Il primo insegnamento di Sua Santità il 17° Gyalwa Karmapa, Monastero di Tsurphu, Tibet, luglio 1998.
Oggi vorrei presentare un breve insegnamento sul RIFUGIO.
Non si è Buddhisti finché non si prende Rifugio. E’ la comprensione e l’osservazione degli impegni del Rifugio che definisce una persona come Buddhista. Si dice: ‘Non si è un Buddhista di scuola Mahayana se non si genera Bodhicitta’, ed è infatti la generazione della Bodhicitta o dell’aspirazione del Bodhisattva a determinare se si è o meno dei praticanti Mahayana. Perciò, dovrebbe essere chiaro che tutto il nostro percorso è compreso nei principi del Rifugio e della Bodhicitta. Tutti gli insegnamenti dati dal Buddha Shakyamuni si risolvono nell’insegnamento del Rifugio e della Bodhicitta.
Dunque tratteremo degli insegnamenti relativi alle radici del Rifugio, ai precetti generali e particolari e a molte altre istruzioni del Rifugio.
Le radici del Rifugio sono la fede e la compassione: la fiducia e la sicurezza nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, e la compassione che desidera liberare tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza.
La Fede nei tre Gioielli è di tre tipi. La fede dell’ispirazione è quell’ispirazione positiva che una persona riceve visitando luoghi di culto dove vi sono molti oggetti sacri, o incontrando grandi maestri o assistendo ad assemblee del Sangha particolarmente ispirate. La fede dell’aspirazione è quella che ci fa desiderare di liberarci dalla sofferenza e raggiungere la pace degli stadi di esistenza superiori; per tale ragione desideriamo compiere buone azioni e abbandonare quelle negative e abbiamo fiducia nella possibilità di raggiungere questo obbiettivo. La fede della completa fiducia consiste nella comprensione che i Tre Gioielli sono il proprio unico e definitivo Rifugio, e in una profonda comprensione e fiducia nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha.
La compassione per tutti gli esseri senzienti consiste nel desiderio di liberare tutti gli esseri da ogni problema e sofferenza che agitano l’oceano del Samsara. Tutti questi esseri sono stati nostre madri in passato, e tutti ci hanno amato e hanno avuto cura di noi come una madre; ciascuno di noi, in prima persona, vorrebbe aiutarli a liberarsi da qualsiasi tipo di sofferenza li affligga. Questa è la compassione.
Queste sono le radici del Rifugio.
Qual è l’essenza del Rifugio? Non avere altra guida ultima se non il Buddha; non avere altro vero sentiero se non il Dharma; non avere altri compagni sul sentiero se non il Sangha supremo. Abbiamo bisogno di compagni con i quali percorrere il sentiero, proprio come, quando vogliamo attraversare un fiume, abbiamo bisogno di un traghettatore poiché la barca non si muoverà per proprio conto. Se ci affidiamo a compagni o amici sbagliati, possiamo essere fuorviati; è dunque necessario trovare i compagni giusti con i quali viaggiare sul sentiero giusto. Questo è il Sangha supremo.
Questo è l’impegno, chiaro e immutabile, da prendere nei confronti delle Tre Fonti di Rifugio.
Vi sono molte istruzioni relative all’osservazione degli impegni del Rifugio e possono essere raggruppate in generali e particolari.
La prima delle istruzioni generali è di non rinnegare il Rifugio nemmeno in cambio della vita o di grandi ricompense. Se qualcuno dovesse accumulare da una parte una grandissima ricchezza e ve la promettesse a patto che rinneghiate la vostra presa di Rifugio, non dovreste accettare, nemmeno al prezzo della vita. La seconda istruzione è di non aver fede in altro che non siano i Tre Gioielli, anche nei momenti di più grande sofferenza e difficoltà. Terzo, bisognerebbe sempre fare offerte ai Tre Gioielli e agli oggetti sacri che rappresentano il corpo, parola e mente del Buddha. Quarto, bisognerebbe osservare il Rifugio e avvicinare quanti più esseri possibile al Rifugio e ai Tre Gioielli: non basta che sia solo uno ad osservare i precetti del Rifugio, è importante che ci si adoperi perché anche altri vengano condotti nella giusta direzione; se qualcuno ha preso una strada sbagliata, bisogna ricondurlo su quella giusta. Quinto, bisognerebbe fare prostrazioni ai Buddha delle dieci direzioni, al Buddha di qualsiasi direzione si stia percorrendo. Ciò significa rendere omaggio ai Buddha la mattina, il giorno e la sera.
Ci sono quindi le istruzioni sui precetti particolari relativi ai Tre Gioielli. La prima: se prendiamo Rifugio nel Buddha, non prenderemo come ultimo Rifugio divinità mondane. Le divinità mondane sono, ad esempio, Brahma, Indra, Vishnu e Shiva, tsens e gyalpo. Poiché anch’essi si trovano nel Samsara, come possono aiutarvi a liberarvene? E dunque, come è scritto nelle Trentasette pratiche del Bodhisattva, non dovremmo prendere rifugio in loro. Secondo: prendere rifugio nel Dharma significa smettere di nuocere agli esseri senzienti, semchen. Semchen comprende non solo gli animali con quattro zampe e pelliccia, ma tutti gli esseri dotati di sensazioni e coscienza. Si dovrebbe smettere di uccidere e di rubare e bisognerebbe percorrere il sentiero della non-violenza. Terzo: quando si prende Rifugio nel Sangha non si dovrebbe passare il tempo in cattive compagnie: le cattive compagnie possono condurci solo a comportamenti negativi e non positivi.
