Insegnamenti S.S. Dalai Lama Sarnath 14.01.11 pomeriggio

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Sua Santità il Dalai Lama: Vivere in solitudine, non tanto dal punto di vista fisico: ma solitudine intesa come non aver tanti pensieri, senza tante preoccupazioni.  Un buon modo per contenere l’ego e l’eccessivo attaccamento è meditare sugli svantaggi del corpo fisico. In solitudine, il corpo e la mente non vengono abbandonati dalle distrazioni.

Sua Santità il Dalai Lama: Vivere in solitudine, non tanto dal punto di vista fisico: ma solitudine intesa come non aver tanti pensieri, senza tante preoccupazioni. Un buon modo per contenere l’ego e l’eccessivo attaccamento è meditare sugli svantaggi del corpo fisico. In solitudine, il corpo e la mente non vengono abbandonati dalle distrazioni.

Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Sarnath India il pomeriggio del 14 gennaio 2011 (terzo giorno) su “Gli stadi intermedi di meditazione” di Acharya Kamalashila e “La via del Bodhisattva” o Bodhisattvacharyavatara di Shantideva. Traduzione dal tibetano in italiano di Teresa Bianca. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Sua Santità il Dalai Lama

Il calmo dimorare dovrebbe essere ottenuto prima della visione profonda: si raggiunge così padronanza ed anche piacere. La meditazione è concentrata su un punto: rende l’individuo presente e fa un’investigazione dell’ultimo. Aryadeva chiese: “Oh Buddha, come si dovrebbe ottenere la meditazione del calmo dimorare?” Al che il Buddha rispose: “Devi seguire i seguenti insegnamenti, che sono esposti nelle 12 categorie delle strutture. L’oggetto su cui ci si concentra è l’immagine su cui c’è l’oggetto che è stato scelto. L’oggetto, che è come un riflesso, lo si esamina mediante un’analisi investigativa, e si dice che l’oggetto è come un riflesso. Questo processo dovrebbe essere completamente concettualizzato come un oggetto di conoscenza.

