Losanna 4-5 Agosto ’09 Insegnamenti di S. S. il Dalai Lama

Sua Santità il Dalai Lama: “E’ importante frequentare persone di altre tradizioni religiose, per comprenderle meglio”.
Sua Santità il Dalai Lama: “E’ importante frequentare persone di altre tradizioni religiose, per comprenderle meglio”.

Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Losanna il 4-5 Agosto 2009 sul testo: “I tre aspetti principali del sentiero” di Lama Tzong Khapa

Appunti di Eleonora Capitani del Centro EWAM di Firenze

Vi invitiamo a leggere e meditare sul testo: “I tre aspetti principali del sentiero” di Lama Tzong Khapa disponibile a https://www.sangye.it/altro/?cat=10

Sua Santità il Dalai Lama

E’ importante frequentare persone di altre tradizioni religiose, per comprenderle meglio.

Per questo motivo può essere utile seguire questi insegnamenti anche da parte di persone non buddhiste.

Nei libri possono esserci degli errori e si può arrivare a concezioni sbagliate sul buddhismo.

Generalmente inizio gli insegnamenti con 3 domande:

  1. cos’è il sé?

  2. questo sé ha un inizio?

  3. questo sé ha una fine?

A queste tre domande le grandi religioni rispondono in modo differente, ci sono quindi concezioni e filosofie diverse che possiamo vedere.

Per quanto riguarda la prima domanda, secondo il buddhismo il sè esiste, ma non nel modo in cui appare alla nostra mente da tempo senza inizio. Il sé autosufficiente e sostanzialmente esistente a cui ci aggrappiamo non esiste. Ci aggrappiamo a ciò che ci appare. Se cerchiamo l’io nel corpo non troviamo l’io.

L’insieme degli aggregati forma l’io come il carro esiste sulla base di tutti gli elementi, ma se cerchiamo nei singoli elementi non lo troviamo, allo stesso modo il corpo non è l’io ma sulla base del corpo imputiamo l’io.

Non esiste un se padrone del corpo mente.

Altre religioni invece sostengono l’io come padrone che governa corpo mente.

Per la nostra percezione spontanea quando vediamo una persona anziana ci viene da pensare che sta attraversando un momento diverso della vita, vediamo cambiare il corpo ma non vediamo cambiare l’io, per questo abbiamo una percezione spontanea dell’io come qualcosa che esiste di per sè.

Molti non trovando l’io nel corpo pensano che sia nella mente.

Tremila anni fa venne introdotto il concetto di Atman.

Cristiani, Mussulmani ad esempio parlano di Atman (anima) come qualcosa di diverso dal corpo.

Queste sono religioni che considerano un io veramente esistente, poi invece ci sono religioni come il buddhismo che non considerano un io veramente esistente.

Un sé autonomo a cui ci aggrappiamo non esiste. Qual è il metodo per eliminare quasto aggrapparsi all’io? Nel buddhismo si parla dello sviluppare attraverso la meditazione la saggezza che realizza la mancanza del sé.

Per quanto riguarda la seconda domanda “esiste un inizio di questo sé?” per le religioni che credono in un creatore la risposta è “sì esiste” dicono che questa stessa vita è creata da Dio, è l’inizio della vita. Mentre per il buddhismo se analizziamo la continuità delle sostanze da cui origina il corpo vedremo che è difficile trovare l’inizio assoluto, perché risale indietro nel tempo, si va da genitori a genitori. Anche per quanto riguarda la mente si parla della continuità della mente, in cui ciascun istante di coscienza dipende dall’istante precedente, qualsiasi fenomeno prodotto dipende da cause e condizioni specifiche, questo introduce il concetto delle vite passate.

Sua Santità il Dalai Lama: “L’aggrapparsi all’io è una concezione errata, conoscere che l’io non esiste in modo autonomo è un antidoto a questo aggrapparsi. ”
Sua Santità il Dalai Lama: “L’aggrapparsi all’io è una concezione errata, conoscere che l’io non esiste in modo autonomo è un antidoto a questo aggrapparsi. ”

Per quanto riguarda la terza domanda “esiste una fine di questo sé?” coloro che credono in Dio pensano che l’anima andrà in paradiso o all’inferno e poi rimane là. Dal punto di vista del buddhismo la scuola Vaibashika parla di Nirvana senza rimanenza in cui cessa la continuità della mente. Per altre scuole filosofiche del buddhismo invece come non ha un inizio non ha una fine, ma tutte le concezioni errate che nascono sulla base della coscienza possono avere antidoti opponenti.

