Insegnamenti di Sua Santità il XIV Dalai Lama a New York, USA, maggio 1998 sul Tema: Lo spirito di Manjustri.
Traduzione dall’inglese all’italiano di Elisa Villa, revisione del Dott. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lam’s Teachings”per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per qualsiasi errore od omissione.
1a – I Dodici Anelli dell’esistenza interdipendente.
Sua Santità il Dalai Lama
Nel contesto del Buddha Dharma, il Dharma si riferisce al dharma ultimo, ovvero il nirvana. Pertanto, la comprensione della religione buddista ha bisogno della giusta comprensione del dharma della cessazione e della comprensione del nirvana o liberazione. Se le pratiche diventano l’antidoto contro le oscurazioni o le afflizioni della mente, allora quelle pratiche, sono il dharma o dharmiche. Se le pratiche non diventano antidoti alle oscurazioni, allora non sono dharmiche o il dharma.
Qual è la caratteristica distintiva del Buddha Dharma? È il dharma che viene praticato con alla base la comprensione o il riconoscimento che le illusioni e le afflizioni della mente sono il vero nemico. Un’intera pratica spirituale è dedicata alla lotta contro queste afflizioni della mente. Naturalmente una rinascita favorevole ed altri aspetti desiderabili della vita samsarica, insieme alle cause di questi conseguimenti positivi, sono virtuosi, ma questi non dovrebbero essere la nostra finalità come praticanti del Dharma. La nostra finalità dovrebbe essere la liberazione dal samsara.
Basandosi sul vero riconoscimento della natura insoddisfacente dell’esistenza nel samsara e in base al pieno riconoscimento di desiderarne la liberazione, si dovrebbe sviluppare una vera e propria aspirazione a cercare tale libertà. Questo è la vera Rinuncia. Al fine di sviluppare una vera e propria aspirazione a raggiungere la piena libertà o liberazione dal samsara, è necessario avere una certa comprensione di ciò che il nirvana, o liberazione, significa veramente. In questo contesto si deve anche avere un’idea di ciò che significa ottenere questa liberazione. Questa comprensione nasce dal riconoscimento che le illusioni della mente possono essere rimosse. In questo contesto, la comprensione della vacuità è importante.
In generale il concetto di moksha o liberazione spirituale si trova in molte tradizioni religiose. Per esempio, nella tradizione indiana non buddista Samkhya, c’è un concetto molto sofisticato di moksha, o liberazione, in cui si parla di circa venticinque oggetti primari della conoscenza, che sono varie manifestazioni di o modalità della sostanza primordiale. Quando tutte queste manifestazioni si dissolvono nella sostanza primordiale, è questo il momento in cui tutte le oscurazioni cessano ed avviene la vera liberazione. Allo stesso modo, nella tradizione dell’antico pensiero indiano Jain esiste una concezione di moksha rappresentante una terra pura ontologica in cui prendono rinascita gli esseri spiritualmente illuminati.
Ciò che è unico nel buddismo è la vera comprensione di moksha o liberazione, che può venire solo quando si ha una profonda comprensione della vacuità. C’è un passo di Nagarjuna (https://www.sangye.it/altro/?cat=9 ) nella Mulamadhyamakarika (Versi fondamentale della Via di Mezzo) https://www.sangye.it/altro/?p=513, che fornisce un resoconto molto succinto di ciò che Nagarjuna intende come moksha o liberazione. Nagarjuna afferma che la liberazione avviene quando il continuum del karma e delle illusioni cessa. Qui la cessazione del continuum karmico e delle illusioni non si riferisce ad un flusso che termina, perché è un fenomeno momentaneo. Piuttosto questa cessazione si riferisce ad una cessazione determinata da mezzi intenzionali dell’applicazione del sentiero.
Il karma che dà luogo a tutto il ciclo perpetuo di esistenza non illuminata è a sua volta creato da fattori motivanti come le oscurazioni della mente: l’attaccamento, l’odio, l’ignoranza e così via. Queste oscurazioni o afflizioni della mente stessa sono, a loro volta, create sulla base di una falsa percezione del mondo, in particolare, dal tipo di esagerazioni che si tende ad attribuire alle nostre percezioni. Questo preconcetto della realtà, a sua volta, viene creato dal nostro modo fondamentalmente ignorante di percepire il mondo, è un’attitudine in cui si tende a proiettare una sorta di eternalismo, o natura costante o permanente alle cose ed eventi. Questo è definito come elaborazione concettuale, nel senso che stiamo elaborando il mondo. Questa elaborazione o modo fondamentalmente errato di vedere il mondo è un qualcosa che può essere eliminato e sradicato sviluppando la visione della vacuità che vede attraverso l’inganno e comprende il mondo in quanto tale. La chiave di tutto questo processo d’eliminazione delle visioni distorte sta nella corretta comprensione della vacuità.
