Parigi 11 ottobre 2003 Gli insegnamenti di S.S. Dalai Lama

Su Santità il Dalai Lama: \"Se dovessimo accettare che i fenomeni non sono generati in base ad un rapporto di cause – condizioni, non potremmo comprendere come effettivamente esiste la realtà. Se dovesse esistere un’origine senza una sua causa, allora non saremmo in grado di spiegarci molti fenomeni\".

Sua Santità il Dalai Lama
Sua Santità il Dalai Lama: “Quando parliamo d’amore e di compassione, dobbiamo aver chiaro che si tratta di qualità intrinseche in ogni essere, sono qualità che possediamo dalla nascita in quanto intrinseche alla mente”. Così esordisce il Premio Nobel per la Pace nell’immenso e gremito stadio coperto di Parigi Bercy.

Gli insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Parigi, 11 ottobre 2003

1. Introduzione al buddhismo

sabato 11 ottobre, mattino e pomeriggio, e domenica 12 ottobre, mattino.

Sebbene il progresso materiale nel mondo moderno sia straordinario, la ricerca del senso della vita e di un modo per vincere la sofferenza resta al centro delle nostre preoccupazioni. In tale contesto, il Dalai Lama ha presentato un’introduzione completa alla Via buddhista, dimostrandoci come, attraverso il sentiero spirituale, possiamo non solo liberare la mente dalla sofferenza, ma anche conseguire una felicità profonda e autentica.

Risvegliare la bontà e l’amore innati in ciascuno di noi è il primo passo lungo questo sentiero, che gradualmente conduce alla realizzazione della saggezza e della compassione, ossia al pieno sviluppo del nostro potenziale umano. Da questo stato di pace interiore, poi, originiamo la mente dell’Illuminazione, o spirito del Risveglio, che in ultimo ci consentirà di realizzare la buddhità e sviluppare un senso di responsabilità universale nei confronti di tutti gli esseri senzienti.

Il Dalai Lama ci offre dei consigli pratici su come superare le difficoltà alle quali siamo confrontati nella vita moderna, unendo la sua profonda esperienza personale degli insegnamenti buddhisti con una profonda comprensione del mondo contemporaneo.

Questo primo giorno d’insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama inizia con una coreografia semplice ma solenne. Sua Santità il Dalai Lama siede su una poltrona di velluto bordeaux affiancato dal suo qualificato traduttore francese, il monaco Matthieau Richard. Entrambi trovano posto su un gran palco giallo alle cui spalle spicca un immenso rettangolo, pure giallo, attraversato verticalmente da una gran striscia di color rosso.

Sua Santità il Dalai Lama

Quando parliamo d’amore e di compassione, dobbiamo aver chiaro che si tratta di qualità intrinseche in ogni essere, sono qualità che possediamo dalla nascita in quanto intrinseche alla mente. Quando parliamo d’attitudini interiori non mi riferisco solo a dei fattori che rivestono elevati valori spirituali, ma ad attitudini estremamente importanti anche per il nostro benessere fisico. La nostra vita è caratterizzata dall’interdipendenza: tutti noi siamo dipendenti dagli altri. Pensiamo alla vita dei mammiferi. La crescita dei loro piccoli dipende dalla cura dei loro genitori: altrimenti non avrebbe ragione sviluppare amore e compassione per i propri figli. È estremamente importante comprendere i vincoli d’interdipendenza. Tuttavia esistono molti animali che, non appena nati, devono imparare a vivere da soli. Ad esempio, le tartarughe non appena uscite dal guscio, devono imparare a cavarsela da sole.

I fattori dell’amore e della compassione sono quindi estremamente importanti, anche per permettere lo stesso sviluppo fisico del neonato. Ma, in questo caso, la tartaruga non sarebbe in grado di riconoscere la sua prole. Ammalarsi e guarire sono eventi del tutto naturali. Di conseguenza, sappiamo anche realizzare atti di guarigione della mente con piena naturalezza. Se abbiamo la potenzialità di dissipare l’ignoranza, siamo pure soggetti ad una serie d’attitudini negative, come il risentimento, l’attaccamento e la rabbia: tutte fonti di sofferenza. È importante comprendere il rapporto intercorrente tra stato mentale e stato di felicità.