Gli insegnamenti di Buddha sono stati dati per insegnare direttamente la vacuità. Tutti gli insegnamenti portano alla vacuità o porteranno alla vacuità. Sviluppando Scinè l’idea è che si deve ritirare la mente dall’esterno e concentrarla all’interno. Ci sono oggetti di meditazione in cui si riassumono, e quindi diventano oggetti di meditazione. L’oggetto di meditazione è una sintesi, mentre i fenomeni che vengono analizzati nella visione interiore è come un espandere. L’oggetto di meditazione potrebbe essere un respiro, ci vuole la pratica della consapevolezza della memoria, l’introspezione controlla se ci sono agitazione o torpore. La mente che è abituata ad andare verso l’esterno deve essere raccolta ed indirizzata verso l’interno. Deve essere un’immagine chiara, se l’oggetto visualizzato è pesante: perché non ci sia torpore l’oggetto deve essere pieno di luce e luminoso. Anche l’oggetto di meditazione è un oggetto mentale: il signore dell’universo dal magnifico colore dorato. Quando uno ha deciso, deve piazzare la mente solo su questo oggetto univocamente. Le pratiche comprendono anche il proprio corpo come oggetto di meditazione. La mente si concentra non solo sul corpo in generale, ma, per esempio, solo sugli occhi. Certi punti del corpo sono molto importanti per riuscire a regolare tutte le energie. Sicuramente, se si genera la concentrazione, al momento di praticare lo stadio della generazione diventerà molto efficacie nella pratica. Poi, l’importante quando uno fa le pratiche tantriche, quelli che hanno tempo dovreste un po’ sforzarvi adesso non tutti potremo fare pratiche, per quanto abbiamo decine di migliaia di persone che recitano, non ci sono molte persone che sanno molto meditare sui punti vitali del corpo. Tra quelli che praticano il Dharma, ci sarebbe bisogno di avere per lo meno le persone che ottengono lo stadio intermedio. Bisogna sforzarsi, dovremmo avere delle persone che riescono ad ottenere questi risultati. Allora si può usare anche la mente stessa come oggetto, non c’è nessun altro oggetto di meditazione se non la qualità della mente di essere chiara. Uno per esempio pensa a tutti i pensieri che si collegano. La natura di questa mente è come oscurata da questi stimoli esterni. E’ semplicemente l’aver cessato tanti pensieri, quindi si manifesta più semplicemente questo semplice vacuità che è la natura. Quindi si comincia ad avere un’esperienza di capire cos’è questa mente chiara che conosce. Io non l’ho potuto mantenere, mi è sembrato che stesse per manifestatasi, ma poi ho dovuto interrompere. Quando uno conosce questo, lo sceglie come oggetto di meditazione. Poi, con l’introspezione, quando poi non riesce a mantenere. Allora, quando si pensa alla mente chiara, che conosce come l’attributo e la qualificazione della mente. La mente al momento della veglia e del sogno è la stessa Si arriva a riconoscere il sogno come sogno e anche durante il sonno si riesce probabilmente a mantenere questo oggetto di meditazione. Se si cerca di identificare qual è quella persona, quell’io che è il detentore di questa mente, quando si cerca, non lo trovi. Quindi, si può cercare qual è la natura ultima della mente. Si può meditare, si può generare la concentrazione e poi cercare la visione. Qui sto spiegando che ci sono tutti questi oggetti che possono essere usati per la meditazione. Se anche si riesce a rimanere con la mente ferma, il fatto che sia chiara e molto sveglia ed allerta questa ostacola, ci sono ostacoli a rimanere sull’oggetto, quello è il torpore. Ciò che ci vuole è che non solo l’oggetto appaia chiaramente dal punto di vista dell’oggetto. Ci vuole il fattore dell’oggetto, dal punto di vista dell’oggetto e della mente. Per eliminare il torpore, il tenore della mente è un po’ basso e afflosciato, bisogna quindi vivacizzare questo stato mentale, suscitando interesse, delizia. Invece, il fattore mentale distrazione è questo vagare all’esterno. Adesso queste sono cose che si possono capire con la propria esperienza. L’agitazione deriva dal fatto che il tono della mente è troppo alto. La mente tende un po’ a volare, bisogna un po’ abbassare questo tono, bisogna limitare la mente verso l’esterno. Se pensiamo ai nostri errori, per elevare il tono della mente, possiamo pensare alle qualità del rifugio. Ci sono soggetti che utilizzano la meditazione per alzare questo tono o per ravvivare la mente . Dobbiamo sempre essere in allerta ed analizzare: così ci rendiamo conto quando sta per intervenire il torpore. Non solo quando è già sorto, ma prima che sorga. Quindi applichiamo il rimedio, mettendolo in pratica in modo appropriato. C’è un tipo di torpore durante il quale la mente non può vedere chiaramente l’oggetto. È come essere ciechi, al buio o con gli occhi chiusi. In questi casi si può trarre giovamento raggiungendo un posto spazioso ed alto. Allora la mente si ravviva e si rinfresca. La distrazione dovrebbe essere eliminata con la corda della consapevolezza, la mente dovrebbe essere legata dall’oggetto di meditazione, dovrebbe essere lasciata in questo stato senza eccitamento, senza fare sforzo. Quando non si sta per cadere nel torpore e nell’agitazione, non dobbiamo applicare nessun antidoto. Se lo dovessimo applicare, commetteremmo un errore, inducendo la mente in distrazione o nel torpore a seconda di quel che dovessimo applicare. Comunque, dovremmo mirare ad un impegno costante e prolungato: è quello che si chiama piazzamento continuo della mente sull’oggetto di meditazione, dapprima impegnandosi un poco su quella mente, quindi piazzandola a tratti, per poi piazzarla continuamente. Un tempo conobbi a Dharamsala un meditatore, poi ci furono delle interferenze, sennò sarebbe giunto all’8° o 9° stato della meditazione. Se meditiamo e ci familiarizziamo, queste sono realizzazioni spirituali che si possono ottenere. Dopo aver generato il calmo dimorare, possiamo intraprendere la meditazione dell’analisi superiore.

