2-S.S. Dalai Lama: Insegnamenti Kalachakra New York 1991

Secondo giorno degli

Insegnamenti preliminari all’Iniziazione del Kalachakra

di Sua Santità il XIV Dalai Lama

a New York City, USA, Novembre 1991

Tema degli Insegnamenti:

Il Bodhicaryavatara, La Via del Bodhisattva di Shantideva

Traduzione dal tibetano in inglese del Prof. Ghesce Lobsang Jinpa e dall’inglese all’italiano della Dott.ssa Nicoletta Nardinocchi, revisione del Dott. Luciano Villa, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Sua Santità il XIV Dalai Lama

Per coloro che desiderano meditare su bodhicitta e generare questa aspirazione altruistica a raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, è opportuno che iniziate generando entusiasmo e grande ammirazione riflettendo sui grandi meriti e benefici del generare tale mente. Questo permetterà al praticante di realizzare con successo bodhicitta nei limiti del proprio continuum. I meriti ed i benefici di bodhicitta sono stati spiegati ampiamente e in dettaglio nella «Guida allo stile di vita del Bodhisattva» di Shantideva. Dal punto di vista di una singola vita, possiamo comprendere o percepire gli effetti benefici del buon cuore. Per esempio, se qualcuno possiede questo buon cuore prezioso, non solo la mente di quella persona è calma, felice, rilassata e serena, ma il buon cuore gli permette in qualche modo un maggiore successo, prosperità e felicità nella vita. Il possesso di tale qualità rende inoltre la persona più coraggiosa e d’ampie vedute. D’altra parte, se qualcuno è sempre sospettoso verso gli altri, nutre malumori ed odio verso altri esseri senzienti, a causa di tale stato molto inquinato della mente, proietta quell’attitudine verso gli altri. A prescindere dall’attitudine degli altri verso di lei, quella persona si rapporterà agli altri attraverso il filtro della negatività. Finché siamo esseri umani dobbiamo relazionarci e interagire con altri esseri umani, questo è un fatto naturale. A dispetto di questo fatto inevitabile, tale persona si rapporterà ed interagirà con gli altri in modo molto sospettoso e negativo. Pertanto, alla fine, gli mancheranno felicità, serenità d’animo e tranquillità. Anche guardando dal punto di vista di una singola vita, se vogliamo essere felici, è il buon cuore che dobbiamo coltivare e generare. Se vogliamo avere successo e prosperità, è il buon cuore, che dobbiamo generare e rafforzare. Se qualcuno vuole portare la felicità agli altri e partecipare a quella felicità, è il buon cuore, che deve essere generato e rafforzato. Se qualcuno desidera godere sia a breve termine che a lungo termine della felicità, allora è il buon cuore, che deve essere generato e rafforzato. Anche chi desidera ottenere future rinascite favorevoli deve generare e rafforzare il buon cuore.

Rinascite superiori vengono dal condurre uno stile di vita secondo i principi di una sana disciplina etica, quali il rispetto della morale sulla base delle dieci azioni positive. Si tratta di azioni, che si astengono dalle dieci azioni negative, le principali azioni negative create dalle tre porte del corpo, della parola o della mente dell’agente. Un esempio è uccidere un altro essere senziente. Rubare danneggia la ricchezza ed i possedimenti degli altri. Provocare dissenso e discordia tra gli altri danneggia le amicizie degli altri. Tutte queste azioni che danneggiano la vita, il corpo fisico, le ricchezza o le relazioni degli altri, hanno carattere negativo. Pertanto, condurre un modo di vivere basato sull’osservazione di una disciplina morale solida che si astiene da queste azioni negative getta le basi per accumulare cause e condizioni che poi portano l’individuo a prendere rinascita in stati superiori di esistenza. Tutte queste azioni etiche rispondono ad un bisogno fondamentale di rispettare e venerare la vita ed il benessere degli altri. L’importanza di un buon cuore non può essere sottovalutata in relazione ai nostri progressi sul sentiero spirituale della tradizione Mahayana. Secondo la tradizione Mahayana, bodhicitta ossia l’aspirazione genuina altruistica di raggiungere la Buddità per il bene di tutti gli esseri senzienti è la porta d’ingresso al sentiero Mahayana. Generare bodhicitta è la fase iniziale del sentiero che porta all’illuminazione. Bodhicitta è uno stato della mente, basato sulla realizzazione effettiva della compassione universale ed imparziale verso tutti gli esseri senzienti. E su questa base, se un praticante ha generato o meno dentro di sé tale stato che si dice se che sia o meno nel sentiero Mahayana. Tutte le grandi qualità del sentiero Mahayana, a partire dalla fase della bodhicitta, fino ai più alti livelli del percorso, in ultima analisi dipendono dal buon cuore. Allo stesso modo, tutte le qualità inconcepibili della compassione del Buddha, le attività e la mente, in ultima analisi dipendono e sono basati sul buon cuore.

Il buon cuore è uno stato d’animo molto altruista, che custodisce e considera il benessere degli altri come più importante del proprio.

L’intera pratica e sentiero buddistia si basano sull’unico fondamento della Grande Compassione universale. La compassione è la radice di tutta la pratica buddista. Se guardiamo alla moltitudine di religioni del mondo vediamo che, indipendentemente dalla diversità dei loro presupposti metafisici e filosofici tutte convergono su un punto. Lo scopo o obiettivo di tutte le principali tradizioni religiose è quello di produrre un buon essere umano, una persona buona. Lasciamo da parte, gli scopi ultimi di salvezza o nirvana. Sul piano pratico tutte le varie religioni del mondo convergono su questo unico punto e concordano di produrre un buon essere umano. A questo riguardo se guardiamo i risultati vedremo che esse condividono un potenziale comune di ottenere lo stesso risultato. Pertanto, potremmo dire che la compassione è il fondamento anche di altre religioni. Dal punto di vista della nostra salute, lasciando da parte la salute in questioni circostanziali, in genere quando siamo malati e consultiamo un medico ci vengono dati consigli generali per riposarci e rilassarci. Il vero significato di questo riposo e relax, non deve essere inteso solo in termini fisici come stare distesi a letto. Finché la vostra mente non è rilassata e tranquilla deriva ben poco beneficio dal riposo o dal rilassamento, così come l’aveva consigliato il medico. Solo quando siamo capaci di rilassare la mente, di mantenere calma la mente, possiamo ristabilirci e rilassarci in modo corretto. Se la mente è disturbata, afflitta da pensieri di odio, invece di rilassarsi, sarà ancora di più turbata ed infelice. Quindi, da un certo punto di vista, potremmo considerare i consigli del medico di riposarci e rilassarci, come l’auspicio a diventare persone di buon cuore.

