8 S.S. Dalai Lama: Il Buddismo, la via della ragione.

Sua Santità il Dalai Lama: La saggezza che mira all'illuminazione, ovvero la visione che realizza la vacuità, ha la capacità di purificare tutte le afflizioni e anche le loro impronte.

Sua Santità il Dalai Lama: La saggezza che mira all'illuminazione, ovvero la visione che realizza la vacuità, ha la capacità di purificare tutte le afflizioni e anche le loro impronte.

8 – Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso: Il Buddismo, la via della ragione.

Insegnamenti conferiti a Dharamsala, India, da Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso per il “CioTrul Du Cen”, il Giorno dei Miracoli, 5 marzo 2015. Ottava parte.

Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso

Il rimedio alle afflizioni non è costituito dal semplice pregare augurandosi che le afflizioni scompaiano o che vengono allontanate, pacificate ed eliminate con l’accompagnamento del battere le mani come lo si fa, al termine della recitazione del ‘Sutra del cuore’, nei confronti delle interferenze (S.S ride all’idea). Le afflizioni possono essere eliminate solo attraverso la generazione della luce della saggezza che ancora non è sorta, l’incremento di quella che è già sorta e la sua attualizzazione nel continuum mentale.

Il modo corretto di spiegare il Buddhismo deve avvenire sulla base delle ‘Quattro nobili verità’, che, a loro volta, si basano sulla visione del sorgere dipendente (in quanto cause ed effetti); questa, a sua volta, si basa fondamentalmente sul ‘sorgere dipendente in quanto designazione in dipendenza’.

Anche la presentazione del soggetto del ‘rifugio’, come anche quello del ‘karma o legge di causalità’, per non parlare della presentazione del concetto di ‘liberazione’ e della ‘generazione dell’attitudine che si sforza di conseguire l’onniscienza’, che deve essere indotto dal desiderio di compiere il beneficio finale per tutti gli esseri, tutti questi possono solo essere spiegati e compresi esaurientemente sulla base del concetto di vacuità.

Su questo mondo non c’è nessun’altra lingua a parte il tibetano, la lingua del Paese delle Nevi, che spieghi la talità in quanto sorgere dipendente; queste spiegazioni non si trovano in cinese e neanche in hindi. Naturalmente esistevano in sanscrito, ma questa è ormai una lingua solo per pochi esperti.

Personalmente sono ormai anziano, quest’anno compio 8o anni, sulla base della mia lunga esperienza di sforzarmi, al meglio delle mie capacità, di applicarmi allo studio, alla riflessione e alla contemplazione del Buddhismo, posso dire che la ‘visione della profonda vacuità’, esattamente come vale anche per la compassione, è estremamente utile come preliminare, come pratica principale e come conclusione; è veramente importante!

Qui non sto dicendo che ho realizzato la vacuità; ma, nel processo di familiarizzazione con questo concetto, mi rendo conto che quanto più mi avvicino, tanto più la mia mente ne viene influenzata in modo tale che le afflizioni manifeste diminuiscono e alla fine cessano. Posso dire che constato una grande trasformazione derivata da questa pratica.

Come si dice nel ‘Sutra del cuore’, i Buddha dei tre tempi hanno conseguito l’insuperabile, perfetto e completo stato dell’illuminazione dipendendo dalla pratica della perfezione della saggezza. Essa costituisce il solo cammino percorso da tutti i Buddha e, allo stesso tempo, non c’è bisogno di menzionare come la comprensione della talità sia anche indispensabile per ottenere la liberazione.

L’unico metodo per conseguire la buddhità è costituito dalle pratiche della rinuncia, della bodhicitta e, infusa da quest’ultima, dalla pratica delle Sei Perfezioni (Generosità, Moralità, Pazienza, Sforzo entusiastico, Concentrazione, Saggezza) in associazione con una tale profonda vacuità.

