1-S.S. Dalai Lama: Insegnamenti Kalachakra Bloomington 1999

Sua Santità il Dalai Lama

Sua Santità il Dalai Lama

Insegnamenti preliminari all’Iniziazione del Kalachakra

di Sua Santità il XIV Dalai Lama

a Bloomington, Indiana USA, 20-22 Agosto 1999

Tema degli Insegnamenti:

L’ottavo capitolo della Bodhicaryavatara di Shantideva: La Meditazione.

Traduzione dal tibetano in inglese del Prof. Ghesce Lobsang Jinpa e dall’inglese all’italiano dal Dott. Luciano Villa, Ing. Alessandro Villa e Graziella Romania nell’ambito del Progetto: “Free Dalai Lama’s teachings”.

 

Sua Santità il Dalai Lama

La recitazione preliminare che abbiamo appena eseguito costituisce ciò che è conosciuto come le Tre Attività quotidiane, che rappresentano un omaggio al Buddha, riflettendo sulla sua bontà e qualità illuminate, recitando brani dei Sutra esprimendone così gli insegnamenti fondamentali del Buddha ed, infine, riflettendo sulla natura transitoria della vita, l’impermanenza. L’ultimo verso, quello di dedica, dedica appunto i meriti e le virtù accumulate grazie all’impegno in tali attività. …

Ci aspetta ora la recitazione del Sutra del Cuore. Il Sutra del Cuore presenta gli insegnamenti del Buddha sulla vacuità e, fra tutti, del Sutra della Perfezione della Saggezza. Il Sutra del Cuore è il sutra più conciso tra quelli che presentano gli insegnamenti sulla vacuità. La recitazione del Sutra del Cuore è comune a tutte le tradizioni buddiste, seguito dai Sutra Mahayana. Esistono delle differenze di lunghezze e di traduzioni del Sutra del Cuore, ma la recita di questo sutra è comune a tutte le tradizioni Mahayana. Naturalmente lo recitiamo in tibetano, ma i giapponesi o cinesi tra il pubblico non esitino a recitare tranquillamente il sutra nella loro lingua. Quelli di voi che non hanno familiarità col sutra sono pregati di riflettere sulla qualità profonde ed illuminate del Buddha.
Dopo, come al solito, reciterò due versi. Il primo è il versetto di saluto dall’Abhisamayalamkara, l’Ornamento delle Chiare Realizzazioni di Maitreya, mentre il secondo è il versetto di saluto dalla Mulamadhyamikakarika o Fondamenti della Via di Mezzo di Nagarjuna.

Dal momento che il testo su cui sto basando gli insegnamenti è il capitolo sulla Meditazione dalla Guida per la Via del Bodhisattva di Shantideva, reciterò un saluto a Manjusri.
Come è consuetudine fare all’inizio di ogni insegnamento, per coltivare la corretta ed adeguata motivazione ed il conseguente stato d’animo, recitiamo la formula della presa di rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, e ribadiamo la generazione di bodhicitta, l’intenzione altruistica di raggiungere lo stato di Buddha per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Quando si prende rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha, lo si fa per il fine superiore di conseguire il benessere di tutti gli esseri senzienti. Con questo scopo ciascuno dovrebbe coltivare la corretta ed appropriata motivazione.

 

La versione che ho del capitolo sulla Meditazione dal testo di Santideva è costituito da nove fogli.

Dal momento che abbiamo tre giorni per commentare questi nove fogli, non c’è ragione alcuna di preoccuparci dell’intero testo.

A partire da oggi vorrei presentare una panoramica generale degli insegnamenti del Buddha. Tanto più che il buddismo tibetano è una forma completa di buddhismo che contiene gli aspetti essenziali di tutti gli elementi della tradizione buddista, come il Piccolo Veicolo, il Grande Veicolo e il veicolo Vajrayana, quindi penso che forse sarebbe opportuno fare all’inizio un panoramica generale.

 

In via preliminare, vorrei però chiarire una cosa, che rappresenta la mia convinzione di base che condivido con gli altri ogni volta che ne ho l’occasione. In generale credo che sia più affidabile, più adeguato e più vantaggioso per le persone rimanere ancorati alla propria fede tradizionale. Data la diversità delle culture, società, ambiente e così via, si sono evolute una molteplicità e diversità di tradizioni spirituali. In generale ritengo che sia più sicuro e più affidabile per gli individui seguire la propria fede tradizionale.

