6-Insegnamenti di S.S. il Dalai Lama “I racconti di Jataka” a Dharamsala 11.03.09

Sua Santità il Dalai Lama: Concentriamoci perciò a pensare: “Possa io, fisicamente, verbalmente e mentalmente essere in grado di beneficiare gli altri esseri senzienti”.

Sua Santità il Dalai Lama: Concentriamoci perciò a pensare: “Possa io, fisicamente, verbalmente e mentalmente essere in grado di beneficiare gli altri esseri senzienti”.

Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Dharamsala l’11 marzo 2009 per le celebrazioni del Monlam, il nuovo anno tibetano, sul tema: “I racconti di Jataka”, la vita del Buddha.

Appunti, traduzione ed editing del Dott. Luciano Villa, Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.Vi consigliamo di vedere il filmato originale nella versione in inglese al sito http://www.dalailama.com/page.128.htm.

SESTA PARTE DEGLI INSEGNAMENTI

Sua Santità il Dalai Lama

L’ENTUSIASMO A SEGUIRE IL SENTIERO DEVE BASARSI SULLA SAGGEZZA DERIVANTE DALL’INTELLIGENZA DELLA RAGIONE.

Pertanto, dal punto di vista Buddista, tutte le cose desiderabili sono il risultato d’una mente valida, mentre tutte le sofferenze, tutte le cose indesiderabili sono il prodotto d’una mente disturbata o mente non valida, la quale non è necessariamente una mente carente d’intelligenza, è invece una mente che deliberatamente percepisce erroneamente la realtà. In accordo con la volontà di Shantarakshita, il suo allievo Kamalashila, nel suo testo “Gli stadi della meditazione” esprime chiaramente la necessità di studiare il Dharma, il che permette quindi all’allievo spirituale di realizzare una certa pratica del Buddha Dharma. 
Questi due grandi Maestri di Nalanda seguirono un cammino del Buddhismo che enfatizza l’importanza di sviluppare la logica ed il ragionamento finalizzato a realizzare il Buddha Dharma. Per questo motivo il Buddhismo Tibetano assurge a pilastro fondamentale della tradizione Buddhista. Questi insegnamenti sul Buddhismo non sono un motivo per farci belli, ma un fondamentale elemento d’integrazione nel nostro flusso mentale. Altrimenti, sarebbe come se, avendone le capacità, (ed in questo caso dovreste avere i soldi per poterlo fare) avete deciso di dedicare dei locali della vostra abitazione per la pratica spirituale, il cui studio e ricerca sarebbe prerogativa solo di quell’ambito, mentre, all’esterno, il vostro comportamento sarebbe completamente differente. Fintanto che sarete in questo locale la vostra mente sarà tutta impegnata a chiedersi: come posso beneficiare gli altri? Mentre, una volta fuori, ve ne sarete completamente dimenticati.

Vi racconto un aneddoto su come non dovrebbe veramente essere la pratica del Dharma. Ad una persona seduta sul percorso che i fedeli circumdeambulavano, uno di questi gli chiese: “Cosa stai facendo?”. Al che gli rispose: “Sto praticando la pazienza”, con risultato che l’altro gli disse: “Se pratichi la pazienza allora mangia gli escrementi”, cui il “meditatore” ribatté: “Mangiale tu le feci”. 
Chiaramente questa risposta indica chiaramente che quella persona non stava affatto praticando la pazienza. 
Riusciamo a portare pazienza solo se siamo in grado di tollerare le critiche che ci fanno gli altri. Se siete incapaci di farlo, allora sarete molto impazienti. Se qualcuno che, pur non volendo rubare, si trovasse dinnanzi a della merce incustodita e ne prendesse anche solo il capo che gli si offrisse dinnanzi, non sarebbe certo una buona pratica. Se vi ritenete un vero seguace di Buddha Sakyamuni e di quanto espresso nel testo di Shantideva “Lo stile di vita del Bodhisattva” ebbene, fate conto che in qualsiasi momento i Maestri vi vedono, anche se voi non li potete vedere. Perché tutto dipende da voi. 
Perciò, se vi ritenete un vero seguace di Buddha Sakyamuni, non dovete comportarvi in modo di dare discredito al Buddha, ma dovete fare in modo di seguire correttamente i consigli del Buddha. Gli insegnamenti sull’origine dipendente sono distinguibili in due livelli: l’origine dipendente di causa ed effetto e l’origine dipendente di mera imputazione. È grazie alla conoscenza dell’origine dipendente di causa effetto che acquisite una forte consapevolezza della legge di causalità, grazie quindi alla comprensione della origine dipendente per mera imputazione, giungete alla comprensione della realtà ultima, sulla cui base eliminate l’ignoranza ed il conseguente attaccamento all’esistenza ciclica, conseguendo in tal modo la liberazione dalla sofferenza. Estendete quindi il medesimo desiderio di liberazione dalla sofferenza percependo gli svantaggi derivanti dall’attaccamento all’esistenza samsarica, cercando quindo d’estenderlo anche agli altri esseri, generando quindi un profondo senso di compassione verso gli altri e generando bodhicitta: tutto ciò vi permetterà di seguire il sentiero del Bodhisattva. Dovete diventare profondamente consapevoli di questi aspetti del buddhismo: la bodhicitta e la saggezza dell’intelligenza che comprende la realtà dell’origine dipendente di causa effetto e di mera imputazione. Ma non basta: dovete impegnarvi a seguire questa pratica. Che crediate i meno nel Dharma dipende solo da voi. Anche se non credete nel Buddhismo ritengo importante avere una buona comprensione di questi concetti.

