Commentario di Sua Santità il Dalai Lama alla Preziosa Ghirlanda “Ratnavali” di Nagarjuna alla UCLA University of California, Los Angeles USA, 5-8 giugno 1997. Traduzione del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Settima parte.
Parte XII
La strofa 31 recita:
31. Proprio come si dice
che il vedere l’immagine della propria faccia
dipende dallo specchio
ma [come la faccia riflessa] non esiste in realtà,
32. così la concezione dell’io esiste
dipendendo dagli aggregati,
ma, come l’immagine della propria faccia,
non esiste affatto in modo reale.
33. Proprio come senza dipendere da uno specchio
non si può vedere l’immagine della propria faccia,
così pure la concezione dell’io non esiste
senza dipendere dagli aggregati.
34. Quando l’ottimo Ananda
udì cosa significa questo,
raggiunse l’occhio della dottrina
e parlò ripetutamente di esso ai monaci.
35. Fino a quando si concepiscono gli aggregati
esiste di conseguenza la concezione dell’io.
Inoltre, quando esiste la concezione dell’io
c’è azione e collegata ad essa c’è anche la nascita.
Nel strofa 35, La Preziosa Ghirlanda sostiene che senza l’esistenza degli aggregati fisici e mentali, il senso naturale dell'”io” non può sorgere.
Nei versi seguenti, Nagarjuna spiega perché:
36. Con questi tre sentieri che si causano l’un l’altro,
senza un inizio, una metà o una fine,
questa ruota dell’esistenza ciclica
gira come la ruota di un tizzone infuocato.
37. Poiché questa ruota non è ottenuta da sé, da altro
o da entrambi, nel passato, nel presente e nel futuro,
la concezione dell’io è superata
e così l’azione e la rinascita.
La vera comprensione del non-sé della persona richiede una profonda comprensione della mancanza di un sé dei fenomeni. Questo perché il pensiero naturale di “Io” o “Io sono” non può sorgere indipendentemente dagli aggregati fisici e mentali. Pertanto, ciò che Nagarjuna sta suggerendo è che, fintanto che si dimora nell’egoismo, e ci si afferra quindi ad un sé indipendente, non vi è alcuna possibilità alcuna di arrivare ad una vera intuizione della vacuità.
Questo passaggio sembra rafforzare la Madhyamaka-Prasangika [una scuola ulteriore della Madhyamaka; si riferisce anche all’argomentazione “reductio ad absurdum” usata dalle scuole Madhyamaka]. Per quanto riguarda la vera mancanza d’un sé, non vi è alcuna reale differenza in termini di sottigliezza. La differenza sta proprio nella discrepanza dell’oggetto in cui i due sé sono presentati: il non-sé della persona è la vacuità della persona, il non-sé dei fenomeni è la vacuità dei fenomeni. Per quanto riguarda la negazione dell’ego, non vi è alcuna reale differenza tra l’individualità della persona e l’individualità dei fenomeni. E questa differenza rafforza la posizione di Madhyamaka contro, o in contrasto, con altre interpretazioni del pensiero di Nagarjuna, dove si accetta una reale differenza sostanziale tra il non-sé della persona ed il non-sé dei fenomeni: in quanto il non-sé della persona è inteso in termini di negazione di un sé come una realtà sostanziale piuttosto che un sé come privo di realtà intrinseca e non esiste un sé dei fenomeni. È postulato in modo diverso. Quindi sembra che questo passaggio di The Preziosa Ghirlanda appoggi il Prasangika, per quanto riguarda i due sé, non c’è differenza in sottigliezza.
Naturalmente, ci sono commentatori molto importanti su Nagarjuna, come quello di Bhavavineka, un filosofo Madhyamaka che legge Nagarjuna in un modo diverso. Ad esempio, Bhavavineka accetta che non ci sia una reale differenza sostanziale tra il non-sé della persona e il non sé dei fenomeni, ma c’è una differenza nella sottigliezza. C’è anche una differenza di sottigliezza delle due forme di afferrarsi – afferrarsi al sé della persona ed afferrarsi al sè dei fenomeni – dato che una delle implicazioni di quel tipo di posizione è accettare che la radice dell’esistenza non illuminata, la radice di samsara, è davvero l’afferrarsi al sé della persona, non al sé dei fenomeni. Pertanto, per ottenere la liberazione dal samsara, abbiamo bisogno di comprendere il non-sé dei fenomeni. Secondo Bhavaviveka, si percepisce che l’intuizione nel non-sé dei fenomeni è più correlata al conseguimento di stati onniscienti, che al conseguimento della liberazione dal samsara.
