Il Chöd di Machig

Il lignaggio di Macig Labdron

Il lignaggio di Macig Labdron

Machig Labdrön e le fondamenta del Chöd

di JERÔME EDOU

La Pratica dei Bodhisattva, Il Chöd di Mahamudra, Unione di Coscienza e Spazio,Trasformare gli Aggregati in un’Offerta di Cibo.

Il Chöd di Machig

Per annichilire i quattro dèmoni

C’è l’insegnamento del Grande Veicolo.

Né rifiutare né inseguire samsara o nirvana

E’ il significato della Prajñaparamita.

Fare uso di condizioni sfavorevoli

E’ stato insegnato dalla venerabile Machig.

Considerare le avversità come amiche

E’ l’istruzione del Chöd.

Machig Labdrön 1 La Pratica dei Bodhisattva

Secondo Jamgön Kogtrul, il termine “Chöd (Tib. gcod), “recidere”, ricopre anche il significato del suo omonimo “Chöd” (Tib. spyod), la “pratica” o “condotta” dei bodhisattva. Egli racchiude entrambi i significati nella sua definizione di Chöd:

La profonda pratica (spyod) della Prajñaparamita,

Il Chöd (gcod) che aspira a recidere i dèmoni.1

Kongtrul spiega che questi due termini differiscono secondo il punto di vista da cui uno definisce il Chöd. Dal punto di vista del metodo e degli stadi di meditazione, è chiamato la pratica dell’azione profonda (Skt. Carya, Tib. spyod), con lo stesso significato il termine porta nel Tantra (di) Chakrasamvara o nel Tantra (di) Hevajra quando essi descrivono la pratica segreta, la pratica con consorte, o la pratica di gruppo.2 In questo contesto, il Chöd è considerato una raccolta (“set”?) di metodi di meditazione e un sentiero graduale per mettere in pratica la Prajñaparamita.

Se, d’altro canto, uno lo vede come un rimedio che usa le emozioni disturbanti per reciderle come un sentiero spirituale, allora viene chiamato “recidere alla presenza dell’oggetto (gcod yul). Questa è la ragione per cui Jamgön Kongtrul, come fece l’autore de Gli Annali Azzurri prima di lui, accetta il duplice significato di Chöd come espresso dal suo omonimo spyod – l’azione – e –gcod – recidere.3

Jamgön Kongtrul commenta la prima definizione di Chöd come la pratica di un bodhisattva da una citazione di Il Sommario in Versi (sDud pa tshigs su bcad pa):

I quattro dèmoni avranno difficoltà a controllare e a vincere il bodhisattva che ha acquisito la padronanza di questi quattro fondamentali (elementi del Chöd):

  1. dimorare nella vacuità,

  2. non escludere alcun essere,

  3. seguire fedelmente le istruzioni ricevute, e

  4. essere dotato dell’influsso spirituale dei sugata.4

Siccome tutte le delusioni, che si afferrano alla realtà dei fenomeni interni ed esterni, non sono altro che illusioni, per pacificarle, il praticante dovrebbe rimanere nella visione della vacuità dei fenomeni come espresso nella Prajñaparamita e anche nel Chöd. Il bodhisattva ottiene questa realizzazione della vacuità grazie al potere della compassione, che non esclude nessun essere, nemmeno i nemici, gli dèi o i dèmoni. Il praticante segue le istruzioni riguardanti la mente dell’illuminazione (Skt. Bodhicitta) che aspira a al vantaggio e al benessere degli altri, anziché alla propria felicità e pace.

Infine, prendendo rifugio e invocando con fede e devozione i buddha, i bodhisattva e i Lama del lignaggio, l’aspirante finirà sotto l’influsso spirituale di quelli “andati in beatitudine” (Skt. Sugata). Questi quattro (principi) fondamentali vengono descritti come l’essenza della pratica del Chöd.

Quando comincia il rito dell’offerta del proprio corpo (Tib. lus sbyn), il meditatore, mentalmente, invita otto gruppi di ospiti particolarmente degni di riguardo che rappresentano gli esseri dei tre mondi. I primi tre gruppi includono le tre forze maligne esterne:

  1. i nemici visibili o immaginari che portano (con sé) collera e avversione (sdang ba’i dgra);

  2. le forze negative che creano impedimenti (gnod par byed pa’i bgegs) che affliggono il corpo e la mente con malattie e interferenze;

  3. le condizioni che annientano (bar du gcod pa’i rkyen) i meriti o interferiscono con la pratica. I successivi tre tipi di ospiti sono le tre forze maligne interne:

  4. i dèmoni del karma (las gdon), come l’afferrarsi alla nozione di un sé, o l’ignoranza che conduce a rinascere in questa stessa vita;

  5. i dèmoni fisici (lus gdon), per esempio quelli che considerano gli aggregati psico-fisici come se fossero un “Io”; e

  6. i dèmoni dei luoghi spaventosi e selvaggi (gnyan sa’i gdon). Gli ultimi due ospiti sono

  7. il padre e

  8. la madre di questa vita, che rappresentano tutti gli esseri, ognuno dei quali è stato genitore nel corso di esistenze precedenti.5

Ecco come Machig evoca la compassione che “non abbandona nessun singolo essere,” compresi i dèmoni:

Con l’uncino della compassione catturo quegli spiriti del male. Offrendo

Loro la mia tiepida carne e il mio tiepido sangue come cibo, tramite la

Gentilezza e la compassione della bodhicitta io trasformo il modo in cui essi vedono

E li rendo miei discepoli.6

Al contrario, in accordo con la seconda definizione, gcod yul, “il Chöd, con lo scopo di recidere i dèmoni”, l’atteggiamento generale della pratica del Chöd è che il meditatore non rinuncia al mondo proteggendo se stesso/a dalle emozioni disturbanti come nel caso dei Theravada, ma richiama deliberatamente queste emozioni entrando in situazioni o incontrando oggetti (yul) che le faranno sorgere, per reciderle (gcod) e usarle sul sentiero della meditazione. Questo metodo viene espresso da Machig: “Considerare le avversità come amiche è l’istruzione del Chöd,” perché le avversità creeranno paura, collera o attaccamento al proprio corpo, emozioni disturbanti che gli yogi riconosceranno immediatamente come l’infinito gioco della chiarezza della mente, Mahamudra, e così le trasformeranno.

