34 La saggezza attraverso la visione interiore vipassana

Sua Santità il Dalai Lama: L’essenza della dottrina del Buddha è diventare una persona buona, giusta e altruista.

Sua Santità il Dalai Lama: L’essenza della dottrina del Buddha è diventare una persona buona, giusta e altruista.

Sua Santità il Dalai Lama: La saggezza attraverso la visione interiore vipassana

34 Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama del Lamrim del Panchen Lobsang Choekyi Gyaltsen a Dharamsala, in India, marzo 1988.

Sua Santità il Dalai Lama

La prossima pratica è quella della saggezza basata sulla coltivazione della vipassana, o speciale visione interiore. Quando vi impegnate nella pratica della speciale visione interiore, dovreste visualizzare il vostro maestro nell’aspetto di Manjushri e invocarlo.

L’effettiva meditazione sulla speciale visione interiore è spiegata nel presente contesto, in termini di meditazione sulla mancanza di identità o mancanza del «sé» di un singolo individuo e dei fenomeni. Quando dentro di voi insorge l’attitudine all’attaccamento, viene prima quella relativa ai fenomeni, mentre in seguito sarete portati a pensare anche a voi stessi come dotati di una natura inerente.

Nella meditazione, però, sarà più efficace meditare prima sulla mancanza di «sé» di una persona e poi su quella degli oggetti.

Mancanza del «sé» della persona.

Per meditare sulla mancanza del «sé» delle persone, pensate che le persone non siano altro che dei composti di aggregati fisici e mentali. E i termini «sé» e «persona» sono le definizioni che li identificano. Come spiega Nagarjuna nel suo Ratnavali,

«Una persona non è terra o acqua,

Vento o spazio.

E neppure è coscienza o l’insieme di tutte queste cose.

Quindi cos’è una persona?»

Per esempio, adesso sentite che state sedendo sui vostri cuscini ma provate a cercare un «sé» o una persona. Vedrete che non riuscirete a trovarla negli aggregati fisici o mentali. Non sta in nessuno degli elementi che formano il corpo. Infatti non possiamo postulare questi elementi come se fossero una persona; il loro insieme non è una persona e nessuno di essi preso individualmente può essere considerato una persona. Quindi vedete che il termine persona è solo una definizione che diamo all’aggregazione di tutti questi elementi. Non esiste alcuna persona che esista in modo inerente, effettivo e indipendente.

La tradizione spiega quanto sia importante analizzare la vacuità alla luce dei quattro punti che sono:

1. identificazione dell’oggetto da negare;

2. accertamento della diffusione;

3. accertamento dell’assenza di individualità;

4. accertamento dell’assenza di pluralità.

Il primo punto riguarda l’identificazione dell’oggetto da negare. Tutti noi abbiamo una nozione innata del «sé» che percepiamo come qualcosa che esiste in modo inerente. Quando sorgono forti emozioni vissute in modo molto intenso, allora voi sentite davvero la presenza del «sé». In tali momenti vi sembra di possedere una «egoità» o senso dell’«io». A quel punto dovrete cercare di comprendere come appare quel «sé» e come si relaziona con voi.

Quindi sarete in grado di identificare il modo in cui si manifesta l’innata attitudine all’attaccamento. C’è questa attitudine naturale a pensare in termini di un «sé» inerente, effettivo e totalmente separato da corpo e mente. Una sorta di padrone che comanda il vostro corpo e la vostra mente, un’entità separata che sembra esistere di per sé. Ed è sulla base di questa errata concezione che nascono le emozioni negative, quali la rabbia e il desiderio e via dicendo.

Tramite la meditazione, di cui abbiamo appena parlato, potrete capire come la sensazione di un «sé» inerente poggi proprio su queste impressioni fallaci. Un’analisi del genere vi permetterà di arrivare alla conclusione che non riuscite a localizzare un «io» inerente e che quindi esso, e la persona di cui sarebbe portatore, esistono solo a livello nominale.

É importante legare questa analisi al vostro modo di ragionare. Dovreste pensare che se le cose, le persone, i fenomeni esistessero così come vi appaiono normalmente, cercandone l’essenza al di là delle definizioni, si dovrebbe trovarla. Il problema però è che non la si riesce a trovare. Se seguirete le istruzioni sulla disamina analitica contenute in questo testo, potrete comprendere con chiarezza come stanno realmente le cose. Questo è il punto essenziale nell’identificare l’oggetto di negazione.

