B – S.S. il Dalai Lama: Secondo Discorso per l’80°

Sua Santità il Dalai Lama: Sono convinto che siamo dotati delle condizioni necessarie per contribuire al bene del mondo.

Sua Santità il Dalai Lama: Sono convinto che siamo dotati delle condizioni necessarie per contribuire al bene del mondo.

Secondo discorso tenuto da S.S. il XIV Dalai Lama del Tibet durante le celebrazione per il Suo 80° genetliaco al tempio di Dharamsala, il 21 giugno 2015. Seconda parte.

Quest’oggi siamo qui riuniti in molti, la maggior parte dei presenti sono tibetani, probabilmente buddisti. Tra di loro ci sono quelli etichettati come Kagyu, Sakya e così via, sembra quasi che si differenzino in base al colore e alla forma dei cappelli indossati. Assolutamente stupido! (N. d.T.: Credo che S.S. voglia dire che, in realtà, i fattori che ci rendono uguali sono molto più importanti delle insignificanti differenze dovute al colore e alla forma del cappello indossato.) In realtà tutti noi, (buddisti tibetani) siamo ugualmente detentori del lignaggio proveniente dalla gloriosa università monastica del Nalanda.

Gli insegnamenti buddisti possono essere differenziati in due tipi: 1) gli insegnamenti di carattere generale (che tutti possono applicare) e 2) gli insegnamenti di carattere specifico (adatti solo per certe persone). Molti si dedicano principalmente agli insegnamenti della seconda categoria. Credo, invece, che dovremmo cercare di essere utili al mondo, nel suo insieme, con gli insegnamenti buddisti di carattere generale. Gli insegnamenti appartenenti alla seconda categoria, sin dall’inizio, ebbero origine e furono tramandati sulla base della specifica condizione psico-fisica di un particolare praticante, come per esempio la sua intelligenza, le sue attitudini, la condizione dei suoi canali, energie-venti e gocce. Ognuno di noi, a livello personale, può naturalmente praticare in relazione alla propria intelligenza, alle proprie inclinazioni, alla condizione dei nostri canali, energie-venti e gocce, come pure in relazione alla divinità a cui siamo legati in modo particolare, e così via. Questo, però, è un approccio limitato ad un particolare praticante.

Insegnare sulla base degli insegnamenti generali del buddismo è invece presentare concetti quali le “Due Verità”, le “Quattro Nobili Verità” e così via. Per quanto riguarda, per esempio, “la psicologia buddhista”, ovvero la scienza buddhista della mente, essa fa parte della prima categoria: gli insegnamenti buddisti di carattere generale.

Forse tutti questi discorsi non sono pertinenti con la situazione, ma visto che siamo riuniti qui in molti, in particolare, ci sono molti studenti, e sono anche qui riuniti molti dei miei amici, ho comunque pensato di parlarne.

Qui mi sono stati fatti molti complimenti ed elogi, forse qualcuno di voi ne ha concluso che io posso fare veramente cose straordinarie! Non è vero! Non posso fare niente di speciale! La realtà è che sono un essere umano e ho usato, come meglio ho potuto, l’intelligenza umana di cui tutti siamo dotati. Mi sono confrontato ampiamente col mondo scientifico, e ho analizzato le molte esperienze di vita che ho avuto. Diciamo che la chiave (che ha aperto la porta delle mie riflessioni) è stata la filosofia tramandata dai saggi dell’antica India, in generale, e dai dotti della gloriosa università monastica di Nalanda, in particolare. Ho praticato su questa base ed ora ho raggiunto gli ottant’anni. Posso dire di aver fatto del mio meglio e, non solo, finchè questo corpo me lo permetterà ho intenzione di proseguire su questa strada. Di solito prego con le parole di questa strofa e rifletto su questi temi quotidianamente:

Dedico a tutti gli esseri, le mie vecchie madri, senza alcuna avarizia, tutto ciò che ho:

il mio corpo, le mie ricchezze e

anche la radice della virtù dei tre tempi.

Oggi sono arrivati anche tanti amici indiani; qualcuno di voi ha detto che gli strumenti analitici che uso provengono dalla filosofia indiana. Questo è assolutamente vero e lo ripeto spesso: la ricchezza di pensiero filosofico che mi è stata trasmessa deriva dall’India. A volte, prendo in giro i nostri amici indiani dicendo che, storicamente parlando, voi genti del paese Arya (L’India è considerata e detta da tutti i popoli buddisti e anche dai tibetani un paese speciale, ovvero ‘paese Arya’, ‘paese nobile’,perché ha dato i natali a Buddha Shakyamuni, che ha insegnato il Buddha-Dharma.) siete i nostri maestri e noi (tibetani) siamo i vostri discepoli; nondimeno di questi tempi, dal punto di vista della conoscenza, i discepoli non sono poi così carenti di conoscenza! Gli eredi degli antenati dei nostri maestri (gli indiani moderni) sono molto distratti da tutte le nuove numerose e svariate invenzioni moderne e prestano, invece, sempre meno attenzione alla loro profonda conoscenza millenaria.

