Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Dharamsala l’11 marzo 2009 per le celebrazioni del Monlam, il nuovo anno tibetano, sul tema: “I racconti di Jataka”, la vita del Buddha.
Appunti, traduzione ed editing del Dott. Luciano Villa, Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.Vi consigliamo di vedere il filmato originale nella versione in inglese al sito http://www.dalailama.com/page.128.htm.
SECONDA PARTE DEGLI INSEGNAMENTI
Sua Santità il Dalai Lama
QUAL’È LA CAUSA DELLA SOFFERENZA?
Quindi, lo squilibrio provocato da questa situazione che affligge la mente, oltre che renderci mentalmente infelici, ottiene pure il nefasto risultato d’influire negativamente sui nostri componenti biologici. Perciò, se non volete cimentarvi non solo con queste sofferenze mentali ma anche con quelle fisiche, vale la pena farsi la domanda: qual’è la causa della sofferenza?
Proprio per questo motivo il gran saggio Arya Nagarjuna, nel suo importante testo “La saggezza fondamentale” rivolgendosi a Buddha Sakyamuni asseriva: “Mosso da gran compassione desti dei meravigliosi insegnamenti tuttora intatti, fatti per eliminare le percezioni errate date dalle visioni distorte”.
Proprio perché Nagarjuna ci parla di queste visioni fuorvianti, dobbiamo chiederci: quali sono e cause di queste esperienze spiacevoli?
Quali sono le cause delle sofferenze che ognuno sperimenta?
Giacché tutte queste esperienze negative devono originare dalle loro cause e condizioni.
Queste emozioni negative che disturbano gli stadi della mente, sono conosciute come afflizioni, che hanno la capacità di rendervi infelici, e con voi gli altri che vi sono attorno, non solo nel momento in cui le sperimentate ma, a lungo andare, anche a distanza di tempo.
Dobbiamo essere in grado d’identificare queste categorie d’emozioni affliggenti. Proprio per questo motivo, nel buddhismo, troviamo il Buddha illustrare queste afflizioni e le loro cause. Sopratutto il Buddha fu molto chiaro nell’illustrare le cause radice delle afflizioni, di tutte queste emozioni disturbanti.
COSA CONTRADDISTINGUE GLI INSEGNAMENTI BUDDHISTI DAGLI ALTRI?
L’insegnamento sui Quattro sigilli degli insegnamenti del Buddha. Che possiamo così ricordare: tutte le cose composite sono impermanenti, transitorie, tutte le cose contaminate appartengono alla natura della sofferenza. Tutto appartiene a ciò che è contraddistinto dalla vacuità e dalla mancanza del sé. È una sofferenza transitoria, che come meta ultima tende al nirvana ed alla pace.
È l’insegnante o sono gli insegnamenti che insegnano? Questi ultimi sono il Dharma, mentre i praticanti di questi Quattro Sigilli compongono il Sangha.
In senso lato, pure in altre tradizioni possiamo ritrovare la presenza dei Tre Gioielli. Perciò dobbiamo essere in grado di riconoscere gli insegnamenti del Buddha dagli altri. Di conseguenza, l’insegnamento del Buddha è un qualcosa che dobbiamo comprendere nel contesto dei Quattro Sigilli degli insegnamenti del Buddha di cui il primo è la comprensione di tutti i fenomeni in quanto contraddistinti dalla natura della composizione, da una loro natura composta, e transitoria.
TUTTI I FENOMENI COMPOSTI SONO PERCIÒ TRANSITORI, IMPERMANETI.
Il che non è determinato da un terzo fattore, ma è la stessa causa che determina l’oggetto, è essa stessa determinante la transitorietà dell’oggetto stesso. Ne consegue che qualsiasi oggetto che è originato in virtù di cause e condizioni, deve avere alla sua base una causa sostanziale. Dal che s’afferma pure il concetto di rinascita. Il primo dei quattro sigilli afferma che tutti i fenomeni composti sono transi, impermanenti. Perciò i risultati che sono promossi da motivazioni negative non potranno che essere contraddistinti da negatività.