L’aggrapparsi all’io è una concezione errata, conoscere che l’io non esiste in modo autonomo è un antidoto a questo aggrapparsi.

Se conosciamo bene le nostre motivazioni egoistiche possiamo capire che non hanno una logica valida, possono essere eliminate con l’antidoto opponente, ad esempio luce e buio non possono stare insieme, lo stesso caldo e freddo, allo stesso modo se nella nostra mente aumenta l’altruismo si riduce l’egoismo, e se aumenta la saggezza che realizza la mancanza del sè, si riduce l’aggrapparsi al sè. Due cose contraddittorie non possono sorgere insieme.

Tutte le concezioni errate hanno un antidoto che ha un fondamento valido.

La natura della mente non è afflitta, possono sorgere afflizioni, ma non sono compenetrate nella natura della mente, se no non sarebbe possibile liberarcene mai e ad esempio rimarremmo sempre con l’odio.

Dal punto di vista della pratica tutte le religioni parlano di amore, compassione, pazienza, dal punto di vista del Creatore è come se fossimo tutti figli dello stesso padre, come è possibile essere prepotenti fra noi, ucciderci, è importante praticare la pazienza anche se non andiamo d’accordo

gioia, autodisciplina, tutte insegnano ugualmente, ciò che è differente è la filosofia, e la filosofia serve solo per rafforzare la pratica.

Anche Buddha ha dato insegnamenti diversi, noi possiamo rispettare tutte le religioni e avere fede nella nostra.

La tradizione Pali è il fondamento del buddhismo.

Dall’università del Nalanda ha iniziato a diffondersi l’insegnamento di Buddha Dharma in sanscrito,

poi si è diffuso in Cina e poi è arrivato in Tibet.

Un re invitò in Tibet un grande esperto dell’Università del Nalanda e Guru rinpoce ha preso l’impegno di eliminare le interferenze per la diffusione dell’insegnamento.

Successivamente molti pandit e yoghin dell’Università del Nalanda sono stati invitati in Tibet per la diffusione degli insegnamenti.

Sua Santità il Dalai Lama: “Molti Dalai Lama hanno ascoltato molti insegnamenti di diverse tradizioni. ”
Sua Santità il Dalai Lama: “Molti Dalai Lama hanno ascoltato molti insegnamenti di diverse tradizioni. ”

Atisha, dopo un periodo di degenerazione, ha iniziato una nuova diffusione, in quelle precedenti era molto diffusa la tradizione Nygma, dopo Kagyu poi con Lama Tzong Kapa è nata la tradizione Gelug. La radice di tutte le tradizioni tibetane è nell’Università del Nalanda.

La conservazione dell’insegnamento di Buddha avviene conservando le scritture ma anche praticando.

In India l’insegnamento viene dato in modo generale, mentre in Tibet l’insegnamento avviene in base alle necessità dei praticanti.

In tempi moderni è più indicato insegnare in generale.

In India e Tibet le prime scuole studiavano tutti gli insegnamenti di tutte le tradizioni, anche se poi ognuno faceva una sua pratica, esiste questa tradizione non settaria.

Molti Dalai Lama hanno ascoltato molti insegnamenti di diverse tradizioni.

Commentario al testo

La pratica dell’abbandono delle 10 azioni non virtuose è abbastanza comune nelle religioni. Praticare amore, compassione, buon cuore permette di avere una buona rinascita, tuttavia per uscire dall’esistenza ciclica (samsara) è necessario avere:

  1. rinuncia

  2. Bodhicitta, la motivazione altruistica di ottenere la liberazione per il bene degli altri

  3. corretta visione

Il primo verso del testo già indica tutti i tre principali aspetti del sentiero.

Nel terzo verso viene indicata la pratica della rinuncia, se continuiamo a vedere il piacere nel samsara non cercheremo mai una felicità superiore, non ci sarà il desiderio di liberarsi.

Bisogna appurare prima che è possibile davvero ottenere la liberazione.

Scoprendo le cause della sofferenza (karma e afflizioni) e che è possibile liberarsene ci possiamo impegnare nei veri sentieri e ottenere così la liberazione.

