2 Commentario di Sua Santità il Dalai Lama alla Preziosa Ghirlanda di Nagarjuna

Sua Santità il Dalai Lama: È possibile raggiungere duraturi stati di libertà dalla sofferenza? Dove si trova la radice o la causa della felicità e della sofferenza? È solo attraverso l’analisi causale che si può affrontare questa domanda.

Commentario di Sua Santità il Dalai Lama alla Preziosa Ghirlanda “Ratnavali” di Nagarjuna alla UCLA University of California, Los Angeles USA, 5-8 giugno 1997. Traduzione del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Seconda parte.

Sua Santità il Dalai Lama

Cos’è la coscienza?

Affronterò la questione dell’introduzione degli insegnamenti ed i concetti di base da, forse, da una diversa prospettiva. Riflettiamo ora sul nostro attuale stato d’animo. Io, come docente, e voi, come ascoltatori, siamo tutti uniti da alcuni fatti fondamentali: dal fatto d’esistere come esseri umani e di come tutti noi condividiamo questo pensiero istintivo: “Sono qui, sto facendo questo.”

C’è un senso di autocoscienza in tutti noi ed allo stesso modo, tutti noi siamo uniti dal fatto fondamentale che abbiamo certe motivazioni, le nostre azioni umane sono motivate da certe intenzioni.

Questi eventi mentali che tutti possediamo, possiamo etichettarli come stati della mente o della coscienza. Ma se sondiamo più a fondo, cos’è questa coscienza? Cos’è questo evento mentale? Sappiamo che è l’agente con cui conosciamo il mondo. È l’agente attraverso il quale conosciamo le cose. In un certo senso, si potrebbe dire che la coscienza o la mente è ciò che ci consente di essere consapevoli, il che ci permette di conoscere e vedere: quindi è una forma di potenzialità.

Ora, se andiamo oltre e cerchiamo di osservare il processo di questo evento mentale e coscienza, sappiamo che la nostra esperienza personale è capacità di attraversare un rapido cambiamento. Cambiamenti come svariate modifiche e cambiamenti nel senso di essere in grado di focalizzare l’attenzione su diversi oggetti. Ciò indica che ciò che noi chiamiamo coscienza e ciò che chiamiamo mente sono un processo dinamico, non un’entità statica.

Anche negli stati mentali di maggior assorbimento, diciamo in uno stato meditativo della mente, sentiamo che c’è un grado di stabilità, un senso di assorbimento in uno stato mentale particolare. Anche in quello stato, anche se in superficie sembra che la mente non sia in un processo dinamico – è in un certo senso stazionaria, completamente focalizzata su un oggetto scelto – anche in quello stato, se sondi più a fondo, scoprirai che c’è effettivamente un processo in corso. Ci sono fasi in cui si applicano certi antidoti per assicurare, per proteggere il fatto che il livello di concentrazione non diminuisca in una sorta di distrazione od in una sorta d’abbassamento dell’intensità della concentrazione. Allo stesso modo, troverai anche fasi in cui ti dispiacerà di rimanere in uno stato di equalizzazione, dove non c’è bisogno di tali applicazioni o di vigilanza. Quindi questi stessi processi, anche nei livelli o negli stati della mente meditativa, anche all’interno di questi stati c’è un processo costante che si sta attraversando.

Ora, se osserviamo il mondo della nostra coscienza, il mondo dei fenomeni mentali, vedremo che in tutte le categorie del nostro mondo mentale ci sono molti stati di coscienza, che sono molto ovvi per noi. Sono condizionati dalle condizioni fisiche e psicologiche. Ad esempio, come tutte le nostre percezioni sensoriali, come quella visiva o uditiva e così via, esse nascono come risultato dell’interazione tra i nostri organi di senso e le condizioni oggettive, la forma visiva, i segni e così via. Allo stesso modo lo è anche ciò che può essere chiamato coscienza mentale, che può richiedere tali condizioni esterne immediate e organi fisici per il loro sorgere. Ma anche allora, si può dire che dipendono dalle nostre basi fisiche.

Si potrebbe dire che la nostra coscienza umana, ed abbiamo una coscienza umana, è la coscienza di un essere umano nel senso che è contingente al corpo umano che abbiamo e, come esseri umani, abbiamo certi aspetti psicologici o costituzioni, secondo la tradizione tibetana: condizioni psicologiche descritte in termini di energia, canali e anche elementi essenziali vitali. Tali costituzioni psicologiche danno origine ad un certo tipo di mente o coscienza, che è chiamata coscienza umana, perché sono contingenti al corpo umano.

