2 – S.S. il Dalai Lama: Discorso alla puja di lunga vita per l’80°

Sua Santità il Dalai Lama: Qualcuno mi ha chiesto cosa desidero come regalo di compleanno.

Sua Santità il Dalai Lama: Qualcuno mi ha chiesto cosa desidero come regalo di compleanno.


2 – Discorso tenuto da S.S. il XIV Dalai Lama del Tibet, Tenzin Gyatso, durante la puja di lunga vita offertagli nel corso delle celebrazioni per il suo 80° genetliaco, al tempio di Dharamsala, il 21 giugno 2015.

S.S. il XIV Dalai Lama

Ora ho raggiunto gli ottanta anni e sono molto sano fisicamente, quando vado a farmi visitare, i dottori dicono che non ci sono dubbi che potrò vivere ancora per una ventina di anni (fragorosi applausi da tutte le migliaia di persone presenti!). Se fosse così, in altri dieci anni avrei novant’anni e dopo altri dieci anni arriverei ai cento anni. Questa volta avete fatto tanto chiasso con le celebrazioni dell’ottantesimo anno, allora tra dieci anni, mi raccomando, dovete organizzare altrettanto ‘chiassose’ celebrazioni per i novant’anni (lunga risata di S.S. e applausi della folla!) E tutti voi vecchietti/e dovete mettercela tutta! (Durante la pujaerano presenti tutti gli ultra-ottantenni di Dharamsala che hanno avuto l’onore di porgere la kata a S.S. e di ricevere una sua carezza e uno dei suoi cordini rossi di protezione.) Anche se il “signore della morte” fa capolino, voi non prestategli attenzione. Fatevi coraggio, così che potremo celebrare insieme anche il novantesimo compleanno!!

In Tibet non c’è libertà, di conseguenza solo nei paesi isolati, fuori mano, i tibetani hanno potuto festeggiare il mio compleanno, mentre in molti altri paesi e città è proibito farlo. Nonostante questo, mentalmente tutti i tibetani hanno completa fede e so che mi mandano i loro sinceri auguri. Voglio perciò ringraziare in particolar modo voi tibetani che vivete in Tibet, che credete in me, prestate attenzione e mettete in pratica i miei consigli. Fino ad oggi, tutti i tibetani, ma proprio tutti, sia quelli che sono credenti che quelli che non lo sono, tutti voi siete uguali nel mantenere un forte senso di identità nazionale come ‘Popolo del Paese delle Nevi’, come pure un forte entusiasmo e impegno a salvaguardare i diritti del popolo tibetano.

I nostri antenati hanno veramente fatto un buon lavoro perché c’è da considerare che un migliaio di anni fa, in giro per il mondo, non è che dappertutto ci fosse poi un livello di cultura molto alto. Tuttavia i nostri antenati, sia dal punto di vista della lingua, il tibetano scritto, che dal punto di vista della cultura, hanno prodotto e preservato un tesoro che, ancora oggi, ha rilevanza nel mondo moderno. Dobbiamo essere grati ai nostri antenati che in quei tempi hanno sviluppato una lingua che ha permesso di tradurre i testi del Buddhismo provenienti dall’India, in generale, e in particolare dalla gloriosa università monastica del Nalanda.

In verità, oggi nel mondo, l’unica lingua che può far luce in modo completo e corretto sui meravigliosi insegnamenti provenienti dal Nalanda, sia per quanto riguarda le spiegazioni di carattere scientifico che quelle di carattere filosofico, è proprio la lingua tibetana. La lingua sanscrita è infatti ormai una lingua ‘morta’ che solo qualche dotto può comprendere, e neanche la lingua hindi serve per capire quei trattati. Ci sarebbe da sperare che il cinese potesse servire a questo proposito, visto che il Buddhismo si è diffuso in Cina qualche secolo prima che nel Tibet e moltissimi testi sono stati tradotti in quella lingua; ma il fatto è che molti importanti commentari contenuti nel Tengyur, sono stati tradotti in tibetano, e non in cinese. Non solo, persone che conosco mi dicono che, anche i testi esistenti (in cinese), poiché contengono molti vocaboli del cinese antico, non sono molto comprensibili.

Per quanto riguarda i testi in tibetano, di Buddhismo in generale, e in particolare quelli del sistema buddhista tramandato in lingua sanscrita, se non li studiamo, allora è un altro discorso, ma se ci applichiamo, scopriremo che contengono ciò che può essere definito come un “tesoro, patrimonio dell’umanità”; questo concerne, per esempio, i testi delle tre categorie di visione, meditazione, e comportamento (Queste tre categorie possono essere abbinate ai tre addestramenti di saggezza, concentrazione e moralita’ contenuti nelle tre raccolte di insegnamenti del Tripitaka.), come pure quelli di psicologia o ‘scienza della mente’ e così via. Anche per quanto ha attinenza con l’aspetto filosofico di questa gloriosa tradizione, i maestri indiani avevano veramente delle menti eccelse, avevano un potere di analisi fenomenale! Noi abbiamo tradotto e possiamo leggere e comprendere in tibetano le ottime spiegazioni che ci hanno tramandato. Non solo, di generazione in generazione, noi tibetani abbiamo usato quei trattati come libri di testo che abbiamo studiato e su cui abbiamo riflettuto, dibattuto e meditato.

