Sua Santità il Dalai Lama: Equiparare e scambiare noi stessi con gli altri.
30 Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama del Lamrim del Panchen Lobsang Choekyi Gyaltsen a Dharamsala, in India, marzo 1988.
Sua Santità il Dalai Lama
Seguono ora le istruzioni sulla pratica di bodhicitta, in accordo con il metodo di equiparare e scambiare noi stessi con gli altri.
Questa meditazione è divisa in cinque parti:
1. equiparare noi stessi con gli altri;
2. riflettere sugli svantaggi dell’attitudine egoistica;
3. riflettere sui vantaggi del prendersi cura degli altri;
4. scambiare noi stessi con gli altri;
5. dare e ricevere.
1. Equiparare noi stessi con gli altri
Questa frase si riferisce alla pratica di riflettere sul fatto che sia noi sia il nostro prossimo abbiamo lo stesso naturale e spontaneo desiderio di trovare la felicità e di evitare la sofferenza. Per poter generare questa sorta di equanimità, sono molto potenti ed efficaci le istruzioni del precedente Trijang Rinpoche sulla meditazione in nove ruote.
Meditazione sull’equanimità
La meditazione in nove ruote unisce l’addestramento della mente all’equanimità con una prospettiva mentale basata sulla natura duale dei fenomeni, convenzionale e ultima. A sua volta la prima si divide in due parti, il punto di vista degli altri e il proprio.
Le ruote della visualizzazione sull’equanimità coltivata dal punto di vista degli altri si dividono in tre fasi:
a. Sviluppare il pensiero che tutti gli esseri senzienti sono uguali nella loro ricerca di evitare la sofferenza e che non c’è quindi ragione per fare discriminazioni.
b. Riflettere sul fatto che tutti gli esseri senzienti desiderano ugualmente la felicità e quindi non c’è motivo per discriminarli quando lavoriamo per il loro beneficio. È una situazione analoga a quella di una persona che incontra dieci mendicanti tutti ugualmente affamati. Non c’è motivo per fare delle discriminazioni.
c. Sviluppare una equanimità fondata sulla riflessione che tutti gli esseri senzienti sono uguali nella mancanza di autentica felicità nonostante lo desiderino tutti. E lo stesso vale per la sofferenza. Se ci sono dieci pazienti e tutti soffrono della medesima grave malattia non c’è motivo per il medico di fare discriminazioni tra loro. In modo analogo non c’è alcuna giustificazione morale per anteporre i propri desideri a quelli degli altri.
Con questi tre tipi di pratica addestrate la vostra mente con la seguente attitudine: «Non discriminerò mai tra gli esseri e lavorerò sempre per aiutarli a superare la sofferenza e ottenere la felicità.
Le tre successive ruote di meditazione rafforzano il pensiero che non ci siano motivi per operare discriminazioni tra gli esseri senzienti. Questo addestramento è diviso in tre fasi:
a. Potete avere il pensiero che sebbene la riflessione sull’equanimità sia alquanto convincente da un punto di vista astratto, quando comincerete a guardarla più concretamente e in relazione a voi stessi, le cose potrebbero cambiare. Dopo tutto, alcune persone ci sono amiche e ci aiutano mentre altre ci danneggiano. Per contrastare questo pensiero che potrebbe preparare il terreno alla nostra parzialità, pensate che tutti gli esseri sono stati ugualmente gentili nei vostri confronti. In qualche occasione sono stati vostri amici o parenti e quindi non c’è alcun motivo razionale per essere in collera con loro o con nessun altro.
b. Forse potreste ritenere che è vero che nelle vite passate qualcuno potrebbe essere stato vostro amico ma allo stesso modo potrebbe essere stato vostro nemico e avervi danneggiato. Un tale dubbio dovrebbe essere contrastato dalla riflessione che la gentilezza degli esseri non è confinata ai ruoli di «amico» o «parente» ma si manifesta anche quando
parliamo della categoria dei «nemici». Infatti il vostro nemico vi offre la preziosa opportunità di sviluppare i nobili ideali della pazienza e della tolleranza, aspetti vitali per generare una perfetta compassione universale e la bodhicitta. Per un bodhisattva che pratica la bodhicitta, l’addestramento nella pazienza è indispensabile. Un tale ragionamento vi potrà persuadere che non c’è alcun motivo per non interessarsi della felicità di tutti gli esseri senzienti.
