5 Insegnamenti S.S. Dalai Lama Kalachakra Washington DC 10.07.11

Sua Santità il Dalai Lama: Penso che [anche in questo caso], le persone che credono nei principi morali, indipendentemente dal fatto che credano o non credano ad una religione penso che nel lungo periodo, queste persone siano molto più felici, perché le loro azioni possono essere trasparenti, perché con principi morali potete parlare con sincerità, onestamente e come risultato potete agire in modo trasparente.

Sua Santità il Dalai Lama Kalachakra Washington DC: Penso che le persone che credono nei principi morali, indipendentemente dal fatto che credano o non credano ad una religione, siano molto più felici, perché le loro azioni possono essere trasparenti, perché con principi morali potete parlare con sincerità, onestamente e come risultato potete agire in modo trasparente.

Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama preliminari all’Iniziazione al Kalachakra a Washington DC, USA, il 10 luglio 2011 (seconda parte del secondo giorno) su “Le 37 Pratiche del Bodhisattva (laklen sodunma)” di Gyalsey Thokme Sangpo (liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=134) e sugli “Stadi Intermedi della Meditazione (gomrim barpa)” di Kamalashila (liberamente disponibile qui https://www.sangye.it/altro/?p=1698 ). Appunti ed editing dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, del Dott. Antonio Busi, del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questo lavoro è basato su quanto espresso direttamente in inglese da Sua Santità il Dalai Lama vedi http://www.dalailama.com/webcasts/post/195-kalachakra-preliminary-teachings e sulle traduzioni dal tibetano in inglese del Prof. Lobsang Jimpa e dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti.

Sua Santità il Dalai Lama

Ora due cose, la consapevolezza riguardo la legge di causalità a un livello e inoltre, la consapevolezza della origine interdipendente in termini di designazione dipendente. E’ importante sapere che ci sono quattro scuole Buddhiste di pensiero e che [questa distinzione in] quattro diverse scuole Buddhiste di pensiero principalmente è dovuta, a livello intellettuale, dal [diverso] punto di vista sulla comprensione della realtà. Vaibashica, Sautantrica, Chittamatra, Madhyamaka, all’interno di queste quattro, ancora, sono presenti anche subdivisioni. All’interno della Madhyamaka, la Via di Mezzo, ce ne sono due e corrispondenti a queste due c’è anche una differenza nella comprensione della sottigliezza del principio della origine dipendente, anche in termini di designazione dipendente. Ad esempio, per la Madhyamaka Sautantrica, anche se accettano la designazione dipendente, per loro c’è ancora un livello di oggettività, quindi  cose ed eventi sono designate sulla base della dipendenza, mentre la scuola Madhyamaka Prasangika comprende la designazione dipendente puramente in termini nominali, in modo che non c’è nulla oggettivamente, dipende solamente dalla mutua dipendenza, [è sulla base della] mera dipendenza che cose ed eventi devono essere compresi e questo è il livello sottile di comprensione della designazione e originazione dipendente.

Ora, quella ignoranza, non solo è la causa ultima del karma. Karma significa azione, naturalmente ci sono forme di azione che non sono macchiate o contaminate. Quindi, quando parliamo di azione o karma in questo contesto attuale, stiamo parlando di tipi afflitti, quelle azioni e karma che proiettano rinascite nel ciclo dell’esistenza. Quindi, l’ignoranza, perché è menzionata l’ignoranza, ci sono altre emozioni afflittive, come rabbia, odio, attaccamento, troppo orgoglio, anche questi causano il karma negativo, allora perché menzionare l’ignoranza? Perché l’ignoranza, in modo particolare l’ignoranza distorsiva è la base di tutte le emozioni distruttive. Ora, tutte le emozioni distruttive sono basate sulle apparenze, c’è sempre una distanza tra le apparenze e la realtà. Quindi, tutte le emozioni sono basate [su una] apparenza che non esiste effettivamente, quindi queste emozioni distruttive sono basate sulla ignoranza. Quindi la contromisura, alla fine, è la piena conoscenza, la consapevolezza riguardo la realtà. Se queste apparenze esistono davvero o no per chiarire se queste apparenze esistono o no, dobbiamo guardare alla realtà ultima. A meno che non investighiamo a quel livello, non possiamo fare distinzione, “queste apparenze sono vere, queste apparenze non sono vere”, è difficile. Quindi, i testi sanscriti, la tradizione sanscrita, sebbene  il concetto delle due verità sia citato anche da non Buddhisti, all’interno del Buddhismo, tutte le diverse quattro scuole di pensiero accettano le due verità.