Ora leggerò dal nostro testo, che descrive le vite precedenti del Buddha, come praticò mentre percorreva il sentiero che portò alla sua illuminazione. Non intendo completarne la lettura, ma leggerò solo una breve parte dalla trentunesima storia, quella che racconta le vicende di quando Buddha nacque in un’ illustre famiglia reale con il nome di Sutasoma.

Per cominciare, fondamentalmente tutti gli esseri sono datati di buone qualità; infatti i bambini piccoli sono puri, forse dicono qualche bugia nella speranza di ricevere dei regali, ma, altrimenti sono sinceri e hanno forti sentimento di affetto per gli altri. Per esempio, i bambini quando giocano fra di loro non fanno differenze di ceto sociale, avendo simpatia solo per i bambini di famiglie ricche e allontanandosi dai coetanei di famiglie povere; giocano con tutti i bambini che incontrano, non discriminano i compagni di giochi in base al fatto se sono credenti o no o a quale religione pratica la loro famiglia. È molto ispirante constatare che i bambini sono mossi solo dalla considerazione o dal sentimento di uguaglianza con tutti gli altri bambini.

Il problema sorge con l’età, quando questa considerazione che tutti abbiamo spontaneamente di base da bambini, ossia il grande affetto per gli altri e di essere tutti uguali in quanto esseri umani, sbiadisce giorno dopo giorno nella mancanza di importanza che gli viene attribuita ai fini di soddisfare i propri bisogni materiali. Essa viene posta in sottofondo, non essendo creduta rilevante ai fini del nostro benessere, mentre si dà importanza solo al puro sviluppo intellettuale.

Nel corso dei nostri studi, nell’ambito dell’educazione laica, non si fa mai menzione di queste buone qualità interiori e questo è un grave errore! Su questo mondo quanti problemi insopportabili vediamo prodotti dagli umani? Addirittura, a volte, la religione diventa motivo per ulteriori conflitti! Quasi quasi viene da pensare, per disperazione, che sarebbe meglio non ci fossero le religioni!

La mia conclusione è che il sistema educativo presente non è sufficiente; è chiaro che c’è qualcosa di sbagliato! Molti nostri amici, per esempio negli Stati Uniti, si stanno sforzando di sperimentare l’educazione di materie inerenti alla coltivazione di buon cuore nel curriculum scolastico per i bambini piccoli e sembra che ci siano già buoni risultati.

Siccome il sistema educativo è insufficiente, le società prodotte su questa base sono solo orientate al materialismo, tutto ciò che si pensa e di cui si parla è attinente agli oggetti materiali. Prima avevamo parlato di come gli animali si interessino e reagiscano principalmente mossi dalle cinque coscienze sensoriali. Allo stesso modo le società moderne sono concentrate principalmente sul soddisfacimento degli oggetti sensoriali, al conseguimento di forme attraenti, suoni melodiosi, profumi gradevoli, gusti deliziosi e sensazioni tattili piacevoli. L’argomento delle conseguenze delle afflizioni come attaccamento, avversione e ignoranza non viene mai affrontato; così la maggior parte delle persone pensano non solo che sia normale averle, ma addirittura quando qualcuno è fortemente infuso da esse e di conseguenza riesce a sconfiggere completamente i propri nemici avendo un’intensa avversione, o riesce a proteggere i suoi amici perchè prova forte attaccamento, viene considerato un’eroe!

Credo che in questo sia da identificare un grave errore, una sicura fonte di problemi. Qui leggiamo che dovremmo considerare come esempio da seguire persone per bene, di buon cuore ed intelligenti, non coloro che rincorrono gli oggetti sensoriali, che sono faziosi sulla base di forte desiderio e forte avversione, che hanno solo un pò d’istruzione; non dovremmo ammirare quest’ultimo tipo di persone ma il primo.

Il testo dice: “dovremmo accompagnarci con persone virtuose”. E, di seguito: “Una volta il Beato, quand’era ancora bodhisattva nacque, si dice, nell’illustre famiglia reale dei Kaurava.

