2-Insegnamenti di S.S. Dalai Lama a Milano 27.06.12

Sua Santità il Dalai Lama: All'inizio l'ignoranza concepisce un sé che non esiste, poi sulla base dell'attaccamento e dell'odio, sviluppiamo le nostre azioni, ed ecco che creiamo karma contaminato.

Sua Santità il Dalai Lama: All'inizio l'ignoranza concepisce un sé che non esiste, poi sulla base dell'attaccamento e dell'odio, sviluppiamo le nostre azioni, ed ecco che creiamo karma contaminato.

Seconda parte degli Insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama a Milano mercoledì 27 giugno 2012 su “I Tre Aspetti Principali del Sentierodi Lama Tsong Khapa, qui liberamente disponibile https://www.sangye.it/altro/?p=489,

Traduzione dal Tibetano in Italiano di Fabrizio Pallotti. Appunti del dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa, prima revisione ed editing del Dott. Luciano Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dalai Lama’s Teachings” a beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni. Vedi anche https://www.sangye.it/dalailamanews/?p=5401, https://www.sangye.it/dalailamanews/?p=5571, https://www.sangye.it/dalailamanews/?p=5410,

Sua Santità il Dalai Lama

La prima nobile verità si riferisce alla sofferenza. La seconda è la nobile verità dell’origine. La terza delle 4 nobili verità asserisce l’esistenza, non solo dell’assenza definitiva della sofferenza, ma d’uno stato irreversibilmente privo dalla sofferenza e dalle sue cause.

La quarta nobili verità è il sentiero, il metodo tramite il quale si procede alla liberazione totale, questa è la verità del sentiero che si basa sulla realizzazione diretta della realtà ultima. I primi due sono gli aspetti disturbati, ciò che va eliminata, mentre le seconde due sono gli aspetti che vanno ottenuti, ovvero sia la cessazione sia il sentiero.

Quindi vediamo come queste 4 nobili verità: questi due aspetti della sofferenza dell’origine, che è ciò che deve essere abbandonato, e dell’altra parte l’ottenimento completo e il sentiero che porta all’illuminazione. Viene esemplificato bene dai 12 anelli dell’origine dipendente: ignoranza, coscienza, nome, forma, contatto, sensazioni, attaccamento, bramosia, divenire, esistenza, nascita, vecchiaia e la morte.

La prima è l’ignoranza. Quando diciamo IO vediamo che ci sono vari aspetti di questo io. C’è un io che non viene considerato, è un mero concetto d’io. Poi c’è un aspetto di questo io che appare con evidenza nella nostra mente che appare come se fosse vero. In più c’è ancora un io che appare a coloro che hanno compreso che l’io è una mera designazione, per cui lo vedono come tale. I modi con cui i fenomeni ci appaiono normalmente alle nostre coscienze e andiamo a vedere perché i fenomeni appaiono in un modo ed in realtà esistono in un altro. L’io appare come essere qualcosa di concreto, indipendentemente come avente una natura propria stabilita dalla sua parte. Si afferra e lo concepisce in quel modo, quella è l’ignoranza perché in realtà quel fenomeno esiste in modo completamento diverso, lo concepisce come se fosse l’opposto. In particolare questo sé viene concepito esattamente l’opposto di come esiste, per questo si chiama ignoranza, un modo sbagliato di conoscere. Sulla base di concepire questo io esistente dalla sua parte per prima cosa sorge l’attaccamento al sé, all’io. Sulla base di aver concepito il sé in quel modo, ecco che diventa il mio. Sulla base di questo io avviene qualcosa di speciale, il mio. Su questa base si genera l’attaccamento per i nostri cari e le nostre cose, e si ha avversione per ciò che è diverso da quello che siamo noi. Per cui, all’inizio l’ignoranza che concepisce un sé che non esiste, e poi sulla base dell’attaccamento e dell’odio, sviluppiamo le nostre azioni, ed ecco che creiamo karma contaminato. C’è anche un karma incontaminato, che viene generato sulla base delle azioni fatte sulla base della realizzazione dell’originazione interdipendente ma qui ci occupiamo solo del karma contaminato che viene generato sulla base dell’ignoranza.