Parte XIII
Iniziando la sessione, innanzitutto, vorrei ringraziare i membri del Sangha cinese per la loro recitazione. Quindi iniziamo con le domande.
Precedentemente sono state poste domande su pezzi di carta, che il traduttore legge in inglese e poi in tibetano. Molte delle domande riguardano azioni virtuose e non virtuose in cui il Dalai Lama ripropone sostanzialmente i punti su questo tipo di azioni che ha già fatto nella sessione precedente.
La prossima domanda riguarda la tolleranza religiosa, in cui affronta i seguenti punti: 1) Sua Santità il Dalai Lama ritiene che sia più appropriato per le persone seguire la tradizione religiosa della propria società o cultura, ma possono esservi delle eccezioni; 2) se qualcuno decide di cambiare le tradizioni religiose, questo dovrebbe essere fatto solo dopo un’attenta considerazione; 3) le differenze tra le tradizioni, in particolare tra il buddismo ed altre tradizioni, riflettono la ricchezza della diversità spirituale e dovrebbero essere motivo di maggiore ammirazione; 4) è possibile all’inizio che una persona sia in grado di seguire sia la via buddhista che la via giudaico-cristiana, ma a un certo punto si deve scegliere tra l’una o l’altra, dal momento che il concetto buddista di vacuità ed il concetto cristiano di un dio creatore non combaciano veramente; 5) quest’ultimo punto può valere anche per le persone nella tradizione buddista, dal momento che ci sono alcuni concetti delle varie scuole che, anche, non si adattano tra loro. Ma non importa cosa, non si dovrebbe mai diventare eccessivamente critici nei confronti della tradizione religiosa diversa dalla propria.
Domanda. Come possiamo mantenere la fede quando così tanti tra i lama e gli insegnanti si comportano male?
Sua Santità il Dalai Lama. Se uno è in grado di coltivare una fede fondata su una comprensione personale, allora non vi è alcuna possibilità di sviluppare una tale fede nei confronti di un lama o di un insegnante che si comporta male.
È molto importante, quando ti rapporti con qualcuno che è un insegnante di Dharma, usare le tue facoltà critiche per sottoporre quella persona ad un esame accurato, in modo che tu sia consapevole che se non tutte le qualifiche che sono commentate nelle Scritture non si trovano in quella persona, almeno la maggior parte di esse si trovano in quell’individuo.
A volte le persone scelgono un insegnante di Dharma o scelgono una particolare tradizione durante un periodo molto depresso nella loro vita personale. Quando ciò accade, quando qualcuno sceglie una persona o una tradizione perché ha bisogno di appoggiarsi a qualcuno o manca di autostima, allora c’è una vera possibilità di vulnerabilità, di abusi e, quando tale dipendenza s’è instaurata su qualcuno, dato che non si è realmente in grado di utilizzare la struttura critica, c’è quindi spazio per abusi e delusioni.
Spesso quando si tratta di scegliere un percorso spirituale od un maestro, la nostra tendenza è quella di essere sbrigativi ed assumere tutto ciò che ci si avvicina, come un cane che mangerà qualsiasi cibo che gli capita. Ma non è questo il modo in cui dovremmo avvicinarci al Dharma o sceglierne un insegnante.
Come dico ai membri dei media, che dovrebbero avere un naso il più sensibile possibile, una sorta di fiuto per ciò che li circonda [risate], anche questo è vero per gli studenti: dovreste essere in grado di annusare in modo da poter vedere da entrambi i lati: davanti e dietro. A volte succede che le cose possono sembrare molto impressionanti se viste di fronte, ma dal retro possono essere un po’ vuote, solo vuote. [risata]
Se un insegnante è in grado di mantenere un buon tipo di integrità, allora, naturalmente, quella persona è degna della vostra ammirazione e fiducia.
Giudicare l’integrità di un insegnante dovrebbe essere affrontato nel contesto dei tre corsi di formazione superiore su moralità, meditazione, saggezza o intuizione. Questo è ciò che il Buddha insegnò nel Tripitaka, le Tre Raccolte Spirituali. Quindi, questo significa che, dal momento che sono anche un insegnante, dovreste sottopormi anche a tali indagini. [risata]
Domanda. Qual è il modo più rapido e semplice per realizzare l’altruismo o il non-sé?