Come ho fatto notare precedentemente, questa nozione della distinzione tra apparenza e realtà, che sottintende il principio della differenziazione della realtà in due livelli, la verità convenzionale e la verità ultima, questa nozione di due verità si può trovare in scuole non buddhiste e in tutte le tradizioni filosofiche buddhiste, per esempio, se guardiamo alla tradizione Vaibashica, in uno dei principali testi della scuola Vaibashica, che è l’Abidharmakosha, scritto da Vasubandu, è presente un passaggio dove Vasubandu chiaramente presenta la definizione di cosa costituisca ognuna di queste due verità e dà l’esempio [di] quei fenomeni, quali un vaso, che, quando distrutti fisicamente o dissezionati mentalmente attraverso una qualche forma di processo di riduzione, [e afferma che] se tendono a perdere la loro identità, allora quei fenomeni sono verità convenzionale, non sono veri ultimamente. In contrasto, quei fenomeni che quando soggetti a questo tipo di distruzione, che sia concettuale o fisica, mantengono la propria identità, e  non perdono la loro identità, quei fenomeni sono veri ultimamente. Quindi, questa è la maniera nella quale la scuola Vaibashica distingue tra le due verità.

Sautantrica, dall’altro lato, usa il criterio che ogni fenomeno che ha una vera, efficace funzione, essendo in grado di produrre un effetto, quei fenomeni sono esistenti ultimamente, quindi sono condizioni. Mentre quei fenomeni che sono mera costruzione concettuale, che sono astratti, e che non hanno alcuna efficacia funzionale di produrre un qualsiasi effetto, queste sono verità convenzionali. E’ in questa maniera che Sautantrica distingue tra le due verità.

E la spiegazione della scuola Solo Mente, riguardo le due verità è molto complessa, per esempio spiegano la comprensione delle due verità all’interno della struttura delle teoria delle tre nature, la natura dipendente, che è la base, la natura costruita che è la natura dipendente che è supposta essere vuota di costruzione, e quindi la natura perfezionata, che è la vacuità della costruzione riguardo la natura dipendente. Quindi, di queste tre nature, la natura dipendente e la natura costruita sono verità convenzionali, e quindi la natura perfezionata è la natura ultima e quindi solo questa natura perfezionata è l’oggetto della realizzazione degli Esseri Nobili – Arya. Quindi è in questo modo che la scuola Solo Mente differenzia tra le due e definisce le due verità.

Nella tradizione della Via di Mezzo, la scuola Madhyamaka, comunque, come presentata nel testo “Entrare nella Via di Mezzo” di Chandrakirti, queste due verità sono definite in termini del contenuto o dell’oggetto ottenuto da due differenti prospettive. Quindi, quei fenomeni della realtà che sono ottenuti dalla prospettiva della convenzione mondana di ogni giorno, nella struttura dell’esame non critico, quel livello della realtà appartiene alla verità convenzionale e il fatto che è trovato come risultato di indagine critica nella natura ultima delle cose, quel fatto è definito come verità ultima. Quindi, la Madhyamaka distingue tra due verità in relazione a due diverse prospettive, la prospettiva delle convenzioni mondane e la prospettiva della comprensione della verità ultima.

