Sua Santità il Dalai Lama: Tutti gli esseri hanno la natura del Buddha, il seme della completa Illuminazione.
1 Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama del Lamrim del Panchen Lobsang Choekyi Gyaltsen a Dharamsala, in India, marzo 1988.
Sua Santità il Dalai Lama
Tutti gli esseri viventi possiedono un innato senso dell’«io» basato sugli aggregati del corpo e della mente, un «io» che naturalmente desidera la felicità e vuole evitare la sofferenza. Questo istinto naturale non conosce confini e pervade tutte le forme di vita di questo universo, indipendentemente dalle differenze esteriori che esistono tra le varie apparenze fisiche. È per questo che ci consideriamo così importanti e preziosi. E questo istinto conferisce all’individuo anche il diritto di operare per ottenere la felicità ed evitare la sofferenza.
Come si afferma nell’ Uttaratantra (L’insuperabile Continuum), tutte le creature possiedono anche il potenziale per liberarsi dalle dolorose catene del dolore e dell’ansia. La presenza di questo potenziale dimostra ampiamente che la natura del Buddha, vale a dire il seme della completa Illuminazione, è insito in tutti gli esseri.
Il fattore che distingue l’uomo dalle altre specie è l’abilità a utilizzare l’intelligenza per indirizzare le qualità dell’amore, della gentilezza e dell’onestà verso i suoi simili. È di estrema importanza, per coloro che sono in grado di apprezzare le più profonde dimensioni della natura umana, non cadere prigionieri del materialismo. È possibile lavorare per il proprio benessere senza per questo dover rinunciare a essere sinceri e onesti.
Ironicamente, il motivo principale per cui si cercano le soddisfazioni materiali è il raggiungimento della tranquillità e della felicità, ma se lasciamo che la nostra vita sia totalmente vittima del materialismo e non diamo alcuno spazio alla dimensione spirituale, è molto probabile che non raggiungeremo mai i nostri scopi.
È ovvio che le esperienze mentali sono molto più forti e intense di quelle fisiche. Quindi, se la mente continua a vivere perfino dopo la morte, diventa per noi fondamentale prendere in considerazione quello che sarà il nostro destino post mortem. È importante, sulla base della presente consapevolezza, appurare se per un individuo sia possibile raggiungere uno stato permanente di pace e felicità. In caso affermativo, dovremmo fare tutto il possibile per ottenere una simile condizione.
Quando parliamo in modo superficiale di consapevolezza, sembra quasi che si tratti di un’entità singola. Ma se andassimo più in profondità, scopriremmo che esistono diversi livelli di consapevolezza. Alcuni sono tutt’altro che desiderabili perché fonte di tormento per la mente, altri portano invece la calma e la pace interiore. Quindi il nostro obiettivo deve essere quello di distinguere tra questi due tipi di consapevolezza. Generalmente parlando, la natura della consapevolezza è quella della chiarezza e della conoscenza ed è suscettibile di cambiamenti e trasformazioni. Però la specifica, peculiare natura della consapevolezza è pura e chiara, e le illusioni che turbano la mente non possono penetrare nella sua essenza. Tutti i problemi della mente, come l’ignoranza e le varie illusioni che ci tormentano, sono occasionali e quindi non sono avulsi dalla nostra stessa mente. A causa delle illusioni, le concezioni dualistiche sono instabili e risiedono nella nostra consapevolezza solo per determinati periodi. Possono quindi essere alleviate, e in seguito estirpate, se si usano gli appropriati antidoti. Questo processo conduce al raggiungimento di una pace e di una felicità permanenti.
Come faccio spesso notare, al mondo esistono varie categorie di persone. Ci sono quelle che seguono un determinato sentiero spirituale, quelle che invece sono assolutamente contrarie alla religione e anche alcune assolutamente indifferenti al senso religioso. Quando la gente si trova in situazioni che sono difficili da inserire in un contesto razionale, reagisce in vari modi. Quanti sono privi di senso religioso, nel momento in cui hanno a che fare con eventi che riescono a comprendere, li affrontano tranquillamente. Ma tutto quello che si pone oltre la loro capacità di razionalizzazione rappresenta una sorta di shock che produce ansia e frustrazione. Un praticante del Dharma ha una migliore comprensione della vita e quindi non perderà il coraggio e la speranza, vale a dire due fattori di importanza capitale nell’affrontare le varie esperienze. Quindi è abbastanza ovvia la validità dello sviluppo spirituale e, da questo punto di vista, ritengo che il buddismo abbia molto da insegnare.