Sia il Dalai Lama che il pubblico ridono, ma presto si placa in una pausa piuttosto lunga.
Sua Santità il Dalai Lama. Cerchiamo di essere seri, ora. Anche se non posso affermare di avere alti livelli di realizzazioni in relazione alla comprensione della mancanza d’un sè, la piccola realizzazione che ho è un prodotto d’uno sforzo che dura da oltre trent’anni.
È stato difficile seguire il traduttore qui. Anche dopo aver ascoltato ripetutamente il nastro, non sono sicuro di chi si riferisca qui il Dalai Lama tramite il traduttore, che si tratti di lui o di qualche altro lama.
La storia di Milarepa qui sotto sembra separata da questo.
Traduttore: Tenzin Gyatso [?], Dopo aver incontrato [? nome non chiaro] e ha avuto una lunga discussione con lui. . . più tardi, gli è capitato di scrivere una biografia di [?] e in essa menziona il Maestro [?]. . . che le realizzazioni che ha conseguito erano il risultato di un intenso sforzo e impegno di un periodo di quarant’anni, e ora è raggiunto. . . un punto in cui è sulla soglia di ottenere un’alta liberazione.
Sua Santità il Dalai Lama dice qualcosa al traduttore in tibetano. C’è un’altra lunga pausa. Silenzio. Sua Santità il Dalai Lama poi inizia a piangere. Si asciuga gli occhi. L’intera sala è completamente silenziosa. Sua Santità il Dalai Lama borbotta tra sé e sé, continua a pulirsi gli occhi.
Traduttore: Sua Santità stava dicendo che Milarepa [uno dei più riveriti maestri nella storia del Buddhismo tibetano], quando Milarepa stava dando le sue ultime istruzioni ad uno dei suoi primi discepoli, sGam-po-pa, gli mostrò il suo didietro, ah, mostrò i calli sul suo fondo schiena che erano il risultato della sua lunga permanenza in meditazione e disse: “Guarda questo! Questo è quello che ho sopportato. Questo è il segno della mia pratica. “Ed è così che devi ricordare che la realizzazione del Dharma richiede impegno e impegno.
Il Dalai Lama irrompe, parlando per la prima volta in inglese:
Quindi non pensare più facile, meglio, più economico!
Il resto del suo commento è soffocato da un applauso.
[Ritorno al tibetano ed al traduttore]:
Quale maestro tibetano [? nome non chiaro] ha detto è molto vero. Disse che chi, nella fase iniziale, è così entusiasta della pratica da non avere nemmeno il tempo per mangiare correttamente, ma dopo solo tre o quattro giorni si distrae e passa a qualcos’altro e perde interesse, una tale persona si aspetta di avere risultati immediatamente, ma poi perde interesse: costui non otterrà mai alcun risultato. Quindi, è importante mantenere sempre un flusso costante di sforzi, un flusso costante, un flusso sempre continuo.
[Il Dalai Lama in inglese]: Siete d’accordo? [il pubblico applaude] Va bene!
Due giorni dopo, alla fine, dopo la cerimonia di iniziazione dell’ultimo giorno, il Dalai Lama ha offerto le sue uniche altre parole pronunciate in inglese: “Spero che rifletterete profondamente su questi insegnamenti, in modo che la prossima volta che verrò non dovrete chiedere il meglio, il più veloce, il più facile.”
Il commentario del Dalai Lama sulla preziosa ghirlanda di Nagarjuna, parte 14
In questa sezione, si parla di rinascite superiori ed inferiori. Alcuni lettori potrebbero non accettare l’idea della rinascita nel contesto buddista, o almeno potrebbero avere dei dubbi al riguardo. In questi casi, il lettore potrebbe voler vedere interpretati gli insegnamenti in questo modo: le rinascite inferiori corrispondono ad una condizione di vita bassa nel tempo presente, uno stato di vita dominato dalla sofferenza e le rinascite più alte corrisponderebbero a condizioni più elevate di vita, uno stato di vita in cui si sperimenta una certa quantità di libertà dalla sofferenza e la liberazione dalle afflizioni distruttive della mente. L’idea alla base delle dottrine qui trattate funziona altrettanto bene con questo tipo di punto di vista.
