Lankavatara Sutra cap. 1 – 3

Lankavatara Sutra: "Il mio insegnamento è basato sul riconoscimento che il mondo oggettivo, come visione, è una manifestazione della mente stessa; esso insegna la cessazione dell’ignoranza, del desiderio, dell’azione e della causazione; esso insegna la cessazione della sofferenza che deriva dalle discriminazioni del triplice mondo.

Buddha Sakyamuni, Lankavatara Sutra: “Il mio insegnamento è basato sul riconoscimento che il mondo oggettivo, come visione, è una manifestazione della mente stessa; esso insegna la cessazione dell’ignoranza, del desiderio, dell’azione e della causazione; esso insegna la cessazione della sofferenza che deriva dalle discriminazioni del triplice mondo.

LANKAVATARA SUTRA

Lankavatara Sutra capitoli 1 – 3

Auto-Realizzazione della Nobile Saggezza

Capitolo 1°

La Discriminazione

Così io ho udito. Il Bhagavan (Beato) apparve una volta nel Castello di Lanka che si trova sulla cima del Monte Malaya nel mezzo del grande Oceano. Molti grandi Bodhisattva-Mahasattva si erano miracolosamente riuniti arrivando da tutte le Terre del Buddha, ed anche un gran numero di ‘bhikshu’ si radunarono in quel luogo. I Bodhisattva-Mahasattva, con alla loro testa Mahamati, erano tutti perfetti maestri dei vari Samadhi, il Decuplice Autocontrollo, i dieci Poteri, e le sei Facoltà Psichiche. Essendo stati attivati dalle stesse mani del Buddha, tutti loro comprendevano bene il significato del mondo oggettivo; tutti loro sapevano come applicare i vari metodi, gli insegnamenti e le misure della diciplina secondo le varie mentalità ed i comportamenti degli esseri; essi erano tutti completamente addestrati nei cinque Dharma, i tre Svabhava, gli otto Vijnana, e la duplice Assenza di Ego.

Il Bhagavan, ben conoscendo le agitazioni mentali che stavano arrivando nelle menti delle persone radunate (come la superficie di un oceano, scossa dalle onde agitate dai venti di passaggio), il suo grande cuore si mosse a compassione, sorrise e disse: ‘Nell’antichità, i Tathagata del passato, che erano gli Arhat e Quelli-pienamente-illuminati, giunsero al Palazzodi Lanka sul Monte Malaya e discussero sulla Verità della Nobile Saggezza che è oltre la ragionevole conoscenza dei filosofi, come pure è oltre la comprensione di maestri e discepoli ordinari; e che è realizzabile soltanto all’interno della propria intima coscienza; Anch’io, per vostro comodo, vorrei parlare della stessa Verità. Tutti coloro che si vedono nel mondo sono privi di sforzo ed azione, perché tutte le cose del mondo sono come un sogno, o come un’immagine proiettata in modo miracolo-so. Ciò non è compreso dagli ignoranti né dai filosofi, ma coloro che vedono le cose in questo modo le vedono nel vero modo. Coloro che vedono le cose in modo diverso da questo, camminano nella discriminazione e, poiché dipendono dalla discriminazione, essi si aggrappano alla dualità. Il mondo, come appare con la discriminazione, è come quando si vede la propria immagine riflessa in uno specchio, o l’ombra di una persona, o la luna riflessa nell’acqua, o un’eco sentito in una valle. Le persone che si attaccano alle loro proprie ombre della discriminazione, diventano attaccate a questa ed a quella cosa, e non riuscendo ad abbandonare la dualità, continuano a discriminare per sempre, e così non raggiungono mai la tranquillità. Per tranquillità si intende l’Unicità (o Unità), e l’Unicità genera il più alto Samadhi che è ottenuto entrando nel reame della Nobile Saggezza, realizzabile solo all’interno della propria coscienza intima.

Allora tutti i  Bodhisattva-Mahasattva si alzarono dai loro seggi e fecero il loro rispettoso omaggio, poi Mahamati il Bodhisattva-Mahasattva sostenuto dal potere dei Buddha tirò su una spalla il manto, si inginocchiò e giungendo insieme le mani, lo lodò con i seguenti versi:

Come anche il più concreto mondo, con la Tua perfetta intelligenza e com-passione, sembra a Te come un etereo fiore di cui non si può dire: è nato, è distrutto, perché i termini ‘essere e non-essere’ non si applicano ad esso.

Come anche il più concreto mondo, con la Tua perfetta intelligenza e com-passione, sembra a Te come un sogno di cui non si può dire: è permanente o è distruttibile, perché l’essere e il non-essere non si applica ad esso.

Come anche tutte le cose più concrete, con la Tua perfetta intelligenza e compassione, sembrano a Te come visioni oltre la portata della mente umana, poiché essere e non-essere non si applicano ad esse.

Con la Tua perfetta intelligenza e compassione, che sono oltre ogni limite, Tu comprendi l’assenza di ego delle cose e delle persone, e sei libero e puro dagli ostacoli di passione e superbia ed egoismo.

Tu non svanisci nel Nirvana, né il Nirvana dimora in Te, perché il Nirvana trascende ogni dualità di conoscenza e conosciuto, essere e non-essere.

Coloro che vedono così Te, sereno ed oltre la concezione, saranno emancipati dall’attaccamento, saranno purificati da ogni contaminazione, sia in questo mondo che nel mondo spirituale dell’aldilà.

In questo mondo la cui natura è come un sogno, c’è posto per la lode ed il biasimo, ma nell’assoluta Realtà del Dharmakaya che è ben oltre i sensi e la mente che discrimina, cosa c’è da lodare? O Tu, che sei il più Saggio!

Poi Mahamati il Bodhisattva-Mahasattva disse: O Beato, o Sugata, Arhat e Illuminato, ti prego di parlarci sulla realizzazione della Nobile Saggezza che è oltre l’uso e il modo dei filosofi; che è priva di tutti i predicati come ‘essere e non-essere, unicità e diversità, dualità e non-dualità, esistenza e non-esistenza, eternità e non-eternità’; che non ha niente a che fare con l’individualità e la generalità, né con la falsa-immaginazione, né con qualsiasi illusione che sorga dalla mente stessa; ma che si manifesta come la Verità della Suprema Realtà. Per cui, avanzando continuamente negli stadi della purificazione, uno alla fine entra nel Livello del Tathagata, in cui, per il potere del suo voto originale, con uno sforzo inatteso, uno irradierà la sua influenza sugli infiniti mondi, come una gemma che riflette i suoi variegati colori, dove io e gli altri Bodhisattva-Mahasattva saremo resi idonei a portare tutti gli esseri alla stessa perfezione della virtù.

Il Beato disse: ‘Ben fatto, ben fatto, Mahamati! E ancora, ben fatto, davvero! È per merito della tua compassione per il mondo, per il beneficio che porterà alle molte persone del genere umano e celeste, che ti sei presentato da solo primo fra noi per fare questa richiesta. Perciò, Mahamati, ascolta bene e veramente rifletti su quello che dirò, perchè io ti istruirò’.