Ultimamente si parla molto di yoga e si è istituita ‘la giornata dello yoga’: è sicuramente una buona cosa! Tuttavia c’è da dire che, siccome in India sono presenti molte religioni, una volta, mentre mi trovavo ad una conferenza, qualcuno ha espresso il sospetto che si stia cercando di promuovere deliberatamente una tra le tante religioni. Qualcuno mi ha posto direttamente questa domanda. Risposi che non credo si tratti di questo. In un paese di più di un miliardo di abitanti, naturalmente ci sono sempre leggeri screzi, ma giudico che sia ovvio che sorgano dei conflitti. C’è sempre qualche guastafeste in giro!

Parlando in generale, in questo paese, nel corso dei millenni, sono sorte e si sono sviluppate diverse tradizioni religiose, inoltre, anche le altre principali religioni del mondo sono venute a stabilirsi qui e hanno convissuto tutte insieme armoniosamente. In questo mondo, da questo punto di vista, l’India è veramente un paese modello! Di questi tempi, in questo mondo, prendendo a pretesto le differenze religiose, non solo si intavolano discussioni animate (come si faceva nell’antica India) ma si arriva ad uccidere in nome della religione! In questo tipo di situazione mondiale, è estremamente importante che l’India continui ad essere, come lo è stata per millenni, il simbolo della tolleranza religiosa! L’India è un esempio per il mondo, da seguire non solo per questo, ma anche perché è il paese più popolato al mondo a godere di democrazia e libertà. Naturalmente questo non è facile, anzi è molto complicato. Tuttavia, l’armonia tra le diverse religioni è sopravvissuta, qui in India, sino ai nostri giorni. Queste sono le ragioni per cui non credo che ci sia un vero pericolo di predomino di una particolare religione a scapito delle altre. Credo che il nuovo interesse per un aspetto dell’antica cultura indiana, come lo yoga, sia un fenomeno positivo.

Analogamente, ripeto spesso che, nella costituzione indiana, si dice che il paese segue un sistema ‘secolare/laico’; consiglierei quindi che anche questa ‘rinascita’ dello yoga si fondi su un approccio laico (ovvero non legato ad alcuna religione). In generale, quando si parla di yoga si intendono soprattutto le posizioni fisiche (asana) e gli esercizi di respirazione (pranayama), che sono legati entrambi alla salute fisica. Potrebbe essere interessante integrare questi esercizi fisici con istruzioni sul modo di pensare, modo che può essere associato a proprio piacimento (alla tradizione spirituale che si pratica). Poiché sono qui presenti delle autorità indiane, ho pensato di esporre queste mie idee. Comunque, la capacità indiana di far coesistere pacificamente, fino ai nostri giorni, tutte le diverse tradizioni religiose, è un qualcosa di prezioso, come un ‘gioiello’. Credo sia estremamente importante non ostacolare questo sistema.

Questo “vecchio” che avete difronte, e che ha compiuto oggi ottant’anni, ha trascorso la maggior parte della sua vita qui in India. Dal punto di vista filosofico, le modeste comprensioni presenti nella mia mente derivano dall’India. Di conseguenza, a volte dico che sono un ‘figlio’ dell’India. Da un lato, i pensieri filosofici presenti nella mia mente e che trovo così utili provengono dall’India. E, dal punto vista fisico, il mio corpo, per più di cinquantasei anni (dall’aprile 1959 quando S.S. arrivò in esilio), è stato sostenuto durante tutti questi anni dal riso, dalle lenticchie (dal) e dal pane (ciapati) indiani; perciò dico che sono un ‘figlio’ dell’India. Queste non sono dichiarazioni politiche, ma constatazioni di fatto.

Credo, tuttavia, che gli indiani dovrebbero prestare più attenzione alle antiche tradizioni di conoscenza di questo paese. Se invece continueranno a farsi, da un lato, incantare dalla varietà e sofisticazione degli oggetti materiali e, dall’altro, a farsi imbrogliare dalla corruzione, questo è qualcosa di cui veramente vergognarsi! Sarebbe invece auspicabile che l’India si applicasse alle nuove scienze moderne, cosa assolutamente indispensabile, ma le abbinasse alla rivisitazione ed all’approfondimento delle sue antiche conoscenze riguardanti soprattutto la mente ed il suo funzionamento. Quest’oggi ho pensato di condividere con voi (rivolgendosi agli ospiti indiani) queste mie riflessioni.

