S. S. Dalai Lama: Il compito degli scienziati

Sua Santità il Dalai Lama: "Il compito degli scienziati non è soltanto quello di ricercare. È anche quello di informare, o la ricerca non ha senso."

Sua Santità il Dalai Lama: "Il compito degli scienziati non è soltanto quello di ricercare. È anche quello di informare, o la ricerca non ha senso."

Sua Santità il Dalai Lama: “Sì. Lo sforzo principale deve venire da loro.”

“Ma anch’essi appartengono a istituzioni. La maggior parte vive in mezzo ad agi materiali e culturali. Fanno molta fatica a prendere la parola, e i migliori fra loro lo riconoscono.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Devono tuttavia parlare, e parlare a voce alta. Stabilire statistiche chiare, e diffonderle. Devono dirci e ripeterci a quali cifre dobbiamo attenerci.”

Jean-Claude Carriere: “L’hanno fatto. A dire il vero, abbastanza raramente. Ma noi leggiamo e dimentichiamo subito. Che la Nigeria conti più di seicento milioni di abitanti fra una trentina di anni, a noi oggi cosa importa?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Ma il compito degli scienziati non è soltanto quello di ricercare. È anche quello di informare, o la ricerca non ha senso. Quel che vale per la popolazione vale anche per l’ambiente. Altrimenti lei ha altre idee? Conosce altri mezzi per aiutarci a superare gli ostacoli?”

Jean-Claude Carriere: Possiamo unicamente fare proposte, che decide soltanto il potere politico.

Sua Santità il Dalai Lama: “L’Occidente potrebbe veramente cambiare vita? È pensabile?”.

Jean-Claude Carriere: “Per ora, vediamo chiaramente che gli occhi di tutti sono puntati sulla disoccupazione, e questo problema immediato nasconde facilmente tutti gli altri. Vediamo anche che i rimedi proposti qua e là giungono tutti dal passato. Non parlano che di crescita e di ripresa economica, cosa che per di più presuppone un aumento di sfruttamento di un pianeta quasi esaurito. Nessuna idea nuova ed efficace ci sostiene. Parlare di un cambiamento di vita sembra un viaggio nell’isola di Utopia.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Vede l’Europa unita come una speranza?”

“Da questo punto di vista, sì, forse.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Le minacce dell’ambiente non si arrestano alle frontiere.”

Jean-Claude Carriere: “Nemmeno i movimenti di popolazione. Schiere di mendicanti percorrono ormai l’Europa, che ha il suo terzo mondo in casa. Ogni paese occidentale conta oggi una seconda e anche una terza popolazione clandestina. Negli Stati Uniti si contano più di venti milioni di indocumentos, immigrati senza permesso, che vivono alla giornata, spostandosi da un luogo all’altro. Anche in questo caso, che fare? Le soluzioni che prevedono misure di polizia non sono né moralmente auspicabili, né efficaci. Ogni frontiera ha innumerevoli varchi.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Dobbiamo insistere, giorno dopo giorno. Senza mai perderci d’animo. Dobbiamo affermare: siamo troppo numerosi.”

Jean-Claude Carriere: Mi stupisco – e mi rallegro – dell’insistenza con la quale il Dalai Lama ritorna sui problemi della popolazione, dell’ambiente. Non avrei immaginato che queste preoccupazioni fossero tanto vive. Così forse si delinea una prima risposta al paradosso del non-sé. Cercando invano il proprio io permanente, il Buddha scopre l’uguaglianza di tutte le cose esistenti, senza alcun posto privilegiato, e le relazioni che le uniscono. Non si tratta di negare l’esistenza del mondo, né di noi stessi. All’opposto di una visione volta all’eternità (permanenza dell’essenza degli esseri al di là della corrente dell’esistenza), questo atteggiamento di dubbio radicale condurrebbe al nichilismo, a concepire il mondo come una semplice costruzione dello spirito.