Parte XIV
Torniamo al testo:
38. Colui che vede come causa ed effetto
sono prodotti e distrutti
non guarda al mondo come
realmente esistente o realmente non esistente.
39. Colui che ha udito la dottrina che estingue
ogni sofferenza, ma non la esamina
e teme gli stati senza paura,
trema a causa dell’ignoranza.
40. Che tutti questi non esisteranno nel nirvana
non ti incuta paura.
Perché la loro non esistenza
spiegata qui ti spaventa?
In questo verso, La Preziosa Ghirlanda afferma che, in realtà, la vacuità è lo stato di assenza di paura. Pertanto, non si dovrebbe sviluppare un senso di paura nei suoi confronti, piuttosto un senso di gioia. La ragione per cui l’essere infantile si sente terrorizzato, vede la vacuità come un oggetto di paura, è a causa della sua ignoranza. Quando non si comprende la natura della vacuità, questa diventa una fonte di paura.
Nel verso successivo, La Preziosa Ghirlanda sta discutendo con gli essenzialisti buddisti, in particolare con la scuola [Hinayana] dei Vaibhasika https://www.sangye.it/altro/?p=6122 i quali sostengono che il raggiungimento del nirvana costituisce la cessazione del continuum della coscienza. Quindi La Preziosa Ghirlanda sta sostenendo che se questa è la comprensione del nirvana o della liberazione, poiché non temete il concetto di cessazione totale dell’individuo nel continuum della coscienza, allora come potete avere paura del concetto di vacuità? La vacuità, o nirvana, dal punto di vista Madhyamaka è lo stato in cui tutte le afflizioni negative della mente sono purificate o calmate nello stato di vacuità della mente. Quindi, se i Vaibhaskika sostengono che il nirvana o la liberazione costituisce una cessazione totale, allora perché hanno paura della nozione di vacuità, dove vengono eliminate tutte le afflizioni della mente?
41. “Nella liberazione non c’è sé e non ci sono aggregati”.
Se la liberazione è così affermata,
perché la rimozione del sé
e degli aggregati non ti piace?
[Aggregati: Skt. skanda; letteralmente: mucchio o fascio: i cinque aggregati che costituiscono l’individuo: forma corporea, sensazione, percezione, discriminazione e coscienza.]
Il punto sulla liberazione in cui non c’è un sé od aggregati è perché, secondo la comprensione Madhyamaka, il nirvana costituisce l’eliminazione totale da tutte le illusioni della mente all’interno della sfera della vacuità, quindi in questa visione del nirvana non può essere mantenuta la dualità. Pertanto, nessun sé o aggregato o percezione può essere mantenuto. Tutte le dualità sono calmate o dissolte in uno stato di vacuità. Questo è ulteriormente sviluppato nella prossima strofa:
42. Il Nirvana non è nemmeno inesistente,
quindi come potrebbe essere esistente?
Si dice che il Nirvana sia la cessazione
delle nozioni di esistenza e non esistenza.
Quindi, questo sviluppa la comprensione Mahayana del concetto di Dharmakaya, che è lo stato in cui tutte le dualità si dissolvono nella sfera della vacuità. Tutte le forme di dualità, come il soggetto e l’oggetto, come gli aggregati, e anche la vacuità in sé, qui si dissolvono. Quindi, la scuola Madhyamaka parla anche della vacuità della vacuità.
43. In breve, la visione del nichilismo
è che gli effetti delle azioni non esistono.
È un non-governo e che conduce a rinascita inferiori
è considerata una “visione errata.”
44. In breve, la visione dell’esistenza
è che gli effetti delle azioni esistono.
Le azioni meritorie conducono a rinascite felici:
è considerata una “visione corretta.”
45. Poiché le (nozioni di) esistenza e di non esistenza sono estinte dalla saggezza,
Attraverso la conoscenza, uno sottomette esistenza
e non-esistenza, e così si trascendono le negatività ed i meriti.
Questo, dice, è liberazione dalle
cattive trasmigrazioni e da quelle felici.
Questo è quello che dice l’eccellente.