Si racconta che Atisha, uno dei grandi maestri indiani, ogni volta che incontrava una persona nuova gli chiedeva subito: “Hai buon cuore?Vale la pena cercare di migliorare il proprio cuore. Questo è chiaro.

Avendo capito l’importanza di generare un simile stato altruista della mente, un tale buon cuore, e dopo aver visto i grandi vantaggi e meriti di generare tale mente, la domanda successiva è: “Possiamo arrivare a tale realizzazione?” Se sì, così come si fa a generarlo? Quando parliamo di generazione di un buon cuore, in questo contesto ci riferiamo a bodhicitta che è il definitivo buon cuore. Bodhicitta ha la capacità infinita d’entrare in empatia con la sofferenza altrui e di cercare di realizzare il benessere degli altri esseri senzienti. Eanche uno stato altruista della mente, complementare al fattore dell’intelligenza o saggezza. Nell’Abhisamayalamkara Maitreya definisce la Bodhicitta come uno stato della mente integrato da due caratteristiche: da un lato l’aspirazione a soddisfare il desiderio degli altri esseri senzienti, il che è il fattore motivante, e dall’altro, dall’aspirazione a conseguire l’illuminazione per il beneficio degli altri. Quindi, la definizione di bodhicitta è aspirazione altruistica che mira al raggiungimento dell’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Dovrei spiegare che cosa s’intende per bodhicitta accompagnata dal fattore di saggezza. Per fare un esempio, quando prendiamo rifugio nei Tre Gioielli, affidiamo noi stessi, i nostri bisogni spirituali e il benessere, alla cura dei Tre Gioielli: il Buddha, il Dharma ed il Sangha. Tale rifugio può essere generato in due modi. Uno è ascoltando le qualità del Buddha e provando grande ammirazione per la vita del Buddha. Possiamo prendere rifugio nel Buddha sulla base di fede e grande devozione. Questo è un modo di prendere rifugio nel Buddha. C’è un altro modo, però, che non è basato semplicemente sulla fede o devozione, ma piuttosto sull’esame della condizione del Buddha, e della nostra capacità di raggiungere quello stato. Possiamo rimuovere le illusioni e tutto ciò che inquina la nostra mente? Se è così, esiste uno stato in cui tutti questi stati illusori della mente cessano? Attraverso tale indagine ed analisi arriviamo a convincerci della possibilità di raggiungere uno stato totalmente privo di ogni sofferenza, illusioni e contaminazioni. Realizzare la possibilità di ottenere la buddità e attraverso ciò prendere rifugio nel Buddha è molto più stabile, potente ed efficace che attraverso la sola fede.

Allo stesso modo, esistono due modi di generare bodhicitta. Le tendenze altruistiche di alcuni praticanti sono così potenti e forti che hanno una capacità di empatizzare con la sofferenza altrui. Allo stesso tempo, essi possono non avere l’intelligenza o la sottigliezza di comprendere la realizzazione della mancanza di identità di tutti i fenomeni. Grazie all’intensità del loro grande altruismo possono generare bodhicitta….

Il che ci fa riflettere sulla natura della altrui sofferenza, vagliando se la sofferenza degli altri esseri senzienti può essere eliminata, se esiste un sentiero che conduce alla liberazione universale e, se sì, come possiamo realizzare tale aspirazione. Generare bodhicitta sulla base del ragionamento è il processo più potente ed efficace. Questa bodhicitta non è solo altruista, ma è anche accompagnata da saggezza e intelligenza. Questo è il tipo di bodhicitta che i praticanti del Bodhicaryavatara devono generare. Questi bodhisattva hanno due distinte caratteristiche. Sulla base della compassione dirigono la loro attenzione verso gli esseri senzienti e sulla base della loro saggezza orientano la loro attenzione verso la Buddità, il raggiungimento dell’illuminazione. Tali bodhisattva che possiedono bodhicitta unita al fattore della saggezza hanno molto coraggio ed entusiasmo. Dal punto di vista della compassione, possiamo vedere la differenza tra la semplice compassione mancante del fattore saggezza e la compassione completa del fattore di saggezza che penetra la natura più profonda della realtà. C’è una differenza enorme tra i due tipi di compassione.

Nel primo caso, sebbene la compassione possa essere molto potente ed altruista, e il praticante pensi costantemente al benessere altrui e simpatizzi con loro, cercando di realizzare il benessere altrui, tale compassione aspirazionale manca della vera comprensione. Quando la compassione è completata dalla saggezza che penetra la natura più profonda della realtà, che realizza la vacuità, la compassione si fa molto potente. Empatizza non solo con tutti gli esseri senzienti, ma ha anche la consapevolezza dell’ignoranza che concepisce erroneamente tutte le cose come durature, come intrinsecamente esistenti, il che lega tutti gli esseri senzienti al circolo vizioso della vita e della morte. Se gli esseri senzienti fossero in grado di sviluppare la comprensione della natura della realtà, potrebbero avviare il processo di liberazione di se stessi, di liberazione dalla schiavitù. Esiste un tale percorso, ma gli esseri senzienti ruotano nel ciclo della vita e della morte a causa della loro ignoranza. Quando questa realizzazione influenza la nostra compassione, questa è tanto più grande perché sappiamo che gli esseri senzienti ruotano inutilmente nell’esistenza ciclica. Qualora gli esseri senzienti prendessero l’iniziativa, potrebbero uscirne. Così, quando la mente s’addestra a generare bodhicitta, queste due aspirazioni devono essere coltivate separatamente, l’aspirazione di tutti gli esseri senzienti di essere liberati dalla sofferenza e l’aspirazione di raggiungere l’illuminazione a loro favore. La generazione di queste due aspirazioni deve essere coltivata e addestrata separatamente.

