6 – Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso: Il Buddismo, la via della ragione.
Insegnamenti conferiti a Dharamsala, India, da Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso per il “CioTrul Du Cen”, il Giorno dei Miracoli, 5 marzo 2015. Sesta parte.
Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso
Ci sono diverse versioni dei sutra della perfezione della saggezza. Secondo il numero di strofe che li compongono, si parla di perfezione della saggezza in centomila, ventimila, ottomila e così via, ma in tutti c’è una presentazione della ‘base’ (Tutti i fenomeni appartenenti alla nostra realtà di base, di partenza, o ordinari.) come gli aggregati, le sorgenti sensoriali e così via, poi del sentiero (Il processo attraverso il quale si consegue la buddhità.) come i sentieri, i terreni, i 37 fattori dell’illuminazione https://www.sangye.it/altro/?p=6946 e così via, e infine vengono presentati i frutti (Il processo attraverso il quale si consegue la buddhità.) come le buone qualità di realizzazione e abbandono e così via.
Tutta questa presentazione dettagliata della varietà dei fenomeni viene alla fine riassunta dicendo che i fenomeni sono tutti mere designazioni, mere costruzioni concettuali e linguistiche la cui natura ultima è quella di mancare di esistenza inerente; si spiega cioè il concetto di vacuità.
Quando recitiamo il ‘Sutra del cuore’ dovremmo ricordarci di queste spiegazioni e quando arriviamo al punto che dice: “la vacuità è forma, la forma è vuota”, dovremmo ricordarci che con il termine ‘forma’ non si intende solo l’aggregato della forma e le forme grossolane, ma esso illustra anche tutti gli altri fenomeni appartenenti alla ‘base’ come i cinque aggregati, le sei sorgenti sensoriali con i loro rispettivi oggetti e così via. Tutti questi sono oggetti grossolani, che noi sperimentiamo continuamente, e che vengono mentalmente posti come ‘base di caratteristiche’ chiamata substratum (substratum: qualsiasi fenomeno in riferimento al quale si afferma il predicato o le caratteristiche e i modi di esistere).
Quando poi quando recitiamo i seguenti versi: “la forma non è altro che vacuità e la vacuità non è altro che forma” dovremmo pensare che queste parole illustrano il concetto di ‘due verità, una stessa entità’ cioè il fatto che in relazione ad una stessa entità, il substratum, esistono tutte e due le verità, ovvero si identifica la natura delle ‘due verità’ come essere quella di due facce di una stessa entità.
Con lo stesso ragionamento dovremmo analizzare uno dopo l’altro i vari aggregati, sorgenti sensoriali e tutti gli altri fenomeni e considerare, per esempio, “la sensazione è vuota, la vacuità è sensazione”, ma anche “io sono vuoto/a, la vacuità sono io” e poi “gli altri sono vuoti, la vacuità sono gli altri”, allo stesso modo “Buddha è vuoto, la vacuità è Buddha”.
Tutti i fenomeni del samsara e del nirvana sono ‘vuoti’ nel senso che mancano di esistenza inerente; infatti quando vengono sottoposti a ricerca o esaminati accuratamente, non li si trova. Essi sono comunque qualcosa che porta effetti utili o svantaggiosi; hanno una certa funzionalità e, quindi, non è che non esistano; se poi ci domandiamo ed analizziamo come esistano questi fenomeni che sono adatti ad indurre effetti, non riusciamo a trovare niente in loro che esista di per se stesso.
A questo riguardo la scuola Cittamatra conclude che, siccome quando si analizzano i fenomeni esterni in loro non si trova niente che esista di per sè stesso, essi non esistono per niente, neanche convenzionalmente. I Madhyamika sostengono invece che, come gli oggetti esterni non si trovano quando vengono sottoposti ad esame accurato, neanche la mente, quando cercata non viene trovata; non si trova assolutamente niente, ma, allo stesso tempo, non si può davvero dire che non esista, sappiamo bene che esiste e, allora, in che modo esiste? Non c’è altra scelta se non concludere che esiste solo in quanto ‘nome’ (un’etichetta, una costruzione linguistica).
Con questo tipo di conclusione, affermazioni come ‘la forma è vuota, la vacuità è forma’ diventano sostenibili, affermando che i fenomeni esistono meramente in quanto etichette si nega che esistano in virtù della propria entità e, non esistendo in virtù della propria entità, si può affermare che, in base ad una sorta di legge dell’inevitabilità, o per esclusione, esistano solo in quanto costruzioni linguistiche.
Diventa chiaro che si tratta di una stessa entità con diversi aspetti; in relazione ad uno stesso fenomeno identifichiamo due facce: analizzandolo dal punto di vista del suo modo di esistere diciamo che non esiste in virtù della sua propria essenza, di per se stesso e che la sua natura è vuota; allo stesso tempo, considerando che esiste come ‘nome’ o costruzione linguistica, l’essere prodotto e il cessare, come pure l’agente e l’azione e così via sono concetti sostenibili.