E’ possibile sviluppare una conoscenza corretta e quindi liberarsi dall’ignoranza. La mente per sua natura è chiara e luminosa e le impurità sono presenti solo provvisoriamente.

Nell’Abhisamayalamkara si dice che l’oggetto dell’ignoranza non è mai esistito, non si tratta di stabilire una nuova realtà ma solo di vedere le cose così come sono.

Non tutte le ignoranze sono sofferenza, ma l’ignoranza della verità ultima è la causa della sofferenza perchè a causa del non conoscere la realtà ultima sorge la sofferenza.

La mente ha una natura chiara e luminosa, le afflizioni sono eliminabili, per questo è possibile realizzare le vere cessazioni. Le afflizioni non sono compenetrate nella natura ultima della mente, la mente ha la capacità di comprendere fin dall’inizio.

Nel tantra di Guhyasamaja si parla sempre della mente chiara e luminosa da realizzare, la mente è chiara e luminosa per sua natura.

Negli insegnamenti Sakya la mente è la base di samsara e nirvana.

Quando si riesce a realizzare la mente estremamente sottile tutte le visioni dualistiche vengono superate.

Finché non ci si libera delle tre apparenze che si sperimentano durante il momento della morte non si può ottenere la liberazione. Bisogna realizzare la mente estremamente sottile che è pura per natura.

Bisogna prima vedere i difetti della sofferenza, poi nasce il desiderio di liberarsene dalla sofferenza onnipervasiva composta. Fintanto che non si desidera liberarsi da questa sofferenza non si riesce a realizzare rinuncia.

Esistono 3 sofferenze:

  1. sofferenza della sofferenza, la quale è compresa anche dagli animali.

  2. sofferenza del cambiamento, all’inizio sembra felicità ma poi porta sofferenza, tutta la felicità contaminata poi porta a sofferenza.

  3. Sua Santità il Dalai Lama con gli ex prigionieri politici tibetani Phuntsok Nydron e Takna Jigme Sangpo

    Sua Santità il Dalai Lama con gli ex prigionieri politici Phuntsok Nyidron e Takna Jigme Sangpo

    sofferenza onnipervasiva composta, fin dalla nascita sperimentiamo sofferenza dovuta a questo corpo contaminato, c’è la sofferenza della malattia, della vecchiaia della morta. Questo corpo è frutto dell’ignoranza, noi dovremmo motivarci ad eliminare questa ignoranza per ottenere la liberazione.

E’ importate avere la consapevolezza della nostra preziosa rinascita umana, ma allo stesso tempo dobbiamo anche essere consapevoli dell’impermanenza, del fatto che non durerà, quindi non possiamo rimanere attaccati ma dobbiamo fare qualcosa. Praticare il Dharma vuol dire concentrarsi sul realizzare una felicità duratura.

La nostra condizione presente la possiamo utilizzare per realizzare la rinuncia.

E’ molto difficile liberarsi dal karma, tutti creano karma per essere felici e non perché vogliono la sofferenza. A causa dell’ignoranza la felicità viene distrutta, come viene detto da Shantideva nel Bodhisattvacharyavatara.

Le cose che ci appaiono sembrano esistere dalla loro parte, ma questo non è vero.

Ci aggrappiamo alla vera esistenza dei fenomeni e dell’io (visione del transitorio), questo crea karma e continuiamo a sperimentare sofferenza nell’esistenza ciclica.

Fintanto che si rimane intrappolati dalla presa dell’ego si crea karma ed è difficile liberarsi, si continua a sperimentare le 3 sofferenze.

Secondo la scuola Sakyapa se non c’è la rinuncia alla vita attuale, alla vita futura, all’io, alla vera esistenza dell’io non c’è la vera rinuncia.

Prima di tutto è importante meditare sulla sofferenza, poi sulla causa che è l’ignoranza, poi arriviamo a supporre correttamente che è possibile ottenere la liberazione e poi continuando a meditare otteniamo la convinzione che è possibile davvero liberarsi e siamo disgustati dal samsara.

Quando siamo convinti, fiduciosi che l’ignoranza si può eliminare, matura la certezza di ottenere la liberazione.

Il nostro vero problema sono le nostre afflizioni mentali, dovremmo purificarci.