L’idea non manca di seduzione. Ha anche attratto alcuni filosofi occidentali, come l’irlandese Berkeley (Tre dialoghi tra Hylas e Philonous, 1712). Il mondo non avrebbe un’esistenza se non tramite la nostra percezione.

La netta maggioranza delle scuole buddhiste rifiuta tuttavia questa negazione radicale della realtà, basandosi su una frase molto categorica di Sakyamuni: “Esiste certo un non-nato, non-diventato, non-fatto, non-composto, e se non esistesse, non ci sarebbe scampo possibile a ciò che è nato, diventato, fatto e composto”.

Sua Santità il Dalai Lama: “Quando dubito di esistere, mi dò un pizzicotto”.

Jean-Claude Carriere: “Dunque, nessuna preoccupazione: esistiamo?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Sì. Anche se la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi è illusoria, un “non-nato”, un “non-diventato” esistono, senza loro non esisteremmo. Ma noi esistiamo in un modo al contempo relativo (all’attività del nostro spirito) e condizionato (da tutte le altre esistenze).”

Jean-Claude Carriere: “Impossibile trovare l’io al di fuori del corpo e dello spirito?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Impossibile. Ma impossibile è ugualmente percepire e descrivere la nostra esistenza relativa – rigorosamente imprigionata in una trama di cause e di effetti – senza percepire nello stesso tempo l’esistenza di tutte le cose.”

Jean-Claude Carriere: “Dalle quali siamo inseparabili?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Esatto. La nostra esistenza non è in alcun modo indipendente. Ma essa è, in se stessa, ogni esistenza.”

Jean-Claude Carriere: E questo vale anche per il corpo soltanto, come dice ancora Sakyamuni: “È all’interno del nostro corpo stesso, mortale e lungo soltanto sei piedi, che esistono il mondo e l’origine del mondo, e la fine del mondo, e similmente il cammino che conduce al nirvana”.

Così, le prese di posizione “ecologiche” del Dalai Lama non sono un fenomeno di moda, il frutto di una rivelazione tardiva di fronte all’evidenza di una distruzione (come è stato per noi). Esse sono inscritte da molto tempo in quel che il buddhismo ha di più profondo, forse anche di più originale – con il giainismo, un’altra tradizione indiana comparsa nel medesimo momento, quasi nello stesso luogo del buddhismo e fedele fino a oggi agli insegnamenti del suo fondatore, Mahavira. Fra questi insegnamenti figura, come punto essenziale, il rispetto per ogni forma di vita. Qua e là per le strade dell’India (mi è capitato andando da Dharamsala a Delhi) si incontrano gruppi di uomini e donne vestiti di bianco, che camminano e mendicano senza sosta, e che portano sulla bocca una sorta di benda per evitare di inghiottire per sbaglio qualche zanzara. Ugualmente, prima di sedersi, spolverano il sedile con un leggero scacciamosche per allontanare i piccoli insetti che rischierebbero di schiacciare.

Senza avventurarsi in questi atteggiamenti estremi, il buddhismo condivide lo stesso sentimento. Noi non siamo una parte separata del mondo, siamo il mondo.

Dicendomi “ma noi, però, non siamo cambiati”, il Dalai Lama non alludeva ad alcun territorio irriducibile che conserveremmo e proteggeremmo in noi stessi. La sua frase aveva un senso apparentemente più semplice, ma in effetti più sottile e più ampio. Quello che non è cambiato, mi diceva, è il nostro rapporto col mondo. Dopo due secoli di fucilate, di barricate, di scioperi, di conquiste sociali, di vertigini tecniche, di furori ideologici, di rivolgimenti scientifici, di guerre piccole e grandi, ci scopriamo gli stessi, sempre intimamente legati a quello che abbiamo preteso di conoscere e di dominare. E vediamo sorgere con stupore il pericolo che non ci aspettavamo, quello dell’autodistruzione, tanto più difficile a scongiurarsi in quanto scaturisce, continuamente, dalla nostra persistente illusione.