Tra i milioni di persone, potrebbero essercene pochi che, per qualsiasi motivo, non siano legati alle loro religioni tradizionali o non hanno acquisito alcun interesse particolare per la loro fede tradizionale, ma la cui visione della vita non sia completamente connessa ad una prospettiva materialistica. Sono consapevoli dei limiti del modo di vivere materialistico e riconoscono la necessità d’una sorta d’elemento spirituale nella loro vita, per cui le loro aspirazioni di base possono risultare soddisfatte da una sorta d’insegnamenti spirituali. Non solo, ma ci sono anche delle persone che desiderano coltivare una vita spirituale, nel quadro dell’insegnamento religioso tradizionale. Quindi questo è possibile.

Per esempio, sin da quando il buddismo fiorì in Tibet, la maggior parte della popolazione tibetana è buddista perchè segue gli insegnamenti del Buddha.

Tuttavia, almeno nel corso degli ultimi quattro secoli in Tibet si sono installate delle comunità musulmane. La fede musulmana, è probabilmente giunta in Tibet attraverso il Kashmir o Ladhak. In ogni caso ci sono stati in Tibet quelli che nel corso degli ultimi quattro secoli hanno seguito la fede islamica ed anche, all’inizio di questo secolo, c’erano alcuni

Così vediamo che, come in Tibet, dove la cultura generale e la società seguono la fede buddista, ci sono state, invece delle persone che hanno seguito diverse tradizioni religiose. Allo stesso modo, in Occidente, anche se la fede religiosa principale della società occidentale è la tradizione giudaico-cristiana, tuttavia in una società di milioni di persone ce ne sono alcune che sono inclini verso insegnamenti al di fuori della tradizione principale giudaico-cristiana. tibetani che hanno adottato il cristianesimo come propria religione personale.

Ad esempio, la maggior parte delle persone che si sono riuniti per questo insegnamento sono interessate e propense verso le tradizioni spirituali orientali in generale, e gli insegnamenti buddisti, in particolare.

Tuttavia penso che sia molto importante per chi ha un’inclinazione personale ed affinità verso in questo caso il Buddismo, non cadere nella trappola di criticare o di essere eccessivamente critico verso la propria religione tradizionale. Nel caso di un individuo che, a causa della sua inclinazione e disposizione mentale, nel caso specifico non trovi efficace la propria religione tradizionale, ciò non significa che la religione tradizionale e il suo messaggio non siano efficaci, né siano una fonte d’ispirazione per milioni d’altre persone. Quindi, è molto importante non perdere il rispetto per la propria religione tradizionale. Ci sono due motivi per questo. Prima di tutto la religione tradizionale continua a rispondere alle aspirazioni spirituali di milioni di individui, così in segno di rispetto per le scelte di tante persone e dei loro diritti, è necessario rispettare la religione tradizionale. Inoltre stiamo vivendo un momento in cui tutti riconoscono l’importanza di sviluppare la comprensione e l’armonia tra le religioni.

In tali circostanze è molto importante non criticare e giudicare le altre tradizioni religiose, ma piuttosto mantenere il rispetto, la considerazione e l’ammirazione verso altre tradizioni.

Per dare l’esempio del mio caso, mi considero un devoto seguace del Buddha Shakyamuni. Posso davvero affermare che la mia ammirazione per il Buddha si basa su una convinzione vera, fondata sulla comprensione dell’essenza dei suoi insegnamenti. Ritengo inoltre che, almeno in me, vi è la perfetta realizzazione del rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha. Quindi, questo è il caso della mia convinzione personale, come un buddista praticante impegnato.

 

Ma allo stesso tempo, quando osservo altre tradizioni di fede, come l’Ebraismo, il Cristianesimo, l’Islam, l’Induismo ed altre grandi religioni del mondo, nutro per loro un profondo senso di ammirazione e di rispetto. Questo perché ciascuna delle grandi tradizioni spirituali è servita ai bisogni spirituali di milioni di individui nel passato, continuando a farlo ora e continuerà in futuro. Ne deriva che hanno offerto un gran conforto spirituale, nonché un profondo senso d’appagamento dei bisogni spirituali dei popoli.