c. Pensate che, come scrisse Shantideva nel suo Bodhisattvacaryavatara, non ha senso che una persona che sperimenta l’impermanenza e il dolore sia aggressiva nei confronti di altre che sono tormentate dal medesimo destino. Per esempio, sarebbe realmente sciocco e insensato per dei condannati a morte, le cui esecuzioni saranno tutte eseguite entro brevissimo tempo, accapigliarsi per l’ordine in cui verranno uccisi.
Le successive tre ruote di meditazione hanno a che fare con la coltivazione dell’equanimità basata sulla visione della natura ultima delle cose e dei fenomeni. Qui il termine «ultima» non dovrebbe essere inteso come nel caso della natura ultima in termini di vacuità, ma piuttosto vuol dire che il modello adottato in queste visualizzazioni è più profondo in confronto a quelli delle precedenti.
a. Considerate se esistono dei «veri» nemici nel senso letterale della parola. Se esistessero, allora i Buddha e gli esseri illuminati li dovrebbero percepire come tali ma, ancora una volta, le cose non stanno così. Al Buddha tutti gli esseri senzienti sono ugualmente cari. Inoltre, se analizzate la questione più attentamente, vedrete che a danneggiarvi sono le illusioni che dominano i vostri nemici e non loro in quanto tali. Aryadeva afferma nel suo Chatushataka Shastra:
«I Buddha considerano l’illusione come il vero nemico
E non coloro che da essa sono posseduti.»
Quindi non esiste motivo per portare rancore a chi vi danneggia e negargli il vostro aiuto.
b. In secondo luogo, domandatevi se questi cosiddetti nemici siano permanenti e quindi rimarranno per sempre tali o se possono cambiare. Dovreste giungere alla conclusione che non sono permanenti e quindi mutare il vostro atteggiamento negativo nei loro confronti.
c. La meditazione finale riguarda la natura relativa di «nemico» e «amico» e tocca la natura ultima dei fenomeni. Concetti come nemico, amico e altri del genere esistono solo a livello convenzionale. Sono reciprocamente dipendenti come quelli di alto e basso, lungo e corto e così via. Una persona può essere l’amico di un’altra e il nemico di un’altra ancora. È la vostra concezione di amici, nemici e parenti intesi come persone dotate di una natura inerente a costituire il vero problema. Una volta che avrete compreso il vostro errore, anche il problema non avrà più ragione di esistere.
Tutte queste tecniche sono molto efficaci per trasformare la mente. Mentre adottate questi metodi dovreste sempre coltivare l’equanimità. In breve: meditate su questi argomenti come consiglia il guru yoga del Lama Choepa:
«Così come nessuno desidera soffrire
Nemmeno per un istante
Nessuno vuole essere felice.
Non esiste differenza tra noi e gli altri;
Quindi, ispirami a gioire per l’altrui felicità.»
Le migliori istruzioni per l’addestramento mentale sul metodo di equiparare e scambiare noi stessi con gli altri sono contenute nel Bodhisattvacaryavatara. Questo libro, in particolare il sesto capitolo, quello sulla pazienza, è il principe di tutti gli scritti sull’argomento.
Una volta che sarete riusciti a provare un sentimento di gentilezza nei confronti dei nemici, avrete superato un grande ostacolo, poiché l’idea di nemico è la maggiore barriera per la coltivazione di un’attitudine di gentilezza e simpatia nei confronti del vostro prossimo. Così avrete trasformato un ostacolo in una condizione favorevole per la vostra pratica. Questo modo di pensare è veramente efficace e potente. Dovrete praticare specialmente le istruzioni sulla generazione della mente equanime contenute nell’ottavo capitolo del Bodhisattvacaryavatara, quello sulla concentrazione.