Ci sono tanti modi per praticare il Dharma e variano da individuo a individuo. Alcune persone possono rinunciare completamente al mondo e dedicarsi a una vita ascetica immergendosi completamente nella meditazione. Altre, invece, porteranno avanti la loro pratica continuando a condurre un’esistenza normale. Non si dovrebbe pensare, come si fa erroneamente, che la pratica del Dharma cominci e finisca solo durante le specifiche sessioni; al contrario, è qualcosa che deve integrarsi nella vita quotidiana. L’importante è vivere seguendo i nobili principi del Dharma e imporre un ben preciso indirizzo alla propria esistenza. In questo modo il Dharma non sarà solo di beneficio a coloro che lo praticano ma anche all’intera comunità.
In linea di massima, l’altruismo è la genuina fonte di benessere e di felicità, in questo mondo. Quindi se nasciamo in un universo in cui non è possibile sviluppare l’altruismo, la situazione è piuttosto scoraggiante, ma per fortuna non è il nostro caso. In quanto esseri umani possiamo tutti sviluppare le nostre potenzialità spirituali e, prima fra tutte, il cervello. È fondamentale non sprecare la grande opportunità insita nella condizione umana poiché il tempo corre via e non ci aspetta. Fa parte della natura delle cose il continuo processo di cambiamento e trasformazione. Quindi dobbiamo approfittare dell’occasione che ci si presenta in quanto esseri umani.
Come ho già detto, se ognuno di noi ha il diritto di lavorare per la propria felicità, un identico diritto lo possiedono anche tutte le altre creature. Quindi, qual è la differenza tra noi e il resto del mondo? L’unica differenza risiede nel fatto che quando parliamo dei nostri casi personali, non importa quanto possano essere importanti, stiamo parlando di qualcosa che riguarda una singola persona, mentre gli affari degli altri riguardano il benessere di un incalcolabile numero di esseri. Quindi la differenza poggia sulla quantità.
Inoltre, se un individuo fosse del tutto indipendente dagli altri, si potrebbe anche comprendere la sua indifferenza ai problemi altrui ma, ancora una volta, non è questo il caso. Tutti gli esseri viventi sono in un reciproco rapporto di dipendenza e anche le sofferenze o le felicità individuali interagiscono con quelle degli altri. E questa dimensione di interdipendenza non riguarda solo l’aspetto materiale ma anche quello spirituale. Infatti possiamo coltivare le fondamentali qualità umane dell’amore, della compassione, della tolleranza, della generosità solo in rapporto al nostro prossimo. Perfino le nobili attività del Buddha erano in relazione con il mondo esterno.
Se si comprende tutto questo, si capirà anche che interessarsi solo dei propri interessi non conduce mai alla felicità autentica. Se confrontiamo il nostro personale benessere con quello di tutti coloro che ci circondano, potremo facilmente comprendere che quest’ultimo è di gran lunga più importante del nostro. E, quindi, pensare agli altri prima che a noi stessi fa parte di uno stile di vita nobile e corretto. Al contrario, sacrificare il benessere degli altri a favore del nostro è un’azione non solo sbagliata ma anche folle.
Nel momento in cui abbiamo l’intelligenza per discernere tra giusto e sbagliato e possiamo anche prendere esempio dai grandi Bodhisattva del passato, dovremmo sforzarci in ogni modo di cambiare il nostro comportamento egoistico. Dovremmo sempre comportarci in modo da non essere egoisti e non aver nemmeno il minimo senso di attaccamento verso quanto ci appartiene. E adesso, in questa vita, abbiamo l’opportunità di farlo.
Dovremmo essere felici, in quanto esseri umani, di potere praticare l’altruismo, pratica che personalmente ritengo il punto più elevato dei valori umani. Mi sento molto fortunato a parlare dell’importanza e dei meriti di un buon cuore e dell’altruismo. Insistere in un comportamento egoistico vuol dire sprecare una grande opportunità. Non dovremmo causare problemi all’interno della nostra comunità umana, al contrario è fondamentale comprendere quanto l’occasione che ci si presenta sia importante e risultato di una complessa serie di fattori.
