1 Insegnamenti S.S. Dalai Lama Kalachakra Bodhgaya 4.01.12

Sua Santità il Dalai Lama: La forza delle benedizioni non deriva dal lama ma dalla propria mente. Così come il Buddha disse: medita il sentiero che insegno, in questo modo ottieni le realizzazioni. Per cui si tratta di una responsabilità personale.

Sua Santità il Dalai Lama: La forza delle benedizioni non deriva dal lama ma dalla propria mente. Così come il Buddha disse: medita il sentiero che insegno, in questo modo ottieni le realizzazioni. Per cui si tratta di una responsabilità personale.

Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama preliminari all’Iniziazione al Kalachakra a Bodhgaya India il 4 gennaio 2012: prima parte del primo giorno. Appunti ed editing dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Sua Santità il Dalai Lama

Il primo giro della ruota del dharma fu trasmesso in Pali. Per quanto riguarda il veicolo dei Bodhisattva, il Buddha girò per la seconda volta la ruota del Dharma sul Picco dell’Avvoltoio conferendo il sutra del Cuore della Saggezza.

I primi, al di fuori dell’India, che ricevettero la tradizione della Prajnaparamita furono i cinesi, per cui i nostri fratelli cinesi furono i più anziani praticanti buddhisti della tradizione sanscrita, che fu anche la lingua usata più direttamente da Buddha Sakyamuni per insegnare il metodo. Mentre, per quanto riguarda il Sutra della Perfezione della Saggezza, è nel canestro del Bodhisattva del Mahayana. La Cina fu il primo ricettacolo di questa tradizione Mahayana, probabilmente tre o quattrocento anni prima che il buddhismo arrivasse in Tibet. Per cui i cinesi sono i praticanti più anziani, per questo ora reciteremo il sutra del cuore della saggezza.

Normalmente i cinesi fanno queste preghiere: possano i veleni delle oscurazioni essere eliminati, possa la saggezza crescere, possano le oscurazioni interne ed esterne essere eliminate. Le prime di queste preghiere indica l’ottenimento della felicità, perché possano i tre veleni essere eliminati: non si eliminano con le preghiere, ma sulla base dello sviluppo della saggezza, sulla base della preghiera “possa la luce della saggezza sorgere”. Perciò sono preghiere potenti.

Recitiamo il Sutra del cuore.

Ci sono tantissimi rifugiati vietnamiti nel mondo, dovunque essi siano continuano a praticare la loro tradizione religiosa ed è ottimo che preservino la loro tradizione. Hanno tantissima fede negli insegnamenti di Buddha.

Adesso non c’è bisogno di recitare tutto il sutra del cuore in tibetano, facciamo la recitazione breve.

Il mantra della perfezione della saggezza: da oggi in poi per un po’ di giorni, 6 e 7 giorni in cui pratichiamo il Dharma insieme, sviluppiamo il percorso indicato dalle parole del mantra. In questo momento in cui il nostro continuum mentale è preso dai tre veleni, per noi è un qualcosa di naturale, nel momento in cui abbiamo delle interferenze, ecco che sviluppiamo avversione, altrimenti, quando si verificano condizioni positive: ecco che generiamo attaccamento. Per prima cosa, il percorso è riconoscere che i tre veleni sono dannosi. Il percorso consiste nell’eliminarli completamente.

Per prima cosa dobbiamo pensare: è possibile o no eliminare i tre veleni? Da dove vengono? Vengono dall’ignoranza, da una mente che non comprende. Qualunque mente che non comprende ha il suo opposto in una mente che comprende completamente questa realtà. E’ possibile realizzarla, è uno stato ottenibile eliminando i tre veleni. Per cui è possibile avere la visione di uno stato al di la dei tre veleni.