La compassione è il fondamento della bodhicitta e, per addestrare le nostre menti alla compassione universale, abbiamo bisogno di due altri fattori. Prima di tutto, dobbiamo essere in grado di allenare la nostra mente in modo tale da poter percepire tutti gli esseri senzienti come oggetti degni del nostro affetto. Dobbiamo essere in grado di sviluppare un senso di vicinanza, intimità con tutti gli esseri senzienti senza distinzioni. Il secondo fattore è quello di essere in grado di sviluppare una conoscenza più approfondita della natura della sofferenza degli altri esseri senzienti. Questi due fattori devono essere sviluppati per prima cosa. Sebbene non sappia se vi è una sequenza precisa, tradizionalmente, prima di generare compassione, si consiglia di sviluppare nella nostra mente una genuina rinuncia che è il desiderio di liberarsi dalla schiavitù dell’esistenza ciclica. Questa rinuncia, o, letteralmente, la nascita definitiva, si riferisce ad un sincero desiderio di liberarsi dalla sofferenza. Questo è il primo consiglio che diamo, perciò riteniamo che vada prioritariamente generato, perché, riflettendo sulla nostra sofferenza, il sentimento di insopportabilità è più facilmente sviluppato, in quanto c’identifichiamo così più facilmente con la nostra sofferenza ed in modo più naturale. Una volta che sviluppiamo la comprensione della natura della sofferenza in relazione alla nostra situazione, la percepiamo come insopportabile. Quando estendiamo a tutti gli esseri senzienti questa sensazione d’insopportabilità della nostra sofferenza, in quel momento questa diventa compassione. Tradizionalmente si dice che compassione e rinuncia sono due facce di una stessa medaglia. E’ nel contesto di coltivare la vera rinuncia, il desiderio di essere liberi dalla sofferenza che la dottrina delle Quattro Nobili Verità diventa estremamente importante. Nelle Quattro Nobili Verità, il Buddha insegnò due serie di concatenazioni causali. Da un lato evidenziò l’effetto, la sofferenza, e, dall’altro, la causa: la sorgente o l’origine delle sofferenze. Se la sofferenza è un’esperienza che non vogliamo provare, dobbiamo cercare le cause che ci conducono ad essa. Inoltre, abbiamo bisogno di sapere se esiste la possibilità di mettere fine al processo di causazione. Se non ci fosse modo o la possibilità di spezzare questa catena causale, la riflessione e la contemplazione della natura della sofferenza sarebbe auto-tortura, auto-tormento. Se così fosse sarebbe meglio non pensare affatto alla sofferenza. Tuttavia questo non è il caso. Dopo aver insegnato la Nobile Verità della Sofferenza e la sua origine anche sottolineando l’importanza di generare comprensione della natura della sofferenza e delle sue cause, Buddha ha insegnato una seconda serie di catene causali, dove ha spiegato la possibilità della cessazione della sofferenza. È stato spiegato anche il vero sentiero che ha la capacità di condurre i singoli a quella cessazione. Ciò implica la necessità di riflettere sulla natura della sofferenza e sviluppare comprensione della vera natura della nostra esperienza di sofferenza. In questo contesto, il Buddha ha parlato di tre tipi di sofferenza. Questi tre sono tecnicamente conosciuti come la sofferenza della sofferenza, che si riferisce a situazioni comunemente identificati come dolorose e della natura della sofferenza, la sofferenza del cambiamento che normalmente indica le esperienze piacevoli, ma in realtà, che se perseguite fino al loro limite finiscono per renderci insoddisfatti ed infelici, e il più profondo livello di sofferenza conosciuta come la sofferenza pervasiva del condizionamento. La sofferenza del condizionamento si riferisce alla nostra stessa esistenza in questo ciclo di nascita e morte, che è il prodotto delle nostre azioni karmiche. Il fatto che siamo spinti in questo ciclo in modo incontrollabile dal potere delle nostre azioni karmiche e delle illusioni, la sofferenza dei nostri condizionamenti. Fintanto che questo tipo esiste, serve come base per il sorgere delle prime due sofferenze. Quando spiegò la natura della sofferenza, Buddha parlò di quattro caratteristiche specifiche della sofferenza che sono impermanenza, insoddisfazione, mancanza di identità e mancanza del sé. In questo contesto, impermanenza si riferisce alla impermanenza sottile per cui fintanto qualcosa è il prodotto di cause e condizioni, le cause stesse e le condizioni sono la base per la sua distruzione. Qualsiasi cosa, che è il prodotto o la conseguenza di cause e condizioni, non può possedere una qualità di resistenza o di permanenza, per il fatto stesso che qualcosa causato dipende da fattori causali. Le cause stesse non solo hanno causato l’esistenza del prodotto, ma hanno anche la potenzialità per la sua disintegrazione. Questa natura momentanea dei fenomeni è la conseguenza della causalità. La comprensione di questa natura di momentaneità, di caducità, è la comprensione dell’ impermanenza sottile. Nel contesto della nostra esistenza fisica, la nostra stessa nascita nel ciclo della vita e della morte, cause e condizioni si riferiscono ad azioni karmiche ed illusioni che danno loro origine. L‘ignoranza fondamentale in particolare è vista come il fattore primario, che dà origine a tutta la catena di causalità. Dal momento che questa ignoranza fondamentale è uno stato illusorio della mente come possiamo sostenere che i suoi effetti e le conseguenze possano essere diversi? Poiché il fattore causale è di per sé illusorio, le sue conseguenze o prodotti devono condividere la stessa natura. Dal momento che la nostra stessa esistenza o nascita è sotto il controllo dell’ ignoranza fondamentale, si trova nella natura della sofferenza ed insoddisfazione. Se riflettiamo sulla natura sottile dell’impermanenza in particolare in relazione ai nostri aggregati, i nostri aggregati fisici e mentali, il nostro corpo e la mente, saremo in grado di tracciare la sua origine a questa ignoranza fondamentale che è la causa primaria. Attraverso questa contemplazione saremo in grado di renderci conto che, a prescindere dal luogo in cui siamo, indipendentemente da qualsiasi condizioni circostanziali, finché rimaniamo sotto il dominio o il controllo di questo stato illusorio della mente non c’è nessuna possibilità per pace e felicità durature o eterne. Attraverso la contemplazione saremo in grado di generare la vera visione della natura della sofferenza. Se addestriamo la nostra mente in tale modo saremo in grado di sviluppare dal profondo del nostro cuore la convinzione che le illusioni e le emozioni afflittive sono il vero nemico. Essi sono il nemico finale, che dimorando costantemente nel nostro continuum mentale causano la nostra rovina e la causa delle nostre sofferenze. Come dicevano i maestri Kadampa dobbiamo resistere alle nostre contaminazioni non importa quanto piccolo sia lo sforzo. È importante generare una profonda convinzione della natura distruttiva delle illusioni. Abbiamo bisogno di vedere ciò che è alla radice di tutti gli stati illusori della mente; l’ignoranza fondamentale che fraintende la natura della realtà. Contemplare se questa ignoranza può essere eliminata, se questa concezione sbagliata può essere rimossa, è il contesto della Terza Nobile Verità, la vera cessazione diventa evidente. A questo proposito una discussione approfondita della natura della vera cessazione è elaborata nel secondo Giro della Ruota. Buddha ha parlato a lungo della possibilità di realizzare la vacuità e la comprensione della vera natura della realtà. Quando la realizzazione della vacuità si combina con la realizzazione del terzo Giro della ruota in cui il Buddha parlò a lungo della qualità soggettiva della nostra mente, in altre parole, la presenza dei semi per la piena illuminazione o Buddità che esiste in tutti esseri senzienti, allora si svilupperà la genuina convinzione di poter realizzare la cessazione vera della sofferenza. Con la vera contemplazione ci rendiamo conto dei difetti e degli aspetti indesiderabili della vita nell’esistenza ciclica e ciò spingerà la nostra mente verso una cessazione dalla catena causale. Saremo in grado di generare un sincero desiderio di raggiungere la liberazione dall’esistenza ciclica. Questa liberazione è nota come moksha o salvezza. Per raggiungere un tale stato di liberazione, i fattori ostacolanti sono le illusioni o contaminazioni, le emozioni afflittive e pensieri che impediscono di ottenere lo stato di liberazione. Nella fase iniziale, è estremamente difficile per il praticante affrontare direttamente questi stati illusori della mente, queste contaminazioni, e sradicarli. Piuttosto, il processo di eliminazione di queste illusioni e contaminazioni è un processo graduale. In ultima analisi è la saggezza che penetra nella vera natura della vacuità, la vera natura della realtà, che vede attraverso l’illusione creata dalla nostra ignoranza e concezione errata. E’ la realizzazione della vacuità o mancanza di sé che rimuove in ultima analisi, o elimina le impurità dal nostro continuum mentale.Questa sapienza, che ha la capacità e il potere di eliminare e sradicare le illusioni e le contaminazioni della nostra mente deve essere basata sul raggiungimento della focalizzazione su un solo punto e concentrazione della mente. Pertanto, la pratica dell’addestramento nella concentrazione diventa cruciale. Nelle fasi iniziali dell’addestramento della mente per raggiungere con successo tali fasi di concentrazione è fondamentale condurre uno stile di vita basato sul rispetto di una sana disciplina etica. Nella fase iniziale, prima di affrontare direttamente le illusioni è fondamentale evitare di indulgere in azioni negative di corpo, parola e mente che sono gli effetti di uno stato illusorio della mente. Con l’’addestramento in concentrazione e generazione di saggezza finalmente elimineremo le illusioni dalla nostra mente. Gli effetti negativi, che si manifestano in azioni fisiche, verbali o mentali sono noti come le dieci azioni negative o non virtuose. Le tre azioni corporee sono uccidere, rubare e condotta sessuale scorretta. Mentire, dire parole che dividono, dire parole aspre, indulgere in discorsi frivoli sono le quattro azioni negative della parola. Le tre azioni mentali negativi sono la cupidigia, gli intenti nocivi e le visioni errate. Queste dieci azioni riassumono in senso lato tutte le manifestazioni fisiche, verbali e mentali delle illusioni. Limitarsi dall’indulgere in una di queste azioni, costituisce la restrizione etica. Le dieci azioni positive sono gli opposti delle Dieci azioni negative. Per rispettare con successo una tale disciplina etica inizialmente è fondamentale sviluppare una profonda convinzione nella relazione karmica tra le azioni ed i loro effetti. Il praticante non solo deve avere in generale una certa comprensione delle relazioni causali tra cause e le condizioni e dei loro effetti sulle altre, ma anche come certe cause e le condizioni danno luogo agli effetti corrispondenti. Il praticante deve sviluppare anche la convinzione della natura della causalità karmica, come certe azioni e eventi se intrapresi hanno un potenziale nocivo o sono distruttivi, dando luogo a conseguenze indesiderabili nella natura della sofferenza.

