9 – S.S. Dalai Lama: Il Buddismo, la via della ragione.

Sua Santità il Dalai Lama: Il Dharma è qualcosa che va coltivato mentalmente, non verbalmente o fisicamente!

Sua Santità il Dalai Lama: Il Dharma è qualcosa che va coltivato mentalmente, non verbalmente o fisicamente!

9 – Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso: Il Buddismo, la via della ragione.

Insegnamenti conferiti a Dharamsala, India, da Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso per il “CioTrul Du Cen”, il Giorno dei Miracoli, 5 marzo 2015. Nona parte.

Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso

In questo modo si devono gradualmente diminuire le cause delle sofferenze e di conseguenza si sarà liberati dalle sofferenza. Poi la visione della vacuità ci permetterà di abbandonare ciò che deve essere abbandonato sul sentiero della visione e poi su quello della meditazione; agisce da antidoto diretto ad ognuno degli oggetti che devono essere superati. Gradualmente si conseguiranno diversi livelli di ‘separazione’ sino al raggiungimento dello stato finale dell’intramontabile felicità.

Lo stato dotato delle buone qualità della separazione, ottenuto per mezzo della generazione degli antidoti appropriati, si chiama ‘vera cessazione’ (La verità della cessazione); la mente che la induce è la saggezza che realizza direttamente la talità e che viene chiamata ‘vero sentiero’ (La verità del sentiero). Queste due costituiscono il vero gioiello Dharma, ovvero il vero rifugio.

Per Sangha si intendono i compagni che ci aiutano ad attualizzare il gioiello Dharma, cioè coloro che possiedono nel loro continuum questo tipo di realizzazioni, coloro che prendiamo a modello. Nella preghiera si parla della ‘suprema assemblea’, credo che qui si dovrebbe interpretare questo termine nel senso che ciò che permette di conseguire lo stato di Buddha è il gioiello del Dharma Mahayana e coloro che possiedono nel loro continuum le buone qualità di realizzazione delle vere cessazioni e dei veri sentieri Mahayana sono gli arya bodhisattva che dimorano sui terreni; così vengono identificati gli oggetti del rifugio. (Uno qualsiasi nei primi nove terreni, con quest’espressione non si identifica quale; dal primo terreno raggiunto nel sentiero della visione con la realizzazione diretta della vacuità, fino al nono che precede l’ottenimento del sentiero del non-più-apprendimento ovvero la Buddhità.)

Segue il verso che indica lo scopo di prendere rifugio in questo tipo di oggetti: il conseguimento dell’illuminazione. I termini ‘suprema assemblea’ e ‘illuminazione’ qualificano la pratica del rifugio mahayana poiché si dichiara di prendere rifugio sino al conseguimento della grande illuminazione, il nirvana non dimorante. L’obiettivo è di raggiungere lo stato dell’onniscienza e perciò la pratica del rifugio diventa rifugio mahayana. Di seguito:

“Per le accumulazioni [derivate] dalla generosità e le altre perfezioni possa io conseguire lo stato di Buddha per il beneficio dei migratori”

Questi due versi costituiscono la pratica della bodhicitta. Fino a questo momento ci siamo solo preoccupati di noi stessi e abbiamo sempre e solo considerato noi stessi come la persona più importante. Questa attitudine è la causa della nostra rovina, ci ha procurato solo danni e non ne abbiamo guadagnato niente! Al contrario, se ci si prende cura degli altri considerandoli più importanti, non solo nell’immediato la nostra vita sarà più felice, ma anche in futuro sarà facile ottenere una rinascita fortunata, e alla fine potremo conseguire l’illuminazione. A questo proposito il ‘Re delle preghiere di Maitreya’ dice:

Rendo omaggio alla bodhicitta che
blocca la via delle rinascite sfortunate,
mostra perfettamente la via delle rinascite fortunate e induce [lo stato] privo di vecchiaia e morte.

Fino ad oggi abbiamo sempre considerato proprio dal profondo del nostro cuore, anche durante il sonno, ‘io’ ‘io’ come la cosa più importante, e che beneficio ne abbiamo tratto? Nessuno!

Non solo, considerandoci così importanti, ci siamo sentiti superiori agli altri e così abbiamo abusato degli altri, abbiamo creato difficoltà agli altri, abbiamo ingannato e mentito agli altri, siamo stati sfacciati con gli altri e così via. Il risultato di tutti questi comportamenti è la rinascita nei reami inferiori e se per caso otteniamo una rinascita felice, ecco che avremo una vita breve, limitati mezzi di sussistenza, mancanza di intelligenza e così via.