Per cui questo è il modo con cui stiamo ancora guardando i 12 anelli. Abbiamo visto il primo che è l’ignoranza, sulla base del quale si accumulano le varie azioni che di solito chiamiamo karma. Nel momento in cui proferiamo delle parole offensive, in quel momento si crea quell’azione. Quell’azione lì poi maturerà con un risultato di sofferenza per noi. Ogni azione può avere tre modi diversi di risultato di sofferenza. Quell’azione sperimenteremo il risultato esattamente in questa vita prima di morire. Poi c’è un altro modo di sperimentare questo risultato dalla vita successiva o dalla terza vita successiva in poi. Per cui siamo al terzo degli anelli, in questa azione che viene compiuta dove viene depositata? Ecco che viene l’anello della coscienza, quindi viene depositata nell’anello della coscienza. Se prendiamo in esame il pensiero madhyamika, uno è l’aspetto temporaneo, la coscienza mentale che ha accompagnato queste azioni. Queste azioni non possono essere depositate nel cervello perché, quando muore, il cervello si distrugge.

E’ proprio per il fatto che queste azioni maturano in tempi diversi queste azioni devono essere depositate in un fattore che ha una continuità. Quando matura questa impronta? Se matura subito nella vita futura: matura quando col decimo degli anelli. La sensazione richiede il contatto, che richiede le sorgenti: il nome e la forma. Si sviluppano gli altri, nel momento in cui c’è la rinascita e quell’esistenza viene portata a compimento con la vecchiaia e la morte. Poi invece, in modo regressivo: si parte dalla base pensando che, se si elimina l’ignoranza, allora i fattori di composizione non possono sorgere, quelle azioni non vengono compiute, ed anche tutti gli altri anelli vengono eliminati. Questi anelli sono comuni anche alla tradizioni Pali, hanno solo delle differenze più o meno profonde, ma il modo progressivo e regressivo dell’esistenza e delle sue cause sono esattamente identici.

Per cui, per vedere come si sviluppa questo sentiero, citiamo il discepolo principale di Nagarjuna: Aryadeva. “Per prima cosa abbandona ciò che non è meritorio”. Di primo acchito è difficile comprendere e separarsi da quella che è l’ignoranza. E’ una cosa molto difficile, il modo in cui si sviluppa questa saggezza che diventa l’antidoto all’ignoranza. Sulla base della saggezza che deriva dall’ascolto. Poi, ancora non è sufficiente, per avere quel tipo di saggezza dobbiamo avere quella concentrazione irreversibile, shinè la calma dimorante. Per prima cosa, dobbiamo affrontare direttamente l’ignoranza e cercare di conseguire direttamente la saggezza trascendentale. Per prima cosa Aryadeva dice “abbandona ciò che non è meritorio”, che sono quelle azioni quel tipo di karma, che, per natura, maturano come esistenze inferiori di grande sofferenza. Per prima cosa quindi abbandonale. Ci sono le azioni virtuose, che sono quelle che portano come risultato gli stati di benessere nelle vite superiori, mentre le azioni non virtuose portano come rinascite in livelli come i preta, gli animali. Non c’è possibilità di procedere nel sentiero nelle rinascite superiori e inferiori, ma solo in una rinascita tipo quella dell’essere umano. Ciò che non è meritorio è da abbandonare, perché, come risultato, porta sofferenza. Ci sono 10 azioni non virtuose di corpo, parola e mente: 3 del corpo, 7 della parola e 3 della mente.

Pensando: se faccio così io sto meglio, se faccio così io guadagno. Da cosa sono spinte queste azioni? Sono spinte dall’ignoranza che non comprende che quella particolare azione porta esclusivamente del danno, mentre ci porta a pensare che porti un beneficio.

Dal punto di vista delle nostre azioni, della felicità e della sofferenza che portano. L’ignoranza è il vero modo con cui i fenomeni esistono. Il primo livello è più superficiale, della causa ed effetto, e il secondo livello che è la saggezza che comprende che gli oggetti esistono in modo interdipendente.

Per cui per prima cosa abbandona ciò che non è meritorio e pratica ciò che è meritorio, poi infine per poter eliminare tutto questo ciclo di sofferenza, bisogna eliminare l’ignoranza, comprendendo che i fenomeni sono designati in dipendenza, su questa base si genera la liberazione totale.

