Tibet: Una colonizzazione mascherata.
Jean-Claude Carriere: “Una colonizzazione mascherata?”
Sua Santità il Dalai Lama: “Esatto. Il preteso controllo della popolazione, obbligatorio in Tibet come, dicono, nel “resto della Cina”, dissimula una colonizzazione forzata e molto efficace. Sul territorio dell’antico Stato indipendente del Tibet, gli occupanti cinesi sono oggi più numerosi dei tibetani d’origine.”
Jean-Claude Carriere: “Mi viene alla mente una frase di Nietzsche, che non so citare esattamente, secondo la quale la terra è un essere vivente. Questo essere vivente ha una pelle, questa pelle è colpita da una malattia mortale, questa malattia mortale si chiama specie umana. È certamente una visione estremamente pessimistica. Si può curare questa malattia?”
Sua Santità il Dalai Lama: “Lo spero” risponde con una grande risata. “Ma senza eliminare tutta la specie umana! ”
All’inizio degli anni Settanta, già più di vent’anni fa, un medico e ingegnere americano, James Lovelock, lanciò l’ipotesi Gaia. Portatore, da diversi miliardi di anni, di un fenomeno rarissimo, e forse anche unico, che si chiama vita, il nostro pianeta reagirebbe a questo fenomeno in modo singolare, con una sorta d’interattività. Esso potrebbe avere, se non una vita personale, almeno reazioni che gli sarebbero proprie.
Accolta senza entusiasmo dalla maggioranza degli scienziati, la teoria Gaia ha suscitato, presso i lettori, echi molteplici, spesso eccessivi. All’origine di questo successo, al di là della distruzione del pianeta alla quale assistiamo (e partecipiamo) in ogni momento della nostra esistenza, bisogna cercare, come diceva lo stesso Lovelock, ragioni antichissime. La personificazione della terra, sovente al femminile, si incontra ad ogni pagina dei nostri racconti mitologici. In India – l’abbiamo già visto – si chiama Bhumi. Essa è, come altrove, nostra madre.
Nel Mahabharata, immenso poema epico delle origini in cui tutta l’India si riconosce, una grande battaglia, che oppone ferocemente tutti i popoli co-nosciuti, mette in gioco la sopravvivenza della terra stessa, e persino dell’intero universo. Da ambo le parti, infatti, i combattenti sono in possesso dell’arma suprema, chiamata Parasurama, arma ardente e luminosa, capace di annientare in pochi istanti ogni vita. Per questo le piante tremano di paura, come le rocce, come gli dèi.
Ed è per lo stesso motivo che in un dato momento, malgrado la sua natura pacifica, Bhumi – la Terra – prende parte alla battaglia. Essa afferra, nelle “mani fangose”, la ruota del carro di Karna, uno di questi “uomini arroganti” che può chiamare in causa la temibile arma. Blocca il suo carro, oltre ogni sforzo umano, e manda così a morte il guerriero.
Questa partecipazione della terra alle nostre battaglie è, ancora oggi, auspicata quanto temuta. Alcuni assicurano, non senza ingenuità, che il virus dell’AIDS sia una risposta della “natura” alla nostra trionfante proliferazione, e che altri virus dagli effetti inimmaginabili siano in questo momento in preparazione, nei crogioli più segreti.
Se vi è qualcosa di infantile in queste fantasticherie, esse rivelano comunque le nostre preoccupazioni e, in uno strano modo, le nostre speranze.
Da: Il Dalai Lama, La Compassione e la Purezza. Conversazioni Con Jean-Claude Carriere. Traduzione di Laura Deleidi. Fratelli Fabbri Editori Anno: 1995 http://it.scribd.com/doc/157928207/Dalai-Lama-Purezza