Era questa una famiglia di chiarissima fama, profondamente amata dai sudditi …”

Certamente quando si è dotati di qualità interiori, automaticamente si attraggono molte persone che diventano amici. Altrimenti, anche se siamo un re, dietro le spalle la gente parlerà male di noi, se invece siamo persone di buon cuore, i sudditi spontaneamente ci ameranno.

Il carisma deriva non dall’aspetto fisico, ma dalle qualità interiori, come l’onestà, la trasparenza, l’assenza di ipocrisia, solo allora la gente avrà fiducia, sarà attratta verso di noi e ci considererà come amici. (Sua Santità continua a leggere qualche altra frase dal testo e si sofferma a commentare “disciplina morale”). Per disciplina morale non si intende solo l’osservanza dei voti per chi li ha presi, ma, in generale, il non danneggiare gli altri, come si dice nei testi ‘astenersi dal danneggiare gli altri e anche dalla base o causa’. I comportamenti nocivi sono sempre indotti dalla ‘base o causa’ delle attitudini mentali nocive come il forte desiderio e avversione. Perciò dovremmo cercare di non seguire volontariamente queste afflizioni, ma considerarle come uno sbaglio; sarà allora più facile astenersi dai comportamenti nocivi e dalle loro cause; questo deve essere il nostro proposito al di là del tipo di disciplina morale a cui ci siamo votati.

Dovremmo essere provvisti, non solo della pratica della disciplina morale, ma anche di erudizione come, per esempio, lo studio delle cinque scienze maggiori (Medicina, grammatica, logica, filosofia buddhista e meccanica-arte.) e cinque minori (Poesia, Metafore/sinonimi, Composizione, Astrologia e Musica-teatro.) e poi della qualità della generosità; insomma di quelle che vengono chiamate ‘le nobili ricchezze’ (Fede, disciplina morale, studio, generosità, senso di rispetto per se stessi, senso di decenza per gli altri, saggezza.).

Secondo quello che leggiamo nel testo, dovremmo coltivare la generosità di dare quello che si possiede, la compassione, ovvero l’empatia per la sofferenza degli altri e, in particolare, la compassione che, non solo trova intollerabile la sofferenza degli altri, ma che vuole attivamente impegnarsi per proteggerli dalla sofferenza. Inoltre, sono menzionate le qualità di una personalità pacificata e soggiogata come la pazienza, la diligenza costante, l’intelligenza eccellente, l’amore che desidera la felicità altrui, l’assenza di arroganza, come ci ricordano le parole dell’addestramento mentale (“Gli otto versi” di Ghesce Langri Thangpa):

Quando mi associo con gli altri, possa io sempre considerare me stesso come il meno importante,

e possa io contemplare gli altri come supremi, dal profondo del mio cuore.

In questo modo, si dovrebbe coltivare sempre un senso di modestia e astenersi dal compiere azioni inappropriate, sia per un senso di rispetto nei confronti di sè stessi, che per decenza nei confronti degli altri.

Qui continua a descrivere le qualità del principe e dice che, oltre alle qualità naturali con cui era nato, per esempio di essere nato in una famiglia illustre e così via, aveva coltivato anche le altre qualità qui citate, così che esse erano diventate come l’ornamento di una tale rinascita.

(Dopo avere letto ancora un paragrafo Sua Santità dice) Ci fermiamo qui perché voglio conferire il rituale della bodhicitta, essendo oggi una giornata speciale. Lo farò sulla base della preghiera Sangye Cioe Zo Ma (la preghiera di rifugio e bodhicitta), un rituale molto semplice.

Adottare l’attitudine di bodhicitta ha a che vedere con il fatto che tutti noi, come ho detto prima, naturalmente siamo dotati di sentimenti d’amore per il prossimo e, inoltre, i vantaggi di coltivarli sono che arrecano felicità mentale; di conseguenza rimarremo in salute; su questa base avremo una vita lunga, molti buoni amici e, dove ci sono comunità di persone che vivono in amicizia, automaticamente tutto l’ambiente circostante diventa rilassato e in pace.