Allora Mahamati e gli altri Bodhisattva-Mahasattva devotamente prestarono attenzione all’insegnamento del Beato.

Mahamati, poiché gli ingenui e gli ignoranti, non sapendo che il mondo è soltanto un qualcosa visto nella mente stessa, si attaccano alla moltitudine di oggetti esterni, ed alle nozioni di essere e non-essere, unità e diversità, dualità e non-dualità, esistenza e non-esistenza, eternità e non-eternità, e pensano che essi possiedano un’auto-natura di per-se-stessi, perciò tutto ciò che sorge dalle discriminazioni della mente ed è perpetuato da energia-abitudine, e da cui essi sono determinati, è una falsa immaginazione. È tutto come un miraggio in cui giochi d’acqua sono considerati come se fossero reali. Essi sono così imma-ginati dagli animali che, assetati dal caldo della stagione, corrono verso di essi. Gli animali non sanno che quelle visioni d’acqua sono un’allucinazione delle loro menti, non realizzano che là non c’è alcuna vera fonte. Allo stesso modo, o Mahamati, gli ignoranti e gli ingenui, con le loro menti che bruciano nel fuoco dell’avidità, rabbia e follia, trovando delizia in un mondo di molteplici forme, con i loro pensieri ossessionati da idee di nascita, crescita e distruzione, senza comprendere cosa significhi l’esistenza e la non-esistenza, ed essendo impressionati da discriminazioni e speculazioni erronee fin da tempi senza inizio, cadono nell’abitudine di aggrapparsi a questo ed a quello, e divenendo con ciò profondamente attaccati ad essi.

È come la città dei Gandharva, che l’inconsapevole prende per essere una vera città sebbene infatti non sia così. La città appare come in una visione che si deve al loro attaccamento alla memoria di una città, preservata nella mente come un seme; così si può dire che la città sia esistente e non-esistente. Allo stesso modo, aggrappandosi alla memoria di erronee speculazioni e dottrine accumulate, fin da tempi senza inizio, tenersi fissati a tali idee come l’uno e i molti, l’essere e il non-essere, ed i loro pensieri non sono affatto chiari per ciò che dopo tutto è solo una visione della mente. È come un uomo che in sonno sogna di una contrada che sembra essere piena di vari uomini, donne, elefanti, cavalli, macchine, pedoni, villaggi, città, case, palazzi, vacche, bufali, boschi, montagne, fiumi e laghi, e che si muove in quella contrada, fin a ché si sveglia. Finchè giace mezzo addormentato, egli ricorda la città dei suoi sogni e rivive le sue esperienze là; cosa pensi, Mahamati, questo sognatore che sta lasciando che la sua mente pensi alle varie irrealtà che ha visto nel suo sogno, – deve essere considerato saggio o sciocco? Allo stesso modo, l’ignorante e l’ingenuo che sono piacevolmente influenzati dalle visioni erronee dei filosofi, non rico-noscono che le visioni che li influenzano sono solamente idee come-sogni che hanno origine nella mente stessa, e di conseguenza essi si fissano sulle loro nozioni di uno e molti, di essere e non-essere. È come la tela di un pittore sulla quale gli ignoranti immaginano di vedere le elevazioni delle montagne e le depressioni delle valli.

Allo stesso modo, oggi vi sono persone che sono attratte dall’influenza di simili prospettive erronee come ‘l’uno e l’altro’, due e non-due, e la cui mentalità è condizionata dall’energia-abitudine di queste false-immaginazioni e che più tardi dichiareranno a coloro che sostengono la vera dottrina di nessuna-nascita,  di essere nichilisti e così facendo porteranno se-stessi e gli altri alla rovina. Per la naturale legge di causa ed effetto, questi seguaci di visioni perniciose sradicano le loro cause meritorie che altrimenti li avrebbero condotti verso una purezza immacolata. Queste persone devono essere evitate da coloro che desiderano cose più eccellenti.

È come uno che a causa della sua vista offuscata vede una ragnatela in cielo ed esclama ad un altro: “Guarda, è meravigliosa!” Ma la ragnatela non è mai esistita; infatti; non è un’entità, né una non-entità, perciò è stata vista e non è stata vista. Allo stesso modo, coloro la cui mente si è assuefatta alle discriminazioni di visioni erronee tanto care ai filosofi e che sono determinate in base alle irrealistiche visioni di essere e non-essere, contraddiranno il buon Dharma e finiranno per distruggere se stessi e gli altri.

È come una ruota di fuoco fatta con un tizzone ardente fatto ruotare che non è una vera ruota ma che è immaginata tale dall’ignorante. E né essa è una non-ruota per il fatto che non è stata vista da qualcuno. Con lo stesso ragionamento, quelli che hanno l’abitudine di dar ascolto alle discriminazioni e alle visioni dei filosofi guarderanno le cose nate come non-esistenti e quelle distrutte da cause come esistenti. È come uno specchio che riflette i colori e le immagini determiminato dalle condizioni ma senza alcuna parzialità. È come l’eco del vento che porta il suono di una voce umana. È come un miraggio di acqua mobile vista in un deserto. Allo stesso modo, la mente discriminante dell’ignorante che è stata agitata da immaginazioni e speculazioni false si è fusa nell’onda del miraggio, a causa dei venti di nascita, crescita e distruzione. È come il mago Pisaka, che per mezzo delle sue parole crea l’incantesimo di un pupazzo di legno o di un corpo morto per farlo sembrare pulsante di vita, benchè non ne abbia affatto il potere. Allo stesso modo, gli ignoranti e gli ingenui, sottomettendosi alle visioni erronee dei filosofi, diventano totalmente fedeli all’idea dualistica di ‘l’uno e l’altro’, ma la loro fiducia è mal riposta. Per questa ragione, Mahamati, tu e gli altri Bodhisattva-Mahasattva dovreste abbandonare tutte le discrimina-zioni che conducono alle nozioni di nascita, mantenimento e distruzione, di unicità e diversità, di due e non-due, di essere e non-essere e quindi liberarvi dalla schiavitù dell’energia-abitudine, diventando capaci di raggiungere dentro voi stessi la realtà realizzabile della Nobile Saggezza”.

Allora Mahamati disse al Beato: “Perché l’ignorante è sottoposto alla discrimi-nazione ed il saggio no?”

Il Beato rispose: “E’ perché gli ignoranti si aggrappano ai nomi, ai segni e alle idee; siccome le loro menti si muovono lungo questi canali, essi si alimentano della molteplicità degli oggetti e sprofondano nella nozione di un ego-anima e ciò che ad esso appartiene; Essi fanno discriminazioni sul bene e sul male delle apparenze, e si attaccano al piacevole. Poichè si aggrappano in questo modo c’è un ritorno all’ignoranza, e così si accumula il karma nato da avidità, rabbia e follia. Poiché l’accumulazione del karma li segue sempre, allora essi diventano imprigionati nel bozzolo della discriminazione e sono incapaci di liberarsi dal circolo di nascita e morte.