Ci rendiamo quindi conto che il considerare noi stessi come molto importanti porta solo conseguenze disastrose per noi stessi. A questo proposito Shantideva nel suo Bodhisattvacharyavatara (ottavo capitolo) dice:

Qualsiasi disgrazia esista nel mondo, deriva dal desiderare il proprio bene, qualsiasi gioia esista nel mondo, deriva dal desiderare il bene altrui.

E anche:

Che bisogno c’è di aggiungere altro,
le persone infantili si curano solo di sè,
mentre i Buddha operano per il beneficio degli altri. Considera la differenza tra di loro!

Poi Shantideva rincara la dose e dice:

Se non scambi completamente
la tua felicità con la sofferenza degli altri, non otterrai la Buddhità
e anche nell’esistenza ciclica non avrai gioia!

Tutti noi principianti, da tempo senza inizio fino ad ora, ci siamo completamente abituati all’attitudine egocentrica e, di conseguenza, non è così facile ridurre l’egocentrismo e aumentare l’altruismo; anche se è vero che c’è da lavorare sodo, comunque dobbiamo persistere perché si tratta di un obiettivo che merita le nostre fatiche. Grazie all’intelligenza discriminatrice di cui siamo dotati, consideriamo i benefici a breve e lungo termine e ci motiviamo a continuare fino al suo ottenimento. Ecco che di nuovo il Bodhisattvacharyavatara dice:

Perciò, essendo montati sul cavallo della bodhicitta
che sconfigge ogni scoraggiamento e stanchezza,
chi cederà mai alla pigrizia
sapendo che con una tale mente passera’ di gioia in gioia?

Ora questa volta abbiamo ottenuto una rinascita umana dotata di intelligenza e abbiamo incontrato gli insegnamenti dell’aspetto vasto e profondo del Buddha-Dharma, che è l’apice dello sviluppo di questo tipo di intelligenza. Di conseguenza, ora che abbiamo una tale opportunità dobbiamo realizzare quello che è l’obiettivo finale, se non lo facciamo questa volta, quando lo faremo mai? Non importa quante difficoltà dovremo affrontare per generare bodhicitta, dobbiamo generare determinazione e senza mai scoraggiarci, dovremmo riprometterci di coltivarla non solo in questa vita, ma di vita in vita, come dice ancora Shantideva:

Finché rimarrà lo spazio
e finché vi saranno esseri senzienti, fino ad allora possa io rimanere
per togliere le loro sofferenze!

Le difficoltà che potremo incontrare in questa vita sono piccolezze alla luce della nostra determinazione di dedicarci unicamente a beneficiare gli altri di vita in vita, finché rimane lo spazio! Non c’è determinazione superiore a questa! Non c’è intelligenza superiore a questa! Non c’è mente virtuosa superiore a questa! Non c’è cerchio di protezione su cui meditare superiore alla bodhicitta! Non c’è rituale di longevità superiore alla bodhicitta! Non c’è siddhi (potere spirituale) superiore alla bodhicitta! Con essa non c’è più bisogno di propiziarsi le divinità che elargiscono ricchezza, nè quelle che concedono longevità, nè quelle che concedono potere. In verità, vi dico che non c’è meditazione superiore a meditare sulla bodhicitta! Noi recitiamo (nella Guru Puja):

Tu sei il mio guru, tu sei il mio yidam, tu sei la mia dakini e il mio protettore del Dharma.

Da questo istante sino alla mia illuminazione,

oltre a te non mi serve altro rifugio.

In questa vita, nel bardo e nelle esistenze future, trattienimi con il tuo gancio di compassione,

liberami dalle paure del samsara e del nirvana,

concedimi ogni realizzazione, sii il mio fedele amico e proteggimi dalle interferenze.

Pensandoci bene, queste parole sono proprio adatte alla bodhicitta. Del resto, anche il campo dei meriti visualizzato davanti ai nostri occhi è dotato di tutte le qualità solo per il potere della bodhicitta.

Se solo riuscissimo a generare questa mente, avremmo assicurata la felicità immediata e quella del futuro, sino alla completa e intramontabile felicità dell’illuminazione. Ora, che abbiamo la situazione adatta per attualizzarla, grazie alla capacità intellettuale di riflettere su tutti questi concetti, dovremmo perseverare nel coltivarla.

