10-Insegnamenti di S. S. il Dalai Lama ad Amburgo sui 400 Versi di Aryadeva

Sua Santità il Dalai Lama: La sofferenza trae origine dalla ignoranza della realtà vera dei fenomeni, dall'incomprensione che i fenomeni sono vuoti d'un sé permanente. Evitiamo di cadere nell'attaccamento per questa vita.

10 – Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama ad Amburgo dal 23 al 27 luglio 2007 sui Quattrocento Versi di Aryadeva. Buddhismo: una Filosofia ed una Pratica.

Appunti, traduzione dall’inglese ed editing del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Sua Santità il Dalai Lama

Vv 10 – Tutti i fenomeni composti sono soggetti ad una incessante transitorietà. Vi piacerebbe vivere a lungo? Certamente. Perché allora disprezzate la vecchiaia? Perché, quando i nostri parenti ed amici muoiono, pur rattristandoci, non pensiamo alla nostra morte? Perché non diventiamo più contemplativi rispetto alla nostra morte? Non esiste la possibilità d’impedire a noi stessi, agli altri, di morire. Non dipende dalla nostra volontà. Tutti quanti dobbiamo morire. Le persone non sono soggette alla morte in quanto s’ammalano o cadono vittime d’incidenti o per eventi strani, le persone sono soggette alla morte in quanto la vita, così come ha un inizio, così ha un termine. Certamente i genitori avranno cura dei propri figli. Ma non è vero l’inverso. Non sempre, per ignoranza e per egoismo, i figli dimenticano o non vogliono riconoscere la gentilezza dei loro genitori, producendo così cause per la loro rinascita sfortunata. Se un figlio si dimostra diligente ed ubbidiente, i genitori ne saranno molto rallegrati. La sofferenza generata dalla separazione repentina viene dimenticata dal cuore degli umani. Nonostante che le persone sperimentino sofferenza ed eventi dannosi, pur rendendosi conto di quanto dolore possano indurre questi eventi sfavorevoli, pur rendendosi conto che questi non arrecano affatto alcun beneficio, tuttavia non ne fanno tesoro, cadendo nell’ipocrisia ed aumentando la nostra sofferenza. In molti casi l’atteggiamento degli esseri è proprio quello d’indurre sofferenza a causa della stessa sofferenza sperimentata. Nell’essere ordinario, la sofferenza spinge a riprodurre dei comportamenti, a compiere degli atti che vanno a danneggiare gli altri. Perché creare altra sofferenza? Ci comporteremmo diversamente se fossimo veramente consapevoli che la sofferenza è onnipervasiva? In ogni caso, il fatto che la sofferenza sia onnipevasiva è un dato di fatto connesso alla nostra esistenza, è connessa al cambiamento.

Se l’incontro è una gioia, perché non lo è anche la separazione? La separazione è insita nella natura dell’incontro. Tutto ciò che sorge deve cessare. Tutto ciò che nasce deve morire. Tutto ciò che s’incontra poi si separa. Siamo portati a considerare l’incontro come un fenomeno persistente, durevole, mentre la separazione è breve. Ma non è così. In realtà è il contrario. Il tempo è un insieme d’istanti coesi. Perciò nasce ed è transitorio.