Quindi, in ultima analisi, l’antidoto di tutte le visioni errate è la comprensione della realtà, io penso che la comprensione della realtà ad un livello convenzionale e a un livello più profondo, in questo modo. Al primo livello,  l’origine dipendente in termini di legge di causalità, è di immenso aiuto per conoscere la verità o la realtà ad un livello convenzionale. Al livello più profondo, o verità ultima, [è di immenso aiuto] quindi il secondo concetto di origine dipendente, la designazione dipendente. Quindi il maestro Nagarjuna ha detto: “L’origine dipendente è la cosa più preziosa tra i tesori degli Insegnamenti del Buddha”. Inoltre, quando guardate alla maniera nella quale Nagarjuna loda il Buddha nella sua “Composizione di Inni”, un punto che spesso enfatizza è di apprezzare gli Insegnamenti del Buddha per qualcuno che insegna il principio di origine dipendete.

Questa è parte dell’introduzione del Buddhadharma, ora, come implementare? Come ho detto in precedenza, il nostro obiettivo ultimo è la Buddhità, quindi, ora qui nel testo, dopo avere messo in evidenza che l’obiettivo ultimo che noi cerchiamo, l’ottenimento della Buddhità, è il prodotto di cause e condizioni, che non proviene dal nulla, ma che ha cause e condizioni, allora l’autore pone la domanda che è a pagina 39, primo paragrafo:

se chiedi quali siano le cause e le condizioni del frutto finale della onniscenza

io, che sono come un uomo cieco, non sarei nella posizione di spiegarlo io stesso

ma impiegherò le parole stesse del Buddha,

solo come lui parlo’ ai suoi discepoli dopo la sua illuminazione

Quando Kamalashila dice che lui stesso non è nella posizione di parlare con fiducia di queste questioni, riguardo le cause e le condizioni che ci porterebbero all’ottenimento della Buddhità, questa [affermazione] potrebbe essere intesa superficialmente [come indicazione] che questo argomento può essere compreso solo sulla base del credere alla validità delle scritture, che non è qualcosa che può essere compreso attraverso un processo di ragionamento o di indagine critica. Quindi la domanda potrebbe essere posta: “Questo significa che il processo [attraverso il quale si ottiene] la Buddhità è così opaco, così oscuro che si può sviluppare la comprensione [dello stesso] solo credendo in un certo numero di testi?”. Quindi questo fa sorgere una domanda molto importante, a questo riguardo, penso che sia importante riconoscere che nella tradizione Buddhista, è fatta una distinzione in relazione ai fatti del mondo e in modo particolare, questo è chiaramente spiegato nel testo di epistemologia, che i fatti sono compresi in termini di tre livelli.

C’è un livello di fatti che è evidente, ovvio, e c’è un livello di fatti che non è così ovvio, e questo è riferito come fenomeni leggermente nascosti, e poi c’è un ulteriore livello di fatti, che sono quelli per noi estremamente nascosti e opachi. Quindi, in corrispondenza con questi tre livelli di realtà, o tre tipi di fatti, ci sono anche differenze nei tipi di mezzi per conoscerli. In relazione ai fatti evidenti, questi sono livelli di fatti che noi possiamo comprendere e percepire direttamente attraverso i nostri sensi, [e] quindi [attraverso] le nostre esperienze sensoriali. Poi c’è un ulteriore livello di fatti e verità che non è così ovvio, ieri, ad esempio, abbiamo parlato alla verità della impermanenza sottile, [di] come ogni cosa stia cambiando momento per momento, questa natura momentanea di ogni cosa non è così ovvia per noi, ma, usando la nostra indagine critica e prendendo come base ciò che possiamo osservare, [ovvero] i cambiamenti che avvengono nei fenomeni nel corso di un lungo periodo di tempo, [questo cambiamento] è qualcosa che diviene a noi evidente. Una volta che prendiamo quello come base e possiamo inferire che affinché quel cambiamento possa avvenire in questo periodo, ci deve essere un qualche tipo di cambiamento che avviene anche nella scala di un periodo più corto, in questo modo, possiamo ridurre sempre più [lo spazio temporale] arrivando a un punto nel quale dobbiamo riconoscere che questo processo di cambiamento deve avvenire anche in questo minuto livello temporale [accertando, quindi] che tutti i fenomeni che sono soggetti al cambiamento sono per loro natura momentanei.