Nella preghiera si dice che qualsiasi virtù fisica, verbale e mentale si sia accumulata, tutte le virtù accumulate per mezzo della pratica della condotta del bodhisattva, come la generosità, la moralità, la pazienza, lo sforzo entusiastico, la concentrazione e la saggezza, anche se solo eseguite artificialmente, le dedichiamo tutte non per la nostra felicità immediata e del futuro ma perché risultino di beneficio agli infiniti esseri. Per compiere il loro beneficio dobbiamo esserne capaci e quindi dobbiamo aspirare ad ottenere noi stesso lo stato di Buddha. Se riusciamo a conseguire le realizzazioni dei ‘sentieri’ e dei ‘terreni’ allora saremo capaci, per esempio, di insegnare agli altri sulla base della nostra esperienza, altrimenti se noi stessi non abbiamo acquisito quelle realizzazioni, come potremmo mai essere di vero beneficio agli altri? Adottiamo quindi ora la mente di bodhicitta per essere in grado di beneficiare gli altri.

Qui nella preghiera si dice: “Per le accumulazioni (tsok nam gyi)….”; a volte si trova anche la versione che dice: “Per i meriti (soe-nam gyi)…”; è anche corretta, ma allora si intendono solo le perfezioni di generosità, moralità, pazienza e sforzo entusiastico, principalmente la ‘collezione di meriti’; è corretta ma credo che le qualità pertinenti al risultante stato di Buddha, l’eccellente corpo di verità per il proprio beneficio e l’eccellente corpo della forma per il beneficio degli altri, queste due eccellenti dimensioni della buddhità si ottengono solo in dipendenza delle due accumulazioni di meriti e saggezza, ovvero sono necessari gli stadi del sentiero basati su entrambe le verità (la verità convenzionale e la verità ultima). A questo proposito il protettore Nagarjuna (nel suo ‘Sessanta argomentazioni sulla vacuità https://www.sangye.it/altro/?p=1073) dice:

Grazie a queste virtù, possano tutti gli esseri completare le accumulazioni di meriti e saggezza e conseguire i due eccellenti corpi
che derivano dai meriti e dalla saggezza.

Analogamente, Ciandrakirti nella sua Guida al Madhyamaka dice:

Avendo dispiegato le ampie e bianche ali del [la verità] convenzionale e della talità, il cigno che è il re dei cigni
vola davanti [agli altri] e, grazie alla forza del vento della virtù,
raggiunge perfettamente l’oceano di virtù dei vittoriosi.

Per giungere all’ oceano di virtù dell’onniscienza si parla chiaramente della necessita’ delle due verità, ovvero delle pratiche dei fattori del metodo e dei fattori della saggezza. Tutto ciò che Buddha ha insegnato è basato sulle ‘due verità”. Il protettore Nagarjuna nel suo trattato ‘La saggezza’ (capitolo 24) dice:

I Buddha hanno insegnato il Dharma ed esso è perfettamente basato sulle due verità:

la verità convenzionale mondana e la verità ultima.

Benché le parole della preghiera Sangye Cioe Zo Ma non menzionino esplicitamente la verità ultima, nella preghiera appare la parola ‘iò (Io prendo rifugio…possa io conseguire…In tibetano ‘iò appare due volte, in italiano il primo è omesso.) e quando la pronunciamo dovremmo pensare – com’è stato spiegato prima in relazione agli ultimi due attributi della prima nobile verità: vuoto e mancante di un sè- che l’io che ci appare così insistentemente e a cui crediamo con tanta tenacia non esiste; dobbiamo pensare con grande convinzione che non esiste assolutamente, non esiste un ‘io’ come ci appare solitamente, ma esiste solo un ‘io’ che è una mera costruzione linguistica, un nome che viene attribuito in dipendenza dagli aggregati. Buddha stesso ha proclamato:

L’io/il sé è un demone di mente; tu sei una visione errata. (Secondo le spiegazioni di cun-chien giam-ian sce-pa nga-uang zon-drue (1648-1721), uno dei quattro autori del ‘Lam Rim Cien Sci Drak’ (lam rim mchan bzhi sbrags) ovvero ‘I quattro commentari intrecciati sul Lam Rim’, sembrerebbe che si possa interpretare questo verso sia come ho fatto: tu demone di mente che credi in un io inerentemente esistente sei una visione errata, oppure: ‘Tu hai una visione errata’, in questo caso ‘tu’ indicherebbe le scuole filosofiche degli uditori).