Il capitolo 8 della concentrazione.

Vivere in solitudine, non tanto dal punto di vista fisico: ma solitudine intesa come non aver tanti pensieri, senza tante preoccupazioni. Un buon modo per contenere l’ego e l’eccessivo attaccamento è meditare sugli svantaggi del corpo fisico. In solitudine, il corpo e la mente non vengono abbandonati dalle distrazioni. Per tale motivo devo innanzitutto rinunciare a queste emozioni negative poiché questo è il modo con cui il saggio si comporta. Questo s’ottiene mediante il gioioso distacco dalla vita mondana. Se mi comporto come le persone infantili, sicuramente dovrò ricadere nei reami inferiori. Il metodo per eliminare questo rischio è stato illustrato nel capitolo 6, della pazienza. Per quanto riguarda eliminare l’ignoranza, c’è capitolo 9. Proprio per questo c’è questo capitolo numero 8. Come mantenere la compagnia di bambini, se un istante sono amici e l’instante dopo sono acerrimi nemici? Se non dovessi ascoltare quello che dicono vanno in collera. Usano tutta la loro mente per correre dietro alle afflizioni mentali, è una situazione che diventa causa di rinascita nei reami inferiori. Poiché essi non mi saranno di beneficio, essi non saranno di beneficio nemmeno a loro.

Quando nasciamo, veniamo al mondo da soli e anche quando moriremo dovremo lasciare la vita. Che utilità avranno questi amici con tutti i loro ostacoli?

L’antidoto dell’attaccamento per il corpo dalla donna, analogamente una donna dovrebbe meditare sugli svantaggi del corpo maschile.

Come si medita sulla mente di bodhicitta? Si può meditare attraverso le istruzioni di 6 cause ed un effetto oppure scambiare se stessi con gli altri. Per quanto riguarda la meditazione: usando la tecnica di scambiare se stessi con gli altri, questa include tutti i punti di 6 cause ed un effetto. Ha più potenza meditare su scambiare se stesso con gli altri. Nelle tecniche di 6 cause ed un effetto si medita e quello è. Avere attaccamento per quelli che sono dalla nostra parte, disinteresse per le persone estranee, qui è uguagliare se stessi con gli altri dal punto di vista che ciò che vogliamo è tutti ottenere la felicità. Questa causa che è l’ignoranza può essere eliminate, noi siamo uno e gli altri sono infiniti. Tanto più chi s’interessa degli altri, dimentico delle perone che fanno il bene degli altri. Devo protegger tutti gli essere e me stesso in quanto siamo tutti uguali. Nel Bodhisattvapitaka dico spesso che, realisticamente parlando, non c’è tanto da fare affidamento su io e te. Nella preistoria e nell’antichità c’era modo di differenziare tra le diverse religioni. Ma se avviene un disastro ambientale, l’effetto si ripercuote su tutti. Per quanto riguarda l’economia, siamo tutti legati a livelli globali. In realtà, il momento di pensare in termini di noi e gli altri adesso è terminato: adesso dobbiamo pensare in termini di noi.

Ci riferiamo a tutte queste diversi parti e tutto insieme fanno il corpo. Allo stesso ci sono molte regioni, razze, paese e questa è la situazione sul nostro pianeta. Se si ci abitua in questo modo, si arriva al livello in cui desidera continuamente la felicità di tutti. Sicuramente otterremo una felicità mentale, una soddisfazione mentale che deriva dal fatto che tutti gli altri sono felici. Allo stesso modo, anche se non percepisco il valore degli altri, è irragionevole pensare che le nostre sofferenze non sono da eliminare mentre solo le mie sono da eliminare. Se considero gli altri come me stesso: la loro sofferenza diviene la mia. Siccome tutti gli altri esseri hanno una mente e provano felicità e sofferenza, allora è ragionevole pensare che voglio eliminare la sofferenza degli altri tanto quanto voglio eliminare la mia.