Il primo Gate del Sutra del Cuore riconosce i tre veleni, il secondo gate indica il sentiero che porta ad eliminare i tre veleni. Ciò che contrasta completamente è la saggezza che comprende completamente i fenomeni avendo come concezione la mancanza del sé. Questo passaggio è il secondo gate. Poi arriviamo al paragate che si riferisce alla realizzazione diretta, che corrisponde all’entrata nel sentiero della visione dove si realizza completamente la vacuità, in cui si abbandonano le oscurazioni dell’ignoranza completamente imputata. Con la continua familiarizzazione si arriva a contrastare le oscurazioni che non sono costruite, ma sono innate. Questo livello costituisce lo stadio del sentiero della meditazione. Avendo completamente eliminato tutte le impronte, ecco che arriviamo a Bodhi so ha. Il “Bodhi so ha” si riferisce al livello della pratica dello stadio del mantra segreto. La mente è della natura della chiara luce, il nirvana naturale che cos’è? E’ la natura della mente stessa che è di chiara luce, proprio per sua natura questa mente è in grado di essere completamente separata da tutte le negatività. Possiamo comprendere che è possibile ottenere l’illuminazione, il nirvana, in quando in potenza possediamo i Quattro corpi di Buddha, dell’ottenimento finale del grande Mahamudra. Questa è la spiegazione del mantra della saggezza, come sostegno della saggezza che realizza la vacuità, che è spiegato nel sutra della perfezione della saggezza, che è recitato anche dal protettore Nagarjuna. Per cui, adesso, per cominciare, recitiamo la presa di rifugio. Non siamo venuti qua per fare del commercio e non siamo venuti neanche per essere derubati e neanche per ammalarci, si sa che ogni volta che si arriva qui a Bodhgaya ci si ammala. Non siamo venuti qui per ammalarci, qui si sta molto scomodi e sono sicuro che vi mancano le vostre case dove state bene. Per cui, il vero motivo per cui siamo qua è quello di studiare il Dharma e praticare il sentiero: Gate gate paragate parasamgate bodhi so ha. Quindi, siamo venuti qui per iniziare questo percorso. E, per far ciò, che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo avere una mente onesta, per esempio: io sono qua, e vi insegno con onestà, non penso di essere chissà chi o di ottenere delle lodi, se facessi così non andrebbe bene, diventerebbe un’attività negativa e sarebbe un’attività di inganno, facente parte degli 8 Dharma Mondani. Alcuni magari pensano: “adesso, dal momento che prendo l’iniziazione di Kalachakra, ora chissà chi divento”. Questo non va bene. In passato c’era chi è venuto dalla Cina, prese gli insegnamenti e poi tornò in Cina dicendo di essere diventato un grande lama. Questo non va bene.

Per cui apprestatevi ad ascoltare il Dharma con una mente onesta. Prendere rifugio non è prendere rifugio nel Buddha storico, oppure fare un po’ di offerte pensando che quello sia il vero Dharma. Quando prendiamo rifugio nel Sangha, quando vediamo i monaci, non pensiamo che sia solo quello il sangha in cui prendiamo rifugio, in generale il Buddha che ha insegnato al cospetto del Nirmanakaya supremo il Dharma. Non solo il Nirmanakaya supremo ma anche il Sambogakaya. Ma anche la natura completamente purificata, libera, quella è la natura del Buddha.

Il significato di Buddha in questo modo non è il vero rifugio, il vero rifugio è il Dharma. Gli antidoti che servono per eliminare le negatività. Dopo aver generato il sentiero della meditazione, il Sangha è rappresentato da coloro che lo hanno generato con tutte le sue qualità. In questo momento parliamo del Dharma Mahayana e del Sangha Mahayana.

Per quale ragione prendiamo rifugio? Prendo rifugio per poter ottenere l’illuminazione. In particolare, questa è l’illuminazione, non è l’illuminazione dei praticanti mahayana, ma l’illuminazione del sentiero hynayana. Per cui, comprendendo il significato del Dharma, in questo modo prendiamo rifugio per poter ottenere noi stessi l’illuminazione. La potenzialità del seme dell’illuminazione è posseduta dalla nostra mente. Questa potenzialità è per natura libera da oscurazioni avventizie, è per ottenere questa illuminazione che prendiamo rifugio. Grazie alla pratica della generosità e così via. Per poter ottenere questa realizzazione suprema ci si basa sulla concentrazione univoca e la saggezza trascendentale, per cui sulla base della mente dell’illuminazione, Bodhicitta, si intraprendono le pratiche delle sei perfezioni per essere di beneficio a tutti gli esseri senzienti. Questo è il significato della preghiera che faremo adesso.

Sia il lama che insegna, sia coloro che ascoltano, devono generare questo tipo di motivazione, dare ed ascoltare gli insegnamenti.