Quindi potete vedere che sebbene la natura momentanea dell’impermanenza non sia così ovvia, è un fatto che possiamo inferire attraverso il ragionamento e l’analisi critica. Lo stesso è vero per la verità del non-sé. La verità del non-sè non è così ovvia per noi, ma attraverso l’uso della nostra esperienza personale come base, possiamo quindi costruire una serie di inferenze e processi di comprensione che ci porterà [in ultima analisi] alla realizzazione della verità di quel non-sé. Quindi, questi eventi appartengono alla seconda categoria della realtà, che sono i fenomeni (o fatti) leggermente oscuri.

C’è un ulteriore livello di fatti che sono estremamente oscuri e nascosti per noi, riguardo questi, anche in relazione alla natura della realtà, ci potrebbero essere aspetti della realtà che sono così opachi e così oscuri che a meno di non essere in grado di muoverci oltre [la nostra] attuale struttura di capacità cognitiva, semplicemente non potremmo avere alcun accesso di un qualsiasi tipo alla comprensione di questo tipo di fatti.

Lo stesso è vero per alcuni aspetti del Sentiero, non [per] tutti gli aspetti del sentiero, e in modo particolare [è vero per] le caratteristiche dello stato risultante di Buddhità, [per] le qualità del Buddha e così via. Siccome molti di questi aspetti sono per noi così opachi e nascosti che, a meno di non essere capaci di muoverci al di fuori della struttura concettuale e cognitiva limitata che possediamo come ordinari, normali esseri umani, potremmo semplicemente non avere accesso alla comprensione di quei tipi di fatti. E riguardo questo, possiamo effettivamente utilizzare la nostra esperienza ordinaria personale come un modo per avere un senso di quale tipo di fatti questi possono essere. [A questo riguardo] dò sempre l’esempio della nostra conoscenza del giorno della nostra nascita. Nessuno ha una conoscenza esperienziale di prima mano del giorno in cui siamo nati, la conoscenza della nostra data di nascita è qualcosa che diamo per scontato sulla base del credere alla testimonianza di una terza persona. Quindi potrebbe essere nostra madre che ci ha detto che siamo nati in una determinata data. E anche qui, il fatto che l’altra persona che vi ha detto questo abbia la conoscenza, non è sufficiente, quella persona deve [anche] essere qualcuno nel quale potete avere fiducia. Ad esempio, se vostra madre ha problemi di memoria  o problemi di cognizione o instabilità mentale, naturalmente, anche se vostra madre lo sapeva una volta, non potete fare fiducia alla memoria di vostra madre. Similmente, anche se vostra madre lo sapeva una volta, ha una buona memoria e non ha deficit cognitivi, [nonostante questo] a volte è concepibile che possa dirvi, scegliere una particolare data per la vostra nascita per particolari motivi, scopi, e quindi scegliere deliberatamente una data che non è vera. Quindi, ancora, la persona della cui testimonianza avete fiducia deve essere qualcuno che lo sapeva, qualcuno che non ha disabilità cognitive e anche qualcuno che non vi direbbe bugie, quindi queste tre qualità di base sono necessarie. Sulla base di questo possiamo dire che “lo so, sono nato in tale data”, e questa conoscenza è basata sulla testimonianza di una terza persona.

Ora, nel caso dei testi Buddhisti, [nelle nostre attuali condizioni] l’unico accesso che abbiamo nell’acquisire una qualche convinzione nella verità del terzo livello di fatti, questo livello estremamente nascosto e oscuro di fatti, è fare affidamento sulla testimonianza di esseri Illuminati come il Buddha. E qui, ancora, non potete semplicemente dire: “il Buddha ha detto in quel sutra”, perchè questo presupporrebbe che le scritture possano essere prese letteralmente. Ancora, a questo riguardo, per esempio, in modo particolare nella tradizione Mahayana, è tracciata una distinzione tra due categorie di scritture, le scritture che sono definitive e che quindi possono essere prese alla lettera, e le scritture che sono non definitive [e che sono quindi] da interpretare, le quali non possono essere prese alla lettera. Quindi, siccome è necessario che questa distinzione venga fatta, alla fine, è necessario utilizzare il ragionamento e l’analisi critica per stabilire in primo luogo la natura definitiva delle scritture e quindi, su quella base, utilizzare la testimonianza scritturale come via per avere accesso a questo terzo livello di fatti, che è l’estremamente oscuro o nascosto.