In un certo senso, per gli altri esseri senzienti, si tratta di metodi molto potenti e profondi per ottenere l’adempimento delle proprie aspirazioni spirituali. Sono, in un certo senso, delle fonti di profondo beneficio per milioni di individui. Così, quando guardo da questo punto di vista le altre tradizioni religiose, la mia ammirazione e il rispetto per queste tradizioni aumenta enormemente. Uno degli aspetti riflessi da questo atteggiamento consiste nella diversità e nella molteplicità delle inclinazioni mentali, delle inclinazioni spirituali, delle disposizioni mentali e degli interessi degli esseri senzienti. Su che basi fondo questo tipo di atteggiamento o punto di vista sulle altre tradizioni religiose? Ancora una volta faccio riferimento ai miei insegnamenti buddhisti. Per esempio, se osserviamo gli insegnamenti del Buddha, quelli cui si riferiscono i seguaci di un solo maestro, il Buddha Shakyamuni, notiamo una grande disomogeneità, in particolare nel campo della filosofia, dove possiamo notare una gran diversità. In alcuni casi possiamo trovare dei pareri divergenti e contrastanti. Ad esempio, all’interno della tradizione Mahayana, i cui seguaci accettano tutti l’idea della vacuità dei fenomeni, il non-sé dei fenomeni, ci sono la Scuola della Sola-Mente e la Scuola della Via di Mezzo. Dal punto di vista della Scuola della Sola-Mente, se si analizza la comprensione della vacuità come presentata dalla Scuola Madhyamika, questa potrebbe venir considerata come nichilista, in quanto questa visione potrebbe apparire come la negazione di qualsiasi cosa. Quando, viceversa, si guarda la Scuola della Sola-Mente dal punto di vista della Scuola Madhyamika, allora diventa palese che non solo la Scuola della Sola-Mente è caduta nell’estremo dell’assolutismo o dell’eternalismo, ma anche nell’estremo del nichilismo. Possiamo così vedere che non solo si profilano delle diversità, ma in alcune zone affiorano pure dei punti di vista contrastanti. Qual è il significato di tutte queste diversità e, in alcuni casi, di questi punti di vista contraddittori, ognuno dei quali è attribuito, nel caso del Buddhismo Mahayana, al Maestro stesso, il Buddha Shakyamuni?

Ritengo che la lezione profonda che dobbiamo assimilare da questa grande diversità consiste nell’apprezzamento della diversità delle inclinazioni mentali e delle disposizioni mentali dei praticanti. Se è questo il caso all’interno della stessa tradizione buddhista, allora vi sono certamente dei motivi sufficienti per estendere questa prospettiva ad altre tradizioni, ammirandone la ricchezza e la diversità degli insegnamenti spirituali.

Proprio perché la maggior parte delle persone che sono qui riunite hanno interesse per l’insegnamento del Buddha e nutrono una certa affinità ed inclinazione verso gli insegnamenti del Buddha, vorrei fare un appello.

Penso che sia molto importante, per coloro che si ritengono praticanti buddisti, coltivare una più profonda comprensione degli insegnamenti del Buddha. Senza una qualche comprensione degli insegnamenti del Buddha, la pratica non avrà effetto e non sortirà i benefici che cercate. Soprattutto se l’interesse e la pratica del Buddhadharma non si fonda su una sorta di profonda comprensione ma invece si basa su premesse superficiali, come se si seguisse una certa moda, anche se si porta avanti la propria pratica questa non avrà l’effetto che altrimenti avrebbe potuto risultare. Pertanto è molto importante coltivare una più profonda comprensione.

Come si fa a coltivare una più profonda comprensione degli insegnamenti del Buddha? Qui sta la chiave per sviluppare una certa comprensione di base, un quadro generale degli insegnamento del Buddha. Qualunque cosa si pratichi dovremo essere in grado di situarlo all’interno d’una comprensione globale del quadro di base del Buddhadharma. Credo che sia molto importante. Quando si fa pratica in questo modo si consegue una dimensione aggiunta, che avrà maggiore efficacia. Vorrei inoltre far notare che, quando si parla di Dharma e quando si cerca di coltivare la comprensione del Dharma, il proprio atteggiamento nei confronti del Dharma non dovrebbe essere simile a quella di altre forme di conoscenza, come quando si raccolgono semplicemente delle informazioni. L’essenza del Dharma è la pratica.