Da parte nostra, in quanto praticanti del Dharma, è importante applicare i nobili principi della dottrina buddista nella vita quotidiana e sperimentare gli autentici frutti del Dharma. I praticanti dovrebbero rappresentare degli esempi e dimostrare con i fatti il suo vero valore. Altrimenti le nostre idee rimarranno solo a livello concettuale e la nostra pratica non darà alcun frutto.
L’essenza del Dharma è quella di disciplinare la mente, rendendola libera dall’ira, dalla lussuria e dall’aggressività. Quindi l’intero messaggio buddista potrebbe essere riassunto in questi due unici precetti: «Aiuta gli altri» e «Se non puoi aiutarli almeno astieniti dal far loro del male». È un grave errore ritenere che, oltre alla disciplina delle facoltà mentali e psichiche, ci sia qualcos’altro chiamato «pratica del Dharma». Vari, e in alcuni casi divergenti, metodi per raggiungere questa disciplina interiore sono stati insegnati dal Buddha.
Dall’esterno può sembrare molto difficile il compito di darsi una disciplina interiore, ma se ci impegniamo seriamente potremo constatare che non è poi così complicato. Noi siamo distratti da ogni genere di confusione del mondo materiale, ma una volta che saremo in grado di trovare la giusta chiave grazie alla pratica del Dharma, potremo liberarci dal nodo della confusione.
Chi pratica il Dharma non solo dovrebbe cercare di ottenere la piena Illuminazione ma anche di diventare gentile e giusto. Una persona che ha un carattere poco paziente potrà cambiare, a forza di ascoltare gli insegnamenti e di metterli in pratica. E questa trasformazione sarà il segno degli effettivi benefici del Dharma.
È difficile rispondere a domande cruciali come quelle relative all’esistenza o meno del ciclo delle rinascite o alla possibilità di ottenere la piena Illuminazione. Ma è invece molto più evidente che uno stato mentale positivo e delle azioni altrettanto positive portano felicità e pace, mentre il contrario produce conseguenze spiacevoli. Quindi, se, come risultato della nostra pratica del Dharma, siamo in grado di alleviare le nostre sofferenze e di sperimentare una maggiore felicità, da questo potremmo essere incoraggiati a proseguire lungo il sentiero spirituale.
Anche se non ce la facciamo a ottenere in questa vita delle realizzazioni spirituali molto elevate, se riusciremo a sviluppare la mente altruistica di bodhicitta, anche solo a un minimo livello, saremo in grado di sentire tutti gli esseri viventi come nostri cari amici. Invece, se rimarremo ancorati a una concezione egoistica della vita, per quanto circondati da una moltitudine di persone che ci vogliono bene, non potremo sperimentare alcuna forma di felicità autentica o di pace interiore. Possiamo constatare quanto tutto ciò sia vero semplicemente osservando la vita di ogni giorno. Più sviluppiamo l’altruismo più ci sentiamo in pace con noi stessi. Viceversa, più rimaniamo intrappolati dall’egoismo più ci sentiamo frustrati e pieni di problemi. Queste considerazioni ci portano a concludere, quindi, che un buon cuore e una motivazione altruistica sono le vere fonti della felicità e rappresentano la genuina gemma che esaudisce tutti i desideri.
Siamo ormai nel XX secolo, un periodo segnato da molteplici rivoluzioni in diversi campi della conoscenza. Nel corso del XVIII e del XIX secolo, quando si iniziarono a fare alcune delle principali scoperte scientifiche, religione e scienza cominciarono a separarsi sempre di più. Molte persone sentirono che si trattava di ambiti inconciliabili. Ma oggi, dal momento che l’intelligenza umana è stata tanto arricchita dai progressi della scienza, fortunatamente sta emergendo una nuova tendenza. Diversi scienziati cominciano a mostrare un rinnovato interesse per la dimensione morale e religiosa e a considerare importante lo sviluppo spirituale per ottenere una più completa visione della vita e del mondo. In particolare, all’interno della comunità scientifica, c’è un crescente interesse nei confronti della filosofia buddista. Penso che i prossimi decenni saranno testimoni di un grande cambiamento, sia dal punto di vista scientifico sia da quello spirituale.