Il secondo punto riguarda l’accertamento della diffusione. Nel presente contesto con questo termine ci riferiamo all’idea che se qualcosa esistesse in modo inerente e oggettivo dovrebbe far parte delle categorie di uno o di molteplice così come gli oggetti che esistono al livello relativo. Quindi nel caso il «sé» fosse totalmente indipendente ed esistesse inerentemente all’interno del corpo e della mente, dovrebbe o essere tutt’uno con essi o completamente separato. Dal momento che una cosa può essere o singola o molteplice, non esiste una terza possibilità.

Il terzo punto consiste nell’appurare l’assenza di individualità. Lo si può fare analizzando se l’Ego esiste individualmente o se è tutt’uno con gli aggregati. In questa seconda ipotesi, essendo gli aggregati molteplici, anche il «sé» dovrebbe moltiplicarsi per ognuno di essi. Inoltre, quando la vita attuale cessa, dovrebbe cessare di esistere anche il «sé». E ancora, nel caso il «sé» fosse tutt’uno con gli aggregati, come mai abbiamo la sensazione che esso sia il padrone di questi aggregati, che funzionano sotto il suo comando? Inoltre, come si può logicamente affermare che la base per una designazione e la designazione stessa, possano essere la stessa cosa?

Per accertare la mancanza di pluralità, considerate se la persona o il «sé» esistono indipendentemente, separate dagli aggregati. In questo caso, dopo aver mentalmente «disaggregato gli aggregati» si dovrebbe trovare un «sé» o una persona che esiste indipendentemente dagli aggregati stessi. Ma non è possibile. Se fossimo in presenza di entità completamente separate dagli aggregati, allora non ci sarebbe alcuna relazione tra il «sé» e gli aggregati.

Quindi, non si potranno trovare una persona o un «sé» grazie a un procedimento analitico. Procedendo in questo modo, sarete in grado di raggiungere uno stato in cui il «sé», così come viene percepito e compreso dalle errate visioni, non esiste. E quindi sarete effettivamente in grado di mettere in discussione la validità della vostra naturale tendenza a credere in un «sé» inerente che prima vi sembrava così ovvia.

Come spiega Lama Tsongkhapa nel suo Gongpa Rabsei, un commentario sul Madhyamikavatara, giungerete alla conclusione che «sé» e persona sono soltanto definizioni conferite sulla base degli aggregati. Se riuscirete, grazie alla pratica della meditazione, a mantenere e rinforzare un tale convincimento, potrete poi metterlo in pratica nella vostra esperienza concreta.

Nella comprensione della mancanza di «sé» di una persona esistono differenti livelli. Si può concepire la persona come non esistente o priva di un’identità autosufficiente. La comprensione della mancanza di «sé» di una persona porta a comprendere anche la mancanza di «sé» dei fenomeni, e quindi possiamo arrivare anche a una più sottile comprensione della mancanza di «sé» di una persona. Capire tutti i diversi livelli della mancanza di «sé» è molto importante perché vi guiderà alla comprensione della natura ultima delle cose, la vacuità.

Una volta raggiunta la consapevolezza relativa alla mancanza di natura inerente delle persone, dovreste mantenere uno stabile equilibrio meditativo. E quando sentite che la vostra corretta comprensione si indebolisce, dovrete rafforzarla attraverso il procedimento analitico che abbiamo appena spiegato. Durante il processo di meditazione è fondamentale che rimaniate profondamente concentrati sulla negazione della natura inerente della persona senza farvi distrarre da nulla.

È solo nel periodo successivo alla meditazione che il praticante potrà cogliere la realtà convenzionale dei fenomeni. Sebbene questi manchino di una loro inerente natura, tuttavia hanno un certo livello di esistenza che si può definire relativo o convenzionale. In questo modo sarete in grado di percepire tutti i fenomeni come illusioni. Non dovete fare sforzi ulteriori per avere tale consapevolezza. Se durante la meditazione la vostra comprensione della vacuità è corretta, allora anche durante il periodo post-meditativo capirete che, sebbene i fenomeni appaiano in un modo, esistono in un altro.

Mancanza di «sé» dei fenomeni.

La meditazione sulla mancanza di «sé» dei fenomeni si divide in due parti: quella sulla mancanza di «sé» dei fenomeni composti e quella sui fenomeni non composti. Come una persona manca di un «sé» inerente, così accade a ogni genere di fenomeno.

La categoria dei fenomeni composti si divide in tre aspetti: materia, coscienza e transitori.