Per esempio, quando a tavola si parla di cibo, anche se ci si può intrattenere in una discussione molto dettagliata e sofisticata sul cibo e di come esso è disposto, ma al termine della discussione non si è ancora mangiato, allora non si avrà raggiunto lo scopo stesso di trovarsi a tavola. Non importa quanto fosse elaborata la discussione e la descrizione di ciascuno degli ingredienti: il fatto concreto è che non abbiamo mangiato!

In modo simile ci si potrà addentrare in una dissertazione molto complessa ed altamente sofisticata sul Dharma. Tuttavia, se alla fine della giornata, non implementeremo l’insegnamento, se non si pratica il Dharma, ne deriva che l’essenza del Dharma è perduta.

Proprio come accade quando, pur essendo a tavola, se non si consuma il cibo, lo scopo non è raggiunto. Analogamente, nel caso del Dharma, alla fine della giornata, se non si è praticato allora lo scopo della Dharma non è conseguito. Lo scopo della Dharma è quello di portare la disciplina per la mente, per domare e la mente di una disciplina. Questo è lo scopo della pratica del Dharma.

 

Dal momento che l’essenza della pratica del Dharma consiste nel realizzare la trasformazione interiore e la disciplina mentale, è molto importante che, fin dall’inizio, anche quando si partecipa ad un insegnamento, sia da parte del maestro, che dell’allevo stabilire un corretto tipo di rapporto. È necessario generare l’attitudine corretta, cosicché perfino l’insegnamento in sé, l’oggetto che viene insegnato, sia costantemente connesso alla propria mente, in modo che non vi sia alcuna differenza tra il proprio stato d’animo ed il contenuto dell’insegnamento che viene conferito.

Come asserito dai maestri Kadampa, che se vi è un divario, sia essa da parte del docente che da parte dell’ascoltatore, tra chi conferisce l’insegnamento e l’ascolta, allora l’insegnamento non è riuscito, non ha raggiunto il suo scopo. Quindi è importante quando partecipiamo ad un insegnamento, non solo i discenti ma anche per il docente assicurarsi che il loro stato d’animo sia costantemente connesso ai punti dell’insegnamenti stesso. Non dovrebbero sussistere differenze tra il proprio stato d’animo ed il contenuto dell’insegnamento che viene dato.
In caso contrario, di solito, quando ci si accosta ad un insegnamento, spesso nella mente nascono delle afflizioni mentali. Ad esempio è normale per tutti noi quando ci accingiamo in primo luogo a studiare un testo, che la nostra mente sia afflitta dall’ansia di sapere e per difficoltà di comprensione. Quanto più s’approfondisce la comprensione del testo allora può si può giungere al punto d’averne la padronanza. Proprio perché la conoscenza è aumentata, l’ansia si dissolve per essere sostituita da un senso d’orgoglio, di fatto è arroganza. Così si diventa competitivi verso chi percepiamo come nostro pari e disprezziamo coloro che riteniamo inferiori, mentre siamo invidiosi di chi ha più capacità di noi.

La mente è già diventata dominata dalle afflizioni mentali, che, se si esamina attentamente, sorgono ogni volta che ce n’è la possibilità. Essi sorgono ogni volta che si dà loro l’opportunità, in quanto le afflizioni mentali sono molto opportuniste. Ogniqualvolta che ve n’è la possibilità, allora sorgono spontaneamente nella mente. D’altra parte, quando non si è in preda all’ansia, allora la mente può essere dominata dallo scoraggiamento, dalla depressione, dalla mancanza d’interesse o priva di qualsiasi entusiasmo. La mente tende ad oscillare tra lo scoraggiamento da un lato e l’arroganza dall’altro. È in questo modo che le afflizioni mentali colpiscono la mente.