A causa della follia, essi non comprendono che tutte le cose sono come maya, come il riflesso della luna nell’acqua, che non c’è nessuna auto-sostanza che può essere immaginata come un’ego-anima con le sue proprietà, e che tutte le loro definite idee sorgono dalle loro false discriminazioni su ciò che esiste solo nel modo come la stessa mente lo vede. Essi non comprendono che le cose non hanno nulla a che fare con qualificazioni e qualificare, né con il flusso della nascita, mantenimento e distruzione, mentre invece essi asseriscono che le cose sono nate da un creatore, dal tempo, dagli atomi, da qualche spirito celeste. È perché gli ignoranti cedono alla discriminazione che essi sono mossi nel flusso delle apparenze, ma per il saggio non è così”.

Capitolo II °

False-Immaginazioni e Conoscenza delle Apparenze

Allora Mahamati, il Bodhisattva-Mahasattva, parlò al Beato, dicendo: “Tu parli delle erronee visioni dei filosofi; vuoi per favore parlarci di esse, così che noi si possa stare in guardia contro di esse?”

Il Beato rispose, dicendo: “Mahamati, in questi insegnamenti erronei che sono generalmente sostenuti dai filosofi il falso è questo: essi non riconoscono che il mondo oggettivo sorge dalla mente stessa; essi non comprendono che anche l’intero sistema-mente deriva dalla mente stessa; ma siccome dipendono da queste manifestazioni della mente come se fossero reali, essi continuano a discriminarle, da quei sempliciotti che sono, mantenendo con cura la dualità di questo e di quello, di essere e non-essere, ignoranti al fatto che non c’è altro che un’unica comune Essenza.

Al contrario, il mio insegnamento è basato sul riconoscimento che il mondo oggettivo, come visione, è una manifestazione della mente stessa; esso insegna la cessazione dell’ignoranza, del desiderio, dell’azione e della causazione; esso insegna la cessazione della sofferenza che deriva dalle discriminazioni del triplice mondo.

Vi sono alcuni studiosi del Brahman che, presumendo che qualcosa esca dal nulla, asseriscono che vi sia una sostanza delimitata da una causalità che resiste nel tempo, e che gli elementi che costituiscono la personalità ed il suo ambiente hanno la loro genesi e la continuazione nella causalità e che quindi dopo essere esistita, scompare. Poi vi sono altri studiosi che sostengono un punto di vista distruttivo e nichilistico che concerne soggetti come continuazione, attività, separazione, esistenza, Nirvana, il Sentiero, il karma, la fruizione e la Verità. Perché? Perché essi non hanno raggiunto una comprensione intuitiva della Verità stessa e perciò non hanno una chiara intuizione dei fondamentali principi delle cose. Essi sono come un vaso rotto in pezzi che non è più in grado di funzionare come un vaso; sono come semi bruciati che non sono più capaci di germogliare. Ma gli elementi che costituiscono la personalità ed il suo ambiente, che essi guardano come soggetti a cambiare, sono veramente incapaci di ininterrotte trasformazioni. Le loro visioni sono basate sulle erronee discriminazioni del mondo oggettivo; non sono basate su vere concezioni.

Ancora, se è vero che qualcosa viene fuori dal nulla e c’è il sorgere del sistema-mente in ragione delle combinazioni delle tre cause produttrici di effetto, noi potremmo dire lo stesso di qualunque cosa non-esistente: per esempio, che ad una tartaruga possano crescere i peli, o che la sabbia produca l’olio. Questa proposizione è di nessun vantaggio; finisce per non affermare niente. Ne consegue che l’atto, l’opera e la causa di cui essi parlano, non sono di alcun uso, e così anche il loro riferimento all’essere e non-essere, se essi disputano che vi è una combinazione delle tre cause produttrici di effetto, devono farlo sul principio di causa ed effetto, cioè che qualcosa nasce da qualcosa e non esce fuori dal nulla. Finchè un mondo di relatività è asserito, vi è una catena sempre ricorrente di causalità che in ogni circostanza non può essere negata, perciò noi non possiamo parlare di una cosa che va a finire o di una cessazione. Finché questi studiosi rimangono sul loro terreno filosofico, le loro dimostrazioni devono adattarsi alla logica, ed i loro manuali, con la memoria abituata ai ragionamenti erronei, saranno sempre aggrappati ad essi. A peggiorare le cose, gli stolti, avvelenati da queste visioni erronee, dichiareranno che questo modo scorretto di pensare, insegnato all’ignorante, è lo stesso come quello presentato dall’Onnisciente.

Ma il metodo di istruzione presentato dal Tathagata non è basato su asserzioni e confutazioni per mezzo di parole e logica. Vi sono quattro forme di asserzione che possono essere fatte riguardo a cose che non esistono, cioè asserzioni fatte su segni individuali che non sono in esistenza; su oggetti che non sono in esistenza, su una causa che è non-esistente; e su visioni filosofiche erronee. Per confutazione si intende che uno, a causa dell’ignoranza, non ha adeguatamente esaminato l’errore che è alla base di queste asserzioni.

L’asserzione sui segni individuali che non hanno realmente alcuna esistenza, concerne i segni distintivi percepiti da occhio, orecchio, naso, ecc. indicando l’individualità e la generalità negli elementi che costituiscono la personalità ed il suo mondo esterno; e poi, prendendo questi segni come realtà ci si attacca ad essi, si cade nell’abitudine o si afferma che le cose sono proprio così e non in un altro modo.

L’asserzione circa gli oggetti che  non sono esistenti è un’asserzione che sorge dall’attaccamento a questi associati segni di individualità e generalità. Gli oggetti di per sé non sono né nell’esistenza né nella non-esistenza e sono piuttosto privi dell’alternativa di essere e non-essere; e si dovrebbe solo pensare ad essi come si pensa alle corna di una lepre, di un cavallo o di un cammello, che in realtà non esistono. Gli oggetti sono discriminati dagli ignoranti che sono assuefatti ad asserzione e negazione, poiché la loro intelligenza non è abbastanza acuta per penetrare nella verità che non c’è nient’altro che ciò che è visto nella stessa mente.

L’asserzione di una causa che è non-esistente presume la nascita senza causa del primo elemento del sistema-mente che più tardi verrà ad avere solamente una forma di non-esistenza simile alla maya. Cioè, vi sono filosofi che asseriscono che un sistema-mente originariamente non nato comincia a funzionare nelle condizioni di occhio, forma, luce e memoria, i quali funzionando vanno avanti per qualche tempo e poi cessano. Questo è un esempio di una causa che è non-esistente.

