Gli Otto Simboli del Buddhismo Tibetano.
IL DOPPIO SCETTRO o VISVAVAJRA
Vajra in sanscrito significa sia folgore che diamante. Con ciò si vuole indicare l’essenza purissima, luminosa, indistruttibile, prima e ultima di tutte le cose. Il vajra deriva storicamente dallo scettro-saetta di Indra, la più alta divinità dei Veda, dio del tuono e del firmamento.
Nel Buddhismo Tantrico o Vajrayana (Veicolo o Sentiero del Diamante) il Vajra, in tibetano rDo-rje (Signore delle Pietre) simboleggia l’indistruttibilità, l’eternità e la purezza adamantina e immacolata della Dottrina, la forza del Metodo della Dottrina, la luminosa essenza della vera realtà di tutto ciò che esiste. Il rDo-rje è il simbolo maschile della Via verso l’Illuminazione, indissolubilmente legato al simbolo femminile che è la campana rituale (in sanscrito ghanta, in tibetano drilbu) che sta a significare la Conoscenza, la Pura Gnosi, la Saggezza Trascendente, la Perfezione della Saggezza (in sanscrito Prajna Paramita), l’Energia-sostanza della manifestazione, la Verità Assoluta.
Nel mondo che noi vediamo e tocchiamo ma anche nel mondo più sottile
IL DOPPIO SCETTRO o VISVAVAJRA
delle energie e delle forze che muovono la materia non vi è, secondo il Buddhismo, nulla di stabile, di perenne, di eternamente duraturo.
Tutto scorre, si trasforma, muta da uno stato ad un altro incessantemente, da qui il termine samsara che vuol dire il mutamento dello stato fenomenico di contro al nirvana. Questo lento o velocissimo cambiare costantemente delle cose non vale solo per la materia e per le energie che la plasmano ma vale anche per i fenomeni psichici (pensieri, sentimenti, atti di volontà) al centro dei quali sta come un re, giusto o tiranno, il nostro Io, la nostra stessa coscienza di essere, la quale pure non è affatto stabile e sempre identica a se stessa. E’ invece una realtà dinamica in perenne trasformazione, vuoi nell’arco di una stessa vita, vuoi nell’arco di molteplici vite o rinascite nelle quali ciascuno di noi eredita un patrimonio mentale del quale fa però l’uso che vuole. Continue reading »