Pertanto è importante capire che qualsiasi comprensione abbiamo sviluppato, la possiamo trasformare nella pratica del Dharma. Altrimenti si può cadere nel pericolo di diventare sempre più arroganti proprio per aver coltivato comprensione, più ancora di quanto un maestro tibetano direbbe che si possa diventerà in realtà. Questo è il modo in cui gli dei si sono trasformati in demoni. Come altri maestri hanno detto, chi ha un elevato livello di comprensione intellettuale e spiccatamente razionale, con conseguente grande arroganza, quella persona sviluppa spesso un elevato grado di scetticismo. Riguardo ad una tale persona, si dice che anche se il Buddha stesso venisse di persona, ci sono poche possibilità di poter trasformare l’arroganza di questa persona. Ci si deve assicurare di non cadere in questi estremi o situazioni di pericolo. Il punto che sto sottolineando è che ci si deve assicurare che il Dharma diventi la pratica del Dharma e gli insegnamenti Mahayana diventino la pratica Mahayana.

Questo non è qualcosa di unico al solo Buddhadharma. Penso che sia ugualmente applicabile a tutte le altre tradizioni spirituali. Naturalmente spetta al singolo individuo, come di diventare o meno un praticante religioso. Una volta che si è scelto di diventare un praticante religiosa, è molto importante fare in modo di realizzare effettivamente gli insegnamenti nella propria vita, di integrare gli insegnamenti nella propria vita quotidiana. Questo credo sia molto importante. Abbiamo bisogno di assicurarci che i nostri pensieri ed azioni siano commisurati od in conformità agli insegnamenti spirituali in cui crediamo.

Quando si parla Buddhadharma, penso che sia importante capire cosa si intenda per Buddhadharma. Qual è l’essenza del Buddhadharma? Il termine sanscrito Dharma ha il significato etimologico di “sostenere” o “proteggere”. Cosa viene sostenuto? Che tipo di protezione viene offerta? Credo che sia qui importante capire che il Dharma, nel contesto di Buddhadharma, deve essere inteso in termini di Nirvana, in termini di vera cessazione da tutte le sofferenze e dalle afflizioni mentali.Come si può proteggere? Cosa va sostenuto? Queste domande si riferiscono al caso del Buddhadharma che interviene sulle afflizioni mentali che stanno alla radice di tutte le nostre sofferenze.

Questo è vero non solo in questa vita, ma anche nell’arco di molte vite. Con i mezzi di far fronte alle afflizioni mentali, per contrastare e superare le afflizioni mentali, otteniamo il nirvana. Così siamo protetti. Quindi quando parliamo di Buddhadharma, dobbiamo intendere la comprensione del Dharma in termini di nirvana.

Per un praticante del Buddhadharma il compito principale è quello di adottare un atteggiamento verso le afflizioni mentali, come se fosse un nemico. Perciò occorre porci nell’ottica di dover combattere le afflizioni mentali. Inoltre si devono applicare gli antidoti contro le afflizioni mentali: questa è l’essenza del compito di un praticante del Dharma, nel senso buddista. Quindi un buddista praticante deve possedere almeno le seguenti condizioni. Innanzitutto non deve mai volontariamente abbracciare una qualsiasi delle afflizioni mentali. Questa è una sorta di requisito minimo. D’altra parte se qualcuno continua deliberatamente e volontariamente ad abbracciare le afflizioni mentali, rifiutando di riconoscere i propri difetti e la loro natura distruttiva, semplicemente non c’è modo di poter considerare quella persona come un praticante buddista.

Parlando di discipline fisiche, a volte è possibile che da una imposizione esterna, come una minaccia espressa con la forza, possa instaurarsi un cero grado di disciplina o di garbo. Per esempio, se qualcuno s’è addormentato e giunge qualcuno che minaccia di colpirlo con un bastone se si addormenta nuovamente, questa persona diventerà più sveglia e vigile. Tuttavia, non è questo il caso quando si tratta con la mente. Non si può semplicemente imporre alla mente di cambiare spontaneamente, dicendole soltanto di respingere le afflizioni mentali. Dobbiamo combattere con le afflizioni. Semplicemente imponendo alla mente il desiderio, tale trasformazione non può avvenire.