Ora si tratta di incrementare, per mezzo dell’assistenza del fattore della saggezza, questa qualità, il sentimento di amore che abbiamo naturalmente. In questo contesto, l’intenzione di beneficiare gli altri non si limita a volerli proteggere da sofferenze limitate e provvisorie, ma di volerli liberare da tutte le sofferenze, anche dalle cause di queste ultime. Si tratta di generare un amore qualificato da questo tipo di coraggio e determinazione.

Nel Buddhismo in generale, in particolare nel Mahayana, si parla dei bodhisattva che, con la saggezza mirano all’illuminazione e, con la compassione mirano agli esseri; allo stesso modo noi dovremmo addestrarci nella qualità dell’amore che spontaneamente abbiamo e, abbinandola alla riflessione sulla sua ragionevolezza e validità, ‘espanderla’ fino ad essere in grado di incorporare tutti gli esseri.

Il tipo di amore che possediamo naturalmente, dipende principalmente dal comportamento degli altri e, di conseguenza, per coloro che ci beneficiano, proviamo amore e per chi ci danneggia, proviamo avversione. Il tipo di amore a cui si fa riferimento qui è invece sostenuto da ragioni valide e, coltivandolo, potremo provarlo anche per i nemici che ci danneggiano. Questo amore viene generato sulla base della considerazione che anche costoro, esattamente come noi, desiderano la felicità e aborriscono la sofferenza; la capacità di riflettere con ragioni è una prerogativa umana non condivisa dagli animali, è una qualità che non possediamo naturalmente ma che può essere coltivata riflettendo con ragionamenti validi. Questa mente di altruismo supremo desidera stabilire tutti gli esseri nell’illuminazione.

La saggezza che mira all’illuminazione, ovvero la visione che realizza la vacuità, ha la capacità di purificare tutte le afflizioni e anche le loro impronte; così attualizzeremo “le buone qualità della separazione” (Lo stato di essere separati o privi di tutte le afflizioni e anche delle loro impronte.). Per prima cosa bisogna studiarla e poi rifletterci per arrivare ad una conclusione o convincimento avendoci ragionato su approfonditamente.

In questo modo, concepiremo l’aspirazione, indotta dal desiderio di beneficiare tutti gli infiniti esseri di numero illimitato com’è illimitato lo spazio, ad ottenere l’illuminazione. In altre parole, per essere in grado di compiere il bene degli altri, ovvero far sì che conseguano lo stato dell’illuminazione, del nirvana non-dimorante (nei due estremi di samsara e pace personale), noi stessi dobbiamo attualizzare lo stato finale dell’onniscienza. Ecco che, formulare questo tipo di intenzione è detto aspirare all’illuminazione. Aspirare ad ottenere l’illuminazione con il particolare scopo del bene degli altri, si chiama la bodhicitta dotata delle due aspirazioni (il bene altrui e l’illuminazione).

Questa attitudine mentale può essere coltivata e, quando la si assapora anche solo parzialmente, si acquista coraggio, un senso profondo di soddisfazione per aver utilizzato la propria rinascita al meglio; è veramente qualcosa di straordinario! Ecco perché Shantideva dice (nel terzo capitolo del suo Bodhisattvacharyavatara https://www.sangye.it/altro/?p=2364):

Proprio come un cieco scopre un gioiello in un mucchio di rifiuti, allo stesso modo, per una qualche coincidenza,

è sorta in me la mente dell’illuminazione.

Essa è la suprema ambrosia

che vince il dominio della morte, è l’inesauribile tesoro che elimina ogni miseria dal mondo.

È la medicina suprema che cura le malattie dei migratori. È l’albero che offre riparo a tutti gli esseri

che vagano esausti per i sentieri del samsara.

È la scalinata che libera i migratori dagli stati di rinascita inferiore.
È la luna crescente della mente
che calma il tormento dei difetti mentali.

È il potente sole che elimina definitivamente

le aberrazioni visive dell’ignoranza del mondo.

È la quintessenza del burro ricavato dal rimestare il latte del Dharma.