L’asserzione di visioni filosofiche concernenti gli elementi che costituiscono la personalità ed il suo mondo circostante che sono non-esistenti, presume l’esistenza di un ego, un essere, un anima, un essere vivente, un “alimentatore”, o uno spirito. Questo è un esempio di visioni filosofiche che non sono vere. È questa combinazione di discriminazione di immaginari segni dell’individualità, raggruppandoli, dando loro un nome e divenendo attaccati ad essi come oggetti, in ragione dell’energia di abitudine che è stata accumulata da tempi senza inizio, e che uno costruisce in base alle visioni erronee, la cui sola base è la falsa-immaginazione. Per questa ragione, i Bodhisattva dovrebbero evitare tutte le discussioni relative alle asserzioni e negazioni la cui sola base siano le parole e la logica.

La discriminazione-parola viene dalla coordinazione di cervello, torace, naso, gola, palato, labbra, lingua e denti. Le parole non sono differenti, né non-differenti, dalla discriminazione. Le parole sorgono dalla discriminazione come la loro causa; se le parole fossero differenti dalla discriminazione esse non potrebbero avere la discriminazione come loro causa; e ancora, se le parole non fossero differenti, esse non potrebbero portare ad esprimere un significato. Quindi, le parole sono prodotte dalla causalità, cambiano e si condizionano reciprocamente e, proprio come cose, sono soggette a nascita e distruzione.

Vi sono quattro tipi di discriminazioni-parole, ognuno dei quali deve essere evitato, perché sono tutti ugualmente irreali. Come primo tipo, vi sono parole che indicano segni individuali che sorgono da forme e segni che discriminano come se fossero reali di per sé e, poi diventano attaccati ad essi. Secondo, vi sono parole-memoria che sorgono da circostanze irreali che vengono prima alla mente quando ci si ricorda dell’esperienza precedente. Poi vi sono parole che scaturiscono dall’attaccamento alle distinzioni e speculazioni erronee dei vari processi mentali. E infine, vi sono parole che escono fuori da pregiudizi eredi-tati come energia abitudinaria di semi accumulati da tempi senza inizio, o che ebbero la loro origine in qualche attaccamento, da tempo dimenticato, a false-immaginazioni e erronee speculazioni.

Poi vi sono parole a cui non corrispondono oggetti, come per esempio le corna della lepre, il figlio di una donna sterile, ecc. – queste cose non ci sono però noi abbiamo le parole, proprio le stesse. Le parole sono una creazione artificiale; vi sono Terre di Buddha in cui non ci sono parole. In alcune Terre di Buddha, le idee sono indicate guardando fissamente, in altri con gesti, in altri ancora con un cipiglio, con un movimento degli occhi, ridendo, sbadigliando, schiarendosi la gola, o tremando. Per esempio, nella Terra di Buddha di Samantabhadra, tramite un dhyana che trascende parole e idee, i Bodhisattva ottengono il riconoscimento che tutte le cose sono non-nate, e sperimentano anche vari Samadhi eccellenti che trascendono ogni parola. Anche in questo mondo, esseri specializzati come formiche ed api, portano molto bene avanti le loro attività senza far ricorso a parole. No, Mahamati, la validità delle cose è indipendente  dalla validità del mondo.

Perdipiù, vi sono altre cose che appartengono alle parole, cioè il corpo-sillaba delle parole, il corpo-nome delle parole, ed il corpo-frase delle parole. Con corpo-sillaba si intende che da essa, sono stabilite e indicate parole e frasi: c’è una ragione per ogni sillaba, alcune sono mnemoniche, ed altre sono scelte arbitrariamente. Con corpo-nome, si intende l’oggetto dipendendo dal quale le parole-nome ottengono il loro significato, o in altre parole, il corpo-nome è la “sostanza” di una parola-nome. Per corpo-frase si intende il completamento del significato esprimendo la parola più pienamente in una frase. Il nome per questa corpo-frase è suggerita dalle impronte lasciate per la strada da elefanti, cavalli, persone, cervi, bovini e ovini, ecc. Ma né le parole né le frasi possono esprimere precisamente i significati, perché le parole sono solo dolci suoni che sono stati arbitrariamente scelti per rappresentare le cose, e non sono le cose stesse, che a loro volta sono solo manifestazioni della mente. La discriminazione del significato è basata sulla falsa-immaginazione che questi suoni dolci, che noi chiamiamo ‘parole’ e che dipendono da tutto ciò che si suppone stiano per esse, e i cui soggetti si suppone essere auto-esistenti, tutto ciò è fondato sull’errore. I discepoli dovrebbero stare in guardia contro le seduzioni di parole e frasi e loro significati illusori, perché a causa loro gli ignoranti e gli ottusi diventano impigliati ed indifesi come un elefante che si agita affondando sempre di più nel fango.

Parole e frasi sono prodotte dalla legge della causalità e si trovano in un reci-proco condizionamento – esse non possono mai esprimere la Realtà Suprema. Inoltre, nella Suprema Realtà non c’è nessuna differenziazione da discriminare e non c’è niente che si possa affermare riguardo ad essa. La Realtà Suprema è un’elevato stato di beatitudine, e non uno stato di discriminazione mondana, e perciò non può essere confinata in mere asserzioni che la riguardano. I Tathagata hanno un metodo migliore per insegnarla, e cioè attraverso l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza”.

Mahamati chiese al Bhagavan: “Per favore, puoi parlarci sulla causalità di tutte le cose, con cui io e gli altri Bodhisattva possiamo vedere nella natura della causalità e non si possa più discriminarla come il graduale o simultaneo insorgere di tutte le cose?”

Il Beato rispose: “Vi sono due fattori di causalità a causa dei quali tutte le cose vengono apparentemente ad esistere: fattori esterni e fattori interni. I fattori esterni possono essere un grumo di creta, un perno, una ruota, un filo, l’acqua, un operaio, e il suo lavoro; è la combinazione di tutte queste cose che produce un vaso. Come un vaso che è fatto da un ammasso di creta, o un pezzo di stoffa fatto con il filo, o una stuoia fatta con fragante erba, o un germoglio che scaturisce da un seme, o il burro fresco fatto con del latte acido da un uomo che lo agita nel paiolo; così è con tutte le cose che appaiono una dopo l’altra in una successione continua. Quanto ai fattori interni della causalità, essi sono del tipo come l’ignoranza, il desiderio, lo scopo, tutto quello che nella mente fa sorgere l’idea della causalità. Da questi due fattori sorge una manifestazione della personalità e le cose individuali che producono il suo ambiente, esse però non sono cose indivuali e distinte: esse sono discriminate così solo dagli ignoranti.

La causalità può essere divisa in sei elementi: la causa-indifferenza, la causa- dipendenza, la causa-possibilità, la causa-agente, la causa-oggetto, la causa- manifestante. La causa-indifferenza significa che se la discriminazione non è presente, non c’è nessun potere di combinare il presente e così non avviene la combinazione, oppure c’è la dissoluzione del presente. La causa-dipendenza significa che gli elementi devono essere presenti. La causa-possibilità vuol dire che quando una causa sta per diventare effettiva deve esserci un appropriato incontro delle condizioni interne ed esterne. La causa-agente significa che deve esserci un principio rivestito di autorità suprema come la presenza sovrana di un Re che asserisca se-stesso. La causa-oggettiva significa che per essere una parte del mondo oggettivo il sistema-mente deve essere esistente e mantenersi   nella sua continua attività. La causa-manifestante vuol dire che come la facoltà discriminante del sistema-mente si occupa dei segni individuali che saranno rivelati così le forme sono rivelate dalla luce di una lampada.