 

Come si fa a realizzare una trasformazione? Credo che la trasformazione della mente debba avvenire in conseguenza dell’adozione volontaria di una particolare disciplina. Deve essere consapevolmente coltivate, riflettendo sui pro e i contro delle afflizioni mentali, sulla natura distruttiva delle afflizioni mentali, sui benefici di rifiutarle, sui benefici di superare le afflizioni mentali e così via. Inoltre abbiamo la necessità di guardare gli esempi dei grandi esseri illuminati come il Buddha, pensando che questi grandi esseri illuminati hanno raggiunto una totale trasformazione della loro mente e la pace perfetta. Hanno compiuto questo applicando in primo luogo gli antidoti e poi superando gli aspetti negativi delle loro menti, come le afflizioni mentali.

Impegnandosi in queste discipline hanno raggiunto la disciplina mentale e la pace della mente. Attraverso questo modo hanno raggiunto l’illuminazione perfetta, uno stato di gioia. Riflettendo su questi tipi di esempi e anche riflettere sulla natura distruttiva delle afflizioni, e così via, a poco a poco nella mente sorgeranno entusiasmo ed interesse per questa disciplina. In questo modo ognuno sarà in grado di adottare volontariamente il tipo di disciplina di cui parlo, e che porta alla trasformazione.

Si scoprirà così che, nell’ambito dei fenomeni mentali, è solo applicando altri fattori mentali e processi di pensiero che si può minare la forza delle afflizioni mentali e così via. Tenuto conto di questa complessità, ciascuno trova nelle pratiche approcci diversi. Principalmente ci sono due categorie di pratiche, una appartenente a quello che è noto come l’aspetto del metodo del sentiero e l’altro noto come l’aspetto della saggezza del percorso. In linea generale gli aspetti del metodo del percorso sono processi di pensiero in cui non è tanto l’oggetto reale della mente che viene enfatizzato, non la cognizione d’un oggetto, ma di coltivare un particolare processo di pensiero attraverso il quale avviene la trasformazione. Per esempio la vera rinuncia, che è la vera aspirazione di raggiungere la liberazione dalla sofferenza e dall’esistenza samsarica, è una parte dell’aspetto del sentiero del metodo. Similmente vale per la grande compassione. Questi sono stati d’animo o realizzazioni che sono raggiunti, come risultato d’una prolungata contemplazione. Tutto ciò va coltivato attraverso processi d’introspezione e di comprensione. Per esempio, la grande compassione, che è l’aspirazione che gli altri siano liberi dalla sofferenza, nasce sulla base di processi di pensiero, che riflettono sulla natura delle sofferenze degli altri e così via. In questo processo riveste un ruolo importante il fattore dell’intuizione o la saggezza.
Ci si rende conto che la disciplina interiore, la trasformazione della mente è un qualcosa che deve avvenire sulla base dell’adozione volontaria della disciplina spirituale, e non è un qualcosa che può essere imposto dall’esterno per mezzo della forza. Qual è il metodo o il processo con cui si realizza questo cambiamento? Credo che solo attraverso la coltivazione d’una costante familiarità per questi temi possiamo realizzare questi risultati. Il che dipende semplicemente dalla natura della nostra mente umana. Infatti, più ci si abitua, più ci si familiarizza con qualcosa, conseguiamo più capacità di affrontare quel processo di pensiero o matureremo maggiori capacità di coltivare la comprensione. Tutto ciò non è altro che un fatto molto naturale peculiare dei fattori mentali della mente. Ciò che si richiede è di coltivare una costante familiarità, attraverso la quale si sarà in grado di realizzare una graduale trasformazione e cambiamento. Si può vedere il cambiamento all’interno della propria vita. Ad esempio, si può avere una reazione emotiva molto forte per un piccolo incidente o uno stato d’animo negativo, lieve all’inizio, ma che poi diventa una forte sorgente d’emozioni negative.

Dal punto di vista buddhista, il motivo per cui avvengono tali eventi dipende dalla protratta assuefazione ed inveterata familiarità con i processi di pensiero che portano a sperimentare emozioni negative. Quindi se coltiviamo l’abitudine verso opposti processi di pensiero o aspetti positivi della mente, allora, nello stesso modo, faremo gradualmente in modo che le emozioni positive sorgano più naturalmente, come se prendesse il sopravvento una parte più spontanea della nostra mente. Ad esempio una persona può aver avuto un carattere molto impulsivo nella sua vita passata. Poi, come risultato della riflessione e contemplazione sulla natura distruttiva della rabbia e sugli svantaggi di provare queste potenti emozioni negative, e coltivando gli antidoti alla rabbia e l’odio, come la cura ed il rispetto verso gli altri, a poco a poco la persona diventa più dolce e più compassionevole. Questo è un qualcosa che tutti noi possiamo testimoniare. Quando si parla di questo tipo di trasformazione, ovviamente, non si può pretendere il cambiamento in termini di giorni o settimane. Piuttosto si possono solo vederne i risultati o frutti di trasformazione mentale in termini di anni, la possibilità di cambiamento richiede anni.