È IMPORTANTE ESSERE CONSAPEVOLI DEL FATTO CHE QUESTO PROCESSO DI MIGLIORAMENTO AVVIENE SOLO PER OPERA D’UNO SFORZO COSCIENTE E PERSONALE.

Tra questi fattori impliciti della mente è importante saper distinguere le attitudini positive da quelle negative. Per questo scopo dobbiamo far ricorso alle capacità delle nostre facoltà intellettive. È da più di 3.000 anni che la cultura indiana è volta allo sviluppo delle qualità interiori. Proprio per questo motivo si sono sviluppati in India molte concezioni religiose finalizzate a promuovere le qualità positive della mente e, viceversa, a sedare quelle negative.

Quando ci troviamo all’aperto, nell’ambiente naturale, apprezziamo i raggi del sole che ci trasmettono calore e luce, viceversa, temiamo l’oscurità che sviluppa insicurezza e tristezza: ecco perché le tradizioni arcaiche adoravano il sole. Mentre le concezioni filosofiche più avanzate s’impegnano ad analizzare ed a ricercare l’origine della felicità.

Per questo motivo sono sorte delle concezioni religiose basate sulla presenza o meno d’un dio creatore. Inizialmente, le capacità intellettive dell’essere umano erano più limitate. Alcune religioni erano basate sulla presenza d’un dio creatore da cui ha avuto origine la vita, mentre altre concezioni non sceglievano questa strada. tutte le tradizioni religiose che hanno sviluppato una ricerca filosofica hanno in comune ed attribuiscono gran importanza al messaggio dell’altruismo, dell’amore e della compassione, considerandole delle qualità molto importanti ai fini della promozione del benessere e della felicità. Sia il Buddhismo, che l’Induismo, il Giainismo, il Cristianesimo e l’Islam sono tutte religioni che rimarcano l’importanza dello sviluppo dei valori interiori. Le religioni teistiche descrivono il dio creatore come l’impersonificazione dell’amore e della compassione. Tutte le maggiori religioni attribuiscono al maestro promulgatore o al dio creatore tutte le doti della compassione e dell’amore. Dal che emerge che si tratta di temi comuni di necessaria esistenza. Con mente imparziale possiamo osservare che tutte, indistintamente tutte, le principali religioni sono volte ad indicare all’umanità la strada fondamentale dello sviluppo dell’amore e dell’altruismo. Esistono tuttavia delle differenze sul perché vadano sviluppate queste qualità, in base alla disponibilità d’adattamento ed alle inclinazioni dei diversi individui. Questo è il comun denominatore che possiamo trovare in tutte le religioni, che ci permette di sviluppare la comune predisposizione all’ecumenismo. Siamo coscienti d’essere entrati nel 21° secolo, di trovarci in un periodo di grande progresso materiale, tuttavia non sembra che sia altrettanto per quanto riguarda lo sviluppo correlato alla formazione interiore degli esseri umani. Nella nostra lingua tibetana abbiamo il temine gnomon che indica le oscurazioni, le afflizioni. Sarebbe opportuno trovare un termine che lo renda bene nell’ambito del sistema educativo. Le attitudini all’amore ed alla compassione sono generalmente conosciute come induttrici di benessere interiore e di felicità. Rispetto al panorama di alcuni secoli fa non vedo differenze sostanziali in termini di capacità di gestione delle emozioni. Personalmente, non vedo un gran progresso in questo senso.

A New York in occasione d’un mio insegnamento, mi fu chiesto se non era il caso di cambiare il modo d’insegnare. Risposi che questo è finalizzato a cambiare le attitudini negative. Ma le afflizioni che incombevano sull’umanità alcuni secoli orsono, fatti i dovuti cambiamenti, le possiamo ritrovare nel nostro tempo.

L’indirizzo specifico ed unilaterale peculiare del Buddhismo consiste nell’applicazione d’un metodo finalizzato ad eliminare le emozioni negative, le afflizioni della mente. Anche nelle concezioni filosofiche indiane troviamo quella che accetta l’asserzione d’un dio creatore mentre l’altra lo nega, chi sostiene la concatenazione delle rinascite mente altri non sono d’accordo, chi sostiene l’esistenza d’un sé tra gli aggregati mentre altri lo negano.