Sua Santità il Dalai Lama: “Il vero problema del terzo mondo è l’ignoranza. Insieme al desiderio di possesso e all’odio, l’ignoranza è uno dei tre klesha, uno dei tre veleni dello spirito, che sono la fonte di ogni malattia mentale. Nel terzo mondo, è senz’altro il più potente. In Occidente, per forza di cose, cominciate a rendervi conto che qualcosa non va. E, a modo vostro, vi organizzate, lottate”.

Jean-Claude Carriere: “Una lotta che non servirà a nulla se non diventa mondiale.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Esatto. Bisogna dunque educare le popolazioni del terzo mondo. Poiché esse non sanno nulla, lo vedo qui intorno a me. E bisogna farlo energicamente, senza reticenza sentimentale. È una necessità immediata, un’urgenza. Bisogna dire loro, con tutto ciò che questo comporta di ambiguo: state sbagliando, la vostra eccessiva crescita demografica vi conduce a una miseria ancora più terribile. Voi desiderate, com’è ovvio, che il vostro tenore di vita migliori. Ma questo non è possibile per tutti. Al contrario.”

Jean-Claude Carriere: Alcuni paesi, è il caso dell’India e forse anche del Messico, sembrano vivere meglio da quando le loro popolazioni hanno raggiunto livelli che non molto tempo fa sembravano inimmaginabili. Le rese agricole sono raddoppiate, si creano nuove attività. L’India arriva al punto di esportare cereali. Tuttavia questa situazione – apparentemente favorevole al commercio – non è che l’impressione di un momento. Quando si pensa di aver raggiunto l’equilibrio, subito si spezza. Nulla arresta, intorno a noi, e nemmeno in Cina, l’espansione demografica; nulla, salvo i meccanismi collettivi poco conosciuti legati al miglioramento del livello di vita: vivete meglio, vivrete meno numerosi. Ma si tratta evidentemente di un circolo vizioso. La torta non si può ingrandire all’infinito. E la divisione di questa torta non è più equa oggi di ieri. Le bidonvilles di Bombay traboccano, i marciapiedi di Delhi sono ricoperti da una popolazione capitatavi per caso, eterogenea e senza risorse. La disoccupazione diventa un flagello per l’intero pianeta, insieme all’accattonaggio, suo vecchio compagno. Gli indiani abbandonati del Chiapa si sollevano, armi alla mano. I popoli del Ruanda si massacrano. Presto coloro che avranno “la fortuna” di lavorare, lavoreranno per due, o per tre. A ciò si aggiunge – conseguenza praticamente inevitabile, e nella maggioranza dei casi incontrollata – lo sfruttamento sistematico del pianeta.

Sua Santità il Dalai Lama :”I paesi del Nord (è così che chiama generalmente l’Occidente: the Northerners) non sono mai soddisfatti. Hanno tutto, e vogliono ancora di più . Altri paesi, come l’Etiopia, soffrono di carestia cronica. Non hanno niente, e domani avranno meno di niente. Dobbiamo lottare contro questo scarto crescente. Questo dovrebbe essere il nostro traguardo. Avvicinare i due mondi l’uno all’altro fino a renderli paragonabili e, se possibile, uguali. Sì, questo dovrebbe essere il nostro traguardo. È moralmente nobile, e praticamente tutto lo giustifica”.

Jean-Claude Carriere: “Non è un po’ facile a dirsi?”

Sua Santità il Dalai Lama:”Certo. Ma bisogna cominciare col dirlo, e dirlo chiaramente. Tutti i problemi che lei e io ricordiamo, e che ogni individuo incontra nella propria vita di tutti i giorni, fame, disoccupazione, delinquenza, insicurezza, deviazioni psicologiche, epidemie diverse, droga, follia, disperazione, terrorismo, tutto è legato a questo fossato che va allargandosi fra i popoli, e che si ritrova, beninteso, all’interno stesso delle nazioni ricche. Il buddhismo è assolutamente categorico su questo punto, e la nostra antica esperienza ce lo conferma a ogni istante: tutto è strettamente collegato, tutto è inseparabile. Di conseguenza, bisogna ridurre questo scarto.”