Che cos’è il Dharma? È qualcosa che si genera nella propria mente, non è un attitudine esteriore. Se la mente riesce ad abbracciare la pratica del Dharma, allora veramente questo diventa la pratica del Dharma. Se questa pratica è sostenuta dal rifugio allora diventa pratica buddhista. Tutte quelle cose, che tutte le religioni del mondo, a parte le visioni errate, portano avanti nella loro pratica, come non uccidere, non rubare, non praticare condotta sessuale scorretta, non mentire etc. sono presenti in queste 10 azioni non virtuose che si devono abbandonare. Se siamo cristiani abbandoniamo le 10 azioni non virtuose sulla base di aver preso rifugio in Dio, lo fanno anche gli induisti: sulla base di aver preso rifugio nelle loro divinità. Se queste pratiche le portiamo avanti sulla base del rifugio, allora diventano buddhiste. Nel Mahayanasutralankara si parla di come i Bodhisattva praticano tutte le pratiche: sia della liberazione individuale che dell’altruismo, solamente se sostenuti della mente di illuminazione, o da Bodhicitta, dalla mente ultima di altruismo. Ciò che differenzia i due veicoli è la mente dell’illuminazione. Per cui, se quando ascoltiamo pratichiamo il Dharma, anche se le realizzazioni non sono immediate, proprio come quando costruiamo le fondamenta di una casa, nello stesso modo pratichiamo il dharma partendo dalle fondamenta. Per ottenere le benedizioni ci vuole uno sforzo personale. Le liberazioni non vengono dagli altri verso di noi. Se non si ha fede nel Buddha non si ricevono queste benedizioni.

La forza delle benedizioni non deriva dal lama ma deriva dalla propria mente. Così come il Buddha disse: medita il sentiero che insegno, in questo modo ottieni le realizzazioni. Per cui si tratta di una responsabilità personale.

All’inizio faccio sempre un’introduzione al Buddha.

Per prima cosa bisogna conoscere cos’è questo Dharma e, sulla base di aver compreso che cos’è, si inizia a praticare. Nel mondo ci sono tante religioni e dobbiamo comprendere quali sono le differenze principali tra queste religioni.

Buddha Sakyamuni ha parlato del veicolo degli dei, di brama, dal momento che tutti gli esseri hanno diverse predisposizioni, sulla base di questi, il Buddha ha insegnato diversi veicoli. Per cui ha insegnato tantissimi veicoli. È in questo mondo, per quanto riguarda il Buddha Dharma, Quelle religioni che insegnano ad essere dei bravi esseri umani, insegnando l’importanza della non violenza, dello sviluppo dell’amore, della compassione, servono principalmente allo sviluppo degli uomini durante la loro vita. Nel Buddha Dharma si parla dei tre aspetti della sofferenza: del dolore, del cambiamento e pervasiva. Il sentiero degli dei porta ad eliminare il primo tipo di sofferenza, quindi ad abbandonare il dolore ed ottenere gli stati fortunati. La pratiche di tutte le religioni portano come risultato la rinascita come esseri umani o deva.

Cos’è invece il veicolo di Brahama ? E’ il veicolo che si basa sulla pratica della calma dimorante e saggezza speciale. Si arriva fino al 4° livello di concentrazione in cui si ottiene lo stato di brama. Fino a questo punto ci sono religioni che praticano questi metodi e sostengono un Dio creatore. A parte alcuni aspetti degli indù, tutte le altre religioni monoteistiche parlano di un Dio creatore. Alcuni parlano di un Dio creatore insieme al karma, alle cause ed ai loro risultati. Per quanto riguarda gli altri, appartengono al secondo, al veicolo di Brama. Per cui il veicolo di brahma si occupa dell’abbandono della sofferenza del cambiamento.

Il terzo veicolo si occupa della liberazione dalla sofferenza pervasiva, per cui questo è il veicolo dei realizzatori solitari che è compreso nel veicolo della liberazione individuale.

Se invece ci si concentra sull’abbandono delle oscurazioni all’onniscenza, queste oscurazioni sono presenti nel proprio continuum mentale, così come sono presenti le oscurazioni distruttive. E sulla base della pratica si procede all’ottenimento dell’onniscenza. Quando facciamo delle riunioni inter-religiose, per esempio i sufi dicono che la compassione è una cosa estremamente importante nella loro pratica. Ne ho parlato con un professore sufi.

Principalmente le religioni più importanti a questo mondo rispondono a tre domande. Io non voglio soffrire, ma essere felice. Questo io ha un inizio o no? Questo io ha una fine o no?