Tre sono i precetti da osservare quando vogliamo onorare i Tre Gioielli. Il primo, riguardante la presa di Rifugio nel Buddha, consiste nel mostrare rispetto ai Buddha e a ciò che li rappresenta. Ciò significa porre le immagini del Buddha in luoghi decorosi e fare loro prostrazioni e offerte. Il secondo, riguardante la presa di Rifugio nel Dharma, prevede che si renda omaggio al Dharma e alle sue rappresentazioni, fino ad una piccola lettera o ad una sillaba nella quale è scritto il Dharma. Per non parlare dei libri e del materiale relativo al Dharma. Il terzo, riguardante la presa di Rifugio nel Sangha, prevede che si rispetti il Sangha e coloro che lo rappresentano, anche chi indossa semplicemente le vesti del Sangha, anche un pezzo di stoffa rossa trovato per strada è una rappresentazione del Sangha e non dovrebbe essere trattato senza rispetto.
Queste sono le tre istruzioni sulla concordanza. Innanzitutto, prendendo Rifugio nel Buddha, la mente deve essere in accordo con il Dharma. Non è bene pretendere di prendere Rifugio nel Buddha quando la nostra mente è in totale disaccordo con il Dharma. Lasciate che la mente assorba il Dharma e che in essa si generi pace e umiltà. Quando prendiamo Rifugio nel Dharma, dovremmo accordare la nostra parola con il Dharma. Pretendere di prendere Rifugio nel Dharma, ma lasciare che le nostre parole si esprimano in disaccordo con esso è sbagliato. Perciò cerchiamo di rinunciare alle menzogne, alle calunnie, alle cattiverie; cerchiamo di infondere il Dharma nelle nostre parole di tutti i giorni. Quando prendiamo Rifugio nel Sangha, facciamo sì che il nostro corpo concordi con il Dharma. Dovremmo cercare di vivere secondo il Dharma e rinunciare alle azioni negative del corpo, come ad esempio i comportamenti sessuali scorretti.
Quali benefici si traggono dall’osservazione dei precetti del Rifugio? Non dovremmo prendere Rifugio se non ne traiamo alcun beneficio. In primo luogo, prendendo Rifugio cominciamo a praticare il Buddhismo o la via del Dharma. In secondo luogo, creiamo una base favorevole a tutti i precetti e a tutti i livelli di ordinazione. Terzo, siamo protetti dai pericoli che ci possono causare gli esseri umani e non-umani, tutti gli ostacoli e gli influssi dannosi sono quietati. Quarto, non saremo separati dalle benedizioni del Buddha, del Dharma e del Sangha nelle vite future. Quinto, gli effetti del karma negativo saranno ridotti. Sono così tanti i benefici che ne traiamo da non poterli contare tutti.
Parliamo ora di Bodhicitta. Tutti i sentieri del Bodhisattva, senza eccezione alcuna, devono essere completati nel contesto della Bodhicitta. Innanzitutto pensate a tutti quegli esseri che, in prima persona, avete visto patire grandi sofferenze, i disabili e i malati che hanno sofferto molto, ad esempio, e poi pensate a tutti gli altri esseri che sopportano immense sofferenze. Se continuate a pensarci proverete una sincera e grande compassione nei loro confronti. Sentirete di voler personalmente dileguare le loro sofferenze, di volerlo fare anche a costo di doverlo fare da soli. Quando si manifesta questa aspirazione e questo coraggio è l’inizio del vostro percorso di Bodhisattva; sviluppare la compassione e il coraggio introduce la preparazione e l’addestramento di un Bodhisattva.
Vi sono tre tipi di aspirazione per un Bodhisattva. La prima è l’aspirazione simile a quella di un re. Un re ha il potere di aiutare e di dare ordini ai propri sottoposti affinché aiutino e siano di beneficio agli altri. Ciò significa aspirare all’Illuminazione per poter aiutare gli altri esseri senzienti a raggiungere a loro volta l’Illuminazione. La seconda è l’aspirazione simile a quella del capitano, ossia l’aspirazione a raggiungere l’Illuminazione insieme a tutti gli altri esseri senzienti. Un capitano fa salire i passeggeri sulla propria barca e li conduce attraverso il fiume, la barca da sola non potrebbe andare da nessuna parte. Questo tipo di saggezza è detta l’aspirazione della Sacra Saggezza. La terza aspirazione è quella simile al pastore, quando desideriamo che tutti gli esseri senzienti raggiungano l’Illuminazione grazie alle nostre azioni positive. Noi stessi raggiungeremo l’Illuminazione solo dopo che tutti gli esseri senzienti l’avranno raggiunta. Un pastore si preoccupa prima di mettere al sicuro le pecore e solo dopo rientrerà a casa. Questa è la più alta e suprema manifestazione di coraggio e compassione, di queste tre forme di aspirazione è la più nobile, ma ciascuno deve scegliere quella più adatta a sé, perché in realtà non c’è differenza.
