Simbolizza l’ottuplice sentiero buddista: corretta visione, corretto pensiero, corretta parola, corretto intento di azione e mezzi di sostenimento, corretta consapevolezza, corretta concentrazione, rappresenta anche la perpetua diffusione del Dharma. Raggiunto che ebbe Siddharta Gautama lo stato perfetto di Buddha, rappresentato come abbiamo visto dal visvavajra, egli decise che non era giusto tenere per sé il frutto della pratica e il metodo che aveva seguito per acquisire questo stato. Iniziò quindi a insegnare la sua dottrina cioè, come viene detto, fece girare la Ruota del Dharma, o Ruota della Dottrina o della Legge. Lo fece per la prima volta a Sarnath, non lontano da Benares, l’odierna Varanasi, dove nel Parco delle Gazzelle (che per questo motivo vengono spesso rappresentate sotto la Ruota) enunciò le Quattro Nobili Verità (in sanscrito arya-satya): la Verità della sofferenza, la Verità dell’origine della sofferenza, la Verità della cessazione della sofferenza, la Verità che conduce alla cessazione della sofferenza e l’Ottuplice Sentiero (in sanscrito astangika-marga) come mezzo per porre fine alla sofferenza e conseguire l’Illuminazione costituito da: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retto comportamento, retto sforzo, retta presenza mentale, retta concentrazione. Poiché non si trovano in una condizione stabile e definita, tutti gli esseri senzienti, esseri umani, animali o esseri disincarnati che siano, sono incessantemente esposti alla sofferenza, dalla nascita alla morte. La causa di tutte queste sofferenze è data dall’attaccamento che noi proviamo verso tutte le cose, per i nostri stati d’animo, principalmente paure e desideri. Quindi per il Buddhismo la sofferenza è condizione ontologica di tutti gli esseri senzienti immersi nel ciclo delle rinascite. Esiste però la possibilità di porre fine a ogni sofferenza, compresa quella della morte, sconfiggendo i tre veleni principali che sono l’ignoranza, l’ira e l’attaccamento. L’ignoranza si sconfigge scoprendo quale è la nostra reale natura, cioè quale è la reale natura della mente; l’ira capendo che tutti gli esseri senzienti, essendo carne della nostra carne e avendo una loro stessa reale natura proprio come noi, non vanno prevaricati ma aiutati a scoprirla; infine l’attaccamento si sconfigge comprendendo che non è desiderando questa o quella cosa od emozione che si trova la liberazione dalla sofferenza bensì praticando quanto indicato dall’Ottuplice Sentiero. La Ruota della Dottrina o Ruota della Legge (in sanscrito dharmacakra, in tibetano chos-kyi-’khor-lo) è il simbolo che racchiude mirabilmente tutto quanto sopra esposto, come ora vedremo. Nell’India pre-buddhista la Ruota ebbe almeno due significati che qui vogliamo menzionare, quello di arma e quello di simbolo del Sole e per estensione tutti i livelli simbolici ad esso connesso. Il simbolismo della ruota come arma nel Buddhismo assume il significato di condizione protettiva come parte e strumento delle pratiche rituali tantriche che si avvalgono di un mandala: sanscr. lett. “cerchio” (in tibetano dkyil-’khor). I mandala sono rappresentazioni bi e tridimensionali monocrome e policrome, disegnate, costruite con sabbie colorate o mucchietti di riso, dipinte ovvero realizzate anche con metalli preziosi. I mandala rappresentano lo spazio micro e macrocosmico nel quale il praticante agisce ritualmente per conseguire un determinato stato di coscienza. Nel Vajrayana sono mandala sia il mondo esterno, sia il corpo che la propria coscienza. La struttura di base del mandala è tradizionalmente immutabile ed è costituita da un palazzo quadrato, con un centro e quattro porte corrispondenti ai quattro punti cardinali, il margine esterno è solitamente formato da fiamme o petali di loto nei cinque colori di base, verde, rosso, giallo, bianco e blu. Lo stupa di Borobudur, costruito nel IX sec. nell’isola di Java, è il più grande mandala costruito dall’uomo.
La ruota è costituita dal mozzo, i raggi e il cerchio: il mozzo sta a significare “il motore immobile”, l’essenza primordiale della mente; i raggi rappresentano l’Ottuplice Sentiero della pratica per il conseguimento di essa; il cerchio significa il mondo fenomenico e il suo eterno perpetuarsi sino a quando sarà sconfitta l’ignoranza che è la radice della sofferenza. La ruota rappresenta quindi l’ineluttabilità della legge di causa ed effetto che è alla base della catena delle rinascite e nel contempo la Dottrina che conduce alla liberazione dalla sofferenza. Un’altra spiegazione del simbolismo del dharmacakra fa riferimento ai tre livelli della pratica buddhista: il mozzo sta per la pratica della disciplina, la paramita o virtù indispensabile della moralità, grazie a cui la mente è sostenuta e resa stabile; i raggi stanno per la pratica della saggezza nella comprensione della vacuità di tutti i fenomeni, privi come sono di natura inerente, per cui addestrando la mente nella saggezza della vacuità l’ignoranza è sradicata; il cerchio sta per l’addestramento della meditazione che sostiene ogni pratica della Dottrina. Spesso sul mozzo è posto il simbolo dei Tre Gioielli (in sanscrito triratna, in tibetano dkon-mchog-gsum) che sono il Buddha, il Dharma e il Sangha che è la comunità dei monaci e dei laici. La Ruota della Dottrina è stata messa in movimento altre due volte: quando Buddha Sakyamuni trasmise l’insegnamento della Vacuità (in sanscrito sunyata) e dell’Amore Compassionevole (in sanscrito karuna) e come sviluppare il pensiero che conduce al Risveglio (in sanscrito bodhicitta) attraverso l’unione del Metodo (in sanscrito upaya) con la Saggezza Trascendente (in sanscrito prajna) che costituiscono le basi del Buddhismo Mahayana o Grande Sentiero ovvero Grande Veicolo (della Dottrina). Si fa risalire l’origine del Mahayana quando, sul Picco dell’Avvoltoio presso Rajagrha, l’Illuminato trasmise l’insegnamento della Prajnaparamita o Perfezione della Saggezza. La Ruota del Dharma fu messa in movimento per la terza volta quando, a Dhanyakataka presso Amaravati nell’India meridionale, fu trasmesso il Vajrayana o Veicolo del Diamante o Via del Tantra che costituisce l’esoterismo buddhista.
Nel suo insieme il dharmacakra rappresenta l’insegnamento del Buddha e ci ricorda che il Dharma tutto abbraccia e completa in sé, non ha inizio né fine, ed è nel contempo in movimento e immobile, al di là di tempo e spazio. Il dharmacakra nel Buddhismo Vajrayana è uno degli Otto Simboli di Buon Auspicio (in sanscrito astamangala, in tibetano bkra-shis rtags-brgyad), chiamati anche Otto Preziosi Simboli. Gli Otto Simboli di Buon Auspicio costituiscono uno dei più antichi e conosciuti gruppi di simboli della cultura tibetana; essi sono presenti già a partire dai testi canonici del Buddhismo Indiano, cioè nei testi redatti in pali e in sanscrito:
Aryamangalakutanamamahayanasutra, p.531a, 7.
. I seguenti sono gli altri Simboli di Buon Auspicio:
– il Parasole
– i Pesci d’Oro
– il Vaso del Tesoro
– il Loto
– la Conchiglia
– il Glorioso Nodo Senza Fine o Nodo dell’Amore Infinito
– lo Stendardo della Vittoria.