Se pensiamo profondamente, scopriamo che, sebbene i pensieri e molti stati emotivi dipendano da una base fisica, come un corpo od un cervello, questo non vuol dire che questi stati emotivi e pensieri siano riducibili agli stati del corpo. Solo perché la loro presenza o sorgere dipende dalle condizioni fisiche, non ci sono prove o prove sufficienti per concludere che siano riducibili ad uno stato fisico. Ad esempio, si potrebbe sostenere che, nel caso degli esseri umani, il verificarsi di rabbia, odio, attaccamento nella nostra mente e così via, richiedano condizioni fisiche come il corpo umano, certe attività cerebrali e così via. Tuttavia, l’esistenza di tali attività non garantisce il verificarsi di questi stati all’interno del nostro cervello. Ad esempio, come esseri umani, tutti noi possediamo il potenziale per queste forti emozioni, ma è solo negli stadi occasionali della nostra vita quotidiana che abbiamo forme manifeste di emozioni coscienti. Inoltre, possiamo avere il potenziale per il verificarsi di questi stati emotivi, eppure nessuna singola persona è arrabbiata per 24 ore al giorno, nessuna persona è presa da un forte attaccamento o dall’avidità per 24 ore al giorno. Ciò indica che, sebbene esistano stati emotivi dipendenti dalle condizioni fisiche, non sono identici allo stato fisico, che li genera. Ciò suggerisce, in un senso profondo, che sono distinti dalle entità fisiche.

Parte IV

A partire dalla mia esperienza meditativa posso dire che c’è la possibilità di intravedere cosa sia la coscienza. Per esempio, quando si entra in un livello più profondo della mente, mantenendo un grado di concentrazione della coscienza, sforzati di assicurarti che i tuoi pensieri, o la mente, non siano influenzati da pensieri di memorie passate o pensando a questo o quell’accaduto ed assicurati anche che la tua mente non sia influenzata dai pensieri del futuro, come l’anticipazione o le speranze o le paure, piuttosto cerca di rimanere nello stato presente o solo semplice presenza. Quando sei lentamente in grado di farlo, allora ti accorgi che in precedenza, nel tuo normale stato di coscienza, la tua mente è sempre logorata da forze in competizione o pensieri e percezioni sensoriali, che sono in gran parte guidate dall’orientamento agli oggetti, guardando sempre verso l’esterno, guidato dalla ricerca d’oggetti.

Ma se sei in grado di isolare la tua mente da tale attività orientata agli oggetti ed assicurarti che non c’è nessun pensiero rivolto al passato o d’anticipazione del futuro, e cerchi di rimanere nel presente, allora gradualmente sarai in grado di percepire un’assenza, un vuoto ed attraverso la pratica persistente della meditazione, lentamente, sentirai che puoi cominciare a realizzare, sperimentalmente, cos’è questa coscienza, che è la mera natura dell’esperienza e del sapere, una forma di fenomeni luminosi.

Se ti avvicini in questo modo, sentirai di aver la possibilità di scoprire un’infinità di cose. Sentirai che ad un certo punto otterrai, attraverso la tua esperienza, la sensazione di ciò che è realmente la coscienza.

Secondo la spiegazione buddista, la coscienza o la mente sono dette non ostruttive: non hanno proprietà fisiche, nè forma, né colore ed è nella natura della semplice esperienza. Ed è la forma della conoscenza e della consapevolezza. Inoltre nel Buddhismo si apprezzano diversi livelli di realtà. Prima di tutto, nel Buddhismo, indipendentemente dal fatto che l’oggetto od il fenomeno esista o meno, ci si chiede: la percezione di un oggetto o di un fenomeno è un’esperienza valida?

Considerando questo, è possibile che si possa avere un’idea della vacuità, dato che la coscienza è un fenomeno dinamico, cioè nella forma di un processo. La coscienza è transitoria, attraversa vari stadi di cambiamento e, di per sé, indica che è un prodotto di cause e condizioni. Nel caso della coscienza umana, o della mente, se tracciamo il sentiero della causalità, scopriamo che, all’interno della categoria delle cause, ci sono certi tipi di cause che possono essere descritte come cause materiali o cause sostanziali, che possono essere descritte come cause materiali o sostanziali. Sono questi fattori che in realtà si trasformano nei fenomeni. Ci sono altri tipi di cause che sono più corporative o condizioni contributive. In termini di coscienza o mente, poiché deve possedere una causa sostanziale, si potrebbe sostenere che il continuum, in termini di origine, il continuum della causa sostanziale deve rimanere. Pertanto, la causa sostanziale di ogni sensazione di coscienza deve necessariamente essere la coscienza, sia in forma manifesta che in potenziale.

Quindi, attraverso questa analisi dell’origine causale dei fenomeni mentali, sorge allora la domanda: c’è un punto di inizio o la catena di causalità procede all’infinito? Se dovessimo scegliere la prima opzione, il che significherebbe che ad un certo punto deve esserci un inizio, allora questo pone immediatamente problemi concettuali sullo stato della prima causa: se quella prima causa si manifesta relativamente o se arriva in essere attraverso l’auto-causazione. Quindi, fa emergere tutti i tipi di problemi concettuali.