Mentre alcuni tipi di azioni ed eventi sono piacevoli, non solo quando ci impegniamo in questi ma anche per i potenziali benefici. Queste azioni e gli eventi danno luogo a conseguenze auspicabili e benefiche. Comprendendo tale nesso di causalità karmica ed il rapporto tra cause ed effetti corrispondenti, potremo sviluppare una più profonda fiducia nel funzionamento della causalità karmica. Ad un certo grado, aspetti di causalità karmica possono essere capiti come certe azioni portino ad effetti corrispondenti, ma quando si tratta di aspetti molto sottili della causalità karmica questi aspetti sono molto nascosti. Questa è la categoria di fenomeni che, come spiegato ieri, restano al di là della nostra comprensione. Per questi temi dobbiamo basarci su un’autorità. Come spiegato in precedenza alcuni aspetti del rapporto di causalità karmica possono essere compresi o almeno è possibile avere una certa comprensione dell’apprendimento basato su Scritture affidabili, l’autorità di una terza persona. La causalità karmica è spiegata qui insieme agli insegnamenti relativi alla presa di rifugio. Quando parliamo di pratica del rifugio, sebbene vi siano tre oggetti di rifugio, Buddha, Dharma e Sangha, dei tre, il Dharma, è l’oggetto principale di rifugio. Dharma è qui inteso come vere cessazioni e veri sentieri che portano a tali cessazioni. Se intraprendiamo tale pratica basata sulla presa di rifugio, su fede e convinzione nella legge di causalità karmica insieme al rispetto di una sana disciplina etica, questa pratica è una garanzia per noi di ottenere rinascite alte o favorevoli in futuro. La nostra stessa esistenza fisica come esseri umani ci dà facoltà speciali di intelligenza, coraggio e determinazione sebbene siamo uguali a tutti gli altri esseri senzienti, per quanto riguarda la vita in generale. Se ci rendiamo conto di questo fatto apprezzeremo la preziosa opportunità che deriva dall’esistenza come esseri umani.