La composizione degli aggregati manca di esistenza inerente, in essi non esiste nessun ‘io/se”

Ma allora l’io non esiste per niente? No, neanche questo è vero; come leggiamo in un sutra:

Come in dipendenza dell’insieme di tutte le parti si parla di un carro, analogamente
in dipendenza degli aggregati si parla convenzionalmente di un essere senziente.

La credenza nel ‘sè / io’ ci causa enormi danni. Dovremmo concludere con convinzione che un ‘sè/io’ com’è percepito da questa credenza non esiste per niente. Se ci familiarizzassimo con questo concetto, sicuramente sarebbe possibile che non appena noi o gli altri pronunciassero la parola ‘io’, immediatamente sorgerebbe il pensiero ‘non esiste’.

Allora prendendo rifugio e generando bodhicitta con la preghiera Sangye Cioe Zo Ma, se quando pronunciamo la parola ‘io’ pensassimo che l’ io non esiste cosi’ come viene concepito e, allo stesso modo, anche gli aggregati e tutti gli altri fenomeni non esistono in virtù della propria essenza, in virtu’ di se stessi, ecco che questo pensiero anche se solo prodotto artificialmente, servirebbe ai fini di completare anche la collezione di saggezza,.

Ora ricordiamoci di tutte queste considerazioni, ripetiamoci che questa volta abbiamo ottenuto una rinascita dotata di libertà e ricchezze e che oggi è l’anniversario che ricorda Buddha Shakyamuni, il giorno di luna piena del primo mese (del calendario lunare tibetano). Oggi adotterò la mente di bodhicitta! Per fare questo mettetevi ora tutti con il ginocchio destro per terra e ripetete dopo di me le parole della preghiera Sangye Cioe Zo Ma. Se qualcuno ha problemi alle gambe allora è esonerato!
[Dopo la prima ripetizione, Sua Santità motiva nuovamente il pubblico con le seguenti parole]:

Prendiamo rifugio sinceramente, dal profondo del cuore, nel gioiello Dharma che è la causa fondamentale, nel gioiello Buddha che è il Maestro che lo ha insegnato e nel gioiello Sangha, ovvero coloro che lo praticano correttamente, che ne hanno ottenuto le realizzazioni e che dimorano sui terreni. Ora pensate: “Anch’io proprio come voi, Sangha in addestramento e Sangha che ha completato l’addestramento, ovvero voi gioiello Sangha e tu gioiello Buddha, genererò tutte le qualità presenti nelle vostre sante menti e alla fine conseguirò la buddhità”.

Il completo affidarsi al ‘rifugio causale’ è fatto con lo scopo di attualizzare nella nostra mente il ‘rifugio risultante’. Prendiamo rifugio pensando che ci sforzeremo di attualizzare i tre oggetti del rifugio in noi, di fare in modo di acquisire noi stessi la natura dei tre oggetti di rifugio e così essere in grado di stabilire anche tutti gli infiniti esseri in quello stato. Generate ora con convinzione l’aspirazione di ottenere la buddhità per il beneficio di tutti!
[Dopo la seconda ripetizione, per preparare alla terza e ultima ripetizione, Sua Santità motiva nuovamente il pubblico con le seguenti parole]:

Formulate il pensiero “Farò tutto il possibile per conseguire la perfetta e completa illuminazione per il bene di tutte le madri esseri senzienti!”, promettete che non lo dimenticherete mai e che ogni giorno -ripetendo la preghiera Sangye Cioe Zo Ma tre, dieci, cento volte, rinnoverete questa promessa. Non si tratta solo di ripetere le parole ma di riflettere sul loro significato come spiegato in precedenza. In questo modo completeremo il rituale dell’adozione della bodhicitta di aspirazione. Se siete in grado di farlo, allora promettete dal profondo del cuore di conservare questa mente per sempre e di non lasciarla mai degenerare e in questo modo adottate la ‘bodhicitta di aspirazione dotata della promessa’; se invece non ne siete in grado potete pensare ‘Possa io essere in grado di generare una tale mente!”

Prendo rifugio sino all’illuminazione
nel Buddha, nel Dharma e nella Suprema Assemblea (Sangha).
Per le accumulazioni [derivate] dalla generosità e le altre perfezioni possa io conseguire lo stato di Buddha per il beneficio dei migratori.