Il primo insegnamento le 4 nobili verità fa parte del primo giro della ruote del dharma ed è il vero fondamento di tutto l’insegnamento del dharma. Questo insegnamento fu dato principalmente ad un grande pubblico in lingua Pali.

Dal punto di vista della lingua sanscrita dopo che buddha shakyamuni entrò nel paranirvana, nella regione del Pakistan si sviluppo’ un centro di studi importante: Takshila. In seguito poi nell’Uttar Pradesh in India, l’università degli studi del Nalanda e poi Vikramalashila nel Bihar. Per molti secoli in queste università si svilupparono dei grandissimi maestri realizzati che composero moltissimi testi, come Nagarjuna vedi https://www.sangye.it/altro/?cat=9, Arya Asanga, Aryadeva e così via. I loro scritti si basavano sulla tradizione degli insegnamenti che Buddha Shakyamuni dava in sanscrito. Gli insegnamenti generali pubblici come la prima ruota del dharma furono dati in Pali. Mentre invece gli insegnamenti sanscriti furono dati solamente a un gruppo molto selezionato di discepoli che avevano già grandi realizzazione ed erano in grado di porre domande e ricevere risposte direttamente da Manjusri, Tara, Samanthabadra. In questa ruota del Dharma insegnò principalmente il sutra della Prajnaparamita vedi https://www.sangye.it/altro/?p=206. Insegnò la terza nobile verità, niroda, la cessazione.

Per quanto riguarda l’anatman, il Buddha aveva già menzionato il concetto del non sé nella ruota precedente, ma qui le spiegazioni divennero più profonde. Nel terzo giro della ruota del Dharma, una grande varietà di sutra e di soggetti furono inclusi in questa spiegazione. Buddha principalmente spiegò in dettagli la natura della mente e del suo aspetto più nascosto e sottile, il fondamento dell’illuminazione, la spiegazione del Tatagatagharba, il seme della Buddhità.

Le ultime due ruote del dharma furono insegnate direttamente in sanscrito. Ci furono già ai tempi di Nagarjuna delle persone che non ritenevano veri insegnamenti di Buddha gli insegnamenti in sanscrito che riguardavano il Mahayana e così via. Recentemente un grande erudita indiano di sanscrito, Umadeva, nella seconda ed ultima parte della sua vita condusse molte ricerche per quanto riguarda il tantra di Kalachakra, vedi https://www.sangye.it/altro/?cat=32, ed in una di queste ricerche trovò in Nepal un foglio molto antico e riconobbe che l’autore di questo scritto era necessariamente Aryadeva. In questo scritto parlava del tantra, era un commentario del tantra. Per cui dal momento che lui riconobbe una fede irreversibile che Aryadeva era un praticante del tantra. Per cui, gli altri testi che parlavano del tantra erano autentici, per cui generò la fede che gli insegnamenti del tantra sono insegnamenti autentici che provengono dal Buddha. Il tantra che proviene dalla tradizioni indù e quella buddhista coinvolgono pratiche Yoga, yoga del kundalini, coinvolgono la manipolazione degli elementi interni. Se questi testi e pratiche yoga si basano sulla comprensione corretta della vacuità. Per essere sicuri quali sono tantra buddhisti e quali induisti, è dal punto di vista della comprensione della vacuità. Il primo giro della ruota del dharma è il pali, mentre la seconda e la terza sono insegnamenti che sono dati in sanscrito ad un gruppo molto selezionato. Il maestro che portò in Tibet il buddhismo era Shantarakshita, un maestro estremamente realizzato, aveva composto tantissimi testi che era al Nalanda. A quei tempi fu l’imperatore a diffondere il dharma in Tibet. Il nostro primo maestro fu Shantarkshita e si occupò principalmente degli insegnamenti del vinaya e anche dell’aspetto delle varie tradizioni. Quegli insegnamenti si basano principalmente sulla logica e sull’analisi. I testi logici sono il vero corpo degli insegnamenti sviluppati in Tibet. Sulla base della tradizioni cinese, koreano, vietnamita non hanno posto l’enfasi sulla logica. Anche la lingua tibetana si è sviluppata sulla base dell’avvicinamento tibetana per cui oggi giorno la lingua più espressiva del Dharma è quella tibetana.