Sua Santità il Dalai Lama: Generazione preliminare di bodhicitta
8 Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama del Lamrim del Panchen Lobsang Choekyi Gyaltsen a Dharamsala, in India, marzo 1988.
Sua Santità il Dalai Lama
Il significato etimologico del termine tibetano “sem kye”, usato per tradurre bodhicitta è: «intensificare il coraggio e l’attitudine mentale». Quindi con bodhicitta si deve intendere uno stato mentale altruistico, che aspira a ottenere la completa Illuminazione per il beneficio di tutte le creature.
Per generare una mente altruistica così potente è necessario concentrarsi su tutti gli esseri senzienti che vi circondano e comprendere che, proprio come voi, anche loro desiderano ottenere la felicità ed evitare la sofferenza. Dovreste pensare: Potrò aiutarli veramente solo quando avrò raggiunto la completa Illuminazione, il nobile stato che tutte le figure presenti nelle mie visualizzazioni hanno raggiunto per il beneficio di tutti gli esseri.
L’autentica generazione della mente altruistica viene fatta attraverso la recita della seguente formula:
«Prendo rifugio nel Buddha,
Nel Dharma e nella Nobile Assemblea
Per ottenere l’Illuminazione.
Grazie ai meriti virtuosi che otterrò
Praticando il donare e le altre perfezioni
Possa io ottenere lo stato di Buddha
Per essere in grado di aiutare tutti gli esseri.»
Recitate questi versi tre, sette o quante più volte potete. Mentre li recitate, visualizzate con quanta più intensità possibile il significato di bodhicitta in modo da comprendere senza più dubbi che senza ottenere l’Illuminazione non potrete aiutare tutti gli esseri senzienti.
Con questa forte e genuina attitudine, dovreste immaginare che grazie alla forza di una tale generazione della mente, Buddha Shakyamuni che vi siede di fronte è appagato e una sua replica entra dentro di voi tramite l’apertura del capo. Il vostro corpo, la vostra parola e la vostra mente diventano inseparabili da quelli del Buddha. Poi vi dissolvete nel nulla. A quel punto meditate sulla vacuità da cui emerge il Buddha Shakyamuni seduto su un trono sontuoso. Immaginate di aver raggiunto quello stato mentale a cui aspirate.
In alternativa potete visualizzare delle repliche, sotto forma di raggi di luce, dei Tre Gioielli, in particolare del vostro maestro spirituale, che dall’apertura della testa penetrano e si dissolvono dentro di voi mentre voi stessi vi dissolvete nella vacuità. Quindi emergete nell’aspetto di quell’essere illuminato che state cercando di diventare, vale a dire il Buddha adorno di tutte le sue eccezionali qualità. Immaginate di essere divenuti un tale essere ed emanate infiniti raggi di luce per tutti gli esseri senzienti trasformandoli in tanti Buddha Shakyamuni. Gioite pensando di essere riusciti a raggiungere il vostro scopo, vale a dire aiutare tutti gli esseri.
Questa pratica dovrebbe essere fatta insieme con le visualizzazioni delle divinità dello yoga tantrico. Immaginate che la vostra profonda pratica abbia soddisfatto i guru e che la forza del loro apprezzamento li conduca a dissolversi dentro di voi. L’emergere del vostro guru dentro di voi vi porta a dissolvervi nella Chiara Luce della vacuità. Questo genere di visualizzazione dovrebbe essere fatto solo da quei praticanti che sono stati iniziati al tantra.
A questo punto è importante riflettere sulla vacuità, pensando: Chi è l’essere che si è dissolto dentro di me, e chi sono io? Grazie all’ausilio dell’analisi in cinque punti [Negazione che 1. il «sé» è identico agli aggregati; 2. è inerentemente diverso dagli aggregati; 3. gli aggregati sono la base del «sé»; 4. il «sé» è imposto agli aggregati; 5. il «sé» possiede gli aggregati. Per la spiegazione di questi cinque aspetti, cfr. Meditation on Emptiness, di JeffreyHopkins (Wisdom Publications, Londra 1983).] esposta nello Tsawa Sherab (La Saggezza Radice), di Nagarjuna, riflettete sul fatto che l’«io» non esiste tranne che sulla base impermanente degli aggregati fisici e mentali. Quindi non esiste alcun guru inerente, e quello che noi definiamo guru non è altro che una mera etichetta conferita sulla base dei suoi aggregati fisici e mentali. Dunque scopriremo che il maestro spirituale cui affidiamo noi stessi e in cui prendiamo rifugio è lui stesso privo di una natura inerente.
Allo stesso modo, tutti noi che abbiamo preso rifugio in lui, non abbiamo alcun «sé» che esiste in maniera inerente, un «sé» padrone dei propri aggregati fisici e mentali, totalmente separato e distinto da essi. Dunque sarete in grado di comprendere la mancanza di natura inerente o, in altre parole, la vacuità del «sé». Queste riflessioni sulla vacuità vi metteranno in grado di dissolvervi – nella visualizzazione – nella vacuità, da cui emergerete come il Buddha Shakyamuni, come abbiamo appena descritto. La pratica di unire l’amore, la compassione e la saggezza è molto efficace, in particolare la meditazione sulla vera natura della vostra mente e sul fatto che la potenziale «buddhità» è presente in tutti gli esseri senzienti e la natura della mente è pura e non contaminata dalle illusioni. Infatti queste non penetrano mai nell’ultima essenza della mente e le illusioni non sono permanenti.