Benché questo sia ingiustificabile avviene a causa dell’afferrarsi al sé. Ciò che noi definiamo continuum, allo stesso modo non esiste un reale possessore della sofferenza: dov’è colui che viene oppresso da essa? Tutti noi desideriamo la felicità e non desideriamo la sofferenza: ma non stiamo forse aumentando la nostra stessa sofferenza? Ma, dal momento che la compassione mi provocherà sofferenza, perché dovrei impegnarmi a svilupparla? Ho il desiderio di sperimentare questa sofferenza per gli altri? Sono due menti completamente diverse: una di disperazione, ansietà e l’altra una mente di coraggio. Pensare alla nostra sofferenza e, viceversa, a quella degli altri, provoca dei cambiamenti così diversi nelle menti. Il risultato è la sofferenza della sofferenza, appena stiamo un po’ meglio, incominciamo ad avere la sofferenza del cambiamento e poi la sofferenza dei fenomeni composti. E poi, quando ci sforziamo, possiamo impegnarci per andare al di là della sofferenza, solo per noi stessi: ma anche questo è un obiettivo limitato. Questo completo attaccamento nei confronti di se stesso, chi non dovrebbe ingiuriarlo come il peggior nemico? Se conservo per me questo vantaggio, danneggio gli altri, e in futuro sarò tormentato dalla propensione a fare tutte le azioni negative: azione sessuale scorretta, mentire, ecc. In futuro sarò tormentato dai reami infernali ma, se per il bene degli altri, dovrò nuocere a me stesso, otterrò infinite buone qualità. Quando denigriamo gli altri, li disprezziamo, il risultato sarà che noi stessi cadremo sempre più in basso. La mente egoista è la mente che crede all’esistenza vera dei fenomeni e queste due menti si sostengono vicendevolmente. A cosa mi servirà questo gran demonio?

Un maestro Sakya insegna che quando ci sentiamo denigrati, noi stiamo male, quindi, con questi presupposti, pensa al male che hanno sofferto gli altri quando sono denigrati. C’è un’interpretazione più utile: si crea l’immagine mentale di noi stessi nel mezzo, dall’altro lato c’è questo io egoista che pensa solo a se stesso, che è come una massa solida di egoismo ed egocentrismo, e dall’altra parte tutti gli infiniti esseri, e poi uno si mette nel mezzo come l’ago della bilancia. Quando una persona è obiettiva, automaticamente andrà verso gli infiniti esseri. È un dialogo tra questi tre personaggi, un essere egoista, tutti gli esseri dall’altra parte ed io in mezzo come testimone.