Questa seconda definizione di Chöd può essere sintetizzata così:

Uno potrebbe chiedere: quello che è conosciuto come Chöd, che cosa recide?

Siccome recide l’attaccamento al corpo è Chöd.

Siccome recide la radice della mente, è Chöd.

Siccome recide la base di qualsiasi parzialità, è Chöd.

Siccome recide l’accettazione e il rifiuto lungo il sentiero, è Chöd.

Siccome recide speranze e paure e loro risultati, è Chöd.

Siccome recide tutti i pensieri, da qualsiasi punto da cui arrivano e ovunque vadano, proprio là, è Chöd.

Per questo, viene chiamato Chöd!7

Formulata in questo modo, la pratica del Chöd potrebbe presentare delle affinità con la tecnica applicata nei Tantra, ma l’uso del desiderio e delle emozioni – gli oggetti – sul sentiero spirituale non è una tecnica esclusiva del Vajrayana, come il Quattordicesimo Dalai Lama ci ricorda:

Alcuni dicono che la differenza tra Sutra e Mantra è che il Mantra(yana) fu insegnato per quelli che riescono ad usare il desiderio come un aiuto sul sentiero mentre il Veicolo della Perfezione dei Sutra Mahayana fu insegnato per domare gli esseri nel contesto della separazione dal desiderio. Questa opinione è errata perché sia il Veicolo della Perfezione che quello del Mantra ha i suoi modi di avanzare sul sentiero senza aver abbandonato il desiderio ed entrambi hanno i loro modi di fare progressi coltivando sentieri per abbandonare il desiderio. Nel Sutra si dice che proprio come la sporcizia di una città è utile al campo del coltivatore della canna da zucchero che sa come utilizzare una sostanza che da sola non è utile, così le afflizioni possono essere utili sul sentiero… anche se, dal punto di vista delle entità delle afflizioni, esse debbano di certo essere abbandonate.8

Se il punto filosofico di tutte le tradizioni del Chöd è innegabilmente la descrizione della vacuità secondo la Prajñaparamita, uno dovrebbe guardare nella varietà dei suoi metodi meditativi per rispondere alla domanda: E’ il Chöd una pratica Mahayana in cui uno deve riconoscere tutti gli oggetti esterni ed interni come simili ad un’illusione o un miraggio, o non è piuttosto un insieme di metodi Vajrayana, un modo di trasformare le apparenze in saggezza e il veleno in un antidoto?

Ne La Storia Concisa della Vita, Machig illustra dettagliatamente, rispondendo alle domande di Pamtingpa, come i suoi insegnamenti apparvero e si svilupparono. Partendo dagli insegnamenti dei suoi tre Lama principali, Sönam Lama, Lama Trapa e Dampa Sangyé, questa tradizione è chiamata “il Chöd di Mahamudra con l’Oggetto di Recidere i Dèmoni,” perché esso unisce in una singola dottrina il Tripitaka, la Prajñaparamita e le quattro classi del Tantra e, “in particolare i Tantra Madre dello Yoga Tantra più Alto.”9

La Storia della Trasmissione aggiunge che i praticanti del Chöd, sulla base Mahayana della pratica delle perfezioni della generosità, disciplina e così via, dovrebbero usare i metodi veloci e profondi del Vajrayana per ottenere la loro realizzazione del Chöd. Il testo cita Machig:

Questo autentico insegnamento chiamato il Chöd di Mahamudra

E’ simile al famoso sentiero della Prajñaparamita.

La sua pratica è il sentiero segreto del Vajrayana.10

2 Il Chöd di Mahamudra

Tutti i commentatori sono d’accordo sul fatto che l’espressione “Chöd di Mahamudra” – ad un primo sguardo paradossale – si riferisce esclusivamente alla tradizione specifica del Chöd che discende da Machig. Come ella disse:

La mia tradizione è il Chöd di Mahamudra.

Dopo l’apparizione del sole del Mahayana,

il Chöd dirada le tenebre dell’ignoranza.11

Il termine mahamudra (Tib. phyag rgya chen po) alla lettera significa “il grande sigillo”, un’analogia con l’autorità immutabile di un sigillo reale. Esso simboleggia la natura ultima della mente libera da qualsiasi dualismo soggetto-oggetto – lo stato naturalmente sereno e aperto della mente che non è altro che Buddhità. Il carattere immutabile di Mahamudra è la continuità della mente come pura dall’inizio, la natura di tutti i pensieri in essenza inseparabili dal Dharmakaya, il corpo della vacuità dei Buddha. Machig definisce Mahamudra come segue:

Le mie istruzioni sul Chöd consistono nell’autentico insegnamento di

Mahamudra,

E Mahamudra non può essere spiegata, questo è il suo modo di esistere:

Phyag è la natura della vacuità (della mente);

rGya è la liberazione dalla vastità delle (apparenze) del samsara;

Chen po è l’unione inseparabile (di apparenze e vacuità).12

Secondo la Mahamudra, la mente stessa è l’oggetto della meditazione sia nel Sutra che nel Tantra. Essa è la base di tutte le sofferenze ed illusioni, così come è la base della liberazione dalle sofferenze ed illusioni. Nelle parole di Mahasiddha Saraha:

La mente è l’unica origine di tutto;

Del vagare ciclico nel samsara,

Della liberazione nel nirvana.