Recitando il ‘Sutra del cuore’ dovremmo riflettere su questi punti. Se poi ci chiediamo che utilità ci sia in tutto questo, come risposta consideriamo il mantra della saggezza: GATE, GATE, PARAGATE, PARASAMGATE, BODHI SOHA. (Sua Santità allude, come fa in molti insegnamenti, alla progressione per mezzo dei cinque sentieri: Accumulazione, Preparazione, Visione, Meditazione, Non più apprendimento).
Quanto più comprendiamo il significato di talità, tanto più riusciremo a sviluppare, per lo meno questo vale per i discepoli dotati di intelligenza, un’attitudine di rinuncia e anche una corretta pratica del rifugio. Voglio dire che, sulla base della comprensione della vacuità, aiutati dalla saggezza, si coglie il significato di Buddhismo e, di conseguenza, si genera, per colui che lo ha insegnato, una fede basata sulla comprensione. Lo stesso genereremo anche per il Dharma, che è costituito da vere cessazioni e veri sentieri, e, per coloro che lo praticano correttamente e lo hanno attualizzato nel loro continuum, una fede basata sulla comprensione della vacuità.
Generare fede in questo modo per il gioiello Dharma che include e la cui natura sono le due verità, ci permetterà di generare lo stesso tipo di fede anche per coloro che lo hanno generato nel loro continuum, cioè il gioiello Sangha, e per colui che ha perfezionato il loro processo di apprendimento e ha raggiunto il sentiero del non-più-apprendimento, ovvero il gioiello Buddha, il Maestro che rivela il Dharma caratterizzato dalle ‘due verità”. Nella “Lode al supremo” (di Udbhatasiddhasvamin) leggiamo:
Non sono parziale verso Buddha, e non ho avversione per i seguaci di Kapila,
considero come Maestro colui le cui parole sono attendibili.
Analogamente, il grande Lama Tsong Khapa nella sua “Lode all’interdipendenza” https://www.sangye.it/altro/?p=1657v porge omaggio a Buddha con le seguenti parole:
Tu spieghi perfettamente dopo aver visto la realtà così com’è.
Per i tuoi discepoli, tutti i problemi si allontanano essendo stata rimossa la radice di tutti gli errori.
Coloro che voltano le spalle a ciò che Tu hai insegnato
benché pratichino per lungo tempo con rigore, alla fine [il loro sforzo] sarà come aver attratto errori,
la loro credenza nel sè diventerà sempre più tenace.
Oh meraviglia! Quando il dotto avrà capito la differenza tra questi due,
come potrebbe mai costui non sviluppare rispetto per Te,
dal profondo del suo essere?
Entrambe le citazioni indicano che dipendendo dalla comprensione della vacuità si produrrà un’autentica e stabile fede nei Tre Gioielli. Altrimenti qualcuno potrebbe considerare il Buddhismo come un insieme di usanze e tradizioni, o un insieme di parole di effetto ma vuote; se invece consideriamo le implicazioni del concetto di vacuità, ecco che acquisterà tutto un’altro spessore.
La mente che concepisce qualcosa che sorge in dipendenza di cause e condizioni come esistente in virtù della sua propria essenza è detta ignoranza e, sulla base dell’ignoranza, sorgeranno tutti gli altri rimanenti anelli dell’origine dipendente. Dall’ignoranza del passato sorge spontaneamente l’ignoranza presente e poi di seguito il karma di composizione e così via.
A questo riguardo il protettore Nagarjuna (nel testo ‘Settanta strofe sulla vacuità’) dice:
Buddha ha proclamato che, il pensiero che prende come reali
i fenomeni sorti da cause e condizioni,
è ignoranza; da essa sorgono i dodici anelli.
La ragione per cui la comprensione della vacuità è così importante, è che abbiamo bisogno di un rimedio che abbia la capacità di contrapporsi a questa mente ignorante.
Durante il so-jong (cerimonia di confessione e purificazione dei membri del Sangha) ci sono dei versi che dicono che quando il fuoco o la luce della saggezza risplendono, le afflizioni svaniscono. Queste parole racchiudono tutta l’essenza del Buddhismo. Analogamente, i cinesi recitano una preghiera che auspica che il veleno delle tre afflizioni sia eliminato, che la luce della saggezza risplenda e così via (che siano eliminate le interferenze). Di nuovo queste parole indicano lo stesso concetto e cioè che il Buddhismo è un insieme di pratiche che rimediano il veleno delle afflizioni.
Tradotto dal tibetano a Dharmasala, India, durante il mese di marzo 2015 da Mariateresa Bianca. Si ringrazia Sherab Dhargye per le delucidazioni dal tibetano e la monaca italiana Ani Tenzin Ojung per aver riletto il testo e dato suggerimenti. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.