Leggiamo ora dal Dharmapada, la biografia di Buddha Sakyamuni, il racconto n. 18 Il Principe Ricco.

Una volta il Bodhisattva nacque in una famiglia di grande ricchezza, rinomata per le sue virtù e la buona condotta, e molto apprezzata dal popolo. Come un pozzo rinfrescante per coloro che hanno portato buona vita, questa famiglia condivideva il proprio bagaglio di tesori e vettovaglie coi Bramini ed apriva la casa agli amici. I poveri e gli indigenti erano sostenuti dai loro doni, mentre artigiani ed artisti trovavano patrocinio e tutela. Anche il re era ben lieto d’offrire e garantire loro ospitalità. Non appena il Bodhisattva crebbe, i suoi interessi culturali lo portarono a studiare tutti i rami del consueto mondo delle scienze, così come le arti più esoteriche. I suoi risultati scolastici, la sua bellezza fisica e la conoscenza del mondo che mostrava senza violare i precetti del Dharma conquisttarono il cuore dei suoi concittadini, che lo consideravano come un leaser. Non sono i soli legami familiari, ma le virtù o vizi che riscuotono stima o disprezzo, a rendere gli altri amici o estranei. Il Bodhisattva Sakyamuni sin dalle vite precedenti era tanto familiarizzato con le pratiche monastiche che anche in questa vita manifestava queste tendenze. D’altro canto, capì bene che la felicità poteva essere trovata nella vita ascetica nella foresta. Così la sua mente crebbe progressivamente staccata dal piacere del suo paese d’origine. Alla morte di suo padre e sua madre, e mentre era ancora in lutto, lasciò la sua splendida casa. Donò tutto ciò che possedeva ad amici e parenti, per i poveri, shramani e bramini e lasciò la città. Viaggiò per villaggi e città, attraverso dei regni e le loro capitali, fino a quando finalmente si stabilì in un altopiano boscosa vicino ad una piccola città, guadagnandosi subito fama per la sua pacatezza, la profondità della sua contemplazione, e la sua condotta eccelsa”.

SUA SANTITÀ IL DALAI LAMA

Le storie di Jataka, scritte da Aryasura, raccontano le vicende della vita di Buddha Sakyamuni quando era un Bodhisattva nel suo aspetto della forma. Buddha Sakyamuni nacque in una ricca famiglia ed era benvoluto ed apprezzato da tutti per la sua gentilezza e generosità. Viveva contornato d’artisti che ricevevano supporto ed incoraggiamenti. Il Bodhisattva Sakyamuni sin dall’infanzia mostrava un istinto naturale alla compassione, desiderando beneficiare gli altri e non facendo differenza alcuna fra stranieri ed amici. Si interessava di tutti indiscriminatamente, appassionandosi agli studi scientifici. Sin quando divenne una sorta di gioia e felicità per chiunque, rispettando le persone, sia che fossero forestieri o amici vicini, senza distinzione. Ora avvenne che il Grande Essere iniziò a pensare solo alla strada della rinuncia. L’esperienza della vita agiata, con la sua dolorosa lotta per l’arricchimento, gli rendeva evidente come fosse incompatibile una tale vita con la pratica spirituale.

Il Bodhisattva, nonostante la posizione agiata e di gran prestigio della sua famiglia abbandonò tutti i suoi averi per incamminarsi sul sentiero dell’ascetismo.