O, in altre parole, come sono presentate dal Terzo Karmapa nella sua Preghiera di Aspirazione Mahamudra:

Quando cercate un oggetto,

Non c’è oggetto, c’è solo mente.

Quando cercate la mente,

non c’è mente, la sua essenza è vacuità.

Quando cercate entrambi, la dualità diventa auto-liberata.

Possa io realizzare la natura di chiara luce della mente.13

Di conseguenza, Mahamudra rappresenta l’insegnamento ultimo sulla natura della mente. Oltre a tutte le caratteristiche e qualsiasi limitazione terminologica e filosofica, è la mente stessa del Buddha che deve essere realizzata. Tuttavia, i mezzi di realizzazione differiscono a seconda delle scuole e delle visioni filosofiche, e così uno distingue tre diversi approcci a Mahamudra:

  1. La Mahamudra libera da concettualizzazione, secondo la tradizione Sutra, seguendo le visioni filosofiche della Prajñaparamita. Questo tipo di approccio è basato su ragionamento e analisi, e stabilisce che la natura ultima della mente, Mahamudra, è oltre o senza nessuna concettualizzazione (Tib. spros bral).

  2. La benedizione-vacuità (Tib. bde stong) Mahamudra dei Tantra, basata sulla visione filosofica dei Sutra, ma usando le tecniche dello yoga (della) deità, sulla recitazione di mantra, mandala, e i quattro mudra per realizzare la natura ultima della mente. Questo approccio è considerato la quintessenza dello Yoga Tantra più Elevato.14

  3. L’essenza di Mahamudra (Tib. snying po) secondo la trasmissione orale dei mahasiddha Maitripa, Saraha e Tilopa. Questa tradizione non segue né i metodi Sutra né Tantra ma introduce il discepolo al riconoscimento della natura ultima della mente Attraverso le istruzioni orali del Maestro spirituale che evidenzia o fa riconoscere dal discepolo (ngo sprod) questa natura ultima della mente.

Ne Il Grande Poema sulla Perfezione della Saggezza, Aryadeva segue il primo approccio di Mahamudra secondo la tradizione Sutra:

Il significato della Prajñaparamita

Non va ricercato fuori: esiste dentro di te.

Né reale né dotata di caratteristiche,

La natura (della mente) è la grande chiara luce.

Questo punto di vista sembra essere anche quello seguito da Machig:

Tutti i fenomeni – il contenente interno e i suoi contenuti esterni

(il mondo e gli esseri che lo abitano) – giù fino al capello più sottile

sono privi di un’esistenza inerente sin dall’inizio; essi hanno

la natura della vacuità. Tutto questo è chiamato Mahamudra.15

Machig, comunque, ha anche una trasmissione di Mahamudra secondo i Tantra, conferitole direttamente da Tara, che le consentì di tenere uniti, “come un insieme indivisibile i mezzi eccezionali dei quattro mudra nel modo in cui ve l’ho spiegato io, e la visione del cuore della Prajñaparamita.”16 Machig definisce questi quattro maha mudra nel Trasformare gli Aggregati:17

Una volta che lo yogi ha raggiunto una comprensione intellettuale del significato della vacuità e lo ha integrato con la mente, sarà capace di utilizzare questa vacuità sul sentiero (lam du ‘khyer). Poi, avendo acquisito la piena padronanza degli esercizi di yoga (khrul ‘khor) sui sentieri, sui venti e sulle gocce, con l’assistenza di una donna sapiente (shes rab ma) lo yogi utilizzerà la grande benedizione come un sentiero di meditazione. Tramite l’esperienza della grande benedizione egli svilupperà immensi poteri corporali. Tutto questo è conosciuto come Karma Mahamudra.

Poi lo yogi praticherà nascondendo tutte queste qualità, senza abbandonare il samaya delle sostanze esterne:18 questo è conosciuto come Samaya Mahamudra.

Allo stesso modo, siccome lo yogi conserva questa benedizione straordinaria in vacuità senza attaccamento, “i vapori del calore” (si manifesteranno): quello è il Mahamudra della Benedizione Vacuità.

Infine, a questo yogi ora libero dal velo delle afflizioni mentali (klesha) o dalla turbolenza di questo, tutte le apparenze si manifesteranno come prive di qualsiasi realtà concreta e come vuote, simili alle immagini di un sogno o ad uno spettacolo di magia. Tale è la Mahamudra della Vacuità della Chiara Luce.19

All’ultimo livello dell’essenza di Mahamudra, non c’è niente che vada respinto o aggiunto a questa natura chiara e luminosa della mente. La visione definitiva è la non-visione, oltre la dualità del soggetto che osserva e dell’oggetto osservato. La meditazione ultima è la non-meditazione, oltre la dualità del soggetto che medita e l’oggetto meditato – perché finché la mente non viene liberata da qualsiasi sostegno, non può manifestare il suo stato naturale e sereno.

Questi paradossi sono sintetizzati da Tilopa:

Non pensare (al passato), non concepire (nessun presente),

Non fantasticare (sul futuro), non meditare (sulla vacuità

Dei fenomeni e della mente),

Non analizzare (nessun oggetto o soggetto),

Ma lascia la mente nel suo stato naturale.20

E così, nella terminologia del Chöd, anche all’ultimo livello non c’è niente da recidere, o niente che recida, come è riflesso nelle parole di Machig:

La concezione suprema del Chöd è la non-concezione.

La meditazione suprema è il samadhi della non-meditazione.

L’attività suprema è la non-attività (o “azione”). Così è stato affermato.

E la prospettiva della Mahamudra ultima è sintetizzata anche nelle parole di Tilopa:

Recidi qualsiasi forma di attaccamento e avversione verso qualsiasi

Fenomeno del samsara.

Medita nella solitudine d una foresta o di un eremo.