Questo vale anche per noi tibetani! I nostri eccezionali antenati ci hanno lasciato delle conoscenze molto preziose, come per esempio la lingua tibetana, che è veramente straordinaria in quanto, sia nella sua forma scritta che orale, ci permette di spiegare esaurientemente tutte le geniali comprensioni riguardanti la visione, la meditazione e il comportamento tramandateci dai dotti della gloriosa università monastica del Nalanda, cosa altrimenti impossibile con le altre lingue presenti nel mondo. Riflettendo su questo, noi tibetani possiamo giustamente avere rispetto ed ammirazione ed andare orgogliosi della nostra lingua. Questa nostra lingua, sia scritta che parlata, quando viene usata per parlare di cibo, delle invenzioni moderne e così via, non è poi un gran che, ed, a volte, risulta persino incompleta od insufficiente; ma questo è dovuto semplicemente al fatto che non è stata applicata alle tecnologie moderne e così via.

Se pensassimo che, alla luce di questo tipo d’insufficienza, non c’è motivo di studiarla perché non è di beneficio nella vita quotidiana, questo sarebbe un grave errore. In questo mondo, nei paesi che hanno raggiunto un alto livello di sviluppo tecnologico, ciò che manca, ciò di cui c’è insufficienza, è la conoscenza del fenomeno ‘mente’. In altre parole, il tipo di conoscenza che veramente manca nel mondo moderno è invece presente nella cultura tibetana; perciò credo che ci troviamo nella situazione di offrire questo tipo di conoscenza al mondo. Mi capite?

Non intendo dire che questo tipo di conoscenza deve essere offerta al mondo in riferimento alla religione buddhista, ma piuttosto con un approccio ‘laico’. Sono convinto che siamo dotati delle condizioni necessarie per contribuire al bene del mondo. Voi giovani studenti mi avete capito? Non fatevi solo incantare dalle svariate e attraenti invenzioni moderne. Credo che dovreste sviluppare più interesse per il tesoro di conoscenza riguardante la mente (psicologia / scienza della mente) che ci hanno lasciato i nostri antenati. Visto che oggi un gran numero di studenti è radunato qui, ho voluto condividere questi miei pensieri.

C’è qui anche il Primo Ministro dell’Arunachal Pradesh. Quest’anno dovevo andarci, ma questo vecchio monaco ha bisogno anche di riposo! Come nel proverbio tibetano, un pò pessimista, che dice: “non è ragionevole continuare a spronare l’asino quando è vecchio, perché alla fine cade”. Mi scuso anche che quest’anno non potrò andare a Karsha in Kinnaur (Piccolo villaggio tra Keylong ed Udeypur, nella regione di Lahul, nello stato dell’Himchal Pradesh, dove sorge un antichissimo tempio, a cui sono devoti sia i buddisti che gli indù: il Tempio Triloknath che ospita un’immagine di Phag-pa (Arya) Cenresig), ma ci andrò l’anno prossimo, e, come ho appena detto, ho deciso di non andare neanche nell’Arunachal Pradesh, ma ho intenzione di andarci l’anno prossimo, verso maggio; allora ci rivedremo lì (rivolto al Primo Ministro). Voi amici ‘mon-pa’, preparatevi a ricevermi con birra di buona qualità, la vostra birra ‘mon’ (mon-ciang)(“Mon-pa” è una popolazione buddhista dell’antico regno ‘mon-yul’; tradizionalmente gravitante nella sfera di influenza culturale tibetana. Nella provincia di Tawang, nello stato dell’Arunachal Pradesh, vivono circa 50.000mon-pa, e pochi altri vivono nei confinanti Tibet e Bhutan. Il sesto Dalai Lama, Tsang-yang Gyatso (1683-1706) nacque in quella regione.) Sua Santità ride fragorosamente e aggiunge: si racconterà che questo vecchio ghelong (monaco) andò nell’Arunachal Pradesh e si ubriacò!!

Grazie e Tashi Delek! (Fragorosi applausi della folla.)

Tradotto dal tibetano a Dharamsala da Mariateresa Bianca con l’aiuto di Sherab Dhargye. Rivisto dalla monaca italiana, Gestul-ma Tenzin Oejung. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.