SUA SANTITÀ IL DALAI LAMA

Come praticanti del Dharma, dovremmo far riferimento alla pratica del Buddha. Per quanto riguarda la pratica monastica dobbiamo ricordarne i voti ed il fatto che iniziò a diffondersi molto estesamente, non dimentichiamo poi che si trattava d’un principe che per raggiungere la Buddhità rinunciò al mondo, dal momento che la sofferenza lo spingeva verso la vita mondana, praticò correttamente la meditazione per quindi conseguire l’illuminazione per dare a questo punto insegnamenti.

All’inizio fondò una piccola comunità di Sangha perché si rese conto che i diffusori dei suoi insegnamenti avrebbero dovuto essere monaci. All’inizio, la diffusione del Buddhismo in India scaturì da Taxila, ora in Pakistan, mentre in Tibet giunse il Buddhismo dei maestri del Kashmir, il cui punto d’incontro era la località di Kajur. Quindi, fino all’XI secolo il Buddhismo fiorì sopratutto nell’Università Monastica di Nalanda e quindi a Vikramaśīla. Furono sette monaci tibetani, i primi a recarsi a Nalanda a studiare il Dharma, che riuscirono a completare i loro studi e facendo offerte al loro maestro Shantaraksita, che introdusse il Buddhismo in Tibet, fondando delle Università monastiche che nel corso del tempo presero sempre più piede. A differenza dell’antica tradizione Buddhista e praticata in Tibet, ora la pratica del Buddhismo non è più prerogativa dei monaci discriminando i laici e le stesse monache. Ora abbiamo molti laici che s’interessano e studiano il Buddhismo e nei monasteri le monache non solo praticano ma anche studiano il Dharma.

SUA SANTITÀ IL DALAI LAMA

Ci accingiamo ora a conferire la Bodhicitta dell’aspirazione.

Visualizzate di fronte a voi Buddha Sakyamuni attorniato dai grandi maestri, come Arya Nagarjuna, Arya Asangha, i loro figli spirituali con i grandi maestri tibetani, come Guru Padmasambhava, i suoi discepoli, i maestri Sakya, Kargyu, Kadampa, Chonampa. Immaginate di far parte di questa preghiera di conferimento della Bodhicitta dell’aspirazione, recitando l’ultima strofa della Preghiera in sette rami che comprende: la prostrazione, l’offerta, la confessione, il rallegrarsi, la richiesta degli insegnamenti, la richiesta ai Buddha e Bodhisattva di rimanere a conferire i loro preziosi insegnamenti e la dedica delle virtù. Non pensate d’essere esonerati per il freddo dal congiungere le mani, non mettetele in tasca! Congiungendole, esprimete il vostro rispetto ai Buddha ed ai Bodhisattva, è una buona cosa da fare. Anche nei testi delle preghiere troviamo l’esortazione ad unire le mani e lo dice anche Sakya Trinzin Rinpoche. E siamo molto fortunati ad averlo qui in questo consesso dedicato alla celebrazione del Monlam, il nuovo anno tibetano. Sakya Trinzin Rinpoche rappresenta l’apice dei praticanti laici.

Per generare la Bodhicitta dell’aspirazione non dovreste pensare in termine di salute o ricchezza per voi stessi, ma dovreste pensare alla natura di sofferenza degli esseri senzienti che desiderano la felicità e vogliono liberarsi della sofferenza e pensare a quanto intensamente gli esseri senzienti desiderano la felicità.

Pensate attentamente che tutto ciò esprime la natura del Buddha ed i difetti mentali sono transitori, mentre l’elemento definitivo è rappresentato dall’immutabile CHIARA LUCE.

Se vi sforzate di realizzare tutto ciò, tutti voi potete diventare un Buddha, tutti possiamo ottenere le qualità d’un Buddha, tutti possiamo conseguire le qualità mentali del Buddha, i 10 Dieci poteri di un Buddha che:

Conosce gli effetti positivi e negativi del karma virtuoso e non virtuoso.

Conosce le più piccole conseguenze di una causa specifica e ogni relazione tra causa ed effetto.

Conosce le differenti attitudini e disposizioni di ogni individuo.

Conosce la natura di ogni individuo.

Conosce la capacità di ogni individuo.

Conosce tutti i sentieri, con le rispettive cause.

Conosce tutti i Dharma.

Conosce le varie vite precedenti.

Conosce le diverse trasmigrazioni degli esseri dell’universo.

Conosce la cessazione di ogni difetto mentale.

