Il lascito di Gheshe Rabten

Gheshe Rabten Rinpoche

Il lascito del gheshe Rabten

Il gheshe Rabten Rimpoche si è spento a Mont Pélérin (Svizzera) lo scorso 26 fobbraio 1986. Nato nel Kham (Ti’bet Orientale) nel 1920, a 17 anni abbandonò la fattoria paterna per rnggiunrgere, dopo un cammino di oltre due mesi, il monastero di Sera, presso la capitale Lhasa, dove pe·vent’anni si dedicò allo studio, alle pratiche meditative (ritirandosi sovente nelle vicine grotte) e poi all’insegnamento. Nel ’59 scelse l’esilio in India e qui conseguì il titolo accademico di Gheshe Lharampa. Considerato dalle comunità tibetane un maestro fra i più preparati ed esemplari, è stato consigliere spirituale del Dalai Lama e dal 1967 ha cominciato a comunicare il Dharma agli occidentali prima a Dharamsala (India) e successivamente in Svizzera, dove ha fondato nel 1972 il monastero tibetano di Rikon e nel ’79 il Tharpa Coeling, Centro di Alti Studi Buddhisti, a Mont Pélérin. È stato uno dei maestri tibetani più impegnati nel dialogo interreligioso: nel 1977 ha partecipato ad una esperienza di vita comune tra monaci cristiani, buddhisti e indù, organizzata dall’Abbazia benedettina di Praglia, presso Padova. Lascia numerosi discepoli anche in Italia, dove ha dato importanti insegnamenti ed ha promosso la costituzione dei centri Ghe Pel Ling a Milano e Maitri a Torino. Nei suoi insegnamenti, dedicati soprattutto ad argomenti di filosofia e psicologia, ha presentato il Buddhismo tibetano come comprensivo di tutte le tradizioni, proponendo il sentiero Hinayana, in quanto fondato sulla moralità, come una base indispensabile per ogni altra pratica. Ai praticanti che indulgevano talora a tendenze settarie ricordava: «Ogni tradizione del Dharma ha origine dal Buddha, Che ha promosso una piluralità di scuole con la più pura delle intenzioni: aiutare tutti gli esseri. Non siate settari nemmeno verso le altre religioni; pregiudizi e discriminazioni sono un inutile velo, che ostacola la realizzazione spirituale ». Rimarrà vivo e fecondo nei suoi discepoli questo lascito spirituale.

https://maitreya.it/wp-content/uploads/2020/02/Paramita-18.pdf

Geshe Thubten Rabten speaks about the phenomenal work that has brought The Great Stupa into actualisation and the positive karma it generates for society and individuals. https://www.youtube.com/watch?v=F1agbOHSDLI

Ghesce Rabten Rinpoche: Lo sviluppo del corpo e la meditazione

Ghesce Rabten Rinpoche: Il termine samsara è usato metaforicamente per indicare un luogo, un paese o un pianeta, ma la vera esistenza ciclica è precisamente questo processo di essere sbattuti fra piacere o dolore, ricchezza e povertà, malattia e salute, morte e nascita e così via.

Ghesce Rabten Rinpoche: Il termine samsara è usato metaforicamente per indicare un luogo, un paese o un pianeta, ma la vera esistenza ciclica è precisamente questo processo di essere sbattuti fra piacere o dolore, ricchezza e povertà, malattia e salute, morte e nascita e così via.

Ghesce Rabten Rinpoche: Lo sviluppo del corpo e la meditazione

Lo sviluppo del corpo

In tempi diversi si sviluppano differenti generi di energie che a loro volta completano lo sviluppo dei vari aspetti e funzioni del corpo, stadio dopo stadio.
Il primo stadio è il sorgere dell’energia che sostiene la vita o energia vitale che è l’aria veramente basilare in quanto permette a tutte le altre di svilupparsi a tempo debito. Una parte di questa energia discende nella zona pelvica tra il sesso e l’ano ove diventa: energia discendente che espelle. Il suo lavoro è quello di facilitare la funzione urinaria, ecc. Poi una parte di questa aria sale al chakra dell’ombelico ove diventa energia regolatrice del calore, facilitando pertanto la digestione. Inoltre, una parte dell’aria sale alla regione pettorale, è chiamata energia ascendente e ci permette di parlare, ecc. Ancora una volta, traendo origine dall’aria che sostiene la vita si genera un‘energia pervasiva che si dispone nelle giunture e nelle parti mobili del corpo rendendo possibili i movimenti delle membra e così via.
Queste cinque sono le cinque arie principali e sono derivate essenzialmente dall’aria che sostiene la vita. Da queste cinque sorgono altre cinque arie che sono la base di tutte le esperienze visive, uditive, tattili, gustative e corporee. Quindi da queste arie se ne producono altre ancora più sottili che restano nei diversi centri, ciascuna a compiere la sua particolare funzione. Continue reading »