C’è una lettura alternativa dell’ultima riga delle affermazioni di Nagarjuna: che tutte queste elaborazioni concettuali sono attenuate sviluppando la comprensione della vacuità. La lettura alternativa è dove dice che tutte queste elaborazioni concettuali sono attenuate la vacuità. Questo concetto di attenuamento con la vacuità è sensato, in realtà è la comprensione della nostra vera natura ultima della mente che dissolve le oscurazioni. La mente in qualche modo diventa lo stesso strumento per purificare se stessa.
Se si pensa attentamente, Moksha o liberazione, non è altro che uno stato d’animo, la natura ultima della mente. La natura ultima della mente è la vacuità della mente. E questo è, a volte, indicato come il nirvana naturale. La vacuità della mente, è una mente che ha raggiunto il punto in cui ha purificato tutte le sue oscurazioni, ed è il nirvana o moksha.
Pertanto, nelle Scritture sono menzionate almeno quattro principali tipi di nirvana o liberazione. Il primo è il nirvana naturale che si riferisce al vacuità della mente. Infatti questa è la base o il primo piano d’appoggio che rende possibile liberare la nostra mente. I restanti tre sono nirvana con sostanza, il nirvana senza sostanza e il nirvana non solido.
Questa nozione di uguaglianza tra samsara e nirvana è stato espressa nella spiegazione Sakya della vacuità in cui si parla dell’uguaglianza di samsara e nirvana anche in relazione agli oggetti di aggregazione come vasi e così via. Anche se il vero significato dell’uguaglianza di samsara e nirvana deve fondarsi sulla comprensione della natura della mente.
All’interno dei Dodici Anelli dell’origine dipendente, la chiave è capire la differenza tra l’ignoranza fondamentale ed il resto del ciclo. Esiste una relazione causale fondamentale: se l’ignoranza di base viene eliminata l’intero ciclo termina. Quando il Buddha, nell’ambito dei sutra, diede l’insegnamento chiamato “I Dodici Anelli dell’Origine Dipendente”, fece tre dichiarazioni molto importanti. La prima era sul “perché” questo esiste, e perciò esiste. Il significato è che: tutto ciò che ha il potenziale di causalità o di produrre qualcosa d’altro, deve esistere.
La seconda affermazione è “poiché questo è iniziato ad esistere anche ciò che ne è scaturito viene ad esistere”. Il punto qui è che l’esistenza da sola non è sufficiente. Ciò che è necessario è che ciò che provoca un qualcosa, deve essere esso stesso causato da un qualcosa d’altro. Nulla che non ha avuto una causa può avere il potenziale di causare un qualcos’altro. Il punto, inoltre, è che questi sono fenomeni impermanenti.
La terza affermazione è che: poiché esiste l’ignoranza fondamentale, iniziano ad esistere i fattori karmici. Il punto è che, al fine che un qualcosa produca un qualcos’altro, l’esistenza da sola non è sufficiente, in quanto ha anche bisogno d’essere un fenomeno impermanente. Però l’impermanenza in sé non è sufficiente, ci deve essere commensurabilità tra causa ed effetto. Ad esempio, nel caso della reincarnazione, vi è una correlazione tra l’ignoranza fondamentale e lo stato samsàrico o non illuminato. Poiché l’esistenza nel Samsara non è affatto desiderata, nemmeno la sua causa, l’ignoranza fondamentale, è anch’essa desiderata. Il significato che il Buddha vuole esprimere in questa spiegazione è che, anche se ognuno di noi ha l’istinto naturale a cercare la felicità, per ignoranza pone invece le cause e le condizioni per la propria sofferenza. È questa ignoranza che sta alla radice della propria reclusione o Samsara.
Commentando queste tre affermazioni fondamentali del sutra, nel suo Abhidharmasamuccaya (Compendio della Conoscenza) Asanga fa delle osservazioni che si rifanno alle tre condizioni. Asanga illustra il significato della prima condizione dicendo che, a differenza di altre tradizioni religiose, nel buddismo, la creazione deve essere compresa all’interno del contesto di causa ed effetto, non è data da un essere trascendente con potere divino.