Il primo, la materia, include il corpo. Quando pensate al corpo, avete normalmente la sensazione che le sue differenti parti – testa, gambe, braccia e così via – esistano indipendentemente e abbiano tutte una loro natura inerente. Ma si tratta di una sensazione errata. Se analizzerete le varie parti del vostro corpo troverete che nessuna può funzionare senza l’ausilio di tutte le altre. Dovreste analizzare il corpo nel suo insieme, ed estendere questa analisi a tutto ciò che vi circonda, case, città, montagne, alberi, foreste e così via. Cos’è una foresta? L’insieme di un gran numero di alberi o un unico albero? Vedrete che foresta è il termine con cui si definisce l’insieme dei differenti alberi. In modo analogo, le differenti caratteristiche (buono, cattivo, alto, basso, lungo, corto) sono termini che possiamo usare solo in contrapposizione ad altri. Questo fatto dimostra chiaramente la natura della loro interdipendenza. Non esiste alcun alto o basso che possa vivere di per se’ stesso. L’identica analisi dovrebbe essere fatta per quanto riguarda la seconda categoria: la coscienza. Considerate se esista o meno indipendentemente e inerentemente e poi se è la stessa che abbiamo sempre sperimentato o è totalmente differente.

La terza categoria di fenomeni composti è quella dei fenomeni transitori. Questo termine si riferisce a fenomeni quali tempo, anno, mese, giorno e così via, che non sono tangibili. Se un anno esistesse in modo autonomo non dovrebbe dipendere dalle sue parti, vale a dire i mesi, le settimane, i giorni eccetera. Ma se non consideriamo le sue parti, cosa rimane di un anno? Quindi anno non è altro che la definizione che diamo a un insieme di mesi, di settimane, di giorni. La medesima analisi potremmo estenderla a fenomeni non composti come, per esempio, lo spazio. Nagarjuna afferma, nel suo Mulamaadhyamika Karika, (Il Fondamentale Trattato sulla Via di Mezzo): «Se i fenomeni composti non sono dimostrati, come possono esserlo quelli non composti?»

In breve, dovreste riuscire a comprendere che non solo voi ma l’intero mondo fenomenico è privo di un’esistenza inerente e quindi è illusorio nel senso che, nonostante appaia come vero, non lo è veramente.

Quindi meditate sulla vacuità dei fenomeni. La meditazione sulla vacuità dei fenomeni non composti è molto importante, in particolare la riflessione che la stessa vacuità è priva di natura inerente. Vorrei sottolineare questo aspetto perché c’è il pericolo di cadere nella trappola di considerare la vacuità dotata di una sua natura inerente. Invece, proprio come tutti i fenomeni sono privi di una loro natura inerente, lo è anche la vacuità. Non esiste una vacuità indipendente che non dipenda dal soggetto con cui viene messa in relazione. La vacuità è sempre una caratteristica e non ve ne è alcuna in grado di esistere indipendentemente.

Quindi anche la vacuità è una definizione data in rapporto a un determinato oggetto di analisi. Per esempio, la vacuità del vaso non è altro che la natura ultima di questo. L’assenza di una natura inerente del vaso è la sua vacuità. Ma proprio come il soggetto vaso è vuoto, così lo è la sua caratteristica, la vacuità.

E fondamentale non cadere nella trappola di immaginare la vacuità come esistente di per se stessa. Molti testi considerano questo errore come irreparabile. Proprio per questo i sutra usano diversi termini per definire la vacuità: natura ultima, verità ultima e altri ancora. Questo perché si corre il rischio di ritenere la vacuità come esistente in modo autonomo.

La comprensione, raggiunta attraverso l’analisi logica condotta sia durante le meditazioni sia in seguito, di cosa rappresenti la vacuità, segna il raggiungimento di una speciale visione interiore basata su di essa.

Tantra

Avendo addestrato la vostra mente nel sentiero Lamrim, dovreste adesso impegnarvi nella pratica del tantra che è il cancello dei fortunati. È proprio impegnandosi in questo sofisticato e potente sentiero che il praticante sarà in grado di far fruttare la sua accumulazione di meriti e saggezza e raggiungere quindi l’onniscienza entro il minor tempo possibile.

E così, questo breve commentario sul Lamrim del Panchen Lama Choekyi Gyaltsen è concluso. Come ho fatto notare tempo fa, l’essenza della dottrina del Buddha è diventare una persona buona, giusta e altruista.