Tutte le cause sono quindi viste come la conseguenza della discriminazione continuata degli ignoranti e degli ingenui, e perciò, non c’è nessuna tale cosa come un’esistenza che insorge in modo graduale o simultaneo. Se è asserito un graduale insorgere dell’esistenza, ciò può essere dissaprovato mostrando che non c’è nessuna sostanza di base che tiene insieme i segni individuali, il che rende impossibile il sorgere graduale. Se il simultaneo sorgere dell’esistenza è asserito, Non ci sarebbe nessuna distinzione tra causa ed effetto e niente ci sarebbe per caratterizzare una causa così. Quando un bambino non è ancora nato, il termine “padre” non ha nessun significato. I Logici disputano che se c’è ciò che è nato, ciò è dato dalla nascita del mutuo funzionamento di fattori casuali come causa, sostanza, continuità, accelerazione, ecc. e quindi essi concludono che c’è un graduale sorgere dell’esistenza; ma questo insorgere graduale non si ottiene se non a causa dell’attaccamento alla nozione di una auto-natura.

Quando le idee di corpo, proprietà e dimora sono viste, discriminate e man-tenute care in quello che dopotutto non è nient’altro che ciò che è concepito dalla mente stessa, e il mondo esterno è percepito sotto l’aspetto di individualità  e generalità che, comunque, non sono realtà e, perciò, non è possibile né un graduale e né un simultaneo insorgere delle cose. E’ solo quando il sistema-mente entra in attività e discrimina le manifestazioni della mente che si può dire che l’esistenza venga ad essere vista. Per queste ragioni, Mahamati, devi sbarazzarti di tutte le nozioni di gradualità e simultaneità nella combinazione delle attività casuali”.

Mahamati disse: “Bhagavan; A quale tipo di discriminazioni ed a quale tipo di pensieri dovrebbe essere applicato il termine, false-immaginazioni?”

Il Beato rispose: “Finché le persone non comprensono la vera natura del mondo oggettivo, esse precipitano nella visione dualistica delle cose. Esse immagina-no che la molteplicità degli oggetti esterni sia reale e si attaccano ad essi e sono alimentate dalla loro energia-abitudine. A causa di questo sistema di pensieri mentali e quello che ad essi appartiene, tutto viene discriminato e pensato come

se fosse reale; questo conduce all’asserzione di un’ego-anima e le sue proprietà,

e così il sistema-mente segue il suo modo di funzionare. Avendone dipendenza e legandosi all’abitudine dualistica della mente, gli esseri accettano le visioni filosofiche fondate su queste distinzioni erronee, di esistenza e non-esistenza, essere e non-essere, e sviluppano ciò che noi chiamiamo false-immaginazioni. Ma Mahamati, la discriminazione non si sviluppa né viene conservata perché, quando tutto ciò che è visto è realmente riconosciuto come nient’altro che la manifestazione della mente, come può svilupparsi la discriminazione riguardo all’essere ed al non-essere? E’ per la salvezza degli ignoranti che sono assue-fatti alle discriminazioni della molteplicità delle cose, che sono la loro propria mente, che da me è detto che la discriminazione sorge a causa dell’attacca-mento all’aspetto di molteplicità che è caratteristica degli oggetti. Come altrimenti gli ignoranti e gli ingenui potrebbero riconoscere che non vi è nient’altro che ciò che è visto dalla loro mente stessa, e come altrimenti essi potrebbero ottenere un’intuizione della vera natura della mente ed essere capaci di liberarsi dalle errate concezioni di causa ed effetto? E come altrimenti potrebbero ottenere una chiara concezione degli stadi del Bodhisattva, così da raggiungere e “rivolgersi” verso il luogo più profondo della loro coscienza, e poi alla fine raggiungere un’auto-realizzazione interiore della Nobile Saggezza che trascende i cinque Dharma, le tre Auto-nature, e l’intera idea di una vera Realtà (che viene) discriminata? Per questa ragione da me viene detto che la discriminazione sorge dalla mente che diviene attaccata alle molteplicità delle cose che in se-stesse non sono reali, e che l’emancipazione proviene dalla totale comprensione del significato della Realtà, come essa è veramente.

Le false-immaginazioni sorgono dalla considerazione delle apparenze; le cose sono discriminate come forme, segni e figure; come aventi colori, umidità o calore, mobilità o rigidità. L’immaginazione falsa consiste nel diventare così attaccati a queste apparenze ed ai loro nomi. Per attaccamento agli oggetti si intende, diventare attaccati alle cose esterne ed interne come se esse fossero veramente reali. Per attaccamento ai nomi si intende, in queste cose interne ed esterne, il riconoscimento di caratteristici segni di individualità e generalità, ed a considerarli definitivamente appartenenti ai nomi degli oggetti.

La falsa-immaginazione insegna che poiché tutte le cose sono collegate alle loro cause e condizioni dell’energia-abitudine accumulata da tempi senza inizio col non riconoscere che il mondo esterno è la mente stessa, tutte le cose sono comprensibili sotto gli aspetti di individualità e generalità. A causa dell’ag-grapparsi a queste false-immaginazioni vi è una moltitudine di apparenze che sono immaginate come essere vere, ma in realtà esse sono solo immaginarie.

Per chiarire: quando un mago esercita la sua arte, utilizzando erba, legno, arbusti ed animali striscianti, molte forme ed esseri prendono una forma che è soltanto creata magicamente; talvolta essi fanno anche figure con corpi che si muovono e si comportano come esseri umani; essi sono discriminati in modo vario e immaginati come veri, ma non c’è realtà in loro; tutti sanno che essi non sono reali, salvo i bambini e gli ingenui. Similmente basata sulla nozione della relatività, la falsa-immaginazione percepisce una varietà di apparenze che la mente discriminante va avanti ad oggettivare e a dar loro un nome e a diventare attaccata, e memorizzare ed a perpetuarne l’energia-abitudine. Qui c’è tutto ciò che è necessario a costituire l’auto-natura della falsa immaginazione.

Le varie caratteristiche delle false immaginazioni possono essere distinte come segue: riguardo a parole, significato, segni individuali, proprietà, auto-natura, causa, visioni filosofiche, ragionamento, nascita, non-nascita, dipendenza, schiavitù ed emancipazione. Discriminazione di parole è il divenire attaccati ai vari suoni che comportano significati familiari. Discriminazione di significato arriva quando uno immagina che le parole sorgono in dipendenza di qualunque soggetto esse esprimano, e che i soggetti sono visti come auto-esistenti. La discriminazione di segni individuali è immaginare che tutto ciò che è denotato in parole concernenti le molteplicità dei segni individuali (che in se-stessi sono come un miraggio) sia reale, ed aderendo tenacemente ad essi, discriminare tutte le cose secondo tali categorie come calore, fluidità, motilità, solidità, ecc.

