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Milano: gli ottomila del Dalai Lama
Dicembre 8th, 2007 by admin

Repubblica — 08 dicembre 2007   pagina 9   sezione: MILANO

C’ è chi arriva da Saronno, chi da Roma, chi da Vicenza, chi dalla Svizzera, chi persino dal Tibet. Ci sono numerose mamme e padri con i figli al collo o addormentati nel passeggino. Ci sono pensionati che non ci sentono bene e gli studenti universitari che prendono appunti, qualcuno addirittura schizzi. Ci sono i monaci buddisti che non capiscono l’ italiano. E buddisti italiani che stanno imparando il tibetano. E ci sono centinaia di profughi nei costumi tradizionali. gente scappata dall’ omologazione cinese, una diaspora che si estende a tutta l’ Europa. <!– @page { margin: 2cm } P { margin-bottom: 0.21cm } –> Infine ci sono tantissimi che si definiscono solo «cristiani» venuti qui «per capire, per imparare da un grande operatore di pace». E non mancano nemmeno gli agnostici e gli atei, che spiegano di esser in cerca della «via per la pace interiore». è molto vario, intenso e scrupolosamente attento a non perdere nemmeno una parola, il popolo del Dalai Lama, approdato ieri mattina presto al Palasharp per la prima delle tre giornate di insegnamenti che terrà a Milano. Sono quasi le 10 quando Tenzin Gyatso si inchina tre volte davanti al pubblico e sale sul trono ricoperto di drappi dorati, attorniato dalle tuniche zafferano dei monaci che lo accompagnano. Il Palasharp è pieno fino alle ultime gradinate ma, dall’ emozione, respira come un uomo solo. In ottomila hanno pagato 120 euro per la tre giorni di meditazione e la conferenza finale che si terrà domani pomeriggio, anniversario dell’ attribuzione del premio Nobel per la pace. «Scusatemi, mi dispiace, sono in ritardo di 20 minuti e se me lo permettete mi metterei questo cappellino rosso che mi ha donato un amico americano, molto utile con tutta questa illuminazione, anche se di nessuno significato: insomma, non faccio parte di nessuna banda dal berretto rosso», rompe il ghiaccio il Dalai Lama, con una delle sue tradizionali, bellissime risate. Lo stesso sorriso ridanciano che poco prima, dall’ altra parte della città, aveva lodato anche il presidente della Regione, Roberto Formigoni, l’ unico politico milanese a concedere al capo mondiale dei buddisti l’ onore di un incontro istituzionale in veste ufficiale. «è un uomo eccezionale, di grande simpatia e profondità spirituale», racconta il Governatore, che riceve il Dalai Lama al trentesimo piano del Pirellone, conducendolo per mano all’ interno del Palazzo. «Lo conosco da quasi vent’ anni e lo stimo molto. Anche i miei rapporti con la Cina sono ottimi, ho incontrato il console poco tempo fa, ma questo non toglie che possano esserci delle divergenze d’ opinione sul alcuni temi. Non bisogna aver paura delle divergenze, né nascondersi dietro a un dito. La pace può richiedere qualche momento di frizione». E li spiega subito, Formigoni, i temi su cui ci sono frizioni con Pechino: «In questi anni la Cina è entrata nel Wto e avrà le Olimpiadi, occasioni straordinarie di apertura della società. Mi auguro che tutto l’ Occidente usi questo periodo per chiedere più rispetto della democrazia e dei diritti umani da parte di questo grande paese. Lo stesso Dalai Lama per il Tibet chiede l’ autonomia all’ interno della Cina». Tenzin Gyatso illustra la sua speranza: «La Cina è una grande nazione, sarebbe assolutamente sbagliato isolarla. Ma visto che lei aspira a restare economicamente nella comunità internazionale, le potenze mondiali hanno la responsabilità morale di chiederle il rispetto della democrazia e della libertà, cosa alla quale aspirano gli stessi fratelli cinesi». Finita l’ unica tappa politica della giornata – domani mattina l’ appuntamento è col sindaco Letizia Moratti che andrà al Palasharp a festeggiare il Nobel per la pace – il leader spirituale buddista corre a Lampugnano, dove centinaia di persone sono ancora in coda fuori dai botteghini nonostante i cartelli con scritto “Sold out”. Per quattro ore, con un intervallo nella pausa pranzo, il piccolo uomo con la tunica ocra e porpora parla al suo popolo variopinto e commosso. Alle 16.30, sorride, si toglie il berretto e ringrazia: «Finish, buona notte» e dal palco abbraccia tutti simbolicamente. – ZITA DAZZI


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