Penso che tra tutti i paesi buddisti, noi tibetani siamo il popolo che ha preservato nel modo migliore, ossia per mezzo dello studio, della riflessione e della meditazione, gli eccelsi insegnamenti del Buddhismo in generale, ed in particolare quelli provenienti dalla gloriosa università monastica del Nalanda. Di riflesso, anche i paesi confinanti hanno, in una certa misura, contribuito alla loro preservazione. In particolare, tra i mongoli sono apparsi, anche nel passato, molti grandi dotti.

Riflettendo in questo modo, si sente un certo senso di orgoglio nazionale che non è basato su una semplice credenza priva di ragioni valide. Anche nel campo religioso, il nostro motto è di sviluppare la fede sulla base della conoscenza e non di una fede cieca. Analogamente, per quanto riguarda l’orgoglio nazionale, non deve essere il risultato di campanilismo ignorante, ma del convincimento che, attraverso la conoscenza presente nei nostri testi in tibetano, abbiamo la potenzialità di essere di beneficio in questo mondo. Dico questo sulla base della mia esperienza personale, accumulata durante questi ultimi cinquant’anni. Dovremmo perciò essere consapevoli che la spiritualità e la cultura tibetana, in altre parole, il tesoro di conoscenza presente in lingua tibetana, è veramente un qualcosa di profondo e che porta beneficio praticamente. Fino a questo momento, tutti abbiamo fatto del nostro meglio ed ora vi chiedo di continuare a farlo!

Qualcuno mi ha chiesto cosa desidero come regalo di compleanno. Ho risposto che non ho bisogno di alcun regalo; sono un monaco e non ho bisogno di alcunché. Il miglior regalo, comunque, è questo: ciò per cui faccio sempre appello, non è un qualcosa di vuoto, ma qualcosa che costituisce un sunto reale di tanti anni di esperienza. Non si tratta di desideri irrealizzabili, come desiderare di ottenere l’illuminazione dopo un ritiro di tre anni e tre mesi! Scusatemi la ‘blasfemia’, ma penso che desiderare di ottenere l’illuminazione in una sola vita, con un solo corpo, sia un pò una vana speranza, qualcosa di pressoché impossibile!

Se invece preghiamo di poter continuare a praticare di eone in eone, allora sì che mi sorge un senso di coraggio e determinazione, qualcosa per cui vale veramente la pena di nutrire speranze. Come quando recitiamo il mantra GATE, GATE, PARAGATE, PARASAMGATE, BODHI SOHA… Nutro onestamente la speranza di conseguire il sentiero dell’accumulazione Mahayana. Se solo riuscissi a (trovare il tempo di) applicarmi alla pratica del ‘calmo dimorare’, allora conto che potrei conseguire anche il sentiero della preparazione. Questo tipo di speranze sono realistiche, si basano sui fatti. Similmente, il desiderio di poter portare beneficio in questo mondo sulla base del tesoro di conoscenza che abbiamo preservato per circa un millennio, [non è una vana speranza]. Si tratta di vedere se riusciremo ad utilizzare questo tesoro al meglio, se riusciremo a metterlo o meno in pratica, se riusciremo a farlo in un modo conforme o meno alla realtà; ma questo dipende solamente da noi! Ecco, vi chiedo di riflettere su questo.

Comunque sia, io invecchio, perciò [mi rivolgo a] voi giovani, voi che credete e avete fiducia in me: ricordatevi ciò che vi sta dicendo questo vecchio e fate del vostro meglio! Questo è il miglior regalo che mi potete fare per il mio compleanno! Se questo si avvererà io sarò completamente soddisfatto! Se, invece, quando ci incontriamo, ripetete “Sei il mio rifugio! Mi rifugio in te!” ma poi durante la vostra vita, durante tutti i vostri giorni non provate niente (non siete veramente interessati) allora non sarà servito a niente!

Nel nostro caso, se la pratica religiosa che facciamo non è fatta bene, se cioè parliamo bene, con grandi parolone di grand’effetto, ma poi non le mettiamo in pratica…allora guardatevi attorno. In questo mondo, c’è un tipo di persone che si dice seguace di una delle grandi religioni e che poi fa proprio così: parla di spiritualità, ma in pratica fa il contrario, o comunque non mette in pratica ciò che predica. Come dice il detto: “Poiché i nostri pensieri non sono un segreto per noi stessi, dobbiamo analizzare i nostri pensieri“. Questo è molto importante! Se ci comportiamo esternamente come fossimo veramente persone per bene, ma poi questo non corrisponde all’interno a qualità esistenti, allora stiamo mentendo! Stiamo prendendo in giro gli altri! Siamo ipocriti! Questo non va assolutamente bene! Comunque, io ne parlo sempre e oggi, visto che mi avete offerto una puja di lunga vita e avete recitato una lunga preghiera di richiesta …mi e’ aumentato il coraggio! Per favore pensateci su! Tashi delek a tutti e voi, cari vecchietti, alzatevi! (Gli ultraottantenni, durante quest’ultima fase della cerimonia , erano tutti seduti proprio ai piedi del trono. Tra di loro c’era anche Gawa Yangdroen che era stata compagna di giochi di S.S. il Dalai Lama a Taktser, il loro paese natale, quando S.S. aveva solo 2 – 3 anni e prima che S.S. fosse riconosciuto e portato a Lhasa.)

Tradotto dal tibetano a Dharamsala da Mariateresa Bianca con l’aiuto di Sherab Dhargye. Rivisto dalla monaca italiana, Gestul-ma Tenzin Oejung. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.