L’importanza della religione nei tempi moderni

Sua Santità il Dalai Lama durante un incontro di preghiera interreligioso nella chiesa di Grossmuenster a Zurigo (Svizzera), il 15 ottobre 2016. (Foto di Manuel Bauer)

Sua Santità il Dalai Lama

Vorrei parlare dell’importanza della religione nei tempi attuali. Tutti, per natura, abbiamo il senso di un sé e, attraverso di esso, sperimentiamo i fenomeni conoscibili come dolorosi, piacevoli o neutri. E’ un dato di fatto che non ha bisogno di ulteriori indagini. Anche gli animali provano la stessa cosa. Per natura, amiamo la felicità e cerchiamo di evitare sofferenza e dolore. E neppure questo è un fatto che ha bisogno di dimostrazioni. Detto ciò, possiamo parlare del diritto di ciascuno a di vivere un’esistenza felice e superare le sofferenze.
Di piacere e dolore ne esistono due tipi. Un tipo è collegato all’esperienza fisica e sensoriale, l’altro al livello mentale. Il livello sensoriale è comune a tutte le specie di mammiferi dotati dei cinque sensi. Per quel che riguarda il livello mentale, soltanto alcuni animale lo hanno. Gli esseri umani hanno un’intelligenza sofisticata, una memoria e lungo termine e la capacità di pensare al futuro, doti che mancano agli altri animali. Per questo, gli esseri umani sperimentano  piacere e soddisfazione anche a livello mentale e anche sofferenza, speranza, paura, aspettative. Felicità e sofferenza fisiche sono dunque altra cosa rispetto a felicità e sofferenza mentali: possiamo provare un dolore fisico, ma conservare una mente felice mentre, in altre circostanze, possiamo stare fisicamente benissimo, ma essere depressi e pieni di preoccupazioni.

Il benessere fisico è legato alla soddisfazione dei bisogni materiali: cibo, abiti, una casa, suoni, odori, sapori, oggetti piacevoli, sensazioni fisiche gradevoli e comfort materiali. Alcune persono anche sono davvero ricche, con una buona reputazione, istruite, rispettate e circondate da amici, sono profondamente infelici. E questo perché i beni materiali non sono in grado di darci benessere o sollievo a livello mentale. Alcuni provano molto stress, ansia, competitività, gelosia, odio, avidità e tutte queste emozioni conducono all’infelicità della mente. Esiste quindi un limite al benessere fisico e materiale. Se ignoriamo la nostra dimensione interiore, la nostra vita potrebbe essere infelice. Le società più ricche dispongono di ogni agio, ma non sono in grado di garantire ai propri cittadini una mente felice, pacificata, serena. Dunque occorre un sistema per portare pace nella nostra mente.

In generale, la religione rappresenta uno strumento per portare alla nostra mente pace e appagamento, un senso di benessere unito a una certa fede. Molti però  concorderanno sul fatto che è necessario individuare anche un approccio secolare per per raggiungere questi stessi obiettivi, ma di questo parlerò durante la conferenza pubblica. Se invece parliamo di come la religione infonda pace nella nostra mente, allora possiamo individuare due categorie di religione, quelle basate esclusivamente sulla fede, e quelle che si basano sulla fede e sulla filosofia.

Nell’antichità le persone facevano ricorso alla fede per trovare un po’ di speranza e fiducia in situazioni disperate, dinnanzi a problemi totalmente fuori del loro controllo e senza soluzione. In tali circostanze, la fede offriva loro una certa speranza e fiducia. Di notte, ad esempio, gli uomini si sentivano minacciati dagli animali e avevano paura del buio. Con la luce, al contrario, si sentivano più al sicuro. La luce viene dal sole e dunque venne considerato sacro e degno di adorazione. Il fuoco riscalda quando fa freddo e dunque fu ritenuto una cosa buona, in più dà anche luce, fatt che era considerato misterioso, per cui  era venerato quanto il sole. Erano religioni primitive, prive di alcuna filosofia.

Un’altra categoria potrebbe essere inclusa è la civiltà dell’antico Egitto. Ma non ne so molto. E’ una civiltà antica di almeno sei o settemila anni e aveva una sua religione. Una volta mentre ero in una delle università del Cairo ho pensato che, se avessi avuto più tempo, avrei voluto approfondire la cultura dell’antico Egitto, ma sfortunatamente questo non è accaduto.