Perché è attraverso la familiarità che avvengono i cambiamenti della mente, che il pensiero di alcuni processi diventa più naturale e spontaneo? E’un fatto naturale, ma è la natura della realtà, proprio come un germoglio esce di un seme. Allo stesso modo vi è una legge di causalità che, attraverso la costante familiarità, attraverso la coltivazione costante del pensiero positivo, attraverso l’elaborazione di certe emozioni ed esperienze, occupa una posizione sempre più dominante nella nostra mente.

 

LA PRATICA DELLA MEDITAZIONE

Quindi, quando si pensa alla coltivazione d’una costante familiarità, sto parlando, in sostanza, della pratica della meditazione. La parola tibetana per meditazione è GOM, che ha il significato etimologico di coltivare deliberatamente familiarità con un oggetto scelto. La meditazione non è altro che uno stato d’animo derivante dalla pratica cosciente e deliberata di coltivare la familiarità con un oggetto scelto. Questo tipo di conoscenza, la comprensione meditativa può sorgere solo sulla base di una profonda riflessione e contemplazione, che si dice sia la conoscenza derivata attraverso la contemplazione e la riflessione. Questa deve essere fondato sulla base di una comprensione derivata attraverso lo studio e l’apprendimento. Così, quando si parla di coltivare la comprensione o Dharma, non è sufficiente avere semplicemente delle informazioni e dire che questo o quel lama dice questo, in questo o quel testo. Non si dovrebbe lasciare la comprensione del Dharma solo a quel livello. Perché, a quel livello, sostanzialmente quello che si è fatto è stata solo una raccolta d’informazioni. Ma, per quanto riguarda se stessi, occorre assumere un certo punto di vista.

Agiamo come un neutrale osservatore spassionato. Ciò che ci viene richiesto è d’elaborare le informazioni, integrandole nella propria mente, in modo che la conoscenza ottenuta sia basata su una conoscenza personale come risultato della contemplazione. Questo livello di comprensione è la seconda fase della comprensione, conosciuta come la comprensione derivante dalla contemplazione. Questa, dunque, può portare al terzo livello di comprensione: la comprensione derivata dalla pratica meditativa.

Anche se, in realtà, è la comprensione derivante dall’esperienza meditativa che rappresenta l’antidoto diretto delle afflizioni mentali, tuttavia, prima d’arrivare a quel punto, occorre intraprendere il cammino graduale di coltivare i primi due livelli di comprensione.

E ‘in questo modo che possiamo portare gradualmente avanti la trasformazione nella nostra mente.

Altrimenti, se si lascia la comprensione puramente ad un livello d’informazione, qualora fossimo sottoposti ad una forte pressione di domande, allora finiremmo per esaurire rapidamente ogni spiegazione, proprio come chi non ha integrato dentro di sé la comprensione di quell’argomento.

Si finisce per dire che questa o quella persona che l’ha detto, ma dentro se stessi non se ne ha la certezza. Questo è il pericolo in cui si può cadere se la conoscenza non è integrata e coltivata, sulla base della comprensione.

Ho parlato dell’importanza di come una disciplina spirituale può indurre una trasformazione mentale per la pratica di coltivare deliberatamente un’assidua abitudine e familiarità con un certo tema.

Sto parlando della pratica del Dharma. Qual è la procedura attuale di sviluppo delle realizzazioni del Dharma dal punto di vista buddhista?
Sarebbe utile riflettere ora sul significato di un verso contenuto nel testo di Nagarjuna “Fondamenti della Via di Mezzo”, dove Nagarjuna rende omaggio a Gautama Buddha, il cui cuore s’infuse di grande compassione e che insegnò il Sublime Dharma, al fine di dissipare ed eliminare tutte le forme di punti di vista distorti.

 

Lascia un commento