Una volta apprezzata questa preziosità della nostra esistenza, allora ci renderemo conto della necessità di utilizzare tali facoltà in una direzione più positiva e benefica. Pertanto, nel testo si discute a lungo dell’importanza di apprezzare le potenzialità dell’esistenza umana. Per sottolineare la natura distruttiva delle azioni negative come uccidere, rubare e così via, viene spiegata la natura di sofferenza delle rinascite sfavorevoli in altri reami. Per esempio, semplicemente osservando la vita degli animali ci rendiamo conto della intensità della loro sofferenza, della natura illusoria della loro esistenza. Attraverso ciò possiamo sviluppare un profondo senso di insopportabilità e di avversione a rinascere in tali forme di esistenza. Questo motiverà il praticante a non indulgere in azioni aventi il potenziale di causare una simile rinascita in futuro.Tutti questi punti sono spiegati in vari capitoli del Guida allo stile di vita del Bodhisattva di Shantideva. Attraverso tali contemplazioni e riflessioni saremo in grado renderci conto della natura della sofferenza. Una tale comprensione ci condurrà ad un sincero desiderio di liberarci dal ciclo dell’esistenza che è tormentato da esperienze di sofferenza e insoddisfazione. Questo è noto come rinuncia. Quando questo desiderio forte e autentico di liberazione dalla sofferenza è stato generato e realizzato allora questo conseguimento può essere trasmesso ad altri esseri senzienti. Questo conduce alla coltivazione della compassione e all’aspirazione a lavorare per il beneficio degli altri. Quando parliamo di generare e coltivare l’ altruismo dovremmo capire che io e gli altri non dovrebbero essere visti in termini di completa separazione, come non esistesse alcun rapporto tra di loro. In realtà il nostro destino è totalmente e intimamente legato al destino e benessere degli altri esseri senzienti. Quanto più lavoriamo per beneficiare gli altri, quanto più ci prendiamo a cuore e lavoriamo per realizzare il benessere altrui, tanto maggiore sarà la realizzazione dei nostri obiettivi. Tale è la natura della realtà. Condizione preliminare per la generazione della compassione verso tutti gli esseri senzienti è lo sviluppo di un sentimento di vicinanza e di intimità con tutti gli esseri senzienti, vedendo essi come tutti degni del nostro affetto. Al fine di sviluppare una tale comprensione dobbiamo addestrare la mente verso questo obiettivo. Per coltivare tale mente esistono tra le tradizionali pratiche buddhiste due tecniche principali. Una è nota come il metodo in 7 punti di Causa ed Effetto e l’altro è lo scambiare se stessi con gli altri. Nella meditazione coltiviamo uno stato di equanimità. Generare uno stato di equanimità significa superare la nostra solita sensazione di discriminazione e disuguaglianza nei confronti di altri esseri senzienti. Normalmente i nostri atteggiamenti nei confronti di altri esseri senzienti sono caratterizzati da un sentimento di vicinanza nei confronti di coloro che consideriamo i nostri parenti o amici ed una sensazione di distanza nei confronti di coloro che consideriamo nemici o potenziali nemici. Nella pratica di generare equanimità riflettiamo sul fatto che in ultima analisi, non vi è alcun motivo obiettivo per procedere a tale netta distinzione o discriminazione da parte nostra nei confronti di altri esseri senzienti. Quelli che noi consideriamo parenti, amici e così via e che percepiamo come meritevoli della nostra attenzione e cura particolare ad un profondo esame si rivela che queste persone sebbene ora ci siano amici potrebbero essere stati i nostri nemici nelle vite passate. Anche in questa vita una persona che è nostro amico potrebbe trasformarsi in nemico o persona dannosa per noi in futuro. Non vi è nessuna ragione assoluta per cui debbano rimanere nostri amici. Allo stesso modo, quelli che consideriamo nostri nemici possono essere stati i nostri migliori amici in passato e in questa vita, sebbene possano essere stati nostri nemici a seguito di mutate circostanze potrebbero diventare i nostri migliori amici. Non vi è alcuna garanzia che rimarranno eternamente nostri nemici. Riflettendo su ciò, saremo in grado di capire che le illusioni e le emozioni afflittive sono i nostri veri nemici mentre le persone che ci danneggiano sono sotto il controllo di queste stesse emozioni afflittive e pensieri. Non sono nemici, nel vero senso della parola. Pertanto, sebbene sia fondamentale essere compassionevoli verso tutti gli esseri senzienti, non ci sono ragioni obiettive per sentirci particolarmente amorevoli verso coloro che classifichiamo come nostri amici. Questa maggiore attenzione implica attaccamento o afferrarsi. Allo stesso modo non vi sono motivi oggettivi per cui dovremmo essere particolarmente odiosi nei confronti di chi giudichiamo nostri nemici. Attraverso la contemplazione inizialmente sviluppiamo un senso di equanimità verso tutti gli esseri senzienti. Questo stato di equanimità è poi seguito da ciò che è tecnicamente noto come il riconoscimento degli altri come madri, ma l’uso di una madre è solo un esempio. In questa fase è necessario percepire tutti gli esseri senzienti, in termini di qualcuno che abbiamo estremamente caro. Tutti gli esseri senzienti in una volta avrebbero potuto essere i più cari a noi in una vita passata ed ogni essere senziente ha il potenziale per diventare la persona più amata nel futuro. Pensando in questi termini sviluppiamo la comprensione di tutti gli esseri senzienti come i più cari a noi stessi. La terza fase è quella di ricordare la gentilezza di tutti gli esseri senzienti. Questa è seguita dalla generazione del desiderio di ricambiare la loro gentilezza. Quindi l’addestramento denominato SCAMBIARE SE STESSI CON GLI ALTRI. Questa uguaglianza di se stessi con gli altri si riferisce a uno stato della mente dove riflettiamo che noi, alla pari degli altri, abbiamo il desiderio istintivo di superare la sofferenza. Noi e gli altri siamo completamente uguali nel diritto ad aspirare alla felicità e superare la sofferenza. Da tutte le prospettive, da tutti i punti di vista, decidiamo che non ci sono motivi per poter oggettivamente, a ragione, fare una discriminazione tra noi stessi e gli altri. La sesta tappa di questa meditazione è conosciuta come Ricordo della gentilezza altrui. La particolarità è che tutti gli esseri senzienti sono stati gentili con noi non solo quando sono stati tra i più amati, ma hanno anche indirettamente contribuito alla nostra felicità. Anche i nostri nemici dopo una riflessione profonda hanno lo speciale potenziale di creare per noi l’opportunità di sviluppare alcune qualità spirituali dentro di noi come la tolleranza e pazienza. Da questo punto di vista, a prescindere dal loro atteggiamento verso di noi, i nemici sono gentili verso di noi. In questa vita la nostra fama, riparo, cibo, vestiti e tutto il resto provengono tutte dalla cooperazione altrui, dalla partecipazione altrui a creare questi fattori. La gentilezza degli altri non può essere sopravvalutata. Quando pensiamo in questi termini, il ricordo della gentilezza altrui non deve essere limitato agli altri, quando sono stati amati o sono stati cari verso di noi. Sul sentiero per l’illuminazione tutte le realizzazioni spirituali, il progresso e così via, derivano dall’affidarsi agli altri. Senza la cooperazione e la gentilezza degli altri, non vi è alcuna possibilità di compiere alcun progresso spirituale sul sentiero.