2. Riflettere sugli svantaggi dell’egoismo
Il passo seguente è la riflessione – da diverse prospettive – sugli svantaggi e i limiti dell’egoismo. Come dice Geshe Chekawa nel suo Lojong dhon dun ma, (Sette Punti sulla Trasformazione del Pensiero), [Un commentario in inglese su questo testo è “Advice from a Spiritual Friend”, by Geshe Rabten and Geshe Dhargyey (Wisdom Publications, Londra 1984). ]: «Bandite il motivo di tutti i problemi». È l’attitudine egoistica la fonte di ogni infelicità e quindi è l’unico motivo di ogni disgrazia. Normalmente, per via del nostro modo egoistico di vedere le cose, ci viene naturale criticare gli altri quando accadono cose spiacevoli. Subito li consideriamo responsabili dell’accaduto, ma se ragionassimo in modo più realistico vedremmo che tutti i nostri problemi e le nostre disgrazie sono causati dal nostro corpo che è contaminato dalle illusioni. Infatti abbiamo un tale organismo a causa dell’attaccamento al nostro Ego che dà vita a tutte queste insopportabili sofferenze.
Poiché le attitudini egoistiche e le tendenze all’attaccamento sono fortemente radicate nelle nostre menti, non siamo mai riusciti a sbarazzarcene. E non siamo nemmeno riusciti a metterle in crisi seriamente.
Se rimaniamo nel nostro attuale modo di vedere le cose, saremo sempre sotto l’influenza e il dominio di questi due fattori. Dovremmo invece pensare che essi ci hanno sempre causato preoccupazioni e problemi in passato e continueranno a farlo in futuro se le cose non cambieranno.
Andando più in profondità con la nostra riflessione, scopriremo che problemi, sofferenze, ansia di non trovare quello che stiamo cercando, paura di essere separati dai nostri cari, timore delle malattie, insoddisfazioni e così via, sono il prodotto del nostro attaccamento all’Ego e all’attitudine egoistica che cerca sempre di proteggerlo. Più una persona è egoista più sarà preda di sofferenze e ansie. E questa attitudine si manifesta in mille modi diversi. Eppure non riusciamo a riconoscere la verità che tutto dipende da essa. Invece siamo sempre pronti ad accusare gli altri o qualche fattore esterno a noi. «Lui ha fatto quello, e se non l’avesse fatto, tutto questo non sarebbe successo…»
Perfino a livello globale, se andiamo a cercare le cause della seconda guerra mondiale o delle violenze che hanno insanguinato la storia, vedremo che tutto può essere ricondotto a questi due fattori. E lo stesso vale per quanto sta succedendo oggi nel mondo. Anche i problemi con cui ci dobbiamo confrontare in famiglia o all’interno della nostra comunità nazionale sono una mera conseguenza dell’attitudine egoistica e dell’attaccamento. Per esempio, quando due persone discutono, ognuna pensa sempre di possedere la verità e se l’altra alla fine non cede, ammettendo di avere torto, la discussione può perfino degenerare in una rissa. Invece, quando ci danno ragione, ci plachiamo all’istante. Dunque potete facilmente comprendere come tutti i problemi siano causati da un modo di pensare egoistico, che ci fa ritenere di aver sempre ragione. Ne parlano in modo succinto i seguenti versi del Lama Choepa:
«Questo cronico modo di pensare egoistico
È la causa di sofferenze non volute.
Comprendendo questo, possa io essere ispirato
A biasimare, contenere e infine distruggere
Questo demone egoista.»
3. riflettere sui vantaggi che procura prendersi cura degli altri.
Avendo compreso gli enormi svantaggi che derivano dal basare il vostro benessere su di un pensiero egoistico, dovreste adesso riflettere sulla gentilezza di tutte le madri degli esseri senzienti. La gentilezza degli altri esseri nei nostri confronti è senza limiti in questo ciclo di esistenza. Ed è vero in modo particolare quando ci incamminiamo lungo un sentiero spirituale e iniziamo a rompere le catene che ci legano al ciclo ininterrotto di nascite, morti e rinascite. Lasciatemi fare l’esempio della nostra vita attuale e di come si sopravvive all’interno della comunità umana. Ai giorni nostri si ritiene che lo sviluppo economico sia il principale fattore di felicità e che lo si possa raggiungere solo grazie alla altrui cooperazione. Sebbene due nazioni possano avere forti contrasti in ambito politico, quando comprendono che sarebbe utile per entrambe cooperare nel campo economico, lo faranno per avere un reciproco vantaggio.