Coltivare questa mente altruista è il modo migliore di mantenersi in salute; il modo migliore per conquistare gli altri; il modo migliore per fare buone amicizie; il modo migliore per soggiogare gli avversari; il modo migliore per proteggere gli amici e i parenti. Coltiva bodhicitta se aspiri alla felicità di questa vita; coltiva bodhicitta se vuoi assicurarti la felicità delle vite future; medita sulla bodhicitta se vuoi essere felice; medita sulla bodhicitta se vuoi compiere il bene degli altri!

In poche parole l’attitudine altruistica di bodhicitta assicura felicità per sè stessi e per gli altri, nell’immediato e nel futuro; non c’è veramente nessun’altro tipo di attitudine, nessun altro metodo superiore ad essa!

Anche la visione che realizza la vacuità è poderosa e, se riusciamo ad utilizzarla per la generazione di bodhicitta, allora quando questo accadrà, l’unione di queste due avrà la capacità di eliminare le oscurazioni all’onniscienza (le oscurazioni cognitive). Queste due sono come le due ali che permettono di volare alto! Sono entrambe indispensabili.

Il samadhi del ‘profondo apparire’ in cui Buddha era immerso è da comprendersi alla luce di questi concetti. La radice dei fattori del metodo è la mente di bodhicitta ed il principale dei fattori della saggezza è la visione che realizza la vacuità.

Ora qui, per il rituale di adozione di bodhicitta, com’è per tradizione, si immagina che sia presente Buddha Shakyamuni, la manifestazione suprema del corpo di emanazione, detentore dei quattro corpi (le quattro dimensioni della buddhità), che è apparso circa 2600 anni fa.

Senza mai allontanarsi dal ‘corpo di verità’, prima appare il ‘corpo di godimento’, poi da quest’ultimo infinite manifestazioni pure ed impure che si accordano al livello mentale ed ai bisogni dei discepoli. Tra le tante, qui si parla dell’emanazione suprema, Buddha Shakyamuni. Immaginate o visualizzate allora che sia davvero presente qui.

Intorno a Buddha immaginate che ci siano Kasyapa e Ananda (I due attendenti sempre raffigurati ai due lati di Buddha Shakyamuni.) e così via, i ‘sette successori’ (Kashyapa, Ananda, Sanavasin, Upagupta, Dhitika, Krisna, Mahasudarsana.) di Buddha e così pure un seguito composto da un gran numero di arhat, immaginate inoltre bodhisattva in aspetto divino come Maitreya, Manjushri, Samantabhadra e così via. Immaginate anche il protettore Nagarjuna, la corona, il supremo dei dotti del glorioso Nalanda, insieme al suo figlio spirituale Aryadeva e tutti gli altri suoi discepoli e così pure il venerabile Asanga, Vasubhandu e così via, Dignanga e Dharmakirti e tutti gli altri (pandita del Nalanda). Pensate che siano presenti anche gli “84 mahasiddha” indiani, poi i maestri tibetani delle diverse scuole – Gning-ma, Kagyu, Sakya, Gelug – che sono dei grandi esseri dotati di saggezza e di conseguimenti spirituali.

Alla presenza di una tale assemblea, ci prepariamo ora ad adottare la mente di bodhicitta con la recitazione della Preghiera in Sette Rami come appare nel “Re delle preghiere della buona condotta” (Tradotta qui secondo le spiegazioni di Je Jikme Trinle Gyatso, incluse nell’antologia di commentari a diverse preghiere, in tibetano, pubblicata dalla Kun-su’i mi rigs dpe bskrun khang 1997.):

Rendo omaggio con corpo, parola e mente a tutti [i buddha], leoni tra gli esseri umani, che sono apparsi nei tre tempi, e nelle dieci direzioni del mondo.

Per il potere di questa preghiera della buona condotta (1) percepisco direttamente con la mia mente tutti i Buddha, a costoro mi prostro con profondo rispetto
e con corpi numerosi come gli atomi del mondo.

Su ogni atomo si trova un numero di Buddha pari al numero di atomi [del mondo] [e ognuno] risiede nel mezzo dei suoi figli,
credo con convinzione che la sfera di tutti i fenomeni
sia completamente pervasa dai Buddha.