Se spero e mi auguro di poter vivere a lungo, è sbagliato desiderare di vivere tanto per compiere nel frattempo delle azioni negative. Evitiamo di cadere nell’ignoranza che si afferra a questa vita e di compiere azioni negative: sia di tipo fisico, che verbale o mentale. La sofferenza trae origine dalla ignoranza della realtà vera dei fenomeni, dall’incomprensione che i fenomeni sono vuoti d’un sé permanente. Evitiamo di cadere nell’attaccamento per questa vita. I fenomeni sono caratterizzati dal fatto d’essere generati, dalla loro produzione. Per questo stesso motivo sono contraddistinti dalla qualità della cessazione. Perché, dal prodursi d’un qualcosa, è implicito il suo cessare. Osserviamo come gli eventi si trovano in un ambito di continua trasformazione, in una concatenazione di fenomeni in continua metamorfosi, in perenne cambiamento. La loro transitorietà è in relazione alla natura degli aggregati stessi, in quanto dipendenti dalle loro cause, quindi sotto il loro controllo. Ne siamo effettivamente consapevoli? Qual’è la causa all’origine di questo gigantesco processo? L’ignoranza. È dall’ignoranza che rimaniamo contaminati. Lo siamo stati nelle nostre vite precedenti, lo siamo tuttora e lo saremo anche in futuro. Se fosse inevitabile esserne influenzati, sarebbe meglio tralasciarla, ma è invece molto meglio impegnarci per prevenire di cadervi dentro. Non è importante conoscere la propria vita passata. È già trascorsa. Né il futuro che deve ancora sorgere. Quel che è importante è il presente che si svolge istante per istante. Un mero istante, ogni singolo istante della mente è il presente. Tuttavia, la condizione di momentaneità del binomio vita-mente non è percepibile dagli esseri ordinari.

Vv 11 – Tutti noi esseri viventi, desideriamo vivere a lungo, ma non siamo affatto lieti d’invecchiare. Non è forse un comportamento contraddittorio? Perché ci lamentiamo della morte degli altri quando noi stessi ne saremo vittime? Anche se la morte dovesse colpire qualcuno vicino a noi, non potremo farci nulla, perché dipenderebbe dalla forza karmica che dapprima ci avvicina e quindi ci separa. Quindi, non dovremmo sentirci tristi. Non siamo sicuri se i figli ricambieranno l’amore che i genitori hanno abbondantemente loro profuso. Questa loro ingratitudine li porterà purtroppo a delle rinascite sfavorevoli. Chi non giunge al punto di nutrire per tutti gli esseri, indistintamente, il medesimo affetto che i genitori provano per i loro figli, ben difficilmente otterrà delle rinascite fortunate. La sofferenza della separazione è più intensa se l’affetto non è genuino, in quest’ultimo caso s’attenua.

Perché tanti sono così propensi a lamentarsi? Così facendo diventano degli ipocriti! Le persone più vicine lo sono per motivi karmici e di sofferenza. Perciò, osservando e percependo la sofferenza, si tende a rovesciare la sofferenza anche sugli altri. Se l’incontro è una gioia, perché non lo è allora anche la separazione? Così come tutte le vite vanno a concludersi con la morte. Forse che la nascita e la morte, l’incontro e la separazione non sono eventi tra loro correlati?

Non essere attaccato al tuo nemico.

Proprio perché il tempo è nostro nemico non dobbiamo mai rimanere attaccati ad esso.

NOTE ESPLICATIVE AL SUTRA DEL CUORE – Le tre classificazioni:

Il principale motivo per il quale il Buddha insegnò fu per dare un metodo e una via agli esseri senzienti che permettesse di uscire dal reame della sofferenza senza fine. L’essenza del suo insegnamento è la legge della Originazione Dipendente. Questa legge stabilisce che quando le condizioni sono mature i fenomeni sorgono e quando le condizioni cambiano i fenomeni spariscono. Purtroppo gli esseri senzienti si attaccano a questi fenomeni impermanenti ed erroneamente formano nozioni erronee tipo ‘Io’ , ‘Sé’, ‘ questo è mio’. 
Per rimediare a ciò il Buddha usò la triplice classificazione che mostra come una persona è niente più che una combinazione di vari fenomeni che si raggruppano quando le condizioni sono favorevoli. Dunque anche una persona è originata da cause e condizioni e perciò vuota di un ‘Sé’.