Queste diverse concezioni sono in realtà necessarie ed utili in quanto gli esseri umani manifestano diverse predisposizioni. Per alcuni è più consono il fatto che i fenomeni origino da cause e condizioni, senza la necessità d’un creatore. Per altri è esattamente l’opposto. Le concezioni filosofico religiose sono congeniali alle capacità di comprensione degli individui.

Il Buddhismo esprime non una, ma diverse scuole filosofiche: Cittamatra o della sola mente (che giunge a conclusioni sia nichiliste sia eterna liste), Madyamika o della Via di Mezzo. Il Buddhismo ha espresso una visione interpretabile in diversi modi, in quanto è adattabile alle diverse predisposizioni dei vari discepoli. Tutte, comunque, le religioni e le scuole filosofiche sono concordi nella necessità di coltivare le qualità dell’amore e della compassione. Tuttavia, se intendiamo beneficiare gli altri, dobbiamo acquisire una conoscenza profonda e vasta tale da permetterci d’essere di giovamento a tutti gli esseri. Perché, proprio da una prospettiva più generale, sorge l’esigenza di non limitare il nostro intervento, la nostra attitudine positiva solo verso alcuni, ma emerge la necessità che questa sia indirizzata indistintamente verso tutti gli esseri. Questa è la base che accomuna tutte le correnti spirituali. Quando parliamo di diversità religiose e di verità, e quando viceversa parliamo d’un’unica religione e d’un’unica verità, non intendo esprimere dei concetti in contraddizione, anzi, intendo far comprendere che entrambi rappresentano dei bisogni necessari e complementari. Fra voi che m’ascoltate, alcuni credono in una religione ed altri sono atei. È comunque importante, al fine di maturare fiducia e comprensione per la propria concezione religiosa, sviluppare la comprensione d’un’unica verità ed indirizzo, impegnandosi nella pratica religiosa confacente alle proprie predisposizioni. A questo proposito, consiglio comunque di seguire quella determinata dalle proprie tradizioni.

Non deve succedere come a quella signora irlandese nata e cresciuta cristiana, diventata buddhista quando s’accostò alla dottrina di Buddha, ma in completa confusione al momento della morte. Questo non va bene, non è proficuo. Se non si è più che convinti di voler cambiar fede, basandosi su argomentazioni razionali e non sull’impeto del momento, è molto meglio restare delle proprie convinzioni religiose, quelle in cui siamo nati e cresciuti.

All’inizio della sua storia, l’umanità non dedicava molto interesse ai problemi d’ordine religioso. I barlumi di religiosità che accompagnavano la nascita dell’uomo erano volti a sviluppare una cultura religiosa tesa all’immediato conseguimento dei bisogni quotidiani, del benessere e dell’integrità fisica. Non si pensava tanto alle rinascite ma già si accettava l’idea d’un sé permanente. Per forza di cose l’attenzione era decisamente diretta a raggiungere un benessere contingente, quotidiano. Le visioni filosofiche erano puntate a conseguire un benessere material. I testi di logica in cui s’esamina la concezione filosofica non buddhista evidenziano che alcune concezioni accettano l’esistenza dei fenomeni oggetto di percezione diretta, per cui ciò che non esiste è ciò che non viene percepito direttamente. Perciò tutto ciò che viene inferito è considerato inesistente. Per fare due esempi, queste scuole accettano fenomeni come: il germoglio che nasce dal seme, la madre che genera il figlio. Tuttavia costoro non asseriscono affatto che questi fenomeni derivano da cause e condizioni, anzi, al contrario sostengono che si tratta di fenomeni spontanei. Se dovessimo accettare che i fenomeni non sono generati in base ad un rapporto di cause – condizioni, non potremmo comprendere come effettivamente esiste la realtà. Se dovesse esistere un’origine senza una sua causa, allora non saremmo in grado di spiegarci molti fenomeni.

Per i Samkya esiste una causa, caratterizzata da un’origine primordiale, da cui si generano i fenomeni. Questa sostanza primordiale, per i Samkya è permanente. Alla domanda: esiste una mente pianificatrice, un creatore? I Samkya rispondono distinguendosi tra teistici e non teistici.

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