Per ottenere lo stato del Buddha si parla di Prajna Parmita. Il fatto che si parla di perfezione, deriva dalla perfezioni della saggezza. Ciò che fa progredire sui sentieri è fondamentalmente la saggezza, finché non si otterrà simultaneamente questa onniscienza del Buddha, che ci porta a conoscere tutti i fenomeni: questo pure deriva alla saggezza. Saggezza è sia quella che conosce i 5 sensi e sia un’altra che conosce la natura ultima dei fenomeni. C’è un’essenza, una natura dei fenomeni, che è il modo come appaino, la maggior parte degli elementi scorretti sorgono sulla base del modo di apparire dei fenomeni. Quando sorge l’avversione o l’invidia, è perché crediamo a ciò che appare, il che ha molti aspetti diversi. Per esempio, nel caso generale, l’attaccamento, è quel fenomeno che ci appare piacevole e ci appare come attaccamento. Perciò, tutte queste menti negative. In relazione a diversi aspetti così fanno queste afflizioni. La si enfatizza la si porta al massimo, sotto la luce, e poi crescono queste afflizioni. Tanti oggetti che generano gelosie o invidia, in realtà dovrebbero generare compassione nei loro confronti. Perciò, per eliminarli, osserviamo il tutto in una visione più ampia. Bisogna osservare i fenomeni da prospettive molte diverse, ed ognuno di questi fenomeni ha degli aspetti positivi o negativi, allora li si attacca per diverse sfaccettature. Da un altro punto di vista queste menti negative sorgono sulla base d’essere convinti della verità di ciò che appare. Per controbattere, per bilanciare questa attitudine, occorre indagare. Quella mente, che così si attacca a un certo fenomeno, quando analizza il modo di esistere di questo fenomeno, si rende conto della sua inconsistenza. Anche gli animali si rendono un pochino conto di questa discrepanza. Bisogna distinguere tra queste discrepanze tra l’apparire e l’esistere effettivamente. Non bisogna continuare solo ad essere soddisfatti di quello che appare, ma bisogna esaminare ed andare in profondità. A livello convenzionale ci sono verità superiori ed inferiori. La verità convenzionale si esprime in tutte le diverse qualità, ma quando si va a vedere cosa ci sia al di là di questo non trova nient’altro. Trovo che non esiste indipendentemente. Allora ci si rende conto che i fenomeni sono dipendenti, esistono in dipendenza, se si cercano non si trovano, e, quindi, si capisce che esistono solo in dipendenza. Appaiono come se esistessero indipendentemente. Pensiamo poi a qualcosa di molto buono, quindi generiamo attaccamento, perché la base sulla quale generiamo attaccamento o avversione è la credenza che esistano indipendentemente. Perciò a Nagajuna, nel testo chiamato saggezza, quando cerca di confrontarsi con coloro che credono che i fenomeno esistono indipendentemente gli dicono che è un nichilista. Nagarjuna risponde che non hanno capito il significato della vacuità né lo scopo di meditare la vacuità. Lo scopo di non fare generare attaccamento: questo è lo scopo per il quale meditiamo sulla vacuità, proprio come un saggio si rende conto di come i fenomeni appaiono. Quando non siamo in preda alle forti afflizioni mentali, è quando siamo in preda a queste afflizioni. Di base c’è sere veramente convinti che tutto ciò che ci appare esiste indipendentemente. Il fatto che i fenomeni esistono dal loro lato, anch’io che sta percependo questi fenomeni anche se crede che esistono veramente. L’io che sta percependo questi fenomeni anche se crede che esistano veramente. Quindi lo scopo è eliminare questi base che ci crea tutti questi problemi tramite le afflizioni, anche quello di dire che il fenomeno esterno non esiste e la mente che lo percepisce esiste, anche se questa non visione finale è una passaggio. Poi si deve capire che anche la mente che concepisce quei fenomeni è priva di esistenza intrinseca. Quando si crede che i fenomeni esistano per via delle loro diverse caratteristiche. La visione che riesce contemporaneamente e simultaneamente è la visione Madhyamika. Se rimane un qualcosa che i fenomeni esistono per via delle loro caratteristiche, rimane visione Svatntrika. Qual è la natura l’essenza di questa vacuità? quando il seme della vacuità si attualizza nella mente c’è un pacificazione di tutti pensieri concettuali. Per Nagarjuna, qualsiasi fenomeno che è un sorgere dipendente non c’è un andare, un venire, una nascita e una morte. Siccome i fenomeni sorgono sulla base di questo pensare occorre meditare sulla vacuità. Ci son fenomeni che esistono solo come costruzioni linguistiche. La verità ultima non è oggetto della mente dualistica che percepisce la verità convenzionale. Per due volte si parla di io, mente. Lama rimpoceh spiegò che un volta si intende saggezza intelletto e un altra volta mente dualistica. Nell’originale sanscrito erano due parole diverse. Rispetto ciò, la visione del mondo delle persone lo dividiamo in due parti: la visione mondale, c’è chi non si interessa e si riempì lo stomaco, e coloro che si impegnano con la verità, coloro che investigano il significato della verità. Per esempio, gli scienziati rientrano in questa categoria degli yoghi perché non si accontentano di vedere le cose ma vanno ad indagare. In questo modo possiamo dividere le religioni che hanno una base filosofica e quelle che non l’hanno. Quelli che credono nell’idea di un creatore hanno fondamentalmente una pratica di fede, invece i buddisti han più un’attitudine indagante di discriminare. All’interno del buddhismo ci sono le 4 differenti scuole filosofiche. Ogni scuola contraddice la scuola precedente inferiore. Anche tra coloro che negano l’esistenza inerente. Com’è che si contraddicono le visioni filosofiche più basse? Attraverso dei ragionamenti. Allora si deve partire dal presupposto che è in comune tra me e te che discutiamo. Il protettore insegnò le cose affinché gli esseri le affermassero, attraverso le contraddizioni della confutazione, se voi dite che non esiste state contraddicendo le parole stesse di Buddha.