Anche chi è contro la religione non potrà evitare di convenire che il benessere della gente è più importante di quello di un singolo. Se l’intera comunità va bene, allora anche le singole persone ne trarranno beneficio. D’altro lato se una o due persone raggiungono il successo ma la comunità nel suo complesso ha gravi problemi, prima o poi ne risentiranno anche i singoli individui. Quindi quando lavoriamo per il bene delle masse, il nostro particolare vantaggio sarà un prodotto del nostro impegno. Se invece siamo solo egoisticamente preoccupati dei nostri interessi privati, probabilmente non li raggiungeremo mai. Non si tratta di un argomento religioso ma di un fatto che si può verificare nella vita di ogni giorno.
Possiamo vedere come un individuo che conduca un’esistenza tutta incentrata sui propri piaceri personali e che non si occupa degli altri avrà ben pochi amici e alla gente non sarà certo simpatico. Nel momento della morte non ci saranno molte persone che lo piangeranno. In effetti alcune persone negative possono essere potenti e ricche e quindi qualcuno – per motivi economici – farà finta di esser loro amico, ma dietro le spalle ne parleranno male. E quando queste persone moriranno, i cosiddetti «amici» ne saranno felici.
Al contrario sono sempre in tanti a rimpiangere la scomparsa di un uomo o di una donna animati da sentimenti gentili e altruistici e che hanno lavorato per gli altri. L’altruismo (e coloro che lo praticano) è sempre oggetto di rispetto, elogi sinceri e valutazioni positive.
Dico spesso, un po’ per scherzo, che se proprio si deve essere egoisti si sia almeno «saggiamente egoisti», lavorando per gli altri. Infatti, così facendo, si avranno in cambio aiuti e assistenza, in particolare nei momenti del bisogno. Invece se uno si comporta sempre con egoismo, quando sarà lui a trovarsi in difficoltà, saranno ben pochi quelli che vorranno aiutarlo. Fa parte della natura umana dover dipendere dagli altri ed essere costretti a interagire con il prossimo, in particolare quando siamo in difficoltà. In momenti del genere solo i veri amici potranno aiutarvi. Vivere una vita basata sull’altruismo vi consente di stabilire genuini rapporti di amicizia, il che non avviene nel caso contrario.
L’essenza della pratica Mahayana consiste nell’insegnare i metodi tramite i quali saremo ricompensati non solo in questa vita ma anche in quelle future. Le istruzioni Mahayana sono infatti di grande beneficio per tutti, credenti e non credenti. Se, vivendo un’esistenza virtuosa, saremo in grado di ottenere concreti successi nella vita attuale, allora lo saremo certamente anche in quelle future.
Come dice il grande bodhisattva Shantideva nel suo Bodhisattvacaryavatara, non c’è bisogno di spendere troppe parole per far comprendere i vantaggi dell’altruismo e gli svantaggi dell’egoismo. Basta paragonare noi stessi, che viviamo sotto il dominio di quest’ultimo, con i buddha e i bodhisattva che l’hanno abbandonato e si dedicano completamente al benessere altrui.
L’affermazione che il Buddha è molto prezioso ed eccezionale non dovrebbe riferirsi unicamente al fatto che possiede i maggiori e minori nobili segni, piuttosto a quello che possiede, elevato all’ennesima potenza, il potere della grande compassione. La compassione è la vera sorgente della felicità e un essere che l’ha sviluppata completamente si deve ammirare e rispettare.
Il Bodhisattvacaryavatara afferma:
«Se non scambio la mia felicità
Con le sofferenze altrui
Non otterrò mai lo stato di Buddha
E non proverò mai la vera gioia.»
Analogamente, nel Lama Choepa si legge:
«Pensare solo a me stesso è la via per ogni fallimento,
Mentre aiutare le mie madri
È la base per ogni successo.
Ispirami a rendere questa consapevolezza
Il centro della mia pratica,
Lo yoga dello scambiare me stesso con gli altri.»
