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CONFERENZA
STAMPA DI SUA SANTITÀ IL 14° DALAI LAMA
IN
OCCASIONE DELLA SUA VISITA A ROMA 13 OTTOBRE 2006
Poche
parole d’introduzione: come prima cosa vorrei ringraziare dal
profondo del cuore i miei amici di vecchia data ed i miei amici di
data più recente che mi hanno invitato qui.
Ieri
ho avuto una folta giornata d’incontri, una giornata molto
piena d’incontri di grandissimo interesse e di grande utilità
e sono molto felice, nel senso che ho avuto l’impressione di
trovarmi vicino con tutti.
L’INCONTRO
COL PAPA
Oggi
è stata una giornata molto importante, nel senso che
rispondeva ad uno degli scopi principali della mia visita qui; ho
avuto l’incontro con Sua Santità il Papa, in un udienza
che si è svolta in un clima molto piacevole, e ne sono molto
soddisfatto, perchè lo scopo che mi muove, uno degli scopi
principali, è la promozione dell’armonia religiosa.
Anche
il predecessore di Benedetto XVI, Giovanni PaoloII, si era impegnato
nella promozione del dialogo interreligioso. Questo è uno dei
miei impegni principali.
Come
negli incontri del passato, ho parlato della promozione dei valori
umani, di cui ho parlato qui oggi. E, naturalmente parlando della
promozione dei valori umani, ho parlato della necessità della
promozione dell’armonia anche sul piano religioso.
Ed
ho parlato col Santo Padre anche dell’importanza dell’ambiente.
E con questo Papa, così come avvenne col suo predecessore,
abbiamo confrontato le nostre idee e ci siamo trovati completamente
d’accordo. È stata una visita particolarmente piacevole.
Con lui ho anche affrontato i temi della fede e della ragione, della
fede che va al di là della semplice ragione. Dall’unione
di fede e ragione scaturisce il modo migliore per raggiungere la
comprensione. Perché la fede e la ragione insieme portano al
risultato più efficace. Ed abbiamo visto, certo, che pur
esistendo filosofie diverse, se andiamo a studiarle più nel
profundo, vediamo che alla fine sono tutte ispirate agli stessi
valori umani: l’amore, l’affetto, la compassione,
l’abnegazione, l’autodisciplina. Quindi, hanno un nucleo
comune, che è quello poi di arrivare ad una migliore armonia
fra gli esseri umani.
Col
predecessore dell’attuale Pontefice avevamo in comune un fatto
molto importante: l’esperienza comune d’aver vissuto
sotto dei regimi comunisti. Io ho vissuto per nove anni dal ‘51
al ‘59 e Giovanni Paolo II per un periodo molto più
lungo. Ma, proprio perché condividevamo questa comunanza
d’esperienze, questa comprensione molto stretta, questo tema
era diventato argomento di molte nostre conversazioni, anche se
talvolta mi scopro metà marxista e metà buddhista. I
miei amici italiani di lunga data lo sanno bene.
Come
vi ho detto, col predecessore di questo Papa discutemmo dell’armonia
religiosa, non dimentichiamo l’incontro ad Assisi con tutti i
leder religiosi nel 1986. E, come ebbi modo di dire con Benedetto
XVI , espressi allora la speranza che non si trattasse d’una
singola occasione, ma che fosse l’inizio, e che quest’incontro
tra leader di diverse religioni fosse una prassi che venisse
regolarmente portata avanti. Ho sollevato quest’aspetto col
Santo Padre che ha espresso il suo assenso. Sulla questione del Tibet
non c’è stato modo di parlarne perchè l’incontro
è stato molto breve ed era la prima volta che c’incontravammo.
Inoltre in Cina molti cristiani si trovano di fronte a grosse
difficoltà.
Molto
spesso sentiamo dire che alcuni esponenti d’una determinata
religione che hanno commesso dei gravi errori, anche delle
nefandezze, finiscono per essere considerati come gli esponenti di
tutta quella comunità religiosa. Ma poche persone che agiscono
male, qualunque sia la loro tradizione religiosa, che siano
cristiani, ebrei, indù o buddhisti, non possono essere
considerati come rappresentanti di quelle comunità. E’
molto sbagliato pensare una cosa del genere.
LA
PROMOZIONE DEI VALORI UMANI
Il
mio compito consiste nella promozione dei valori umani, intesi come
qualità di base della nostra vita e come fonte ultima di una
vita felice basato su una comunità felice e su di una famiglia
felice e sono anche un elemento di base per poter conseguire una pace
duratura, reale nel mondo. Prima di raggiungere la pace nel mondo
occorre raggiungere, conseguire una pace interiore. E sono questi i
valori umani che ci consentono di raggiungerla: l’amore, la
compassione, l’affetto nei confronti degli altri, intesi come
fratelli e sorelle. E, insieme, considerato globalmente, questo
processo ci consente di giungere alla pace.