E quindi, nell’identificare quali siano le condizioni chiave che ci porterebbero all’ottenimento dello stato di onniscenza, Kamalashila identifica tre condizioni principali, o cause, nello stesso paragrafo, l’ultima frase:

Quindi, se siete interessati al raggiungimento della onniscenza

avete necessità di praticare questi tre: compassione, la mente della liberazione – bodhicitta e i mezzi abili.

Per mezzi abili, [l’autore] fa riferimento alla pratica delle Sei Perfezioni ed in modo particolare le ultime due, che sono la meditazione e la saggezza o comprensione profonda.

Ora, la compassione, naturalmente, la gentilezza e la compassione … naturalmente il mio inglese in primo luogo è molto cattivo, spezzettato, in secondo luogo il mio vocabolario è molto limitato, ma questo inglese povero e spezzettato a volte è molto utile, per lo meno posso comunicare direttamente… e alcune volte il mio inglese spezzettato sembra essere più diretto e arrivare con più forza rispetto a questi esimi professori che traducono … [utilizzando] molte parole, molto belle, ma non così dirette e piene di forza. Quindi, il significato di compassione è genuino senso di preoccupazione per la sofferenza degli altri, augurarsi che possano superare quella sofferenza questo è un ulteriore aspetto della compassione. La gentilezza, augurare agli esseri senzienti a cui manca una vita confortevole, augurare loro una vita più confortevole. Questa è la maniera nella quale queste due sono definite nella tradizione indiana e tibetana, l’aspetto che si focalizza sulla sofferenza degli altri e augura loro di essere liberi dalla sofferenza, questa è la compassione e quindi l’aspetto nel quale l’attenzione è focalizzata sulla felicità degli altri, e augurare agli altri di godere della felicità, questa è la gentilezza, o gentilezza amorevole, METTA.

Tali pratiche sono comuni a tutte le tradizioni religiose. Naturalmente, secondo la cristianità, certamente secondo la Bibbia, è molto chiaro, “Dovete amare tutta l’umanità”, e in una occasione, un mio amico musulmano ha espresso [la convinzione] che, come autentico praticante dell’Islam, deve estendere l’amore verso tutte le creature di Allah. Quindi è lo stesso, tutti gli esseri senzienti sono creati da Allah o Dio, quindi, sono state tutte create da un amore infinito, Dio significa amore infinito, quindi noi dobbiamo amare tutte le creature. Quindi ci sono diversi modi di presentazione, ma il significato è lo stesso. Per quanto riguarda queste pratiche, sono quasi le stesse, naturalmente a causa delle diverse visioni filosofiche, in alcuni casi il modo di presentazione ha piccole differenze, ma altrimenti sono le stesse. Ora, al fine praticare, per allenarsi sulla compassione, ci sono due importanti elementi, un elemento è che dovreste realizzare che cosa è la sofferenza. Non la sofferenza ovvia, come i dolori, questi sono riconosciuti anche dagli animali  come dolore, questa è la sofferenza della sofferenza, [vi è] un altro livello di sofferenza, [rappresentato dalla] nostra fama, dalla nostra prosperità, dalla buona salute, [che] di solito consideriamo come positivi, come il nostro obiettivo, ma [che] ad un livello più profondo, sono anch’essi, dal punto di vista Buddhista, un tipo di sofferenza. Perché più soldi, [significa] più preoccupazioni, sono molto sicuro che [in] quelle persone, [in] quelle famiglie, quando sono abbastanza povere, c’è molto più affetto, poi, quando ottengono più soldi e anche più fama, allora, tra i membri della famiglia c’è qualche gelosia, qualche sfiducia. Più soldi, più preoccupazioni e anche qualche disturbo e anche un senso di competizione. Quando siete poveri non c’è molta base per il senso di competizione, [poi] diventando più ricchi, con più potere, più educazione, [che sono cose] anche positive, ma [che hanno] come effetto collaterale alcune altre cose negative. E inoltre, le persone la cui vita è difficile, quando affrontano qualche tragedia, non soffrono molto, e quelle famiglie la cui vita è molto facile, quando accade qualche piccola tragedia, è [per loro] insopportabile. Quindi, vedete, [come] quelle cose che di solito consideriamo [come] qualcosa di piacevole, effettivamente causano un altro tipo di sofferenza più complicata. Per questo, il Buddha ha dichiarato che quella è la sofferenza del cambiamento.