Rimani in uno stato in cui non c’è niente su cui meditare.

Quando avrai realizzato quello che non può essere realizzato,

avrai realizzato Mahamudra.21

I versi di cui sopra suggeriscono che questi tre tipi di approccio a Mahamudra erano conosciuti da Machig che allora li inseriva in un sistema unico utilizzando i metodi specifici del Chöd sia quelli ricevuti da tradizioni diverse sia quelli nati dalla sua stessa esperienza. Tagliando le afflizioni mentali, l’illusione del samsara e l’attaccamento errato a un sé, e alla fine tagliando tutto ciò che ostacola la realizzazione della natura della mente, la natura immutabile si manifesterà naturalmente e immediatamente: questo non è altro che Mahamudra. Khenpo Tsultrim Gyamtso ha definito questa connessione tra Chöd e Mahamudra “la Mahamudra legata alla tradizione del Chöd.”22

In un modo affine Jamgön Kongtrul distingue due fasi all’interno della pratica del Chöd: la fase della stabilizzazione meditativa che consiste nel lasciare che la mente rimanga nella sua stessa natura, Mahamudra; e la fase della post-meditazione durante la quale il meditatore deve applicare i particolari metodi del Chöd come il trasferimento della coscienza, l’unione di mente e spazio o l’offerta del corpo, come le varie tecniche per far entrare i venti nel canale centrale secondo i metodi del Tantra Madre. Machig sintetizza così il Chöd di Mahamudra come segue:

Una volta che lo yogi ha realizzato la non-esistenza sia dei fenomeni interni che quelli esterni, riuscendo a far entrare mente e vento nel canale centrale, egli o ella meriterà la straordinaria esperienza della beatitudine illimitata e della chiara luce. Da questa esperienza, la perfetta conoscenza del passato, presente e futuro scaturirà, così come la comprensione della natura di tutti i fenomeni. Avendo penetrato la chiara luce, lo yogi sarà in grado di educare grandi quantità di esseri tramite le numerose qualità derivate da questa realizzazione della chiara luce, come le forme illimitate di insegnamento, dibattito ed esegesi. L’insegnamento che possiede il potere di realizzare ciò è conosciuto come il Chöd di Mahamudra.23

Il punto di vista di Mahamudra assomiglia a quelli delle tradizioni della Grande Via di Mezzo (Skt. Madhyamaka, Tib. dbu ma chen po) e della Grande Perfezione che si svilupparono in Tibet. Machig le spiega come segue:

Il mezzo o centro (dbu) della mente stessa unisce i fenomeni. Se uno conosce il centro della mente (per esempio, quando uno realizza il cuore o la natura ultima), lui solo garantisce che conosce il centro di tutti i fenomeni. Di conseguenza, la mia tradizione è la Grande Via di Mezzo (dbu ma chen po).

Il frutto della mia tradizione è la grande perfezione (rdzogs chen).24

Per cui la tradizione del Chöd di Machig è in accordo con i sistemi filosofici principali trasmessi dall’India al Tibet:

(1) il Grande Sigillo (Mahamudra) sistematizzato da Gampopa che fino ai nostri tempi costituisce il corpus degli insegnamenti Kagyü;

(2) la Grande Via di Mezzo fondata da Nagarjuna e trasmessa all’interno della scuola Gelug principalmente sulla base dei commentari di Tsongkhapa; e

(3) la Grande Perfezione di Padmasambhava, come è stata trasmessa dai lignaggi dei Maestri della scuola Nyingma. Tutte queste tradizioni orali alla fine conducono alla realizzazione della natura ultima della mente, la vacuità, come è stata espressa nella Preghiera di Aspirazione Mahamudra del Terzo Karmapa:

Possa io ottenere la certezza che conoscendo una (di queste tradizioni),

realizzo il senso di tutte le altre.25

  1. Unione di Coscienza e Spazio

Di solito i primi passi del sentiero di meditazione che conduce a Mahamudra include lo sviluppo della calma dimorante (Skt.samatha, Tib. zhi gnas) per pacificare l’agitazione mentale, e la pratica della visione profonda (Skt. Vipasyana, Tib. lhang mthong). Nella tradizione del Chöd, al contrario, l’enfasi è messa sul bisogno di lasciare che le emozioni sorgano in modo da reciderle non appena appaiono dentro la mente stessa. Il Chödpa non si guarda dalle afflizioni mentali come l’attaccamento, l’odio, la paura, eccetera ritirandosi dalla vita mondana, ma esce per incontrare, faccia a faccia, gli oggetti (Tib. yul) e le circostanze che provocano terrore o attaccamento del corpo, per sperimentare la natura vuota di queste afflizioni mentali:

Questo Dharma autentico che recide gli oggetti demoniaci26

E’ diverso da qualsiasi altra istruzione sulla meditazione, dato che gli altri

Eliminano (attaccamento al sé ed emozioni disturbanti) solo

Ad uno stadio successivo,

Mentre questa tecnica le recide immediatamente…

Gli altri eliminano il pensiero discorsivo solo gradualmente,

Mentre il Chöd lo unisce istantaneamente (alla vacuità).27

Nella terminologia del Chöd le afflizioni mentali (Skt. Klesa, Tib. nyon mongs),28 che includono tutte le emozioni negative, vengono simbolicamente identificate con le forze demoniache che hanno bisogno di essere conquistate e annientate. Il più potente di questi dèmoni – quello che deve essere reciso definitivamente – aggrapparsi ad un sé reale e permanente, fonte di tutti i dèmoni interni ed esterni. Questo viene chiamato arroganza (Tib. snyems byed) nella terminologia del Chöd. Dalla prospettiva della Via di Mezzo, è tutta questione di riconoscere la natura illusoria degli aggregati psicofisici29che sembrano costituire un “Io” e di recidere l’identificazione con essi. Come in un sogno, per tutto il tempo che il sognatore si identifica con le immagini del sogno, egli (ella) sperimenta tutti i tipi di sensazioni piacevoli o spiacevoli, paura, desideri e sofferenze associate alla forte impressione di un “Io”. Ma non appena il sognatore diventa consapevole che sta sognando, la sofferenza si dissolve e le paure e così via vengono viste come nient’altro che il gioco della mente. Infatti, non c’è dualità tra il soggetto che sogna e gli oggetti sognati. Ccapendo in questo modo che questo “sogno-io” è vuoto di esistenza inerente, tutte le identificazioni con esso cessano insieme alle sensazioni e alle percezioni attaccate ad esso. Questo è ciò che Sönam Lama spiega a Machig:

Allora, liberata dall’attaccamento alla realtà, sarai totalmente libera dalle concezioni di soggetto e oggetto, equamente separata da tutti gli stati mentali legati all’azione e a colui che la compie. Questa comprensione di non-dualità è un grande fuoco che distrugge le tenebre dell’ignorante afferrarsi a un sé…

Libera da qualsiasi concettualizzazione, Machig eliminò il dèmone dell’attaccamento all’Io e della concentrazione su se stessi (?). Questa visione (intuizione) che realizza la non-esistenza di un sé fu come il sole che dissipa le tenebre: la credenza errata nell’esistenza di un sé fu messa a tacere.30

Aryadeva descrive i metodi del Chöd per liberarsi da questa dualità:

Ecco, il metodo supremo (per realizzare la mente)

E’ unire lo spazio con la coscienza.31

Nel corso dei periodi in cui mescoli spazio e coscienza,

Sei spontaneamente purificato dall’essere abbarbicato a tali nozioni fissate

Come realtà e (sue) caratteristiche, negare e affermare,

E dimori nella verità della talità, dharmatā32

Libera dalla cognizione dualistica di soggetto-oggetto.

Questa fusione di coscienza e spazio vuoto si deve all’Apertura dei Cancelli dello Spazio, una delle tecniche di Dampa trasmesse a Machig. Questa tecnica, conosciuta come “trasferimento di coscienza (Tib. ‘pho ba) per riconoscere (la natura della mente)”33 non dovrebbe essere confusa con le numerose altre tradizioni di trasferimento di coscienza. Esistono diversi metodi per farlo.

Il primo metodo di trasferimento di coscienza per riconoscere la natura della mente è il trasferimento con il sostegno, al cuore, della deità: uno lancia la sua coscienza nella forma di una goccia (Skt. Bindu, Tib. thig le) al cuore della deità visualizzata alla propria corona del capo, di solito Machig o Yum Chenmo. I commentari sul rito descrivono le varie visualizzazioni per emettere la coscienza, affinché sia applicata sia simultaneamente che progressivamente.34 Successivamente, la (lo?) bindu ritorna insietro e scende attraverso l’apertura di Brahmā, e il meditatore si trasforma, istantaneamente, in Vajravāhi (rDo rje phag mo) o nella Nera Signora Irata (Khros ma nag mo), secondo il sistema seguito.

Il secondo metodo menzionato da Aryadeva è chiamato “senza sostegno, ma con rappresentazione.” Consiste nel mescolare coscienza e spazio vuoto e nel rimanere in uno stato di assorbimento non-concettuale. Questo metodo è dscritto da Jamgön Kongtrul:

Pensando alla coscienza e allo spazio dinamico, uno li mescola e con PHAT! La propria coscienza vola alta nel cielo. Qualsiasi spazio penetri, la coscienza lo penetra; ovunque la coscienza penetri, il Dharmakāya penetra. (Uno) riposa nell’identità con la mente del Dharmakāya della Machigma ultima.35

Quando uno realizza che né la mente né il corpo esistono in maniera inerente, uno capisce che la mente è connessa con il corpo e che il corpo non è connesso con la mente. Allo stesso modo, tutti i fenomeni, reali o immaginari, sono oltre tutte le nozioni di attaccamento o di non-attaccamento: la loro natura è vacuità. Questa tecnica in seguito è citata come il trasferimento del Dharmakāya senza forma, la ver essenza della realizzazione di Mahāmudrā. Machig illustra questo processo come segue:

Il corpo? Lasciatelo cadere come se fosse un cadavere.

Lasciatelo come se non avesse nessun proprietario.

La mente? Lasciatela (essere) come se fosse il cielo.

Lasciatela sola come se non avesse nessun oggetto (dmigs pa).36

Il terzo metodo, chiamato “con nessun sostegno né rappresentazione,” è descritto da Jamgön Kongtrul:

Rimanere per sempre sospesi nella mente immutabile e inalterata, che è vuota chiarezza e consapevolezza al suo cuore, è il re di tutti i trasferimenti. La grande apertura dei cancelli dello spazio è la vera essenza del significato di dottrina autentica del Chöd come insegnato da Machig Labdrön.37

Durante lo stadio di assorbimento meditativo nella non-dualità, il meditatore deve affrontare qualsiasi cosa gli appaia, dèi o dèmoni, terrore, meraviglie o sofferenza, in completa equanimità, impassibile “come un elefante che attraversi un cespuglio di spine o come un pesce per cui le onde non significano nulla.”38 In luoghi spaventosi o nei cimiteri (“Sky burial spots”?) uno deve rimanere seduto, immobile come un “palo di legno”, anche se vedesse il suo cadavere portato via dai dèmoni.