Qui, La Preziosa Ghirlanda sta rispondendo ad una possibile obiezione al concetto di vacuità dei Madhyamaka, perché questo concetto rifiuta ogni esistenza indipendente o realtà oggettiva. È possibile che qualcuno capisca che implica [il resto di questa frase è stato perso quando il nastro era cambiato] . . . il rifiuto dell’esistenza indipendente non implica il rifiuto di tutto a livello convenzionale, quindi non è una visione nichilista. Una visione nichilista comporta il rifiuto totale, anche nel senso convenzionale delle cose e degli eventi. Il nichilismo implica il rifiuto del principio stesso dell’origine dipendente e della causalità.
Quindi [il testo] afferma che a volte è possibile, a causa dei principi dell’origine dipendente e della causalità, che qualcuno possa dedurre che possa esserci qualche essenza intrinseca o qualche tipo di realtà oggettiva.
Nagarjuna accetta la possibilità che tali interpretazioni assolutiste dell’origine dipendente possano funzionare come base per agire in modo positivo, creando così karma per ottenere una rinascita più elevata. Pertanto anche azioni virtuose possono aver luogo come risultato in tale credenza. Tuttavia, se si comprendono questi principi in termini di condizionalità, senza una base oggettiva intrinsecamente reale, allora si sarà in grado: non solo di minare l’impegno delle azioni negative, ma anche il karma stesso che dà origine alla rinascita nell’esistenza ciclica. Quindi la comprensione della vacuità agisce come un antidoto per minare il processo di rinascita nell’esistenza ciclica. Quando l’origine dipendente è vista nel modo corretto, allora quella comprensione può agire come una contromossa contro entrambi gli estremi del nichilismo e dell’assolutismo.
46. Vedendo la produzione come causata
trascende (la nozione) della non esistenza.
Vedendo che la cessazione ha una causa,
non si accetta (la nozione di) esistenza.
Poiché le cose nascono come risultato di cause e condizioni, si può trascendere la tendenza nichilista ad accettare che esse sono non-esistenza. Poiché la cessazione nasce come risultato di cause e condizioni, si trascende la possibilità di un’esistenza definita.
Il commentario del Dalai Lama sulla preziosa ghirlanda di Nagarjuna, parte 15
La natura della realtà
Qui il Dalai Lama scava in un argomento profondo: la natura della realtà. Discute perché, se le cose sono considerate irreali, ci sembrano molto reali. Fornisce anche alcune indicazioni cruciali su come dovremmo capire la vacuità (sunyata).
Tenzin Gyatso, Il Dalai Lama – Commentario sulla preziosa ghirlanda di Nagarjuna, 5-8 giugno 1997, Parte XIV
Una domanda che può essere sollevata è, se le cose e gli eventi possiedono una produzione causata dalla loro condizionalità, allora qual è la natura di quella causa e qual è la relazione tra quella causa e la cosa causata? La natura della causa viene quindi esaminata in base al fatto se è simultanea al risultato o se è precedente al risultato o se è distinta dalla cosa prodotta. Certamente, tali forme di analisi stanno avendo luogo dal punto di vista dell’analisi finale. Quindi, una causa che precede l’oggetto non può essere detta producente un effetto, perché nel punto in cui l’effetto ha luogo, la causa precedente è già cessata e, se la causa è detta simultanea, di nuovo, non può essere causale perché cause simultane agli eventi non possono causare effetti simultanei e così via.
Pertanto [questo verso] dice che:
47. [Cause] prodotte in precedenza e prodotte simultaneamente (al loro effetto)
sono non-cause; [perciò,] di fatto non ci sono cause,
perché [tale] produzione non è per niente confermata
come [esistente] convenzionalmente o nella realtà.
Quindi questo suggerisce che la causalità è un qualcosa che può essere mantenuto a livello convenzionale ma non nel senso ultimo. Ciò che questo suggerisce è la comprensione della causalità in termini di mera condizionalità, in termini di origine dipendente. Quindi, nella [prossima] strofa, La Preziosa Ghirlanda ci fornisce due esempi di fenomeni dipendenti: uno dipende in termini di designazione dipendente ed un altro è dipendente in termini di causazione dipendente:
48. Quando questo è, quello sorge,
come il corto quando c’è il lungo.
A causa della produzione di questo, quello è prodotto,
come la luce (è prodotta) producendo la fiamma.
“Dove c’è questo, sorge”, questo è il principio generale dell’origine dipendente. Gli esempi sono: proprio come c’è “il lungo” c’è “il corto”. Questo è un esempio di designazione dipendente. L’idea è che quando parliamo di un qualcosa che è lungo o corto, non esiste un concetto di “lungo” o “corto” indipendentemente esistente, piuttosto il concetto stesso di “lungo e corto” sono concetti relativi, ed è solo in relazione a certi quadri di riferimento che possiamo mantenere le nozioni di lungo e corto.