Possa la preziosa mente di bodhicitta che non è ancora sorta, sorgere
e quella che è già sorta
non degenerare ma incrementare oltre!

Finché rimarrà lo spazio
e finché vi saranno esseri senzienti, fino ad allora possa io rimanere
per togliere le loro sofferenze!

Ora sedetevi pure. Oggi abbiamo felicemente concluso gli insegnamenti tradizionalmente organizzati per il cio trul du cien, l’anniversario che ricorda il nostro gentile Maestro, Buddha Shakyamuni. Il Dharma non è qualcosa che si pratica in misura limitata, di quando in quando. Per esempio, noi per mantenerci in vita ogni giorno mangiamo e beviamo; analogamente, affinché questa vita che nutriamo sia significativa sino al massimo della sua potenzialità che è il conseguimento dello stato dell’onniscienza, bisogna che quotidianamente ci ricordiamo e coltiviamo la bodhicitta e la visione della vacuità che assiste il suo sviluppo.

Al mattino, appena svegliati, ricordiamoci del Bhagvan Buddha; per esempio, il modo in cui io pratico, è quello di recitare, non appena mi sveglio:

Rendo omaggio a Gautama, colui che detiene totalmente la compassione amorevole e ha proclamato l’eccellente Dharma per eliminare tutte le visioni [distorte].

(Strofa conclusiva del testo del protettore Nagarjuna “Saggezza, il trattato fondamentale sulla via di mezzo”.)

Di seguito rifletto un po’ sui fattori dell’aspetto del metodo e della saggezza, sulle due verità. Quindi eseguo tutte le altre pratiche, come lo yoga della divinità e il guru-yoga inspirato da queste riflessioni mattutine.

Anche tutti voi, coltivate quotidianamente la bodhicitta assistita dalla visione della vacuità e poi, su questa base, se riuscite anche a fare le pratiche dello yoga della divinità tanto meglio, perfetto! Recitare le sadhana delle divinità senza avere l’essenza della bodhicitta assistita dalla vacuità, sarà difficile che porti risultati. Ci sono dei pappagalli…. quando io ero bambino a Lhasa, per esempio, avevo un pappagallo che recitava il mantra ‘Mani’ (Om Mani Peme Hum) proprio bene! Questi pappagalli sono buddisti o no?? A ben guardare recitano il mantra ‘Mani’. No, non si può proprio dire che siano buddisti! Analogamente noi per esempio possiamo recitare ‘Om Mani Peme Hum’ mentre pensiamo alle nostre finanze, ai nostri affari e cosi via. Ciò non porta da alcuna parte!

Il Dharma è qualcosa che va coltivato mentalmente, non verbalmente o fisicamente! Per prima cosa, cerchiamo di capire cosa significhi veramente Dharma e poi facciamo in modo che le nostre pratiche di Dharma diventino Dharma autentico; quando pratichiamo il Dharma Mahayana, facciamo in modo che diventi vero Mahayana e quando pratichiamo il Vajrayana, il mantra segreto, facciamo in modo che diventi vero Vajrayana, mantra segreto; limitandosi ad imitare queste pratiche non ne otterremo i benefici. Come nella vita quotidiano abbiamo bisogno di risultati pratici, tangibili, allo stesso modo la nostra pratica spirituale deve portare dei benefici tangibili, utili. Per oggi concludiamo qui, Tashi Delek a tutti!

Al pari dell’eroe Majushri e Samantabhadra,
che conoscono la realtà così com’è,
anch’io dedico perfettamente tutti questi meriti
per essere in grado di seguire il loro esempio perfetto!

Dedico tutte queste radici di virtù
con la dedica considerata suprema
dai vittoriosi apparsi nei tre tempi;
le dedico perfettamente alla buona condotta!

In breve, per il potere delle vaste preghiere,
che includono il Paese delle Nevi nella sua totalità,
espresse di fronte ai Buddha e ai loro figli dal protettore Cenresig

possano i loro buoni risultati apparire velocemente!

Tradotto dal tibetano a Dharmasala, India, durante il mese di marzo 2015 da Mariateresa Bianca. Si ringrazia Sherab Dhargye per le delucidazioni dal tibetano e la monaca italiana Ani Tenzin Ojung per aver riletto il testo e dato suggerimenti. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.