Allo stesso modo, lo stato risultante di buddhità, è conseguito grazie all’esistenza di altri esseri senzienti, che i Buddha possiedono grande compassione e la motivazione che spinge le loro azioni compassionevoli nei confronti di altri esseri senzienti. Pensando in questi termini non esiste neppure un momento nella nostra intera esistenza in cui non siamo debitori nei confronti di altri esseri senzienti. Due fasi successive vengono dopo. La settima tappa è riflettere sugli effetti distruttivi e gli svantaggi del coltivare il proprio vantaggio, incuranti del benessere altrui. L’ottava tappa della meditazione è riflettere, da prospettive diverse, i meriti, i benefici ed i vantaggi di coltivare il benessere degli altri. Solo riflettendo sui vantaggi di prendersi a cura gli altri e gli svantaggi del prediligere se stessi che potremo riuscire in ciò che è denominato scambiare se stessi con gli altri. questo è da intendersi in termini di atteggiamento adottato verso noi stessi e verso gli altri esseri senzienti. Come risultato del nostro addestramento e meditazione dovremmo essere in grado di cambiare il nostro atteggiamento normale, in cui abbiamo messo il nostro benessere al primo posto nella nostra mente. Per quanto riguarda il benessere degli altri il nostro atteggiamento normale è per lo più di indifferenza. Come risultato della nostra meditazione e addestramento dovremmo essere in grado di giungere ad una fase in cui considereremo il benessere degli altri altrettanto importante come siamo abituati a considerare il nostro. Arriviamo al punto di mantenere un senso di indifferenza di fronte al nostro benessere. Se addestrate la vostra mente attraverso tali stadi di meditazione alla fine otterrete, indipendentemente dal comportamento degli altri esseri senzienti verso di noi, la capacità di percepire tutti gli esseri senzienti come oggetti degni di affetto. Proviamo un senso di vicinanza e di intimità nei confronti di tutti gli esseri viventi allo stesso modo. Due ulteriori fasi di meditazione seguono a questo punto. La nona tappa è una pratica di addestramento della mente in quello che è chiamato «Prendere su di sé» che in un certo senso è una pratica per migliorare la propria compassione. La decima tappa è l’addestramento della mente in quello che è conosciuto come «Dare agli altri» che è in un certo senso migliorare la propria capacità di amare gli altri esseri senzienti. Se siamo in grado di addestrare la mente attraverso questi stadi della meditazione, in particolare il nono e il decimo che si riferiscono alla pratica del dare e prendere, arriveremo ad essere in grado di generare in noi un insolito senso di responsabilità, portando su noi stessi la responsabilità di operare per la realizzazione di desideri altrui, di realizzare il benessere altrui. In questo modo addestriamo la mente a coltivare l’aspirazione a lavorare per il benessere degli altri. Quando questo straordinario senso di responsabilità di operare per il benessere degli altri è unito alla comprensione della natura della cessazione e liberazione, come spiegato in precedenza, allora potremo apprezzare veramente cosa si intende per benessere degli altri. Qui, in questo contesto, benessere degli altri si riferisce all’ottenimento della liberazione, della buddhità da parte degli altri esseri senzienti. La combinazione di queste due realizzazioni condurrà alla fine all’ottenimento di bodhicitta, l’aspirazione genuina, spontanea di raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questo è uno stato della mente, che aspira a raggiungere la propria illuminazione per operare per la realizzazione del benessere degli altri esseri senzienti. Un tale stato di mente, come descritto in precedenza, è bodhicitta. Pertanto capiamo che questa bodhicitta o aspirazione altruistica è la causa speciale, la causa più preziosa per gettare i semi per il raggiungimento dello stato onnisciente di Buddha. Al fine di ottenere la realizzazione di un tale seme all’interno della nostra mente, è necessario un’accumulazione di grandi quantità di meriti. Nell’impegnarsi in una pratica con la capacità di accumulare grandi meriti, la pratica dei Sette Rami è considerata uno dei metodi più efficaci. Nel Bodhicaryavatara, nel secondo e terzo capitolo, questo testo descrive le pratiche dei Sette Rami. Quando ci impegniamo nella pratica di generare bodhicitta ed iniziamo ad ottenere una minima realizzazione di questa per stabilizzare quella realizzazione si consiglia al praticante di partecipare a una cerimonia per migliorare la mente generata. Condurrò questa cerimonia domani. Dopo la cerimonia di rafforzamento della bodhicitta generata stabilizzando l’esperienza iniziale, si consiglia al praticante di addestrare la mente e sviluppare l’entusiasmo di impegnarsi in azioni e pratiche del Bodhisattva. Dopo l’addestramento della nostra mente e la riflessione su questi fatti, dopo aver sviluppato una reale volontà di impegnarsi in pratiche e ideali del Bodhisattva si consiglia al praticante di prendere i voti del Bodhisattva che darò dopodomani. Quando parliamo di bodhicitta esistono due livelli principali della mente generata conosciuti come l’aspetto aspirazionale e l’aspetto attivo o dell’impegno. Sebbene esistano diverse opinioni su come fare tale distinzione, una corrente importante è quella degli Stadi di meditazione o Bhavanakrama di Kamalasila per cui la distinzione è sulla base se il praticante che ha generato bodhicitta abbia preso o meno i voti di Bodhisattva. Dalla fase iniziale di generazione di bodhicitta fino alla presa dei voti del Bodhisattvai, si parla di bodhicitta dell’aspirazione. Dal momento in cui il praticante prende i Voti del Bodhisattva, la bodhicitta del praticante si trasforma in aspetto pratico di bodhicitta. Dopo questa breve sintesi, l’essenza delle pratiche, associate alle fasi di generazione iniziale di bodhicitta, è completa. Queste sono spiegate nei primi tre capitoli della Guida allo stile di vita del bodhisattva di Shantideva.

I successivi capitoli trattano le pratiche e fasi dell’addestramento per la salvaguardia della mente, già generata. Il quarto capitolo è dedicato alla coscienziosità, che è una facoltà molto importante. Coltivare e sviluppare la coscienziosità permetterà di evitare che il nostro corpo, parola e mente indulgano in azioni dannose e negative. Coscienziosità è una facoltà, che assicura che consapevolezza e introspezione non siano mai abbandonate. Pertanto, coltivare tale facoltà è molto importante. Il quinto capitolo tratta le pratiche per proteggere l’introspezione o vigilanza. L’introspezione è una facoltà molto importante e uno dei fattori principali per generare o coltivare tale facoltà introspettiva è la facoltà della consapevolezza. Mantenendo una costante vigilanza nei confronti del nostro operato quotidiano di corpo e mente assieme alla consapevolezza possiamo sviluppare e migliorare la nostra facoltà di introspezione.