Il secondo sigillo del Buddha asserisce che tutte le cose contaminate sono della natura della sofferenza e tutte le energie contaminate sono della natura della sofferenza. Perciò i risultati non potranno che portare sofferenza. …
TUTTO È DELLA NATURA DELLA VACUITÀ E PRIVO D’UN SÉ
Mentre il terzo sigillo ci comunica che tutto è della natura della vacuità e privo d’un sé. Ed è questa considerazione che contraddistingue il Buddhismo dalle altre religioni. In tutte le altre, almeno in quelle più importanti, si crede nell’esistenza d’un sé indipendente, autonomo: un’entità indipendente che gestisce il corpo e la mente. Ed è in questo modo che si presenta il sé alla nostra mente innata.
Le tradizioni non buddhiste credono nell’esistenza d’un sé indipendente che presiede alle funzioni del corpo e della mente. Quale soluzione indicano, a questo punto, per eliminare la sofferenza? Identificano i livelli grossolani delle emozioni disturbanti, delle emozioni affliggenti, imputandole al karma.
Mentre il Buddha raggiunge un livello molto più sottile di comprensione della sofferenza, identificando l’inganno della nostra mente che crede erroneamente nella presenza d’un sé, così il Buddha ne afferma la mancanza.
Inoltre asserisce che qualsiasi cosa che viene in essere per cause e condizioni, non rappresenta un nuovo elemento, ma null’altro che il prodotto di quelle cause e condizioni. Tutto sta nel capire l’inganno in cui è caduta la nostra mente, che coglie i fenomeni come indipendenti e permanenti quando invece la realtà è esattamente l’opposto. La realtà prevede solo fenomeni esistenti grazie a cause e condizioni, contraddistinti dalla natura dell’interdipendenza.
Perciò le cose non hanno una natura indipendente, ma appaiono come se esistessero indipendentemente. E noi cadiamo nella trappola di pensare che esistono nel modo in cui appaiono: ovvero, indipendentemente.
LE AFFLIZIONI MENTALI ORIGINANO DALL’ATTACCAMENTO.
È a causa di questa percezione distorta che sorgono le emozioni disturbanti, come l’attaccamento, l’avversione e la rabbia. Ad esempio, quando osserviamo un oggetto da cui restiamo attratti proprio perché lo percepiamo come indipendente, ne resteremo completamente affascinati. E questo accade proprio perché la mente, spinta dall’attaccamento, dalla trappola di vedere quell’oggetto in modo assoluto, come indipendente, ne è completamente attratta.
Perciò, se non riuscirete ad afferrare la natura sottile della mancanza del sé indipendente, della vacuità, come potrete trovare dei rimedi agli scompensi provocati dalle emozioni disturbanti? Ad esempio, per combattere l’attaccamento coltiverete una visione per cui quelle stesse cose vi sembrerà poco attraente. Ma quando arriverete al punto d’essere letteralmente infatuati di quell’oggetto, vi potrà capitare, se non l’otterrete, di finire in preda all’avversione ed alla rabbia. Occorre pertanto far attenzione, perché, proprio quando si cerca di domare un certo tipo d’afflizione, l’attaccamento, proprio quello è il momento in cui esplode l’avversione. Perciò, in tal caso, questo tentativo non avrà certo raggiunto l’obiettivo di scardinare le emozioni. Perciò, se comprenderete la duplice natura della realtà, la mancanza del sé e la vacuità, come ha ben chiarito Arya Nagarjuna, vi sarà chiaro che le afflizioni mentali originano dall’attaccamento, dall’infatuazione per una certa cosa. Il che rappresenta la causa radice di tutte le afflizioni. Se sarete consapevoli di questo processo da cui si generano le afflizioni, allora sarete in grado di poterle eliminare da voi stessi. Il discepolo più vicino a Nagarjuna, Aryadeva, nelle “400 stanze” diceva: “Come gli organi di senso pervadono il nostro corpo, così le emozioni affliggenti pervadono la nostra mente, impedendo la percezione della vera esistenza delle cose”.