Immaginiamo ora di voler ottenere l’illuminazione, quella appunto caratterizzante il Buddha, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, risvegliando i germogli della natura del Buddha in tutti gli esseri senzienti.

Siate quindi consapevoli del significato d’assumere la Bodhicitta dell’aspirazione, in particolare in questo momento di preghiere per il nuovo anno tibetano, ricordando gli insegnamenti di Buddha Sakyamuni: un gran stimolo per generare la mente d’illuminazione.

Shantideva diceva che l’essenza di tutte le tradizioni del Budddha è la Bodhicitta, come la panna affiora dal latte. Sì dal latte del Dharma, cui si deve unire la saggezza della vacuità. Quindi, le due Bodhicitta: quella convenzionale e quella ultima.

La prima si riferisce al desiderio di raggiungere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, mentre la seconda è la saggezza che realizza la vacuità, la realtà ultima. Shantideva diceva: “Persino se occorreranno eoni ed eoni per illuminare la nostra mente, vale la pena d’impegnarci in questo senso” ed ancora “Ancoriamoci alla consapevolezza di generare bodhicitta che ci conduce in un luogo d’immensa luce”.

Nel nostro caso abbiamo la meravigliosa opportunità di praticare Bodhicitta unita alla saggezza della vacuità, la saggezza che realizza l’origine dipendente.

Quindi, con tutto il cuore, preghiamo:

Possa io conseguire l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti;

spinto da gran compassione cerco rifugio nel Buddha Dharma e Sangha”.

Questa è la speciale formula del rifugio Mahayana.

Ripetiamo ora la formula di rifugio, immaginando attorno a noi tutti i Buddha, i Bodhisattva, il Sangha ed i grandi maestri e tutti gli esseri senzienti che sono tesi alla felicità, ed, a mani giunte, pensiamo unicamente a voler beneficiare gli altri esseri senzienti, come appunto diceva Arya Nagyarjuna: “Possa essere io in grado di beneficiare gli altri esseri senzienti”.

Concentriamoci perciò a pensare: “Possa io, fisicamente, verbalmente e mentalmente essere in grado di beneficiare gli altri esseri senzienti”.

Ripetiamo: “Col desiderio di beneficiare tutti gli esseri senzienti, prendo rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha, finché non raggiungerò la piena illuminazione. Spinto da compassione e saggezza, mi impegnerò, di fronte ai Buddha, ad aiutare tutti gli altri esseri senzienti, generando la mente d’illuminazione”.

Ripetiamo ancora: “Prendo nuovamente rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha, pensando che farò del Dharma il mio stile di vita, rendendolo così manifesto, grazie alla comprensione della realtà così com’è direttamente, e generando dentro di me Bodhicitta e raggiungendo la qualità della cessazione dalla sofferenza, diventando così parte del Sangha Mahayana e quindi diventando alla fine un membro del Sangha non mondano, un perfetto Buddha”.

Il che rappresenta la peculiarità del Rifugio Mahayana.

Coltiviamo la mente di Bodhicitta insieme a quella di saggezza ed ancora una volta ripetiamo: “Col desiderio di beneficiare tutti gli esseri senzienti, prendo rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha, finché non raggiungerò la piena illuminazione. Genero la mente d’illuminazione di fronte ai Buddha”.

Ripetiamo per la terza volta: “ Possa io conseguire la piena illuminazione per beneficiare tutti gli esseri senzienti, prendo rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha, e, di fronte ai Buddha, genero la mente d’illuminazione. Spinto da compassione e saggezza, di fronte ai Buddha, m’impegno a conseguire lo stato di Buddha. Possa la bodhicitta generarsi in coloro in cui non è generata ed incrementarsi in coloro in cui è già generata. Rimarrò sempre fedele al puro lignaggio di Buddha, senza mai abbandonarlo”.

Non pensate ora alle azioni dei Buddha e bodhisattva, pensate semplicemente: “Sono sulla strada per diventare un Buddha per la liberazione degli altri esseri senzienti. Fino a che vi sarà lo spazio ed esisteranno esseri senzienti, possa io essere presente per eliminare le loro sofferenze ”.

Quando recitiate la presa di rifugio e di Bodhicitta, entrate veramente nella condizione del viandante sulla via dell’illuminazione.

Ripetetela sei volte al giorno, tre al mattino e tre alla sera, ma, se non vi è possibile, fatela almeno una volta al giorno.

Cercate di trasformare la vostra mente al meglio.