Con infiniti oceani di lodi per voi
e una grande quantità di suoni melodiosi,
canto le buone qualità dei Buddha
e rendo gloria a tutti voi, andati nella beatitudine.

Faccio offerte ai vittoriosi di
incantevoli fiori e magnifiche ghirlande,
musica armoniosa, oli profumati, eccellenti parasoli, lampade al burro ed eccellenti incensi.

Faccio [inoltre] offerte ai vittoriosi
di vesti raffinate e profumi fragranti,
cumuli di polveri colorate alti come il monte Meru,
tutto della migliore qualità e disposto con arrangiamenti spettacolari. (2)

Per il potere della fede nella buona condotta e la profonda ammirazione per i Buddha, faccio offerte trascendenti e vaste
e porgo omaggio ai Buddha.

Tutte le azioni dannose che ho compiuto
con il corpo, la parola e la mente
sopraffatto da attaccamento, avversione e ignoranza le confesso una ad una davanti [ai buddha].

Gioisco di tutti le collezioni di meriti
dei Buddha e dei bodhisattva delle dieci direzioni,
dei realizzatori solitari, degli uditori in addestramento e quelli andati al di la’ e di tutti i migratori.

Oh luci delle dieci direzioni,
voi protettori che gradualmente avete conseguito la buddhita’ libera da ostruzioni, vi esorto di girare
l’insuperabile ruota del Dhama!

Imploro a mani giunte
coloro che desiderano mostrare il parinirvana
di rimanere per un numero di eoni pari agli atomi del mondo per il beneficio e la gioia dei migratori!

Possa ogni piccolo merito che ho collezionato rendendo omaggio, facendo offerte e confessando, gioendo, esortando e implorando
venir dedicato all’ illuminazione.

(‘Possa venir dedicato’ significa ‘possa diventare la causa’ per l’ottenimento del risultato ‘dell’illuminazione’. La dedica è infatti qualificata dall’aspirazione che la virtù collezionata diventi causa per l’ottenimento di un certo risultato).

Abbiamo così completato le tre categorie di accumulazione, purificazione e incremento per mezzo della Pratica in Sette Rami che fa accumulare meriti, purificare le negatività e incrementare i meriti. Ora recitiamo tre volte la preghiera Sangye Cioe Zo Ma (la preghiera di rifugio e bodhicitta) per l’adozione di bodhicitta:

Prendo rifugio sino all’illuminazione
nel Buddha, nel Dharma e nella Suprema Assemblea (Sangha).
Per le accumulazioni [derivate] dalla generosità e le altre perfezioni possa io conseguire lo stato di Buddha per il beneficio dei migratori.

I primi due versi indicano gli oggetti di rifugio dei praticanti buddisti: Buddha; poi il vero rifugio, il Dharma e il Sangha. Il Dharma è detto ‘il vero rifugio’ perchè è ciò che realmente protegge dalla sofferenza, cosa che il Buddha e la suprema assemblea del Sangha non possono fare. Quando le buone qualità del metodo e della saggezza saranno generate nel nostro continuum, ciò determinerà una riduzione delle afflizioni, la causa, e quanto più queste diminuiranno, tanto più le negatività fisiche, verbali e mentali, che sorgono dipendendo da loro, verranno meno.

(1) Per il potere della fede nella buona condotta dei bodhisattva generata grazie al “Re delle preghiere”, i Buddha diventano visibili agli occhi della nostra mente e di fronte a loro porgiamo omaggio e facciamo offerte e così via.

(2) Sua Santità ha commentato in altre occasioni che questo ultimo verso va applicato a tutte le offerte menzionate in questa strofa e in quella precedente.

Tradotto dal tibetano a Dharmasala, India, durante il mese di marzo 2015 da Mariateresa Bianca. Si ringrazia Sherab Dhargye per le delucidazioni dal tibetano e la monaca italiana Ani Tenzin Ojung per aver riletto il testo e dato suggerimenti. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.