L’idea originaria di Karl Marx era in buona parte positiva: si deve lavorare per le masse. Purtroppo furono sbagliate le sue applicazioni concrete, tutte invelenite dal risentimento e basate sulla lotta di classe. I rivoluzionari non amano e non praticano l’altruismo. A causa di questo approccio basato sull’idea di scontro tra classi nemiche, non riuscirono a realizzare l’originaria idea di Marx. Penso sia un buon esempio di come l’odio causi solo miserie e sofferenze.
Gli scritti buddisti ammoniscono sempre di superare le attitudini egoistiche e generare invece il desiderio di aiutare il prossimo. Questo desiderio è la fonte di ogni autentica felicità e dovrebbe essere praticato anche dai Paesi socialisti, in modo che possano così raggiungere i loro scopi. Riflettere sugli svantaggi di un’attitudine egoistica e sui vantaggi di quella altruistica costituisce in effetti l’essenza autentica degli insegnamenti sulla trasformazione del pensiero. Dopo esservi convinti della bontà di questo ragionamento, dovreste iniziare la pratica dello scambiare noi stessi con gli altri.
4. Scambiare noi stessi con gli altri
Scambiare noi stessi con gli altri significa invertire un’attitudine: quella di pensare solo a noi stessi senza tener conto degli altri esseri senzienti. Dovremmo provare indifferenza per noi stessi, ridurre l’autoattaccamento e invece sentire quanto possa essere prezioso il benessere altrui. È questo il significato della frase «scambiare noi stessi con gli altri». La grande considerazione in cui tenevamo noi stessi deve essere dedicata agli altri.
Per questa pratica si dovrebbero anche conoscere gli impegni e i precetti [30] relativi alle pratiche della trasformazione del pensiero. In questo modo sarete in grado di trasformare ogni circostanza avversa in una condizione favorevole. In questa età degenerata, quando incontriamo ogni sorta di problemi, la pratica della trasformazione del pensiero è molto efficace. Se non la si porta avanti, perfino un serio meditatore potrà incontrare degli ostacoli.
5. Dare e ricevere
La pratica del dare e del ricevere dovrebbe seguire quella dello scambiare noi stessi con gli altri. Si deve iniziare riflettendo sul fatto che tutti gli esseri senzienti desiderano la felicità ma purtroppo non la ottengono, e che sebbene desiderino evitare la sofferenza, continuamente la sperimentano. Pensate che è l’ignoranza a spingerli a lavorare per raggiungere i loro fini egoistici.
Dovreste poi sviluppare l’insolita, straordinaria attitudine di desiderare che tutte le altrui sofferenze ricadano su di voi. Questa meditazione del dare e del ricevere è molto potente e il Lama Choepa [31] la presenta in questi versi:
«Quindi, o venerabili e compassionevoli maestri,
Ispiratemi a desiderare che tutte le negatività
Karrmiche e le sofferenze di ogni essere senziente
Ricadano fin da ora su di me,
E possa io dare agli altri la mia felicità e i miei meriti
In modo che tutti gli esseri raggiungano la felicità.»
Mentre il grande maestro Nagarjuna disse nel suo Ratnavali:
«Possano i loro frutti negativi maturare in me
E quelli positivi che ho accumulato in loro.»
Ispirati da un forte senso di compassione per gli altri esseri senzienti, visualizzate di prendere su di voi tutte le loro sofferenze e quindi, ispirati da un forte senso di amore, immaginate di donare agli altri tutti i meriti che avete accumulato, la vostra felicità, le vostre ricchezze, i vostri beni e perfino il vostro corpo.
Esprimete il desiderio che attraverso la forza di quello che avete donato tutti gli esseri possano sperimentare le conseguenze positive dei vostri doni. Quelli che desiderano una favorevole rinascita, possano ottenerla. E coloro che vogliono dei beni materiali possano averli. Immaginate che le vostre virtù si trasformino negli oggetti desiderati da questi esseri senzienti e che essi li possano ottenere.