Per riassumere un praticante ideale di bodhicitta, un praticante ideale bodhisattva, dovrebbe essere qualcuno che ha volontariamente sviluppato una profonda ammirazione per il valore ed i meriti di bodhicitta ed ha generato la mente. Dopo aver generato la mente e con il sincero desiderio di condurre uno stile di vita in conformità con i principi e gli ideali, prende i voti. Tale persona deve rendersi conto ha preso una grande responsabilità, una responsabilità di lavorare per il benessere di altri esseri senzienti. Questo deve essere volontariamente assunto su di sé. La consapevolezza di questa responsabilità dovrebbe essere sempre presente e questo è ciò che si intende per coltivare la facoltà di coscienziosità. Questa consapevolezza della responsabilità dovrebbe essere sempre presente. Oltre a questo si dovrebbe studiare quali azioni siano in conformità con i principi Bodhisattva e quali azioni siano in contrasto. Attraverso lo studio dovremmo in ogni azione avere la facoltà di introspezione e di attenzione, sempre presenti in modo che, anche nei sogni potremmo essere consapevoli della minima probabilità di trasgredire uno dei voti del Bodhisattva. Ci ricordiamo dei voti che abbiamo preso così da non indulgere in tali azioni. Anche nei sogni possiamo applicare la facoltà di introspezione e consapevolezza. Questa è la modalità del praticante ideale Bodhisattva.La terza facoltà, la facoltà di tolleranza o pazienza sarà illustrata domani. Ora avremo alcune domande.

Domanda: Come ritiene che il buddismo debba modificarsi per essere accettato in Occidente e dagli americani?

Sua Santità il Dalai Lama : Fondamentalmente credo che il buddismo affronti i problemi fondamentali dell’esistenza e dell’essere umano, pertanto non credo debbano esserci differenze indipendentemente da dove fiorisca. A livello culturale, penso che certamente si modificherà. Anche all’interno di un paese gli aspetti culturali della tradizione religiosa cambiano con il passare del tempo e con le modifiche della struttura sociale. E’ molto importante saper estrarre l’essenza dell’insegnamento del Buddha e tralasciare gli aspetti culturali non pertinenti alla nostra impostazione.

Domanda: Intende sottolineare il beneficio del ragionamento rispetto alla meditazione? Potrebbe parlare della relazione tra questi due?

Sua Santità il Dalai Lama: In linea generale il termine tibetano per meditazione include sia la meditazione analitica che le meditazioni di assorbimento. Anche la meditazione può essere di due tipi diversi. Alcuni tipi di meditazione prendono certi oggetti come focus della meditazione. Si concentra l’attenzione o concentrazione su quell’oggetto. Un altro tipo di meditazione è quella dove non vi è tanto una relazione oggetto-soggetto tra l’oggetto di meditazione ma piuttosto la nostra mente è generata in quello stato.

Per esempio, quando diciamo di meditare sulla compassione, non intendiamo prendere la compassione come un oggetto e poi osservarla. Invece, generiamo nella nostra mente uno stato compassionevole. Allo stesso modo, quando parliamo di meditare sull’impermanenza, stiamo parlando di prendere l’impermanenza come oggetto di meditazione e poi sviluppare la sua comprensione o di realizzazione o visione. Poi, quando parliamo di meditare su una divinità, stiamo parlando di un altro tipo di meditazione dove la meditazione è in termini di visualizzazione di noi stessi in questo aspetto. L’oggetto principale della meditazione nello yoga della divinità è la vacuità se lo guardiamo in termini di soggetto e oggetto. La meditazione analitica si riferisce ad una forma di meditazione in cui il ruolo di analisi è importante e anche la facoltà di analisi viene applicata, mentre la meditazione di assorbimento è una forma di meditazione in cui l’analisi non viene applicata. Esistono due tipi di meditazione di assorbimento. Ad esempio nel caso della meditazione che coltiva la capacità della mente di concentrarsi su un solo punto, denominata il calmo dimorare, samatha, in tale meditazione l’applicazione dell’analisi è in effetti scoraggiata. Allo stesso modo esiste un altro tipo di meditazione di assorbimento, dove dall’analisi arriviamo ad una conclusione e poi a un certo punto cessiamo il processo di analisi e ci focalizziamo semplicemente sulla conclusione a cui siamo pervenuti con una mente focalizzata. Anche questa è una meditazione di assorbimento. Allo stesso modo quando parliamo di vipasyana o visione penetrativa da un punto di vista comune a Sutra e Tantra, le meditazioni di visione speciale sono considerate come caratterizzate da un’applicazione del processo analitico. Mentre dal punto di vista del tantra Yoga Supremo le meditazioni di visione speciale non devono essere necessariamente di carattere analitico. Questo è simile anche alla meditazione della Mahamudra e allo stile della meditazione Dzogchen.

Domanda: Cosa si trova all’interno della pagoda gialla?

Sua Santità il Dalai Lama: In questo momento è coperto ma lì dentro c’è un grande spettacolo.

Domanda: la comprensione della vacuità e della originazione dipendente aiuta a generare bodhicitta? O bodhicitta dovrebbe essere generata per prima per capire la vacuità? Sua

Santità il Dalai Lama: Ci sono due tipi di praticanti in base ad intelligenza e saggezza. Quelli con maggiore intelligenza e saggezza, prima generano la comprensione della vacuità che, a sua volta, li induce a generare compassione verso tutti gli esseri senzienti quindi alla generazione di bodhicitta. Mentre i praticanti che non hanno tale facoltà dell’intelligenza, inizialmente enfatizzano la pratica della compassione e poi bodhicitta. Più tardi realizzano la vacuità. Quindi esistono due diverse modalità di approccio.

Domanda: Se il nostro guru dichiara qualcosa che contraddice la nostra esperienza e ragione o contraddice un altro maestro, quale atteggiamento dobbiamo assumere al fine di mantenere il rispetto e la devozione?

Sua Santità il Dalai Lama: Personalmente vorrei suggerire che dovremmo essere cauti sin dall’inizio in modo dal non trovarci in una situazione in cui facciamo affidamento su un insegnante che alla fine si rivela inaffidabile. Ma una volta che abbiamo avviato il rapporto maestro-discepolo e poi ci rendiamo conto di queste contraddizioni, la cosa psaggia è verificare se, in qualche modo, non abbiamo preso la cosa sul serio. In generale, sebbene le istruzioni e trasmissione del guru siano estremamente importanti, allo stesso tempo, è sempre fondamentale che queste siano in accordo con la struttura generale del percorso buddhista. Se vi trovate in una situazione in cui le istruzioni del guru sono in contraddizione con l’impostazione generale, con la struttura generale del sentiero buddista, dovreste fare maggiore affidamento sulla struttura generale del percorso rispetto alle istruzioni del guru.