Quando desideriamo giorno e notte la liberazione a quel punto abbiamo la rinuncia.

Tutti gli esseri senzienti non vogliono soffrire, se pensiamo per la maggioranza otteniamo anche beneficio per noi. Creare sofferenza agli altri è il massimo danno che possiamo fare. Più noi aiutiamo gli altri più aiutiamo noi stessi. Tutta la felicità deriva dall’altruismo e tutta sofferenza deriva dall’egoismo come dice Shantideva nel Bodhisattvacharyavatara.

La meditazione sulla vacuità affinché sia utile deve avere una motivazione di bodhicitta.

Dovremmo sforzarci di sviluppare l’altruismo perchè questo è di beneficio anche per noi, finora noi abbiamo solo la preoccupazione egoistica e ci aggrappiamo alla vera esistenza dell’io. Tuttti i grandi maestri hanno praticato per sviluppare l’altruismo e poi sono stati felici. Per ottenere bodhicitta c’è il metodo delle 6 cause e un effetto e il metodo dello scambiare se stessi con gli altri.

Sua Santità il Dalai Lama riceve l\'offerta del Mandala da Namkha Rinpoche nel corso degli insegnamenti di Losanna
Sua Santità il Dalai Lama riceve l’offerta del Mandala da Namkha Rinpoche

Prima dobbiamo cercare di meditare le 3 sofferenze che noi sperimentiamo nella nostra vita e questo ci fa sviluppare rinuncia, poi quando meditiamo sulle 3 sofferenze degli altri sviluppiamo bodhicitta.

La realizzazione della rinuncia e di bodhicitta non sono sufficienti per ottenere la liberazione, è importante che ci sia anche la realizzazione della vacuità. Realizzare l’interdipendenza, come dice Nagarjuna, è il metodo supremo per realizzare la vacuità.

Ci sono i veli alla liberazione che si possono eliminare con la saggezza che realizza l’assenza dell’io, e i veli al conoscibile che si possono purificare con la saggezza della natura ultima del non sè di cui si parla nella Prajnaparamita.

Rimangono dei livelli sottili dell’afferrarsi al sè e si richiede la comprensione dell’interdipendenza unita alla vacuità.

Si distingue tra fenomeni contaminati e non, composti e non composti.

Samsara e nirvana si distinguono sulla base dell’avere o non avere la sofferenza e le afflizioni.

Il nirvana è la perfetta purificazione al di là della sofferenza.

Si trascende la sofferenza tramite il sentiero.

Ci sono diversi livelli di liberazione fino alla buddhità perciò bisogna comprendere l’assenza del sè.

I fenomeni hanno una natura che non è che nominale, una designazione concettuale sulla base di relazioni interdipendenti.

La vacuità e l’interdipendenza sono due modi di parlare della stessa cosa.

La Prajmaparamita si può interpretare secondo la vacuità di sè o di altro che si chiama Shentong.

Nel Guhyasamaja e nel Kalachacra si può trovare l’equivalente dello Shentong.

Nel “Tesoro delle qualità” si parla dei diversi modi di esporre le due verità anche nel tantra.

Nel Guhyagarbha tantra si parla della verità ultima della luminosità fondamentale.

In un sutra gli aggregati sono definiti come il supporto e il sè come il supportato, però ciò è di significato interpretabile e non definitivo.

Ciò che sembra nascere è privo di una vera essenza ed esistenza autonoma, ciò nasce solo per il gioco di causa ed effetto.

L’insegnamento del Buddha consiste nel fatto che più si comprende la vacuità più si comprende la legge di causa ed effetto.

Non bisogna dimenticare la vacuità quando si guardano i fenomeni e viceversa.

Losang Cioghien dice che ci vuole una comprensione perfetta della non esistenza dell’oggetto d’attaccamento, c’è un altro approccio che consiste nel prendere un oggetto particolare per scoprirne la vacuità.

Nello Dzogchen si dice che i fenomeni sono privi di radice o fondazione, similmente a quanto viene asserito dai Madhamyka.

Si parla anche nello Dzogchen di assenza di elaborazione concettuale.

Il punto essenziale della visione superiore (terzo aspetto principale del sentiero) è l’unione di apparenza e vacuità.

Il consiglio finale è di dedicarsi a studio riflessione e meditazione.

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