In definitiva, tutti questi problemi accadono a causa di questo corpo che è dominato dalle emozioni distruttive e in definitiva, dall’ignoranza, questo è il terzo livello di sofferenza. Ora, qui [riguardo il nostro argomento], quando i Buddhisti praticano la comprensione della sofferenza, [si riferiscono al] terzo livello. Il primo livello, come ho detto in precedenza, lo conoscono anche gli animali, il secondo livello di sofferenza [è conosciuto anche] dalle tradizioni non Buddhiste, [ad esempio] tra gli Indù, che hanno la pratica di Samadhi, e il concetto di tre reami Kamadatu, Rupadatu, Arupadatu, e che, tramite la meditazione, attraverso Samadhi, raggiungono Rupadatu e Arupadatu. Quindi, anche queste tradizioni, hanno realizzato che tutti i mezzi all’interno di Kamadatu, il reame del desiderio, tutte le cose positive in quel reame [hanno] la natura della sofferenza e la natura del cambiamento, e quindi [in queste tradizioni] c’è il desiderio di superarlo.

Ora, qui [riguardo il nostro argomento] la pratica Buddhista si preoccupa principalmente del terzo livello di sofferenza. Quindi, quando [aumenta] la consapevolezza, [aumenta] il di ripugnanza, quando questo livello si sviluppa, allora sorge il desiderio di superare la sofferenza. Una volta che l’ignoranza è eliminata dalla nostra mente, quella è Mokhsa, quello è Nirvana, la Liberazione. Quindi, ci sono due elementi per praticare Mahakaruna, la grande compassione. Naturalmente, ieri ho detto durante il discorso pubblico che ci sono due livelli di affetto e compassione. Un livello è un fattore biologico di cui noi esseri umani siamo già equipaggiati, prendendo quello come seme, attraverso l’addestramento, usando l’intelligenza umana, si può elevare il secondo livello di compassione che è imparziale, [che è] compassione genuina senza la presenza di attaccamento. Quindi, con l’aiuto della consapevolezza, [si sviluppa, a questo punto,] il senso di preoccupazione per il terzo livello di sofferenza e questo, alla fine, sviluppa un senso di preoccupazione per l’ignoranza. Quindi, in questo modo, sviluppiamo un tipo di attitudine per la quale tutte le emozioni afflittive sono il nostro nemico interiore, e che il capo supremo di questo nemico è l’ignoranza. Quindi, tutto il nostro sforzo nella lotta [deve essere concentrato] contro il nostro nemico interiore, in questo modo.

Questa è una cosa, un fattore, quindi, in questa pratica, al fine di sviluppare un sincero senso di preoccupazione per gli altri esseri, in primo luogo dovete sperimentare voi stessi la piena realizzazione di questo terzo livello di sofferenza. E’ più facile. Per questo, è necessario coltivare la vera rinuncia, prima di coltivare la compassione.

Colophon

Questa prima bozza d’appunti, a cura del dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, sui preziosi insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama preliminari all’Iniziazione al Kalachakra a Washington DC, USA, è da ritenersi provvisoria, quindi lacunosa, con possibili errori nonché imperfezioni, anche rilevanti, e non rappresenta affatto una trascrizione letterale delle parole che Sua Santità il Dalai Lama espresse direttamente in inglese o tradotte dal tibetano in inglese dal Prof. Lobsang Jimpa o in italiano da Fabrizio Pallotti, ma semplicemente un limitato spunto di riflessione.