Sottolineando la seconda condizione, ovvero che la causa è di per sé un fenomeno impermanente, Asanga afferma che il Buddha respinge in un certo senso la credenza di altre tradizioni religiose, ed afferma invece che tutto il mondo fisico esiste come risultato di una causa permanente che l’ha creato. Per esempio nella filosofia Samkhya, la sostanza primordiale, che a sua volta si dice permanente, è identificata come la causa di tutto l’universo. Questo è ciò che viene respinto.
Quindi, tutta questa catena di causalità deve essere capita da queste prospettive. I “I Dodici Anelli dell’Origine Dipendente” stessi sono poi suddivise in tre classi: oscurazioni, karma e effetti che danno sofferenza. Questi insegnamenti sui “I Dodici Anelli dell’Origine Dipendente” sono molto succintamente descritti nelle “Sacre Parole di Manjusri” del Quinto Dalai Lama.
Il Quinto Dalai Lama fa l’esempio di un ciclo karmico in cui avviene la rinascita in uno stato favorevole d’esistenza, come un essere umano. L’ignoranza fondamentale iniziale, che è alla base di questa rinascita, è il primo fattore, la prima catena dei “Dodici Anelli dell’Origine Dipendente”. Questo motiva o causa un’azione, che, nel caso di una rinascita umana, sarà un’azione virtuosa. Questa è il Secondo Anello dei “Dodici Anelli dell’Origine Dipendente”: un volontario atto karmico che è azionato dal motivo dell’ignoranza.
Il Terzo Anello, la coscienza, è divisa in un percorso causale ed in un percorso conseguente. Il percorso causale è la coscienza simultanea all’effettivo atto karmico. La prima parte del Terzo Anello è chiamato la causa propellente, la causa prima, che imprime realmente la spinta per fare iniziare l’azione karmica in un processo causale. L’Ignoranza Fondamentale si dice che sia il fattore motivante causale, e poi ci sono alcuni tipi di ignoranza che si dicono essere contemporanei alle azioni effettive. Questi sono, per esempio, l’ignoranza della legge di causa ed effetto e così via. Tale ignoranza porterà alla rinascita inferiore nel ciclo dell’esistenza.
La seconda catena dei “Dodici Anelli dell’Origine Dipendente” riguarda gli atti volontari o azioni karmiche. Ne esistono di tre tipi principali: positive, negative e quelle che permettono la nascita nei reami superiori. Nel caso di karma negativo, si ha come motivazione non solo l’ignoranza fondamentale, ma anche ignoranza della legge di causa ed effetto. In tutti questi casi, è essenziale la presenza dell’ignoranza fondamentale. È questa ignoranza fondamentale che sta alla base di tutti gli anelli.
Una volta che sono state fatte delle azioni karmiche e si è creato un karma, la domanda che sorge è: come fa il karma a mantenere la sua potenza per tutte le vite future, nel tempo, prima di manifestare il suo risultato od il suo effetto? Qui viene evidenziata la questione di come il karma lascia la sua traccia. La questione di come le azioni karmiche lascino le loro tracce rimane un argomento filosofico complesso. Io stesso, a volte non ne ho un’idea chiara, naturalmente, si può notare che c’è stata una enorme discussione su quest’argomento nella letteratura filosofica buddista. Generalmente è riconosciuto che le impronte karmiche vengono trasmesse mantenendo una continuità di coscienza.
Il Quinto Dalai Lama afferma che l’Ottavo dei Dodici Anelli, l’attaccamento, inoltre il Nono, la bramosia [avidità], ed il Decimo, l’anello del divenire, questi tre rappresentano le cause attivanti.
Inoltre esse danno luogo alla crescita di un seme karmico. L’attaccamento in questo caso si riferisce alla affinità verso sensazioni desiderate, come il piacere e così via, nonché l’attaccamento per sfuggire alla sofferenza. Il Nono Anello, la bramosia [avidità], è una delle più alte forme di attaccamento. L’attaccamento e la bramosia [avidità] danno luogo al Decimo Anello, che è una forma altamente attivata del potenziale del karma.
Nagarjuna sottolinea anche che il Buddha stesso nei sutra ha affermato che l’invecchiamento e la morte sono a loro volta causati dalla nascita, dall’iniziare ad esistere. Così, come l’iniziare ad esistere è causato da un evento, la cessazione o la dissoluzione di un fenomeno è causato a sua volta da un evento. Nagarjuna ed i suoi seguaci sostengono che, così come la generazione o la creazione è causata da eventi, così anche la cessazione o la dissoluzione lo sono. Altri sono in disaccordo con ciò, e sostengono invece che la cessazione è un fenomeno permanente, ed è riconosciuta come una negazione “non affermante”, una semplice negazione, la cessazione di un fenomeno. Nagarjuna ed i suoi seguaci sostengono che la cessazione, poiché è causata da un evento, ha ancora il potenziale di causare qualcos’altro.