La pratica del dare può essere intrapresa perfino nei riguardi dei vostri maestri spirituali. Potete dare la preziosa raccolta dei vostri meriti al guru in modo che possa vivere a lungo per poter essere ancor più di beneficio agli esseri senzienti che ancora non hanno raggiunto l’illuminazione. Dovreste anche immaginare di ricevere dai bodhisatttva di elevato livello le ostruzioni alla completa conoscenza che ancora conservano al loro interno.
Quando vi impegnate nella pratica del dare, proprio come spiegano il Bodhisattvacaryavatara e il testo sulla trasformazione del pensiero, dovreste dapprima cercare di addestrarvi immaginando che fin da ora vi fate carico delle future sofferenze. Quindi, dopo aver padroneggiato questa pratica, applicate lo stesso processo alle sofferenze degli altri.
Ghesce Chekawa scrive nel suo Lojong dhon dun ma, (Sette Punti della Trasformazione del Pensiero):
«Praticando insieme
Sia il dare sia il ricevere
Cominciate a prendere da voi stessi.
E usateli come il ritmo del respiro.»
Se potete unire queste pratiche con il processo del respiro – immaginando di ricevere quando inspirate e di dare quando espirate, sarete in grado di impegnarvi in una potente pratica che vi consentirà di prendere il forte impegno di agire come un bodhisattva. Se sarete in grado di farlo, grazie alla vostra determinazione e alla pratica di bodhicitta, riuscirete a indebolire la forza di tutte le molteplici azioni negative commesse nelle trascorse esistenze e ad accumulare una grande quantità di meriti.
Questo è il modo in cui dovreste abituare la mente nella coltivazione di bodhicitta attraverso il metodo di equiparare e scambiare voi stessi con gli altri. Quando vi impegnate in una pratica così completa, il fatto che gli esseri siano stati o meno vostra madre non fa alcuna differenza. La consapevolezza che ogni essere senziente possiede una tendenza naturale alla felicità e a evitare il dolore è già di per se una ragione più che sufficiente. In ogni caso, la gentilezza degli esseri non si limita al fatto che siano stati tutti vostra madre. Erano gentili anche quando li avete incontrati sotto forma di nemici in quanto vi hanno dato l’opportunità di praticare la pazienza. È solo a causa dell’esistenza degli altri che i buddha possono lavorare per il beneficio di tutti gli esseri senzienti e impegnarsi nelle loro nobili attività.
Siete uguali al vostro prossimo per quanto riguarda l’innato desiderio di felicità e il possedere i naturali diritti a goderne. L’unica differenza sta nel numero. Quando parlate del vostro benessere state parlando di un solo individuo, quando parlate di quello degli altri state parlando di un numero infinito di persone. Quindi il benessere altrui è molto più importante del vostro. Attraverso la pratica del dare e ricevere, raggiungerete uno stato in cui naturalmente penserete in questo modo.
Le principali istruzioni relative alla generazione della mente altruistica di bodhicitta – il metodo di causa ed effetto in sette punti e lo scambiare noi stessi per gli altri – dovrebbero essere praticate preferibilmente insieme. Quindi il praticante, dopo aver posto nella sua mente le basi dell’equanimità, dovrà seguire questo percorso:
ricordare che tutti gli esseri sono stati le sue madri nelle reincarnazioni precedenti;
ricordare la loro gentilezza;
mantenere lo straordinario ricordo della loro gentilezza;
avere l’intenzione di ricambiare la loro gentilezza;
sviluppare la gentilezza amorevole;
equiparare lui stesso con gli altri;
riflettere sugli svantaggi dell’attitudine egoistica;
riflettere sui vantaggi del prendersi cura degli altri;
attuare il vero scambio;
ricevere, concentrandosi sull’aspirazione alla compassione;
dare, concentrandosi sull’aspirazione all’amore;
sviluppare la speciale attitudine e il culmine;
ottenere bodhicitta, la motivazione altruistica a ottenere l’Illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Seguendo le istruzioni contenute nel Bodhisattvacaryavatara, riuscirete a fare progressi graduali e infine a raggiungere uno stato in cui vi sentirete più vicini agli altri esseri senzienti e più distanti dall’egoismo che vi portate dentro. E quindi potrete incrementare il potere del vostro altruismo. Questo è il modo in cui dovrete praticare bodhicitta.