Sebbene l’Apertura dei Cancelli dello Spazio sia la tecnica più conosciuta, Il Profondo Significato dell’Essenza della Mente39 descrive dieci differenti “aperture” (sgo ‘byed), e Jamgön Kongtrul aggiunge che queste dieci aperture sono le istruzioni principali sulla pratica del Chöd:

(1) l’iniziazione chiamata “Apertura dei Cancelli del Dharma” contiene il rifugio della tradizione del Chöd e lo sviluppo della mente finalizzata all’illuminazione in otto punti.40

Quest’iniziazione non è proprio un vero ottenimento Vajrayāna, anche se si dice che sia equivalente alla quarta iniziazione dello Yoga Tantra più Elevato. Nella biografia sacra, viene descritto come appartenente al lignaggio dei Sutra quello che Machig ricevette da Dampa Sangyé e che lei definisce come segue:

Non è un’iniziazione di una deità trasmessa al corpo,

E’ un’iniziazione del significato ultimo (chos sbang) trasmesso alla mente.41

  1. La sādhana chiamata la “Apertura dei Cancelli della Beatitudine implica la separazione di corpo e mente. Le successive quattro aperture sono tecniche specifiche che appartengono a questa Apertura dei Cancelli della Beatitudine;

  2. il riconoscimento della natura della mente, conosciuta come vera“Apertura dei Cancelli dello Spazio”;

  3. la pratica del sogno, chiamata “Apertura dei Cancelli del Sole e della Luna”;

  4. il trasferimento di coscienza, chiamato “Aprire i Cancelli della Liberazione”; e

  5. il trasferimento nello stato immediato chiamato “Apertura dei Cancelli della Chiara Luce.” Poi,

  6. la spiegazione delle avversità, chiamata “Apertura dei Cancelli delle Origini Interdipendenti”, che può essere trasmesso solo oralmente dal Lama;

  7. l’incremento (bogs ‘don), chiamato (l’Apertura dei Cancelli delle Qualità”

  8. il beneficio per gli altri, chiamato “Apertura dell’Azione” (“Activity”?); e (10) la mèta della pratica, chiamata “Apertura dei Cancelli degli Arya Supremi.” La mèta temporanea è (quella di) pacificare i quattro dèmoni della malattia fisica e della sofferenza mentale; l’ultima mèta è la realizzazione dei tre corpi del Buddha (Skt. Kāya).42

Per concludere, secondo Jamgön Kongtrul:

L’Apertura dei Cancelli dello Spazio è l’essenza dell’intenzione di Machig e il cuore della tradizione del Chöd. Rimanere totalmente assorbiti nella estensione della manifestazione, il dharmadhātu, è il metodo di meditazione più profondo di questa tradizione straordinaria.43

Trasformare gli Aggregati in un’Offerta di Cibo

Quelli (dotati) della più eccellente (capacità di meditazione)

Dovrebbero rimanere assorbiti nel significato della (natura della mente) non-duale;

Quelli (dotati) di capacità media dovrebbero concentrarsi su queste

Meraviglie (prodotte da dèi e dèmoni);

Quelli (dotati) di capacità ordinarie dovrebbero trasformare i loro aggregati in

Un’offerta di cibo.44

Questa descrizione dei metodi del Chöd, dati da Aryadeva ne Il Grande Poema, è evocato da Machig che spiega la procedura così:

Avendo separato corpo e coscienza, unite coscienza e spazio.

Unendo inseparabilmente coscienza e spazio,

Rimanete più che potete nella vacuità

E praticate la trasformazione degli aggregati in un’offerta di cibo.45

A parte l’impressionante fatto che Aryadeva considera il metodo di “trasformare gli aggregati in un’offerta di cibo, come il livello più ordinario della pratica del Chöd, nelle sue parole, questa espresssione, che è il titolo stesso della biografia sacra di Machig ed è di solito attribuita a lei, mostra distintamente l’origine indiana della tradizione del Chöd. Secondo La Storia Concisa della Vita, quando il figlio di Machig, Thönyon Samdrup, ritornò alla sua grotta per continuare il suo ritiro, una dakini si rivolse a lui in un sogno:

C’è qualcosa, nella tradizione di Machig, che non conosci?

Egli replicò che egli era a conoscenza di tutti gli insegnamenti di sua madre, ma la dakini gli disse: “Yogi, tu sei il più dotto della tradizione di Machig…ma devi ancora ricevere da lei i metodi del significato dei Sutra, al fine di praticare le tre tradizioni (secondo i Sutra, i Tantra e la Tradizione Combinata) di Machig, conosciuta come ‘Offerta del Corpo tramite la Trasformazione degli Aggregati in un’Offerta di Cibo.”46

Qual è il significato di “trasformare gli aggregati in un’offerta di cibo”? Il termine cibo è una traduzione del Tibetano zan o gzan, in realtà una palla di tsampa (orzo tostato) che uno tira come (se fosse) cibo per i cani. In questo modo il Chödpa dovrebbe, prima separare mentalmente corpo e coscienza tramite la tecnica del trasferimento di coscienza e dimorare nella vacuità, simile allo spazio vuoto, che è la natura della mente. In seguito, per tagliare per l’attaccamento per arrivare alla realtà dell”Io”, lo yogi deve offrire i resti del suo corpo agli dèi e ai dèmoni come se li gettasse per nutrire i cani.

I cinque aggregati sono:

  1. forma,

  2. sensazioni,

  3. percezioni,

  4. fattori compositi e

  5. coscienza.

Essi sono i componenti dell’individualità. Nel contesto presente, tuttavia, offrire gli aggregati va inteso come se si facesse riferimento all’aggregato della forma, il corpo, composto da carne e sangue, la fonte più grossolana di attaccamento ad un sé reale e permanente.47 Uno comincia rinunciando al suo corpo, abbandonando così gradatamente la concezione di qualsiasi sé reale.