Il nostro modo di procedere potrebbe essere suffragato da molti riferimenti da varie scritture. Ad esempio, nel Vinaya si spiegano alcune procedure relative al proprio guru spirituale. è esplicitamente dichiarato che se un guru dà un consiglio non in accordo con il Dharma, allora non lo si dovrebbe seguire, bensì opporre. Analogamente, nei sutra Mahayana è stato esplicitamente detto che le indicazioni del guru in accordo con la via del Dharma dovrebbero essere seguite, mentre, se non lo sono, dovrebbero essere respinte. Nella letteratura tantrica, dove si descrive la via tantrica relativa al guru spirituale, si dice esplicitamente che, se un’istruzione data è aldidella vostra portata e capacità di metterla in pratica, se ne dovrebbe parlare con il maestro, non dovreste seguirla, ma spiegare al maestro il motivo per cui non riuscite a metterla in pratica.

Tuttavia, quel che ho qui detto è la modalità generale di procedura, di come mantenere il rapporto tra il discepolo e maestro. Ma questo non esclude casi estremamente eccezionali, ad esempio il caso del rapporto tra Lotsawa Marpa e il suo discepolo Milarepa oppure tra Naropa e Tilopa. In questi esempi, sia gli insegnanti che i discepoli sono estremamente eccezionali. In tali casi eccezionali, anche cose che potrebbero sembrare a prima vista in contraddizione con il modo generale di procedere del sentiero buddista, in realtà potrebbero essere considerati come mezzi estremamente abili da parte del maestro per consentire al discepolo di realizzare le fasi del sentiero in modo molto rapido.

Domanda: Come si fa a passare dalla conoscenza inferenziale alla conoscenza non-concettuale? Dal momento che l’analisi è utilizzata per arrivare alla completa conoscenza inferenziale, un’ulteriore analisi aggiuntiva sarebbe ancora inferenziale.

Sua Santità il Dalai Lama: Come ho detto in precedenza, esistono tipi diversi di meditazioni e in situazioni particolari, come in alcuni livelli di meditazione nello Yoga Tantra Supremo, l’analisi è scoraggiata. Ma quello di cui ho parlato prima è la modalità generale di procedura del sentiero buddista e, per quanto riguarda la domanda su come passare dalla conoscenza inferenziale alla conoscenza non-concettuale, è attraverso la riflessione costante sulla conoscenza (inizialmente inferenziale), attraverso il processo di costante familiarità che la conoscenza alla fine diventa non-concettuale. Questo perché le modalità di impegno di quella conoscenza rispetto l’oggetto diventa sempre più sottile finché la conoscenza diventa diretta. In linea generale, è vero che ci deve essere una maturazione di causa ed i suoi effetti, una corrispondenza tra cause ed effetti. Qualsiasi causa non può dar luogo ad alcun effetto, devono esserci una relazione causale e connessione. Ma questo non significa che ogni effetto debba avere cause del tutto simili. Ad esempio, nel caso della mente onnisciente del Buddha, se insistiamo che la sua causa debba essere del tutto simile nelle caratteristiche con l’effetto che è la mente onnisciente, allora dovremmo sostenere che dentro di noi, dal momento che possiediamo il seme per ottenere la mente onnisciente del Buddha, la saggezza, allora dovremmo possedere dentro di noi, sebbene in un grado infimo, qualche forma di mente onnisciente del Buddha, che non può essere mantenuta. Allo stesso modo, per quanto riguarda la consapevolezza non-concettuale o saggezza degli Esseri Arya, le loro cause non devono essere tali alti stadi di conseguimento. Quindi, questa consapevolezza non dualistica o saggezza degli Esseri Arya, le loro cause esistono perfino negli esseri ordinari. Se per esempio, esaminiamo la nostra mente, nella nostra mente, finché rimaniamo in uno stato ordinario di esistenza, questo è caratterizzato dalla percezione dualistica, dalle esperienze dualistiche. Ora, all’interno di questa esperienza e percezione dualistiche dobbiamo essere in grado di cercare un qualche tipo di seme che possa dare origine ad una saggezza non-duale, alla consapevolezza non-duale. Pertanto, la fase iniziale di conoscenza è inferenziale, dualistica, caratterizzata da dualità tra soggetto e oggetto. A mano che addestrate la vostra mente, che riflettete sempre su di essa, che coltivate la familiarità con l’oggetto, allora quella dualità, la dualità soggetto-oggetto diminuigradualmente in intensità e gradualmente vi condurrà ad una fase in cui il vostro conseguimento e conoscenza di quell’oggetto diventeranno diretti intuitivi e non concettuali. Anche quando parliamo di consapevolezza non-duale, nel contesto delle apparenze dualistiche o dualismo, dobbiamo tenere a mente che esistono molti diversi significati del termine. Aspetto dualistico potrebbe essere inteso in termini di moltitudine di apparenze convenzionali o dualità soggetto-oggetto, separatezza intesa come apparenza dualistica di esistenza o aver generato un’immagine attraverso la quale concepiamo un oggetto, un’immagine che può essere vista come apparenza dualistica. Allo stesso modo, quando incontriamo il termine non-concettualità, non dovremmo avere l’idea che esista un unico significato universale in ogni singolo contesto. Questo non è il caso. Non-concettualità ha significati diversi in contesti diversi. Ad esempio vi è la non-concettualità comune alle pratiche buddiste e non buddiste. C’è uno stato non-concettuale, comune al Piccolo Veicolo e al Grande Veicolo. C’è uno stato non-concettuale comune a Sutra e Tantra. Vi è una non-concettualità comune a tutte le quattro classi del tantra. C’è uno stato non-concettuale unico dello Yoga Tantra Supremo. Perfino all’interno dello Yoga Tantra Supremo vi è uno stato non-concettuale comune alle fasi di generazione e completamento. All’interno della fase di completamento vi sono diversi significati dello stato non-concettuale corrispondenti ai diversi livelli di realizzazione. Non dovremmo pertanto avere l’idea che non concettualità significhi una cosa sola in tutti i contesti. (Fine del secondo giorno)

COLOPHON

Trascritto e digitato da Phillip Lecso da audiocassette ottenute da Studi Buddisti su Audiocassette dal titolo “Insegnamenti sul sentiero della compassione”.

Mi assumo la piena responsabilità per tutti gli errori che si sono verificati, ascoltando e scrivendo in modo non corretto ciò che è stato insegnato, per questo mi scuso. Possano essere tutti di buon auspicio. Possa ogni merito derivante da questa attività essere per la lunga vita e buona salute di Sua Santità. Che tutti gli esseri senzienti possano rapidamente raggiungere lo stato del glorioso Kàlachakra anche attraverso questo sforzo imperfetto.

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