Discriminazione di proprietà è desiderare uno stato di ricchezza, come avere oro, argento, e le varie pietre preziose. Discriminazione di auto-natura è fare le discriminazioni secondo le visioni filosofiche in riferimento all’auto-natura di tutte le cose che essi immaginano e sostengono fortemente come reali, dicendo: “Questo è quello che è, e non può essere altrimenti.” Discriminazione di causa è distinguere la nozione di causalità in riferimento a essere e non-essere e ad immaginare che vi siano tali cose come “segni-causa”. Discriminazione di visioni filosofiche significa considerare differenti visioni relative alle nozioni di essere e non-essere, unicità ed alterità, dualità e non-dualità, esistenza e non-esistenza, le quali sono tutte erronee, e diventare attaccati a queste particolari visioni. Discriminazione del ragionamento significa l’insegnamento il cui ragionarvi sopra è basato sull’atatccamento alla nozione, alla sostanza-ego ed a tutto ciò che appartiene ad esso. Discriminazione di nascita significa diventare attaccati alla nozione che le cose vengano ad esistere e svaniscano in ragione della causalità. La discriminazione di non-nascita è vedere che le sostanze senza causa, che prima non c’erano, vengano ad esistere in ragione della causalità. La discriminazione di dipendenza significa la mutua dipendenza dell’oro e dei filamenti composti dello stesso. Discriminazione di schiavitù ed emancipazione è come immaginare che vi sia qualcosa di limitato perché qualcosa lo abbia imprigionato, come nel caso di un uomo che allaccia un nodo e poi lo allenta.

Queste sono le varie caratteristiche delle false-immaginazioni a cui tutti gli ignoranti e gli ingenui si aggrappano. Coloro che sono attaccati alle nozioni di relatività sono attaccati alle nozioni della moltitudine di cose che sorgono dalla falsa-immaginazione. È come vedere varietà di oggetti che dipendono da maya,

ma queste varietà che rivelano così se stesse sono discriminate dagli ignoranti come qualcosa di diverso dalla maya stessa, secondo il loro modo di pensare.

Ora la verità è che maya e la varietà di oggetti non sono diversi né non-diversi; se essi fossero diversi, la varietà di oggetti e gli oggetti non avrebbero la maya (cioè, l’illusione) come loro caratteristica; se non fossero diversi non ci sarebbe distinzione tra loro. Ma poiché vi è una distinzione, questi due- maya e varietà di oggetti- non sono differenti, né non-differenti, per una ragione molto buona: essi sono un’unica e sola cosa”.

Mahamati chiese al Bhagavan: “L’errore è un’entità, o no?”. Il Beato rispose: “L’errore in sé non ha nessuna caratteristica che crei l’attaccamento; se l’errore avesse tale caratteristica nessuna liberazione sarebbe possibile dall’attaccamen-to all’esistenza, e la catena dell’originazione sarebbe capita soltanto nel senso della creazione come sostenuto dai filosofi. L’errore è come la maya, e come maya è incapace di produrre altra maya, così l’errore in sé stesso non può produrre altri errori; sono la discriminazione e l’attaccamento che producono i pensieri cattivi e le colpe. Inoltre, Maya non ha, in se stessa, nessun potere di discriminazione; essa sorge soltanto quando è invocata dal fascino di un mago. L’errore non ha in se stesso l’energia-abitudine; l’energia-abitudine deriva dalla discriminazione e dall’attaccamento. In se-stesso, l’errore non ha colpe; le colpe sono dovute alle confuse discriminazioni mantenute strettamente care dall’ignorante e che concernono la sua mente ed il suo ego-anima. Il saggio non ha nulla a che fare con maya o errori.

Tuttavia, Maya non è una irrealtà, poiché essa ha soltanto l’apparenza di realtà; tutte le cose hanno la natura di maya. Non è perché tutte le cose sono immaginate e afferrate a causa della moltitudine di segni individuali che esse sono come maya; ma è perché esse sono similmente irreali e rapidamente appaiono e scompaiono. Essendo attaccati ai pensieri erronei, essi confondono e contraddicono se-stessi e gli altri. Siccome non capiscono chiaramente il fatto che il mondo non è nient’altro che la mente stessa, essi immaginano e si aggrappano alla causalità, al lavoro, alla nascita ed ai segni individuali, ed i loro pensieri sono caratterizzati da errore e false-immaginazioni. Il preciso insegnamento che tutte le cose sono caratterizzate dall’auto-natura di maya, e del sogno, significa far sì che gli ignoranti e gli ingenui gettino via l’idea dell’auto-natura presente in ogni cosa.

La falsa-immaginazione insegna che cose come luce ed ombra, lungo e corto, nero e bianco, sono differenti e devono essere discriminate; ma esse non sono indipendenti l’una dall’altra; esse sono solo aspetti diversi dell’unica cosa, esse sono termini di relazione e non di realtà. Le condizioni dell’esistenza non sono di un carattere reciprocamente esclusivo; in essenza le cose non sono due, ma un’unità. Anche il mondo di Nirvana e Samsara, di vita e morte, sono aspetti di un’unica cosa, perché non si può escludere il Nirvana dove c’è il Samsara, e il Samsara dove c’è il Nirvana. Ogni dualità è falsamente immaginata.

Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva dovete diciplinarvi nella realizzazione e nella paziente accettazione delle verità di vacuità, non-nascita, non-sé, e non-dualità di tutte le cose. Questo insegnamento si trova in tutti i sutra di tutti i Buddha ed è presentato per venire incontro alle varie disposizioni degli esseri, ma non è la Verità stessa. Questi insegnamenti sono solo un dito puntato verso la Nobile Saggezza. Essi sono come un miraggio di cascate d’acqua, che il cervo crede essere vere e dopo si mette ad inseguirle. Perciò, riguardo agli insegnamenti in tutti i sutra: essi sono stati considerati come una guida per le menti di tutte le persone che discriminano, ma essi non sono la Verità stessa, che può essere auto-realizzata soltanto all’interno della propria coscienza più profonda.

Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva, dovete cercare questa auto-realizzazione interiore della Nobile Saggezza, e non restare incantati da insegnamenti che sono solo parole”.

Capitolo III°

Corretta Conoscenza o Conoscenza delle Relazioni

Allora Mahamati disse: “Ti prego, o Bhagavan, parlaci dell’essere e non-essere di tutte le cose!”