Una volta che la coscienza è stata trasferita al cuore della deità o nello spazio vuoto, il meditatore appare, istantaneamente, come Vajravārāhi (o come Nera Signora Irata). Con la sua mannaia da carne, ella taglia i resti mortali che giacciono inanimati ai suoi piedi. Attraverso una serie di visualizzazioni, il cadavere si trasforma in varie offerte. Le offerte del corpo ai dèmoni sono rinomate, ma si fa riferimento anche a differenti banchetti (Tib. ‘gyed), e dovrebbero essere chiaramente distinti. Patrul Rinpoché li enumera brevemente:

Nei testi del Chöd ci sono di solito quattro grandi feste: bianca, rossa

Variegata (multicolore) e nera. Ma in questo testo non ci sono feste né rosse né nere.48

Nel banchetto bianco, le spoglie mortali del corpo fisico sono trasformate in nettare di saggezza e in un centinaio di sostanze deliziose che riuniscono le attuali deè dell’offerta con i Lama del lignaggio, le divinità ydam delle quattro classi del Tantra, i daka, le dakini, e i guardiani e protettori dell’insegnamento, così come con gli esseri dei tre mondi. Alcuni commentatori distinguono tre modi di celebrare il banchetto bianco: secondo la visione esterna della Prajñāparamitā, la visione interna dei Tantra inferiori, o la visione segreta dello Yoga Tantra più elevato. Tuttavia, nonostante le differenze nelle visualizzazioni, il banchetto bianco rimane, in sostanza, lo stesso in tutti e tre i casi.49

Nel banchetto multicolore, il meditatore offre il suo corpo nella forma di gratificazione dei sensi e tutto ciò che potrebbe essere desiderato dagli ospiti delle regioni più alte (i Lama, i buddha, gli ydam e i protettori) così come dagli ospiti delle regioni più basse (tutti gli esseri dei tre mondi).

Il banchetto rosso è dedicato a dèi e dèmoni come i signori del luogo, i dèmoni del corpo, i dèmoni cannibali, eccetera. Invitandoli a riunirsi per la festa, il meditatore (identificato con Vārāhi) li gratifica con montagne di carne, sangue e grasso:50

Faccio un’offerta di questo corpo. Possano coloro che hanno fretta divorarlo crudo, possano coloro che hanno tempo consumandolo cucinato…Mangiatelo nel modo che più vi piace, cotto, arrostito o crudo. Mangiatene tanto quanto il vostro stomaco riesce a contenere. Possano i più forti portarne via più che possono…Prendete questa offerta finché non rimarrà più nulla di essa!51

Lo scopo principale di tutte queste offerte è completare l’accumulazione delle azioni meritevoli, purificare le oscurazioni e saldare i debiti karmici, verso tutti gli esseri, che sono stati nostre madri da tempo senza inizio. Ogni banchetto dovrebbe essere seguito da una fase di profondo assorbimento non-concettuale sulla vacuità delle tre sfere (il soggetto, l’oggetto e l’azione del meditare) per accumulare saggezza. Nella Quintessenza, Machig spiega l’offerta del cibo in tre stadi:

  1. i preliminari, una meditazione sull’amore e sulla compassione;

  2. la pratica effettiva, l’offerta del proprio corpo intesa a coltivare le sei perfezioni (pāramitā);

  3. la conclusione, una dedica della (precedente) attività meritoria per la realizzazione della insuperabile illuminazione.

Machig sintetizza l’istruzione così: “Meditate sulla compassione, trasformate il vostro essere in un’offerta di cibo, e lasciate che la mente riposi nella sua vera natura.”52

L’offerta del corpo per il bene degli altri è un concetto che sembra fosse presente nel Buddhismo fin dai primi passi del suo sviluppo. Essa viene descritta nella letteratura Mahāyāna come l’ideale della rinuncia e della compassione del bodhisattva, e compare anche come uno dei maggiori temi dei Jātaka, per esempio ne La Ghirlanda delle Prime Vite del Buddha. In una di queste storie, il futuro Buddha offre il suo corpo ad una tigre affamata che sta per divorare il suo cucciolo. Mosso da profonda compassione, il bodhisattva pensa:

Perché dovrei cercare carne del corpo di un altro mentre ho a disposizione tutta quella del mio corpo? Non solo l’atto di prendere la carne in sé è un problema di scelta ma perderei anche l’opportunità di compiere il mio dovere. Inoltre, essendo questo corpo così bruto, fragile, ingrato, sempre impuro e causa di sofferenza, non dovrei rallegrarmi se lo uso per il bene di un altro…E infine ciò che ho sempre desiderato ardentemente, “Quando potrò avere l’opportunità di fare del bene agli altri con l’offerta dei miei quattro arti?” Lo farò adesso, e così otterrò la completa saggezza…Possa io ottenere, tramite lui, il potere di portare via la tristezza dal mondo e, simultaneamente dare per sempre felicità al mondo, proprio come il sole porta via le tenebre e dona la luce!”53

Si trova questo sacrificio del corpo anche nei Sutra, come nel Sutra del Saggio e del Folle54 e nel Sutra di Tutti i Meriti, come nel seguente brano:

Figlio di nobile famiglia, i bodhisattva animati da una grande forza mentale devono considerare questo corpo, composto dai quattro elementi, come un albero medicinale. In conformità a tutti i bisogni degli esseri, essi devono dire loro: “Prendete questo o quello.”

Ciò significa che, se essi vogliono una mano, date loro una mano; se essi vogliono un piede, dategli un piede; e questo vale anche per un occhio, carne o sangue. Se essi hanno bisogno di ossa, date loro le vostre ossa; se essi hanno bisogno di una gamba, date loro una gamba; se c’è bisogno di una testa, dategliela, e così via.

Figlio di nobile famiglia, per i bodhisattva animati da una grande forza mentale, ciò diventerà l’origine dei benefici incommensurabili dovuti all’accumulazione della generosità.55

Con lo stesso spirito, quando Milarepa viene attaccato da un esercito di dèmoni guidati da Tserngmas, Egli offre loro il Suo corpo con un atto di rinuncia e generosità:

Questo corpo umano composto dagli skandha,

E’ transitorio, mortale e illusorio.

