bisogna cambiare le Scritture. Il che non è facile, anche all’interno del buddhismo. Ma bisogna farlo. Anche noi dobbiamo cominciare di qui. Importante è risanare. Spesso Sakyamuni si è presentato come un medico: “Come l’oceano intero è impregnato dal sapore del sale, così tutto il mio messaggio non ha che un sapore, la liberazione. D’altro canto poco importa l’identità del medico ed il rimedio che prescrive. Il Buddha ha fornito l’esempio celebre dell’uomo colpito da una freccia avvelenata. Non vuole farsi medicare prima di aver conosciuto il nome dell’uomo che l’ha colpito, prima di sapere a quale casta appartiene, a quale famiglia, se è di costituzione robusta o minuta, in quale legno la freccia è stata intagliata. E muore prima che lo si possa curare. Questo atteggiamento positivo, pragmatico, che suppone una verifica costante del modo di pensare e di agire, è la spina dorsale del buddhismo dove si ritrovano rigore e flessibilità. Pur affermando che ogni evento procede da una causa e comporta delle conseguenze, nella grande ruota dove tutto è collegato a tutto, il buddhismo sa mettere da parte, quando è necessario, la speculazione teorica, che può ritardare le cure che ogni ferita esige. Al limite, il buddhismo riconosce anche l’oscurità che avvolge alcuni ambiti. È senza dubbio meglio non addentrarvisi mai, come ha raccomandato il Buddha: “Non cercate di misurare l’Incommensurabile a parole, e nemmeno di affondare la lama del pensiero nell’impenetrabile…”.

Da: Il Dalai Lama, La Compassione e la Purezza. Conversazioni Con Jean-Claude Carriere. Traduzione di Laura Deleidi. Fratelli Fabbri Editori Anno: 1995 http://it.scribd.com/doc/157928207/Dalai-Lama-Purezza