Ciascuna religione risponde a queste tre domande in modo differente.

La domanda è che cos’è questo io?

A parte il Buddha Dharma, tutte le altre religioni dicono che questo io possiede tutti i Dharma psicofisici, a parte il proprio corpo. Per cui, questo io, il mio corpo, la mia mente, per loro sembra che ci sia questo io nel momento in cui inizia la continuità del corpo. Nel momento in cui cresciamo la concezione di questo io si rafforza. Pian piano impariamo con l’istruzione molte cose, con l’istruzione la mente diventa sempre più vasta. Se analizziamo questo io, che non è il corpo né la mente, è presente anche prima dello sviluppo completo del corpo e dell’istruzione. Nel momento in cui si pensa al corpo, questo allora non viene dalle vite passate e non va nelle vite future. Sembra che questo io possegga un’esistenza a sé stante, senza dipendere né dal corpo né la mente e senza essere né il corpo né la mente. Negli insegnamenti di Buddha, il pensiero di questo io ha vari aspetti. Gli aggregati psicofisici sono molteplici, mentre questo io è un che rimane uguale, che non cambia.

L’Io sembra qualcosa di univoco che indichi il sé, che è indipendente. Questo è il tipo di io che viene identificato dai non buddhisti come qualcosa di diverso dalla mente e dal corpo e come esistente di per sé l’Io, questo pensiero innato, che appare indipendente. È come sostenuto da un modo di esistenza indipendente, che si basa su delle istruzioni, su dei concetti appresi. Questo tipo di io, più è forte, più saranno forti le emozioni rispetto ad esso stesso: questi sono i miei amici, questi i miei nemici e così via. Nel momento in cui ci sono delle condizioni avverse, si genera avversione, mentre quando ci sono condizioni che favoriscono questo io, si genera attaccamento. Le persone che hanno un forte sentimento di io, anche quando giocano o fanno delle cose si arrabbiamo molto facilmente. Non stiamo parlando di Dharma ma di comportamenti ordinari. Alle persone calme e tranquille anche gli animali si avvicino. Per cui, questo dipende da questo io, dal vedere questo io in questo modo errato.

Come ha detto il Buddha, non esiste un sé che comandi questi aggregati composti che sia diverso dagli aggregati stessi, che esiste di per se stesso. Questo tipo di io che sorge e che sembra indipendente, che appare in quel modo lì naturalmente, non esiste per niente. Io, gli altri, non è che non esistono per niente. Per esempio, sulla base di cosa diciamo: io e gli altri? Lo diciamo sulla base delle nostre esperienza di felicità e sofferenza. Non riusciamo ad identificare un io che non ha niente a che vedere con le esperienze di felicità e sofferenza. Per cui definiamo ciò che è positivo e negativo in relazione alle esperienze di felicità e sofferenza degli esseri. Per cui dire che l’io non esiste non andrebbe bene. Coloro che non comprendono bene il Dharma e sentono solamente la mancanza del sé allora pensano che il Buddha abbia insegnato che non esiste del tutto un io, per cui si chiedono come possono esserci le vite passate e future se non c’è l’io. Questo è un segno che non hanno compreso la mancanza del sé. Per cui come esiste questo io, così come un carro viene definito tale in base alle sue parti, nel momento in cui andiamo a cercare il carro in ciascuna delle parti non possiamo trovarlo, perché non è ciascuna delle parti, ma una designazione che viene imputata sull’insieme della parti.

I componenti psicofisici: forma, sensazione, discriminazione, fattori di composizioni… questo io non è un entità indipendente che comanda gli aggregati, questo io è un qualcosa che dipende dagli aggregati. È un sé che esiste in dipendenza degli aggregati psicofisici. Nel momento in cui andiamo a designare questo sé, negli insegnamenti di Buddha ci sono vari livelli più o meno profondi in cui viene spiegato questo sé. A parte il Dharma di Buddha, tutti gli altri insegnano l’esistenza di un sè. Il Cristianesimo insegna che esiste un dio senza inizio, ed hanno una risposta di beneficio queste religioni monoteistiche, ad un monaco cristiano dissi continua a pensare d’avvicinare la tua mente a dio. Per cui, chi pratica la religione Cristiana e monoteista crede nell’esistenza di un dio e del sé, ci sono poi dei monoteisti che credono nella reincarnazione.

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