Siccome devo sbarazzarmene in tempo,

Chi lo vuole, può prenderselo ora.

Possa l’offerta del mio corpo servire da ostaggio

Per tutto il genere umano e (per tutti) gli esseri senzienti.56

Milarepa qui è assalito dai dèmoni che appaiono improvvisamente senza nessun tipo di invito, per mettere alla prova la sua motivazione, per insinuare in lui il dubbio, o semplicemente per rapire la sua mente al minimo segno di indebolimento della sua vigilanza.

Questi esempi dimostrano come l’offerta del proprio corpo esemplifichi la pratica della compassione e la perfezione della generosità (Skt. Dāna-pāramitā). Questo genere di confronto con le forze demoniache è una caratteristica comune che deriva dalle tradizioni di eremitaggio di tutto il mondo, particolarmente importante presso i primi meditatori dei deserti egiziani. Affrontare apparizioni terrificanti sembra essere un trauma inevitabile che tutti gli asceti devono sperimentare sul sentiero della rinuncia al mondo per raggiungere la liberazione.57

Tuttavia, nonostante una condivisa motivazione di compassione, queste pratiche di offrire il corpo non dovrebbero essere considerate identiche al rituale del Chöd. Nel Jātakas, per esempio, il bodhisattva offre davvero il suo corpo alla tigre per generosità, mentre nella pratica del Chöd secondo Machig, questa offerta è un mezzo mentale e visualizzato che ha come scopo, non la perfezione della generosità, ma quello di recidere le paure e gli attaccamenti. Come spiega Jamgön Kongtrul:

Ciò che va reciso sono i klesa o le afflizioni mentali…

Lo yogi, di conseguenza, deve stabilire volontariamente un contatto con gli

Oggetti che fanno venire alla luce queste tendenze fondamentali come abitudini mentali

Erronee (che si sono) radicate ed emozioni disturbanti.58

Karma Chagmé fa una chiara distinzione tra l’offerta del corpo come si trova nella più antica tradizione letteraria buddhista e la reale pratica del Chöd:

Tramite la forza della compassione, i bodhisattva che hanno ottenuto il primo livello (Skt. Bhumi), offrono veramente il loro corpo per compassione, come (il Buddha) offrì il suo alla tigre. Ma finché uno non ha raggiunto il primo bhumi, non dovrebbe una cosa simile anche se avesse la capacità di farlo. Sarebbe un errore e uno potrebbe diventare una forza negativa (Tib. bgegs). Nella virtù, come nella non-virtù, l’atteggiamento mentale e la motivazione sono le cose più importanti. Offrendo mentalmente il proprio corpo durante la meditazione, uno accumula attività meritoria. Tra tutte le offerte, quella del corpo è la più grande dato che uno non possiede altro che la vita e il corpo. Tramite la pratica del Chöd, uno rinuncia mentalmente (al corpo) e recide l’attaccamento al sé solo col potere della visualizzazione.59

Per questo, per verificare la sua realizzazione e provocare il comparire dell’attaccamento al sé, lo yogi, deliberatamente, va a dimorare in campi carnali, terre di cremazione e in altri punti terrificanti e invita a banchettare con i resti del suo corpo i dèmoni più feroci, gli spiriti più assetati di sangue e le dākini più crudeli, per “coltivare le proprie incapacità”, come le definisce Machig. Questo modo di agire è ulteriormente spiegato da Āryadeva ne Il Grande Poema:

Una volta che avete invitato i dèmoni nella solitudine dei luoghi spaventosi,

Se venite aggrediti dalla paura, dovreste rimanere assorbiti in questa paura,

proprio come dirigere la punta infuocata della moxibustione con precisione

infallibile sulla carne. … …

Ma se state praticando non è corretto scappare via in preda al panico cacciati

Da qualche interferenza magica.

Non fuggite, ma rimanete imperturbabili, solidi come il telaio di una porta

Anche se paura o panico ricompaiono.

In breve, il trasferimento combinato con la trasformazione degli aggregati in cibo è chiaramente diverso dall’offerta del cibo nella prospettiva comune Mahāyāna. L’applicazione volontaria e controllata degli abili mezzi della pratica del Chöd è simile a tecniche che appartengono al Vajrayāna. Come citato da Jamgön Kongtrul ne Il Giardino della Gioia, l’offerta del mandala del proprio corpo e i successivi banchetti, hanno la finalità di migliorare la post-meditazione e sono collegati alla prassi Mantrayāna che mira a potenziare la consapevolezza e così via.60 Per questo si dovrebbe fare una distinzione tra la pratica generale dell’offerta del corpo (radicata nella tradizione indiana Sutra, che fu il crogiuolo da cui scaturì la tradizione del Chöd) e gli insegnamenti di Machig Labdrön che sistematizzò questo atteggiamento compassionevole in una tradizione specifica con iniziazioni, rituali e loro tecniche o i vari banchetti di offerte, come l’apertura dei cancelli dello spazio, distinti. Nel capitolo “Dimorare a Ragma”, Milarepa allude alla trasformazione degli aggregati in un’offerta di cibo:

Lasciare il corpo come offerta di cibo

È la guida a come soggiogare l’ego.61

Questo, tuttavia, non significa che Egli accettasse il Chöd di Machig, o addirittura lo usasse. Ciò indica piuttosto che la tradizione indiana di offrire il corpo secondo Āryadeva e Dampa rappresenta uno sviluppo della tradizione più arcaica in voga nell’undicesimo secolo in Tibet. Il Chöd ha innegabilmente le sue radici in India, per questo è chiaro che Machig non creò una tradizione dal nulla. Piuttosto ella fece da catalizzatore, unendo diverse correnti che organizzò in un sistema che venne conosciuto come il Chöd di Mahāmudrā