Mi è venuta voglia di dire, passiamo di nuovo a Kamalashila.

Si deve pensare che tutti gli insegnamenti di Buddha portano alla talità. Come se l’oscurità sparisse quando la luce viene accesa. All’ultimo mancano di un sé, la mancanza di un sé delle persone e di un fenomeno. Che cos’è quello della talità? È la mancanza di essenza delle persone e dei fenomeni. Si parla di fenomeni che sono inclusi nei 5 aggregati, come se fossero fenomeni usati dal consumatore che è io, e, a cominciare dai 5 aggregati, derivano poi tutti gli altri fenomeni. Tutti i buddhisti accettano che il sé non esiste. Anche a livello ordinario. Perciò, per i discepoli che erano pronti a comprendere, Buddha ha insegnato la mancanza del sé delle persone nel senso che non c’è un io permanente che domina gli aggregati. La persona alla quale appaiono questi fenomeni spiacevoli che ha questa capacità di meditare sulla mancanza del sé della persona. Un conto è se al supermercato, prima di averle comprate, mi dovessero cadere delle mele da un sacchetto,un altro se qualcuno dovesse inavvertitamente muovere quel carrello facendo cadono per terra le mele. Infatti, quando all’acquirente gli cadono le mele dopo averle comprate proverà una una sensazione molto più forte perché non sono più semplicemente mele, ma sono le mie o le sue mele. Quindi, quel qualcosa diventa connesso con noi: c’è questo generare attaccamento ed avversione. Quindi, mostrando e spiegando la mancanza del sé grossolano, si ha la capacità di diminuire questa predisposizione. Il secondo punto è che: non solo colui che sperimenta ma ciò che è sperimentato è privo di esistenza intrinseca. Allora cos’è la talità? Tutti i fenomeni sono vuoti della mancanza del sé, tutti fenomeni a livello ultimo. All’interno dei Madhyamika c’è questa separazione, tra gli Svantantrika e prhè parlando dal utno di ita dell’oggetto di negazione, in questo modo vuole caratterizzare, quando nel sutra del cuore si dice che mancfom sensazione etc.. diventa un’affermazione che va bene solo per i Madhyamiak Prasangika. Per i Madhyamiak Svatntrika, Kamalashila e il suo maestro Shatarakshita, tutti e due asserivano l’esistenza dei fenomeni per via delle loro caratteristiche in senso convenzionale. Adesso in questo testo c’è molto la citazione del sutra che svela l’intento, perché quel sutra, dal punto di vista dei Madhyamika Svatantrika è il sutra considerato interpretabile, non di carattere definito. Un Madhyamiak Prasangika cita sempre il sutra delle perfezione della saggezza, considerato come definitivo. Non si trova una persona che sia separata dall’altro. Alla mente appare un io indipendentemente, poi c’è una mente che crede che sia attraente quell’io come appare. O è l’io che non c’è? Non c’è per niente? Un carro esiste dipendente da tutte le diverse parti del carro. Allo stesso modo l’io esiste dipendendo dall’unione di tutte queste parti di cui è composto. La persona e il sé non possono essere gli aggregati, perché sono molti e l’io è uno. La persona e il sé non può esser né uno ne molti. Quando si analizza un fenomeno, o sono la stessa cosa o sono diversi: non c’è un terza possibilità.