In ogni caso, la seconda categoria di religioni include quelle nate nella valle dell’Indo, in India e in Cina. Queste civiltà hanno prodotto religioni più sofisticate e con una filosofia. Forse più nella valle dell’Indo che in altre culture. In India, infatti, già 3 o 4 mila anni fa esistevano dei sistemi di fede basati sulla filosofia. Dunque la seconda categoria è quella che basa la religione su determinati assunti filosofici.

In questa seconda categoria troviamo delle domande comuni. Un amico ebreo me le ha rivolte garbatamente: “Che cos’è l’io? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Qual è il senso della vita?” Sono le domande chiave, per le quali si sono trovate due diverse risposte: quelle teistiche e quelle non teistiche.

In India, circa 3 mila anni fa, si cercò di trovare una risposta alla domanda “Che cos’è l’io, cos’è il sé?”. E’ evidente al buon senso che, da giovani, il nostro corpo ha un aspetto e una forma diversa che da anziani. Per la mente vale lo stesso: essa cambia ogni minuto. Eppure abbiamo un istintivo senso di una “sé”. Diciamo quando “io” ero giovane, quando “io” ero vecchio… E dunque deve esserci un proprietario di questo corpo e di questa mente, qualcosa di indipendente e permanente che rimane immutabile, mentre corpo e mente cambiano. Nacque così l’idea di un sé, di un’anima, di un “atman”. Quando il corpo muore, l’anima rimane. Questa è la risposta che fu trovata alla domanda su che cos’è l’io.

Ma da dove viene quest’anima? Ha un inizio oppure no? L’assenza di un inizio è difficile da accettare, e dunque deve esserci necessariamente un inizio, così come ha un inizio il corpo. Così si pensò a Dio, che ha creato le anime, alla presenza del quale alla fine ci ritroveremo e in Esso ci fonderemo.

Le religioni mediorientali – l’ebraismo, il cristianesimo e forse la religione degli antichi egizi – credono in una vita dopo la morte. Per ebrei, cristiani, musulmani la verità ultima è Dio, il Creatore. Egli è la causa di tutto, ha poteri illimitati e illimitate compassione e saggezza. Ogni religione crede nella grande compassione. E Dio va oltre la nostra esperienza, è la verità ultima. Questi sono i principi delle religioni teistiche.

Poi, circa 3000 anni fa, in India si sviluppò la filosofia Samkhya e con essa sorse la divisione tra credenti e non credenti in Dio. Questi ultimi, sostenevano l’esistenza di una materia primordiale, “prakrti”, e di 25 classi di fenomeni conoscibili e permanenti. Ben prima della comparsa del Buddha, dunque, esistevano scuole di pensiero non-teiste.

Poi, 2600 anni fa, comparvero il Buddha e Jain, il fondatore del Giainismo. Nessuno dei due faceva menzione a un dio, ma davano grande risalto al semplice principio di causa ed effetto. Dunque una parte del pensiero Samkhya, insieme a Buddhismo e Jainismo, rappresentano le religioni non teistiche.

Il Buddhismo sostiene che tutto proviene da cause e condizioni e che causa ed effetto sono della natura del cambiamento. Le cose non restano mai immobili e uguali a se stesse e anche l’”io” ha questa natura: non può essere immutabile e permanente. Se la base cambia, ciò che su questa base è designato ugualmente cambia. Non c’è quindi un’anima permanente e immutabile “anatman”. I principio fondamentale del Buddhismo è che tutto è impermanente e interdipendente. Pertanto, delle religioni non teistiche, due pur accettando il principio di causalità, affermano l’esistenza di un sé immutabile e permanente. Il Buddhismo no.

Esistono dunque varie tradizioni anche tra le religioni che hanno una base filosofica. Tutte hanno però due aspetti: la filosofia e i principi e poi i precetti. Le differenze filosofiche e concettuali sono enormi, ma i precetti sono gli stessi: amore, compassione, perdono e così via.