Il Beato rispose: “Le persone di questo mondo sono dipendenti dal loro pensare in uno di questi due modi: dalla nozione di essere, allorché prendono piacere nel realismo, o dalla nozione di non-essere allorché gradiscono il nichilismo; in entrambi i casi, immaginano una emancipazione laddove essa non c’è. Coloro che sono dipendenti dalle nozioni di essere, considerano che il mondo sorga da una causalità realmente esistente, e che questo mondo davvero insorgente ed esistente non abbia la sua creazione da una causalità che sia non-esistente. Questa è la visione realistica sostenuta da alcune persone. Poi vi sono altre persone che dipendono dalla nozione del non-essere di tutte le cose. Queste persone ammettono l’esistenza di avidità, rabbia e follìa, ma al tempo stesso negano l’esistenza delle cose che producono avidità, rabbia e follia. Ciò non è razionale, perché avidità, rabbia e follìa non sono più da considerarsi reali; esse non hanno sostanza né segni individuali. Dove c’è una condizione di schiavitù, lì vi sono legami e mezzi per imprigionarsi; ma dove c’è emancipazione, come nel caso dei Buddha, Bodhisattva, maestri e discepoli, che hanno cessato di credere nell’essere e non-essere, ivi non c’è nessuna schiavitù vincolante né strumenti per essere imprigionati.

È meglio mantenere la nozione di un’ego-sostanza che intrattenere la nozione di vacuità dedotta dalla visione dell’essere e non-essere, perché quelli che così credono, sbagliano nel capire il fatto fondamentale che il mondo esterno non è nient’altro che una manifestazione della mente. Poiché essi vedono le cose come transitorie, come insorgenti da causa e che scompaiono per cause, ora dividendosi, ora combinandosi negli elementi che costituiscono gli aggregati della personalità ed il suo mondo esterno, ed ora scomparendo, essi sono condannati a soffrire ogni momento dai cambiamenti che si susseguono uno dopo l’altro, e alla fine sono condannati alla rovina.

Allora Mahamati si rivolse al Bhagavan, dicendo: “Puoi dirci, O Beato, come mai tutte le cose possono essere vuote, non-nate, e non avere alcuna auto-natura, così che noi possiamo risvegliarci e rapidamente realizzare la Suprema Illuminazione?”

Il Beato rispose: “Che cos’è in effetti la vacuità?! È un termine la cui vera auto-natura è la falsa-immaginazione, ma a causa dell’attaccamento di tutti alla falsa-immaginazione, noi siamo obbligati a parlare di vacuità, non-nascita, e nessuna auto-natura. Vi sono sette tipi di vacuità: vacuità di reciprocità che è non-esistente; vacuità di segni individuali; vacuità di auto-natura; vacuità di non-lavoro, vacuità di lavoro; vacuità di tutte le cose, nel senso che esse sono imprevedibili, e vacuità nel suo senso più alto di Realtà Ultima.

Per vacuità di reciprocità che è non-esistente, si intende che quando una cosa è assente qui, si parla della sua vacuità ‘qui’. Ad esempio: nella sala delle confe-renze di Mrigarama non vi sono presenti elefanti, né buoi, né pecore; ma quanto a monaci ve ne sono molti presenti. Noi possiamo giustamente dire che nella sala vi è una vacuità che riguarda gli animali. Non si asserisce che la sala sia vuota per sua propria caratteristica, o che i monaci siano vuoti di ciò che è la loro condizione di monaci, né che in qualche altro luogo non vi siano per niente elefanti, tori, o pecore. In questo caso, stiamo parlando di cose nel loro aspetto di individualità e generalità, ma dal punto di vista della reciprocità, alcune cose non esistono in un certo luogo. Questa è la più bassa forma di vacuità ed essa deve essere diligentemente messa da parte.

Per vacuità dei segni individuali si intende che tutte le cose non hanno alcun distinguibile marchio di individualità e generalità. A causa di mutue relazioni ed interazioni le cose sono discriminate in modo superficiale ma quando esse sono più attentamente investigate ed analizzate, sono realizzate come non-esistenti e nulla può essere affermato in esse come individualità e generalità. Quindi, quando non si possono più vedere segni individuali, le idee di sé, altro da sé o entrambi, non sono più valide. Perciò si deve dire che tutte le cose sono vuote di auto-marchi individuali.

Per vacuità di auto-natura si intende che tutte le cose, nella loro auto-natura, sono non-nate; perciò, è detto che le cose sono vuote di auto-natura. Per vacuità di non-lavoro si intende che gli aggregati degli elementi che costi-tuiscono la personalità ed il suo mondo esterno sono il Nirvana stesso, e fin dall’inizio non c’è attività in essi; perciò, si parla di vacuità del non-lavoro. Per vacuità di lavoro si intende che gli aggregati essendo vuoti di un ego e delle sue proprietà, funzionino automaticamente come se ci fosse una congiunzione reciproca di cause e condizioni; perciò si parla di vacuità di lavoro. Per vacuità di tutte le cose nel senso che esse sono imprevedibili si intende che, poiché la vera auto-natura della falsa-immaginazione è inesprimibile, così tutte le cose sono imprevedibili, e, perciò, in quel senso sono vuote. Per vacuità nel senso più alto di vacuità della Realtà Ultima, si intende che nel conseguimento della auto-realizzazione interiore della Nobile Saggezza non c’è nessuna traccia di energia-abitudine generata da concezioni erronee; quindi si parla di vacuità più alta (o suprema) della Realtà Ultima.

Quando le cose sono esaminate con la giusta conoscenza, non vi sono ottenibili segni che possano caratterizzarle con marchi di individualità e generalità, perciò di esse si dice che non hanno alcuna auto-natura. Poiché questi marchi di individualità e generalità sono entrambi visti come esistenti e tuttavia si sà che sono non-esistenti, sono visti come manifesti e tuttavia si sa che non sono realmente espressi, essi non sono mai annullati. Perché è così? Per questa ragione; perché i segni individuali che dovrebbero costituire l’auto-natura di tutte le cose sono non-esistenti. Inoltre nella loro auto-natura le cose sono sia eterne che non-eterne. Sono non-eterne, perché i segni dell’individualità delle cose appaiono e scompaiono, cioè i marchi dell’auto-natura sono caratterizzati da non-eternità. D’altra parte, poiché le cose sono non-nate e sono soltanto creazioni della mente, esse sono eterne, in un senso profondo. Vale a dire che le cose sono eterne a causa della loro reale non-eternità.

Perdipiù, oltre a capire la vacuità di tutte le cose sia riguardo alla sostanza che all’auto-natura, è necessario per i Bodhisattva capire chiaramente che tutte le cose sono non-nate. Qui non si dice che le cose siano non-nate in un senso superficiale, ma che esse siano non-nate nel loro senso profondo. Tutto ciò che si può dire è che, relativamente parlando, vi è un costante e continuo flusso di divenire, un temporaneo ed ininterrotto cambiamento da uno stato di apparenza ad un altro.

Quando è riconosciuto che il mondo, così come si presenta, non è niente più che una manifestazione della mente, allora la nascita è considerata non-nascita, e tutti gli oggetti esistenti, relativi a ciò che la discriminazione dichiara essere o non-essere, sono in realtà non-esistenti e, perciò, non-nati; e quindi, essendo prive di agente e di azione, tutte le cose sono non-nate.