La
compassione e l’affetto negli esseri umani è un qualcosa
che riveste una valenza biologica. E’ come se facesse parte
della nostra natura al momento della nostra stessa nascita, come se
fosse una caratteristica biologica, perchè ne abbiamo bisogno
sul piano biologico. Non sono un esperto di biologia, nonostante la
laurea che mi è stata appena conferita all’Università
di Roma Tre sia in biologia, il che non mi fa ugualmente diventare
uno scienziato. Ma sono convinto che, quanto più siamo animati
da questi valori, tanto più il nostro organismo fisico se ne
avvantaggi e le cellule stesse se ne giovano. Quindi, l’affetto
e la compassione nei confronti degli altri non sono un qualcosa che
necessariamente discende da una credenza religiosa. Pur essendo alla
base delle principali credenze religiose, può derivare da
altre prospettive, dall’atteggiamento delle persone nei
confronti degli uni con gli altri.
Quando
poniamo l’accento al momento subito dopo la nascita, ai primi
minuti dopo la nascita, constatiamo questa sensazione di vicinanza,
d’affidamento totale che il neonato sente nei confronti
dell’altra persona, che è la madre. Ma non sa ancora che
si tratta della madre. Quella d’affidarsi alla madre è
una reazione biologica che lo fa sentire tranquillo e felice, al
sicuro ed appagato. Lo stesso vale per l’altro soggetto: la
madre, che genera questo senso di prendersi cura del figlio.
Ed
è così che dobbiamo iniziare la nostra vita, perchè
se l’inizieremo con questi sentimenti, allora potremo
sopravvivere. Senza queste cure potremmo assistere in poche ore alla
morte del neonato. Quindi, oggi vediamo che uno dei fattori centrali
per la nostra sopravvivenza consiste fondamentalmente nell’affetto,
nel senso di compassione e di cura che abbiamo ricevuto dalla nostra
mamma all’atto della nascita. Siamo in presenza d’un
episodio d’imprinting che segna la nostra mente, il nostro
cuore e le nostre emozioni.
Volevo
chiarire questo concetto perché si capisca quanto sia
importante promuovere questi sentimenti, che sono alla base, sono al
centro delle qualità umane.
La
promozione dei valori umani. Che rappresenta infatti il secondo scopo
della mia visita.
UNA
PIENA AUTONOMIA PER IL TIBET
Inoltre,
qui a Roma, ho avuto modo d’incontrare molti amici che da lunga
data si sono prodigati per la questione tibetana, il che rappresenta
un’occasione per spiegare la situazione attuale della questione
tibetana. Come voi sapete il nostro intento già da vari anni
non è più quello d’ottenere l’indipendenza,
è un dato ormai noto in tutto il mondo. Il Tibet è un
paese, una sorta d’enclave che sul piano materiale è
arretrato. Quindi i tibetani, il popolo tibetano, desiderano un
ammodernamento, desiderano maggiore prosperità, ed il fatto di
far parte della Cina potrebbe giovare al popolo tibetano sul piano
materiale, sempre che siano pienamente rispettati la cultura, la
spiritualità ed i valori tibetani, l’ambiente, che è
un ambiente prezioso e molto delicato, ed un’autonomia degna di
questo nome, una piena autonomia. La costituzione cinese sancisce
l’autonomia, il riconoscimento della Regione Autonoma da un
lato e dall’altro anche delle quattro regioni dove vivono dei
gruppi etnici tibetani.
Io
stesso, strettamente parlando, dal punto di vista cinese, non sono
tibetano, perchè vengo dalla regione del Qingai, una delle
provincie cinesi dove risiedono i tibetani. Quindi la costituzione
cinese riconosce le provincie, i distretti dove risiedono gruppi
etnici tibetani. Unautonomia reale sarà la migliore garanzia
per poter avere pienamente il rispetto della cultura e della
spiritualità del popolo tibetano.
Per
quanto concerne lo stato delle nostre relazioni, dei nostri contatti
con la Cina, questi sono soggetti ad alti e bassi: ci sono momenti in
cui nutriamo maggiori speranze di uno sbocco in senso positivo ed
altri in cui ci sembra che ci sia un irrigidimento e quindi un
atteggiamento più duro da parte cinese. Ora ci troviamo in una
fase d’irrigidimento, con un conseguente atteggiamento duro.
Quindi le nostre speranze sono anche puntate anche sulle azioni dei
nostri amici che ci hanno sempre aiutato e continueranno ad aiutarci
per promuovere la nostra causa.
Ma
la questione del Tibet non è tanto la questione del Dalai
Lama. E’ la questione dei diritti di sei milioni di tibetani.