Vi sono tre precetti relativi al Bodhicitta: astenersi dal commettere azioni negative, accumulare azioni positive e adoperarsi per il bene degli altri. Il precetto di astenersi dal compiere azioni negative può essere approfondito nei diciotto precetti radice, ma l’essenza di tutti si può condensare nell’imperativo di non abbandonare gli esseri senzienti; poiché lasciare a se stesso un qualsiasi essere senziente è la peggiore delle azioni negative, è dunque necessario dare a questo precetto la giusta enfasi.
Rifugio e Bodhicitta non sono semplicemente preliminari, qualcosa da fare all’inizio e da abbandonare in seguito. Solitamente recitiamo i versi del Rifugio e del Bodhicitta all’inizio della nostra pratica, ma non bisognerebbe pensare che sono limitati all’inizio. Dovrebbero, al contrario, essere sempre con noi durante il nostro percorso. Poiché la compassione va mantenuta e nessun essere senziente abbandonato, un forte impegno nei confronti del Rifugio è il fondamento più importante del sentiero buddhista. ‘Io, in prima persona, condurrò tutti gli esseri senzienti all’Illuminazione’. Si dovrebbe generare una genuina aspirazione di questo tipo e lavorarci su come se stessimo scavando dell’oro. Essere genuini significa non essere fasulli: se ci si comporta da ubriachi pur non essendolo, non si è genuini. E’ importante generare questa aspirazione genuinamente. Noi esseri umani siamo avidi, perciò quando scaviamo per cercare l’oro non pensiamo ad altro che a quell’oro. Nella stessa maniera ci si dovrebbe concentrare sulla generazione della Bodhicitta, concentrandosi solamente su essa.
Se non si comprende correttamente e non si pone sufficiente enfasi sul Rifugio, è impossibile praticare persino l’Hinayana, per non parlare del Mahayana. Senza un’inclinazione verso la Bodhicitta, è impossibile praticare il Mahayana, per non parlare del Vajrayana. E’ importante capire il principio di base. Se una Bodhicitta genuina si consolida nella mente, comincerà il sentiero del Bodhisattva, nelle vite future si incontreranno sempre amici spirituali genuini, si riceverà il nettare degli insegnamenti del Dharma, e si realizzerà l’Illuminazione, la perfetta Buddhità, in uno spazio di tempo non troppo lungo. ‘Perfetta’ si intende in termini di completo abbandono di tutto ciò che va abbandonato e di totale realizzazione di ciò che va realizzato. ‘Buddha’ si dice ‘Sangye’ in tibetano. ‘Sang’ significa ‘Risvegliato’: risvegliato da tutte le afflizioni. ‘Gye’ significa ‘Fiore Sbocciato’: la Saggezza si schiude come i petali di un fiore che sboccia.
Ora che abbiamo gettato le basi dell’oceano delle attività del Bodhisattva, dovremmo recitare preghiere quali Zangpa Chopa Monlam, le preghiere composte da Nagarjuna, Le Duecento Preghiere, e Lobpon Pawo, Le Settecento Preghiere. Non dovremmo ripeterle una volta o due, ma tutti i giorni, il più costantemente possibile lungo tutto il corso della vita e a beneficio di tutti gli esseri. La ragione per la quale parlo del Rifugio nasce dalla convinzione che la vita umana, dotata delle otto libertà e delle dieci opportunità, non dovrebbe andar sprecata. Certamente molti sono più istruiti di me, ma ho cercato lo stesso di dirvi qualcosa su questo argomento. Uno sciocco come me non sa molto, ma se terrete a mente quanto ho detto, credo che ne trarrete beneficio.
Vorrei ringraziare ed esprimere il mio apprezzamento a tutti coloro che hanno contribuito a ricevere la sponsorizzazione della Shedra e a coloro che diffondono gli insegnamenti Karma Kagyü in molti paesi. Prego perché si avveri il mio desiderio di visitare l’Occidente in un prossimo futuro e perché il Buddhadharma si diffonda in tutto il mondo.
Possiate godere di buona salute e siate felici e prosperi in questa vita e in quelle che verranno. Auspico che tutte le azioni positive che ho compiuto nei tre tempi maturino a beneficio di tutti gli esseri senzienti mie madri e specialmente di tutti voi. Vi chiedo di impegnarvi nella non-violenza e di abbandonare qualsiasi azione nociva nei confronti di altri esseri. Prego affinché tutti gli esseri della terra possano godere di stagioni provvidenziali, buoni raccolti e grande prosperità e felicità.
Siccome sono molto giovane, attualmente non posso servire al meglio i monasteri e il Buddhadharma, ma vi assicuro che non porterò disonore al mio lignaggio con i miei contributi al Dharma e al lignaggio.
Fonte http://www.kagyu.it/ che vivamente si ringrazia per la sua grande gentilezza.