Se le cose non non-nate di essere e non-essere, ma sono semplicemente mani-festazioni della mente stessa, esse non hanno nessuna realtà, nessuna auto-natura: – esse sono le corna di una lepre, o di un cavallo, asino, o cammello. Ma gli ignoranti e gli ingenui, che sono vittime delle loro false ed erronee immagi-nazioni, discriminano le cose dove esse invece non ci sono. I caratteristici segni dell’auto-natura di proprietà-e-sede del corpo, agli ignoranti sembrano essere davvero fondamentali e radicati nella vera natura della mente stessa, per questo essi discriminano la loro moltitudine e diventano attaccati ad essi.

Vi sono due tipi di attaccamento: l’attaccamento agli oggetti e l’attaccamento alle parole, dove per entrambi si pensa che abbiano un’auto-natura. Il primo risiede nel non comprendere che il mondo esterno è solo una manifestazione della mente stessa; ed il secondo sorge dal proprio aggrapparsi a parole e nomi a causa dell’energia dell’abitudine. Nell’insegnare la non-nascita, la causalità è fuori luogo perché, vedendo che tutte le cose sono come un sogno, cioè maya, non si  discriminano più i segni individuali. Che tutte le cose sono non-nate e che non hanno alcuna auto-natura, dato che sono come maya, è asserito per scontrarsi con la tesi dei filosofi che dicono che la nascita viene da causalità. Essi sostengono la nozione che la nascita di tutte le cose deriva dal concetto di essere e non-essere, e sbagliano riguardo a come essa veramente è, – perché in realtà essa è causata dagli attaccamenti alla moltitudine che sorge dalle discri-minazioni della mente stessa.

Coloro che credono nella nascita di qualcosa che non è mai venuta in esistenza e, venendo ad esistere, poi svanisce via, sono obbligati ad asserire che le cose vengono ad esistere e svaniscono via per la causalità – tali persone non trovano posizione sicura nei miei insegnamenti. Quando si è realizzato che in realtà non c’è niente che nasce, e niente svanisce via, allora non c’è alcun modo di ammet-tere l’essere e il non-essere, e la mente diventa pacificata e quiescente”.

Dopodiché, Mahamati disse al Bhagavan: “I filosofi dichiarano che il mondo sorge da fattori casuali secondo la legge della causalità; essi affermano che la loro causa è non-nata e non-annichilita. Essi menzionano nove elementi prima-ri: Ishvara il Creatore, la Creazione, gli atomi, ecc. come esseri elementari non-nati e non-annientabili. Il Beato, insegnando che tutte le cose sono non-nate e che non c’è annientamento, dichiara anche che il mondo sorge dalla ignoranza, dalla discriminazione, dall’attaccamento, dall’azione, ecc., e che opera secondo la legge della causalità. Benché le due sezioni degli elementi possano differire in nome e forma, sembra non esservi nessuna differenza sostanziale tra le due posizioni. Se vi è qualcosa nell’insegnamento del Beato che sia distintivo e superiore, può dirci per favore il Beato, che cos’è?”

Il Beato rispose: “Il mio insegnamento di non-nascita e non-annientamento non è come quello dei filosofi, né esso è come la loro dottrina di nascita e imperma-nenza. Ciò a cui i filosofi attribuiscono la caratteristica di non-nascita e non- annientamento è l’auto-natura di tutte le cose, il chè causa che essi cadano nel dualismo di essere e non-essere. Il mio insegnamento trascende l’intera conce-zione di essere e non-essere; non ha niente a che fare con nascita, permanenza e distruzione; né con esistenza e non-esistenza. Io insegno che la moltitudine degli oggetti non ha nessuna realtà in loro, ma che essi sono soltanto visti dalla mente e, perciò, sono della natura di maya e di un sogno. Io insegno la non-esistenza delle cose perché esse non portano alcun segno di una inerente auto-natura. È pur vero che in un senso le cose sono viste e discriminate dai sensi come oggetti individualizzati; ma in un altro senso, a causa dell’assenza di qua-lunque segno caratteristico di auto-natura, esse non sono viste, ma soltanto immaginate. In un senso esse sono afferrabili, ma in un altro senso esse non possono essere afferrate.

Quando è chiaramente capito che non vi è niente nel mondo, se non ciò che è visto dalla mente stessa, la discriminazione non sorge più, e tutti i saggi si stabilizzano nella loro vera dimora, che è il reame della quiete. Gli ignoranti discriminano e operano tentando di adattarsi alle condizioni esterne, e sono costantemente perturbati nella mente; ogni irrealtà è immaginata e discriminata  mentre è ignorata e non-vista la realtà. Non è così per il saggio. Per chiarire: Ciò che vedono gli ignoranti è come la città dei Gandharva, magicamente creata, in cui si vedono fantasmi di bambini, strade e case e commercianti, e persone che vanno e vengono. Qui, nelle sue strade e case, e persone che vanno e vengono, non ci sono pensieri di come essere nati o annientati, perché nel loro caso non c’è problema riguardo alla loro esistenza o non-esistenza. Così, allo stesso modo, io insegno che non c’è nulla creato né non-creato; che non c’è niente che è collegato con la nascita e la distruzione, fuorché ciò che l’ignorante mantiene come nozioni falsamente immaginate, e come realtà del mondo esterno. Quando gli oggetti non sono visti e giudicati come realmente essi sono in se-stessi, allora c’è discriminazione ed attaccamento alle nozioni di essere e non-essere, e ad una auto-natura individualizzata, e finché queste nozioni di  individualità e auto-natura persistono, i filosofi sono costretti a spiegare la realtà del mondo esterno con la legge della causalità. Questa posizione fa sorgere la questione di una causa prima che i filosofi soddisfano asserendo che la loro causa prima, Ishvara (il Creatore) e i primitivi elementi, sono non-nati e non-annientati; la quale posizione è senza prove e perciò è irrazionale.

Persone ignoranti e filosofi mondani tengono a cuore un tipo di non-nascita, ma non è la non-nascita che insegno io. Io insegno la non-nascita dell’essenza non-nata di tutte le cose il cui insegnamento è stabilito nella mente dei saggi, grazie alla loro auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Un paiolo, la creta, un vaso, una ruota, i semi o gli elementi – queste sono le condizioni esterne; l’ignoranza, la discriminazione, l’attaccamento, l’abitudine, il karma – queste sono le condizioni interne. Quando questo intero universo è considerato come una concatenazione e come nient’altro che una concatenazione, allora la mente, con la sua paziente accettazione della verità che tutte le cose sono non-nate, ne guadagna in tranquillità.

Tradotto in Inglese da Suzuki e Goddard dalla versione che si trova nella Bibbia Buddista. Tradotto in Italiano da Alberto Mengoni (Aliberth), che si ringrazia.

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