E, qual’è il miglior modo per conservare la cultura, le
tradizioni, il Buddhismo tibetano? Si tratta d’un patrimonio
culturale ricchissimo, che rappresenta la forma più completa
di Buddhismo, ed è un qualcosa che è patrimonio di
tutta l’umanità. Qundi, conservare questi valori,
significa conservarli non solo per sei milioni di tibetani ma per
milioni di cinesi. Già molti cinesi mostrano di voler aderire
al buddhismo tibetano. Se andiamo nel passato, molto indietro nel
passato, ci sono stati perfino degli imperatori cinesi che
praticavano il buddismo tibetano.
Come
sapete, negli ultimi 50-60 anni si è perpetrata un’enorme
distruzione da parte dei cinesi a danno dei loro stessi valori, del
loro patrimonio, a danno del Confucianesimo. Anche in Tibet si è
verificata una distruzione importante di questo patrimonio. Occorre
perciò fare il possibile per conservare questo patrimonio
culturale e per conservare il buddhismo tibetano, per conservare
l’ambiente, che è un qualcosa di molto prezioso e che
non è appannnggio solo dei sei milioni di tibetani, ma di
miliardi di persone, che in qualche modo sono coinvolti in quelle che
sono le condizioni dell’ambiente in tibet.
In
Tibet nasce un fiume, l’Indo, che scorre poi in India e
Pakistan e che ha un impatto molto importante sulla vita di milioni
di persone. Perciò il mio approccio è quello di far sì
che ci siano sempre più persone che mostrano solidarietà
nei nostri confronti ed ora ci sono esponenti dell’intellighenzia
e della cultura cinese, degli scienziati e degli scrittori che
mostrano una certa solidarietà nei confronti del mio approccio
alle cose. Questo è un po il problema tibetano.
Il
Panchen Lama si potrebbe definire il più giovane prigioniero
politico. Sono ormai 10 anni che non abbiamo più notizie di
lu. E, quando vengono fatte delle richieste ai funzionari cinesi di
sapere dove sia, la risposta che otteniamo è solo di tipo
filosofico, perchè dicono: “È dov’è”.
Agli
inizi degli anni ’80, come voi sapete, fu avanzata una proposta
dal governo cinese di un piano in cinque punti, il cui punto centrale
era sostanzialmente il mio rientro nel paese.
Ma
come voi sapete, abbiamo risposto che non è questo il punto,
il punto centrale sono i diritti di sei milioni di tibetani. Questo è
il motivo per cui portiamo avanti la nostra lotta e cerchiamo il modo
migliore per garantire questi diritti, garantire la conservazione
della cultura tibetana, dell’ambiente, della spiritualità,
delle tradizioni buddhiste. Il vero e proprio ostacolo è
rappresentato dal fatto che i funzionari, i dirigenti cinesi non
sanno nulla della nostra tradizione, della lingua tibetana, della
cultura tibetana, non conoscono la storia del Tibet, e quindi vedono
le cose in un’ottica distorta secondo delle informazioni che
non sono quelle giuste. Sulla questione del mio ritorno, qual’è
il problema? Non appena da parte di Pechino dovesse emergere una
chiara indicazione che il governo centrale inizia seriamente ad
affrontare i probelemi dei diritti del mio popolo e della
conservazione della nostra religione e cultura, io sono pronto a
ritornare. Sarà quello il momento del mio ritorno.
Sostanzialmente
lo scopo principale della mia visita qui è stato l’incontro
con Sua Santità il Santo Padre. Se questa evenienza non si
fosse realizzata, ebbene, ne sarei stato molto rattristato. Ma la mia
visita non aveva un agenda, un programma d’un certo tipo da
discutere col Governo Italiano. Cerco sempre d’evitare problemi
a chichessia.
Ritengo
che, in ultima analisi, l’intero globo debba essere
smilitarizzato. Questo è il mio sogno, la mia visione, ma non
sarà un evento che si realizzarà nel corso della mia
vita, e forse neanche nel corso della vita di questi giovani che sono
qui davanti a me. Ma dobbiamo sempre avere una visione che si
proietta nel futuro, anche in un futuro lontano.
É
vero, bisogna andare passo per passo nelle realizzazioni. Quindi, un
primo passo potrebbe consistere in un divieto totale delle armi
nucleari, seguito dal bando delle armi biologiche, quindi da quello
delle armi d’offersa. Altra possibilità è quella
di formare delle forze formate da eserciti di diversi paesi, in modo
che questa rappresenti la migliore garanzia affinchè questi
non lottino gli uni contro gli altri.
Sulla
questione dei diritti umani penso che in molti casi numerose
delegazioni appartenenti al mondo libero, abbiano sollevato il
problema. É importante che vengano avanzate queste questioni
ma, forse, è di molto peso che lo si faccia con grande
rilevanza, a prescindere dalla risposta insoddisfacente che si
ottiene.
http://www.dsonline.tv/dettagliop.aspx?id=3608
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