Le Tre Classificazioni sono:

    1. I  5 Skandha

    2. Le 12 Basi

    3. I  18 Campi

I 5 Skandha

Skandha [i.e. aggregati, o gruppi]: ha il significato di accumulo o raggruppamento di fenomeni fisici e mentali simili. 
I 5 Aggregati [i.e. forma, sensazione, percezione, volizione e residui karmici, e coscienza] si uniscono a formare una unità interdipendente. Questa unità combinata è instabile e mutante, ma noi ci attacchiamo a questa interdipendente unità e/o ai 5 aggregati come al Sé.
Il primo skanda rappresenta gli elementi fisici, e i rimanenti 4 rappresentano le attività mentali di una persona. 
Forma (rupa Skandha): si riferisce alle cose fisiche. Queste cose fisiche non esistono indipendentemente. La loro esistenza dipende dall’incontro dei 4 elementi (i.e. terra[solido], acqua[liquido], aria[gas] e calore[energia]). Dunque, la materia occupa lo spazio, ed è per natura vuota: essa sorge e viene ad esistere, e svanisce. 
Sensazione (vedanna Skandha): è l’acquisizione di dati attraverso gli organi sensori (incluso la mente) e la interpretazione di questi fenomeni come le sensazioni di piacevole, spiacevole, o indifferente. 
Percezione (sanjna Skandha): ha la funzione di concettualizzare e riconoscere i dati sensori e i fenomeni mentali. La mente allora li identifica e li trasforma in concetti. Questo processo di concettualizzazione genera nozioni e stabilisce nomi e parole. Volizione e residui karmici (samskara Skandha): implica intenzione e azione mentale. Queste azioni mentali portano a frutti karmici. Quando percepiamo un’immagine, la mente analizza e formula conseguentemente una decisione. Queste decisioni danno inizio ad azioni mentali, verbali e/o fisiche, azioni che produrranno karma. Alcuni esempi delle azioni volontarie includono: attenzione, volontà, determinazione, confidenza, concentrazione, conoscenza, energia, desiderio, odio, ignoranza, idea del Sé, etc.
 Coscienza (vijnana Skandha): è la capacità d’essere conscio delle differenze e di essere consapevole della esistenza dei fenomeni mentali e fisici, i.e. la consapevolezza dei 4 precedenti skanda.

Le 12 Basi

Basi (ayatana) [origini, luoghi] implicano il significato di nascere ed essere nutriti. Cioè, le funzioni mentali e le attività possono nascere ed essere nutrite da queste 12 basi. Esse sono le sei basi interne (occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente), e le 6 basi esterne (visibile, udibile, profumato, sapore, tangibile e dharma). Le sei basi interne sono anche chiamate i 6 organi sensori, necessari per il funzionamento delle attività mentali. Le sei Basi esterne sono indicate anche come i sei oggetti e sono ciò su cui le attività mentali elaborano e agiscono.

I 18 Campi

Campi (dhatu) implica il significato di gruppo e classificazione. Questi Campi formano la base e le condizioni di tutte le attività mentali. Cioè, una persona può essere divisa in 18 campi, ciascuno avente le sue proprietà, caratteristiche, e area di attività. I 18 campi sono le sei basi interne, le sei basi esterne, più le sei coscienza che sorgono quando le sei basi interne interagiscono con i sei corrispondenti oggetti esterni. http://www.bo.infn.it/zuffa//buddha.html

Colophon

Questa prima bozza d’appunti, a cura del Dott. Luciano Villa, dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e Graziella Romania, sui preziosi insegnamenti che Sua Santità il XIV Dalai Lama conferì ad Amburgo dal 23 al 27 luglio 2007, è da ritenersi provvisoria, quindi lacunosa, con possibili errori nonché imperfezioni, anche rilevanti, e non rappresenta affatto una trascrizione letterale delle parole di Sua Santità il Dalai Lama, espresse direttamente in inglese o tradotte dal tibetano in inglese o in italiano rispettivamente dal Ven. Ghesce Dorji Damdul e da Andrea Cappellari, ma semplicemente un limitato spunto di riflessione.