Quindi le prossime due righe forniscono un esempio di origine dipendente in termini di causalità. Attraverso la comprensione dell’origine dipendente, si può comprendere che l’esistenza della realtà dei fenomeni può essere mantenuta solo al livello della verità convenzionale e solo in termini di dipendenza da altri fattori. Niente, nessun evento gode di uno stato di esistenza che è suo, che è autonomo.
49. Quando c’è il lungo, c’è il corto.
Essi non esistono per propria natura,
proprio come non producendo
la fiamma, anche la luce non sorge.
50. Avendo visto in tal modo che gli effetti sorgono
dalle cause, si asserisce ciò che appare
nelle convenzioni del mondo
e non si accetta il nichilismo.
51. Colui che asserisce, proprio come è, la cessazione
che non sorge dalle convenzioni
non passa in [una visione di] esistenza.
Così, colui che non si affida al dualismo dei due (estremi) è liberato.
52. Una forma vista a distanza
è vista chiaramente da chi è vicino.
Se un miraggio fosse effettivamente acqua,
perché non viene vista da chi è vicino?
La Preziosa Ghirlanda si pone questa domanda: se le cose e gli eventi sono in ultima analisi privi di realtà intrinseca e sono vuoti di realtà o essenza indipendente, come è possibile che alle nostre percezioni ci sia questa molteplicità di aspetti che sembrano godere di una sorta di unicità e distinzione nelle loro esistenze? I seguenti versi affrontano questo problema.
Se il modo in cui vediamo il mondo riflette la vera natura della realtà, allora più a fondo esploriamo la natura della realtà, più diventa chiara la percezione del mondo. Tuttavia, questo non è il caso. Proprio come un miraggio appare da lontano, ma più ci si avvicina il miraggio scompare, allo stesso modo con la percezione del mondo, più ci si avvicina alla natura della realtà, più questa diventa insostenibile.
53. Il modo in cui è visto questo mondo
come reale da coloro che sono lontani
non è condiviso da coloro che sono vicini
per i quali è senza traccia come un miraggio.
In [questa] strofa, si dice “quelli lontani”. Lontano: qui c’è un riferimento alle nostre percezioni ordinarie del mondo, che è lontano dalla vera natura della realtà. Mentre ci avviciniamo, quella specie di percezione viene smantellata perché la vera natura della realtà è “senza segni”. Queste apparizioni concettuali che creiamo non riflettono realmente la natura della realtà.
54. Proprio come un miraggio sembra essere acqua
ma non è acqua e di fatto non esiste [in quanto tale],
così gli aggregati sembrano essere il sé
ma non sono il sé e di fatto non esistono.
55. Avendo pensato che un miraggio fosse acqua
ed essendo quindi andato là,
uno sarebbe proprio stupido a supporre
“quell’acqua non esiste.”
In [questi] strofa, vediamo che quando uno immagina per primo il miraggio di essere acqua, allora ti avvicini e scopri che non c’è acqua, pensi che prima ci fosse acqua, ma ora non ce n’è. Questo è il modo sbagliato di pensare. Piuttosto, si dovrebbe concludere che la percezione iniziale di essere acqua era un errore. Allo stesso modo, quando si arriva alla comprensione della vacuità, non si dovrebbe sentire che la realtà intrinseca o essenza che esisteva prima sia stata eliminata o in un certo senso dimostrata inesistente. Piuttosto si dovrebbe capire che la realtà intrinseca che si percepisce all’inizio non è affatto presente. Il riferimento in [questo ultimo] verso risuona una forma di argomentazione che troviamo nel Madhyamaka Kavatara [“Ingresso nella via di mezzo] dove Chandrakirti https://www.sangye.it/altro/?cat=111 sostiene che se la propria comprensione della vacuità è che la vacuità nega la realtà intrinseca, allora la consapevolezza trascendente degli Esseri arya [Questo è un riferimento a coloro che sono già diventati illuminati; “Aryan” significa letteralmente “nobile”.] Sarebbe una causa per la distruzione del mondo empirico. quindi, uno lo nega. Quindi, è lo stesso tipo di argomento.