Buddha ha spiegato vari concetti, spesso in contraddizione tra loro. Alcuni Sutra affermano che gli aggregati – corpo e mente – sono una sorta di peso e la mente è ciò che li sostiene. E dato che un peso e ciò che lo sostiene non possono essere la stessa cosa, il sé deve essere separato ed esistere sostanzialmente. Un altro Sutra afferma invece che il karma (o azioni) esiste, ma che non esiste la persona che agisce, un sé sostanziale. Altri scritture ancora sostengono che i fenomeni esteriori non esistono, ma che esiste solo la mente che li contiene. La mente esiste, esiste per certo, ma altri sutra ancora sostengono che né la mente né il suo contenuto esistano veramente. Niente ha una vera esistenza, così come si legge nel Prajanaparamitasutra, il “Sutra del Cuore”: “Non c’è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, né mente”. Sono tutte asserzioni contraddittorie, ma tutte provengono da Buddha Shakyamuni.

Il Buddha non ha insegnato tutte queste cose perché era disorientato o per confondere intenzionalmente i suoi discepoli. Ma allora perché ha insegnato in questo modo? Buddha ha rispettato le differenze che ci sono tra individui e ha insegnato in modi diversi per essere d’aiuto a tutti. Per questo, tutti questi insegnamenti sono necessari.

Tremila anni fa vivevano circa cento mila persone. Oggi siamo 7 miliardi. E’ evidente che tra tutti noi vi siano differenti disposizioni. Basta guardare genitori e figli; persino i gemelli hanno una mente ed emozioni diverse. Quindi l’umanità ha attitudini diverse, diversi stili di vita, diversi modi di pensare in parte dovuti dalle condizioni ambientali, geografiche e climatiche. In Arabia c’è un caldo secco, in India abbiamo i monsoni: è ovvio che la gente non viva allo stesso. Forse nell’antichità le persone si assomigliavano di più, ma oggi, a causa di tutte queste differenze, è importante avere differenti approcci. Le differenze filosofiche e concettuali però alla fine non sono poi così importanti. Ciò che conta è lo scopo, che è sempre lo stesso: essere persone gentili e compassionevoli nel nostro rapporto con gli altri.

Per alcuni l’idea di un Dio creatore è davvero utile. Una volta ho chiesto a un anziano frate perché il Cristianesimo non crede alle vite precedenti; mi ha risposto “perché ogni singola vita è creata di Dio”. Pensare in questo modo fa sorgere un senso di intimità con Dio. Così come il nostro corpo viene dal grembo di nostra madre – ed è per questo che le siamo così legati – la nostra vita viene da Dio: veniamo da Lui, ci ha creati e questo ci dà un senso di vicinanza. E più vicini ci si sente a Dio, più forte sarà la nostra determinazione a seguirne l’insegnamento, che è l’amore, la compassione. L’approccio teistico è quindi davvero potente e di grande aiuto per molte persone, molto più di quanto potrebbe esserlo quello non teistico.

È bene restare legati alla propria tradizione religiosa. In Mongolia, i missionari pagano la gente 15 dollari per convertirli al cristianesimo. Così alcuni mongoli vanno alle missioni, anno dopo anno, solo per farsi dare ogni volta 15 dollari! Ho suggerito ai missionari di non interferire e di lasciare alle persone le proprie tradizioni buddhiste. Lo stesso vale quando dico agli occidentali di mantenere la propria religione.

La cosa migliore è essere ben informati, perché questo aiuta ad essere rispettosi. Se siete cristiani restate cristiani, ma cercate di capire e conoscere anche le altre tradizioni perché fondamentalmente tutte insegnano gli stessi valori: amore, compassione, tolleranza. Visto che la pratica è condivisa, non c’è niente di male nell’adottare qualche metodo che deriva dal buddhismo, ma per quel che riguarda il concetto di assenza di un assoluto, questa è una faccenda esclusivamente da buddhisti, non vi serve conoscerla. Un sacerdote mi ha fatto domande sulla vacuità. Gli ho risposto che era un argomento che non andava bene per lui. Se insegno alla gente il concetto di completa interdipendenza, questo potrebbe minacciare la loro fede in Dio. Dunque non è opportuno per un certo tipo di persone ricevere insegnamenti sulla vacuità.

In breve, dal momento che tutte le maggiori tradizioni religiose hanno gli stessi precetti e lo stesso scopo, pur nelle differenze di metodo e filosofiche, mi pare che il rispetto reciproco abbia solide basi. Mantenete la vostra tradizione, ma se qualche cosa del mio discorso vi è sembrata utile, altrimenti va bene così.

Sua Santità il Quattordicesimo Dalai Lama.
Per gentile concessione di studybuddhism.com, http://it.dalailama.com/messages/religious-harmony-1/the-relevance-of-religion-in-modern-times