L’opzione buddista è scegliere la seconda opzione: di accettare l’infinità della causalità. Sebbene si possa, in un senso convenzionale, accettare o parlare di origine o di un punto di inizio di qualche oggetto particolare, come gli oggetti della vita quotidiana, ma in un senso più profondo, la coscienza o i fenomeni mentali sono senza inizio in termini del loro continuo. E poiché questo è il caso, secondo il Buddismo, il continuum dell’individuo o della persona può dirsi essere senza inizio, perché l’essere o la persona è designata sul continuum della coscienza o designata sul fenomeno che rende quella persona un conoscitore o esperienziatore o agente. Poiché la base, che è il continuum della coscienza, è senza inizio, quindi anche il continuum dell’essere individuale è senza inizio. Tuttavia, quando lo concettualizziamo in situazioni individuali, possiamo dire che, in un senso convenzionale, c’è un inizio e c’è una fine.

Pertanto, facciamo una pausa e proviamo a soddisfare i nostri stomaci vuoti.

Fine della prima sessione del mattino.

Parte V

1 ° giorno – Sessione pomeridiana

La seconda metà degli insegnamenti della giornata è stata aperta con sutra cantati in giapponese, guidati dal Rev. Noriaki Ito, abate del tempio Higashi Hongwanjii a Los Angeles.

Vorrei esprimere il mio apprezzamento ai membri del Sangha buddista giapponese per la loro meravigliosa recitazione. Non ero però in grado di seguire il significato dei versi. [Risate.]

Ora riprenderò la nostra discussione da dove siamo rimasti nella sessione del mattino.

Stavamo parlando della mancanza di inizio e del continuum della coscienza e del continuum dell’essere individuale, che è designato sulla base di questo continuo senza inizio di coscienza o mente.

Tuttavia, nelle scuole di pensiero buddiste, per quanto riguarda la possibilità o meno di una fine di questo continuum, tutte le scuole buddiste convergono sul punto che è senza inizio. Ma, per quanto riguarda se c’è o meno una cessazione o una fine per l’individuo, che è designato nel continuum della coscienza, su questo punto ci sono opinioni divergenti tra i pensatori buddisti.

In ogni caso, come esseri umani o come esseri senzienti, tutti noi possediamo questo fattore fondamentale della nostra stessa esistenza, che è la capacità di discernere o percepire le cose. E, allo stesso modo, come esseri umani, tutti noi abbiamo la naturale capacità di provare dolore e piacere e la naturale capacità di provare sentimenti. All’interno del regno del sentimento o della sensazione, possiamo, in generale, distinguerne due forme principali: quei tipi di sentimenti che sono piacere o gioia, e quegli altri tipi di esperienza che sono indesiderabili nel senso che quando si verificano dentro di noi creano un senso di disturbo o d’afflizione.

Quindi, come esseri umani, come esseri senzienti, siamo tutti naturalmente attratti dalla felicità. Desideriamo la felicità e desideriamo superare la sofferenza. Vorremmo evitare la sofferenza. Questa è una disposizione naturale che tutti abbiamo.

E, all’interno della sfera dell’esperienza gioiosa, o del dolore e del piacere, si potrebbe dire che ci sono certi tipi di esperienze che possono essere scomode o dolorose nel breve periodo, ma, a lungo andare, potrebbero portare a maggiori esperienze di gioia e soddisfazione. All’interno della categoria dell’esperienza piacevole, potrebbero esserci certi tipi di stati gioiosi, che nel breve periodo potrebbero, temporaneamente, portare ad un senso di gioia o piacere, ma a lungo andare potrebbero portare all’insoddisfazione od alla sofferenza.

Quindi, si potrebbe dire che ci sono quattro tipi di sensazione: quelle che sono (1) gioiose a breve termine ed anche a lungo termine; quelle che sono (2) gioiose nel breve periodo ma che portano sofferenza a lungo termine; quelle che (3) portano sofferenza non solo a breve termine ma anche a lungo termine; e altre che (4) sono temporaneamente dolorose ma a lungo termine portano ad una felicità più gioiosa o duratura.

Qualunque cosa sentiamo nella natura dell’esperienza, se è un’esperienza di sofferenza, è un qualcosa che vogliamo istintivamente evitare. È un qualcosa che non desideriamo. E, se è un’esperienza gioiosa, siamo naturalmente affascinati da essa ed è un qualcosa che istintivamente desideriamo. Quindi, il punto che qui sto facendo è che, nella misura in cui la disposizione di base di voler la felicità e desiderare di superare la sofferenza è un qualcosa che è così fondamentale per tutti noi come esseri senzienti, ognuno di noi ha il diritto di soddisfare questa aspirazione di base. Non solo desideriamo superare la sofferenza, ma, se c’è la possibilità di rimanere in uno stato totalmente privo di sofferenza, allora è naturale che cerchiamo un tale obiettivo.

Ora è cruciale per noi pensare se sia possibile il raggiungimento di tali duraturi stati di libertà dalla sofferenza, ed è qualcosa che può essere compreso solo sulla base dell’esame di dove si trova la radice o la causa della felicità e della sofferenza. È solo attraverso l’analisi causale che si può affrontare questa domanda. Quindi, quando si passa attraverso una tale linea di pensiero, gli insegnamenti buddisti sulle Quattro Nobili Verità diventano immediatamente rilevanti per la rispondere a questa domanda.