Jean-Claude Carriere: “Come fare?”

Sua Santità il Dalai Lama: “Bisogna dire, con argomenti persuasivi e buona volontà, ma anche con precisione scientifica, ai popoli del terzo mondo: volete che il vostro livello di vita sia paragonabile a quello dei paesi del Nord? Bene, cominciate a limitare le nascite. Altrimenti, è inutile provarci.”

Jean-Claude Carriere: “Torniamo dunque al concetto di educazione.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Di informazione anzitutto, e di educazione poi. Non possiamo evitarlo.”

Jean-Claude Carriere: “Ma gli emarginati sono così numerosi. Senza alcuna possibilità di parlare. Li dimentichiamo così facilmente. E poi sappiamo bene che il prezzo delle materie prime, sulle quali si basano tutte le economie vacillanti dei paesi del Sud, sappiamo bene che questi prezzi si decidono in Occidente!”

Jean-Claude Carriere: “Non ho detto che sia facile. Ne sono ben lontano. Dico solo da dove credo che bisognerebbe cominciare. Diversi etnologi e pensatori occidentali, in particolare uno dei più prestigiosi fra loro, Claude Levi Strauss, si sono chiesti se la nostra forma di civiltà non possieda in se stessa un fascino fatale, irresistibile.”

Sua Santità il Dalai Lama: “Cioè?”

Jean-Claude Carriere: A partire dal XVIII secolo, da quando l’Europa, caratterizzata dall’industria, si è lanciata alla conquista del globo, ogni cultura che entra in contatto con la nostra sembra esserne ben presto sedotta. Desidera acquisire immediatamente le nostre conoscenze, la nostra competenza tecnica, il dominio che ostentiamo su una natura sottomessa, e soprattutto gli oggetti che fabbrichiamo. Levi-Strauss si domanda se questa seduzione, che tende a uniformare il mondo, non sia fatale per gli uni come per gli altri. Una civiltà mondiale gli sembrerebbe inimmaginabile e in ogni caso pericolosa. Dice anche, ed è lungi dall’essere il solo, che le culture non vivono che per la loro diversità, confrontandosi e scontrandosi. L’influenza universale di una di queste culture a detrimento delle altre significherebbe forse la scomparsa, dal punto di vista antropologico, del concetto stesso di cultura.”

Sua Santità il Dalai Lama mi chiede di essere più preciso. Gli racconto alcuni ricordi personali, immagini di indiani dell’Amazzonia pressoché nudi, adorni di piume, che maneggiavano con destrezza cineprese. Ci sembra di vedere che tutti i popoli, da circa un secolo, hanno adottato la nostra “meccanica”. Come dice il filosofo iraniano Daryusch Shayegan, i popoli non europei, che fino al XIX secolo utilizzavano oggetti di cui controllavano la fabbricazione (e questo vale per le armi da fuoco), hanno dovuto all’improvviso, a partire dalla macchina a vapore e dalla comparsa dell’energia attiva, indipendente e controllabile, abituarsi a motori, a strumenti, a oggetti che sfuggivano alle loro conoscenze, di cui non erano più i padroni, che ricevevano da un altro paese.

Jean-Claude Carriere: “Ho l’impressione che questa tendenza continui, e anche che si aggravi. Tutto il sapere appartiene all’Occidente, che lo protegge e lo affina senza sosta.”

Da: Il Dalai Lama, La Compassione e la Purezza. Conversazioni Con Jean-Claude Carriere. Traduzione di Laura Deleidi. Fratelli Fabbri Editori Anno: 1995 http://it.scribd.com/doc/157928207/Dalai-Lama-Purezza