I prossimi Quattro Anelli della catena sono le Sei Sorgenti Sensoriali, il Nome e la Forma, che sono conosciuti come il Contatto e la Sensazione. Questi sono detti portatori di risultati. Nome e Forma si riferiscono alla fase iniziale dello sviluppo embrionale e le Sei Sorgenti Sensoriali
si riferiscono agli stadi di sviluppo in cui gli organi di senso cominciano a svilupparsi. Quando le facoltà sensoriali sono sviluppate al punto da permettere di far immagazzinare esperienze, siccome ora c’è interazione con gli oggetti, il Contatto comincia ad esistere. Un’ulteriore sviluppo di ciò è la possibilità di percepire l’esperienza cognitiva come Sensazione.
L’uso della combinazione tra Nome e Forma è quella di includere anche la rinascita nei regni senza forma dell’esistenza. Si dice che gli esseri che prendono la rinascita nei regni di esistenza senza forma, anche se non hanno forme, hanno un nome che fa riferimento al fondamento delle forme. Allo stesso modo, gli organi di senso fisico, le facoltà, non sarebbero pienamente manifestate nei regni senza forma, tranne che rimanere sotto forma di un potenziale.
L’undicesima catena, la Nascita, si dice che sia di quattro specie diverse: parto spontaneo, nascita dal grembo, nascita da un uovo e nascita dal calore. L’invecchiamento e la morte costituiscono il Dodicesimo Anello della catena. L’invecchiamento non deve necessariamente riferirsi alla vecchiaia stessa, ma piuttosto si dice che dal secondo momento dopo la propria nascita, il processo di invecchiamento è iniziato. Si può dire che il Dodicesimo Anello è iniziato subito dopo la propria nascita.
In questa catena dei Dodici Anelli, il venire ad esistere di quelli successivi dipenderà dall’esistenza dei precedenti, mentre la fine di quelli successivi dipende dalla fine dei suoi collegamenti precedenti nella catena. Attraverso questo modo si può risalire fino alla causa finale che è l’ignoranza fondamentale. È in questo senso che si può dire che l’ignoranza fondamentale è alla radice della propria esistenza non illuminata nel samsara.
Qual è la natura di questa ignoranza fondamentale? Vi è una divergenza di opinioni tra i pensatori buddisti. Asanga sostiene che l’ignoranza non è uno stato attivo di conoscenza sbagliata, ma piuttosto uno stato passivo di non conoscenza. Tuttavia, altri personaggi, come Dharmakirti e Candrakirti, sostengono che l’ignoranza non è un semplice stato passivo di non conoscenza, ma piuttosto uno stato attivo di conoscenza sbagliata. Quindi, la mente ignorante non è altro che la mente distorta che percepisce in modo sbagliato la realtà esistente avente una sorta di natura intrinseca o realtà.
In breve, ciò che viene qui evidenziato è che la radice dell’esistenza ciclica è l’attaccamento ad una vera esistenza od all’esistenza intrinseca del proprio sé. Pertanto, è solo eliminando questo attaccamento che si può iniziare il processo di spezzare la catena. Così Aryadeva, il principale discepolo di Nagarjuna, indicò, nei Quaranta Versi sulla Via di Mezzo, che il seme dell’esistenza samsarica è la coscienza. Con la coscienza, egli si riferisce alla coscienza che s’attacca alla vera esistenza del sé e dei fenomeni. Inoltre afferma che tutti gli oggetti, cose ed eventi sono fenomeni cui questa coscienza s’è attacca. Quando si ottiene la comprensione dell’assenza dell’auto-esistenza di questi fenomeni, allora si può cominciare ad eliminare e recidere alla radice i processi del seme di samsara.
Analogamente, Nagarjuna afferma nei suoi Settanta Versi sulla Vacuità che la mente che s’attacca a tutte le cose ed agli eventi, che iniziano ad esistere in seguito a cause e condizioni, come se avessero un qualche tipo di esistenza intrinseca od autonoma, è illustrata dal Buddha come una mente ignorante, che non conosce. È da questa mente ignorante che sorgono i Dodici Anelli dell’Origine Dipendente. Se una persona sviluppa una piena comprensione del significato dell’origine dipendente, allora può iniziare il processo di disfacimento della catena dei Dodici Anelli. Si può iniziare a recidere la fase di produzione dell’ignoranza ed una volta fatto ciò, allora tutti i successivi anelli della catena potranno anch’essi essere spezzati.