Gheshe Rabten: La pratica della meditazione

Ghesce Rabten: La causa radice di tutti i nostri problemi è l’ignoranza. 

Ghesce Rabten: La causa radice di tutti i nostri problemi è l’ignoranza.

Gheshe Rabten: La pratica della meditazione

Durante la meditazione, la concentrazione o calmo dimorare si manifesta quando i nostri fattori mentali sono purificati, e quindi la nostra mente può dimorare pacificamente sull’oggetto.
Vi sono due tipi di meditazione: analitica e concentrativa. Per eliminare le illusioni e raggiungere l’obiettivo è necessario utilizzare entrambi i tipi di meditazione. C’è chi sostiene che la riflessione e lo studio del Dharma non sono meditazione, ma le scritture affermano che anche queste
attività sono in effetti forme di meditazione. Se non riflettiamo attentamente e non conosciamo la natura dell’oggetto, non ci potremo concentrare bene. La confusione della mente è prodotta dalla mente stessa; per pacificarla quindi è richiesta una attività della mente stessa, e nient’altro di esterno. L’attività principale deve essere mentale: su questa base, fattori come un luogo adatto e la postura di meditazione possono essere d’aiuto.
Il luogo in cui pratichiamo la meditazione dovrebbe essere pulito, tranquillo, vicino alla natura, e piacevole ai nostri occhi. Il corpo dovrebbe essere sano, non malato. Anche il sedere nella postura corretta è di aiuto. La postura ideale per la meditazione consta di sette aspetti:
1. se non è dolorosa, la postura migliore è quella del vajra, Continue reading »

Gheshe Jampel Senghe, Gheshe Rabten: Lo yoga del sogno

Gheshe Jampel Senghe: “Anche la posizione del corpo è importante per avere un sonno equilibrato e quindi un sogno consapevole, chiaro e completo”.

Gheshe Jampel Senghe: Lo yoga del sogno

È questo il primo di tre articoli su «Sogno, morte e Bardo», una pratica del Buddhismo tantrico, che presentiamo come è stata insegnata dal Gheshe Jampel Senghe, utilizzando anche l’opuscolo «Livelli di coscienza» di Gheshe Rabten Rimpoche, edito da «Ghe Pel Ling – Maitri». Il prossimo articolo sarà dedicato alla meditazione sulla morte e il terzo all’esperienza del Bardo. Questi insegnamenti si basano su testi dei maestri indiani Vasubandu, Nagarjuna e Naropa, nella rielaborazione di Lama Tzong Khapa. Una traduzione italiana del testo attribuito a Naropa sui Sei Yoga (di cui il terzo è lo Yoga del sogno) si trova nel volume Lo Yoga tibetano, curato da Evans-Wentz ed edito da Ubaldini, Roma 1973.

Lo « Yoga del sogno » è una pratica buddhista che i Lama tibetani usano proporre con particolare enfasi per due motivi: è facilmente praticabile anche da principianti e non richiede, almeno nel suo aspetto essoterico, preventive iniziazioni. Questa pratica permette di trasformare il tempo dedicato al sonno in una vera e propria meditazione, che si realizza mentre si sta dormendo. « Adoperare la coscienza del sogno – dice Gheshe Rabten – significa che noi sviluppiamo uno stato mentale di gran lunga più potente di quello attuale… Ciò lascia un’impronta incisiva e profonda nella mente, perché il sogno è uno stato di coscienza molto sottile e concentrato. Avendo completamente sviluppato l’abilità di essere consci nel sogno, possiamo usare questa abilità per meditare sulla vacuità». Continue reading »