
Sua Santità il Dalai Lama con Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche
Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche ci spiega la pratica del sentiero Mahamudra: i tre aspetti necessari.
Appunti a cura della Dott.ssa Nicoletta Nardinocchi e revisione del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Domanda: Santità, allora cosa dobbiamo fare per smettere di specificare, di puntualizzare cosa sia la mente?
Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche
Occorre smettere di ipotizzare cosa possa essere e d’immaginarla in un modo o nell’altro. Quindi, passate ad abituare la mente a quello stato di non-specificazione, di non-costruzione, non-dicotomico.
Una volta che la mente si è completamente abituata ed è a suo agio in quello stato di non-specificazione, allora potete realizzare Mahamudra.
La mente non ha nulla nella sua natura essenziale che possa essere identificata. Non c’è niente lì da determinare, identificare o mettere in evidenza perché la sua natura è la chiarezza. Non c’è niente al suo interno, non c’è parte di essa o qualità che possano essere separate ed identificate. Così, andando al di là, si arriva allo stadio di trovare il sentiero di Buddità attraverso la non-determinazione, la non-identificazione della natura della realtà e abituandosi a questo stato libero di tutti i kalpanas.
Il sentiero stesso diventa un non-sentiero, un sentiero che alla fine non è determinabile. Abituandosi a tale sentiero, raggiungiamo il sentiero della buddità. Il raggiungimento dello stato perfetto di buddità nasce dall’abituarci allo stato di non-identificabilità, di non-concettualizzazione, allo stato della mente che non crea o non produce alcun concetto, nulla di artificiale, ma piuttosto lascia andare tutta questa attività mentale creativa. Questo permette alla realtà ultima di manifestarsi e di realizzarsi senza proiettare nulla su di essa, o, separando tutto che è al di fuori, le permette di risplendere. Ciò richiede sforzo e concentrare la mente su questo stato al di là di tutte le concettualizzazioni.
Poi abbiamo i tre aspetti necessari di visione, meditazione e attività:
(1) La visione del Mahamudra è ciò che è completamente al di là del dualismo di soggetto e oggetto. E’ abbandono o rinuncia, del dualismo soggetto- oggetto.
(2) La più alta meditazione è quella libera da ogni vacillo o distrazione. La mente è disposta in modo da essere completamente libera da ogni tipo di movimento.
(3) La più alta attività è abbandonare tutte le discriminazioni. Il che vuol dire scegliere la cosa migliore, rifiutare la cosa peggiore, fare discriminazioni tra questo e quello. La più alta attività è al di là di quella sorta di discriminazione.
Il massimo risultato, il raggiungimento di Mahamudra, sorge solo trascendendo tutte le speranze e paure. Finché siamo catturati nella speranza per qualcosa, per un stato molto elevato (lo stato di Buddha o altro), finché nutriamo speranze per questo e abbiamo paura di cadere in uno stato inferiore, siamo in una condizione al di sotto della suprema realizzazione. Dobbiamo andare oltre, abbandonare speranze e paure. In questo stato libero di speranze e paure, otteniamo Mahamudra.
Il testo ora si ripete, ancora una volta tratta di cosa sia la suprema visione e quali siano le attività di meditazione ecc.
Va più nello specifico a proposito della suprema visione. Prima, aveva detto che questa è la visione che va oltre la dicotomia tra soggetto e oggetto.
Questo stato, in cui si trascende la visione di soggetto ed oggetto, è quello stato libero da estremismi. Gli estremismi hanno a che fare con ciò che è interno o esterno. Tutte questi sono visioni relative, visioni che qualche cosa esista in qualche modo rispetto a qualcos’altro. Dal punto di vista di qualcos’altro, possiamo parlare di soggetto e oggetto. Ma la realtà ultima è al di là di tutte le dicotomie e limitazioni di tale prospettiva, perché include tutto.
Ora, di nuovo, viene brevemente spiegato il significato dello stato della più alta meditazione. La più alta meditazione è quella in cui la mente non vacilla affatto. L’ondeggiare non è solo nei riguardi dell’oggetto di meditazione, ma è anche verso qualsiasi tipo di visione limitata che è solo relativamente vera.
Rimanete attaccati in modo univoco all’assoluto che è privo di specifiche o determinazioni. Il risultato più elevato è la realizzazione della natura ultima della mente stessa.
Pertanto, qualsiasi obiettivo che comporta una conquista o un raggiungimento o l’ottenimento di qualcosa è sempre privo dell’obiettivo finale. Infatti finché il nostro sé intende raggiungere o realizzare qualcosa, il sé e l’altro esistono ancora, una sorta di dicotomia è presente. Il vero obiettivo finale è l’io nella sua stessa essenza. Il sé che realizza qualcosa non è diverso dal sé essenziale. Quindi, quella è la più alta meta, libera da ogni dicotomia di sorta.
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