Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: L’unione del calmo dimorare e della visione speciale, Shine e Laktong.
Insegnamenti del Ven. Ghesce Tenzin Tenphel il 05-06.05.12 all’Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia PI. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione a cura dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa e di Graziella Romania nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, del Centro Studi Tibetani Sangye Cioeling di Sondrio, il cui nome è stato conferito da Sua Santità il Dalai Lama. Traduzione dal tibetano in italiano di Anna Maria De Pretis. Ci scusiamo per ogni possibile errore ed omissione.
Il Ven. Lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel sabato 05.05.12
Importante è la motivazione, come la sua applicazione nella vita pratica, altrimenti non ha senso. Nei testi si parla di pilotare la nostra mente e, solo grazie ad una mente domata, potremo spegnere questa indomita sofferenza. Dobbiamo perciò sempre aver cura della nostra mente, altrimenti, se non dovessimo vagliare la nostra mente, allora la nostra sfera emotiva sarebbe senza freni e ci troveremmo privi di libertà. Se procediamo gradualmente in questo processo d’addestramento della mente, allora riusciremo a conseguire dei risultati concreti, riducendo gradualmente le sofferenza della nostra mente. Esistono ostacoli di condizioni esterne favorevoli al disagio, in disaccordo alle nostra speranza, se allora l’attitudine e’ incline alla sofferenza, allora non abbiamo sbocchi per migliorare la nostra situazione. Prendiamo atto di ciò che si e’ presentato, di ciò che vorremmo che si e’ o non è presentato, di fronte alle sfide della nostra vita, se non cercheremo di mettere a punto la nostra disponibilità interiore, allora non riusciremo ad occuparci del nostra benessere interiore.
Se non si migliora la nostra disposizione mentale, non ci sarà felicita, così come la concentrazione univoca o penetrante per metter a fuoco le cose, saranno mere chimere. Se non lavoriamo dentro di noi per creare pace e serenità, possiamo pensare che l’intervento di condizioni esterne possano aver successo nel portare in noi la pace? O potremo comprarla in un emporio? Stante cosi le cose, siamo in prima persona responsabili della serenità e della nostra felicita e non possiamo delegarlo ad altri. Nel nostro continuum la felicità ed il benessere lo dobbiamo creare all’interno. Non esiste nessun negozio dove possiamo trovare la felicita. E’ l’esperienza che ce lo insegna. Non e’ mai successo che si possa andare al mercato ed acquistare la felicità. Non e’ una merce in vendita. Quest’attitudine benefica si crea per due tipi d’intervento: impegnandoci a beneficiare ed evitando d’arrecare danno, evitando di nuocere. Ci sono tante tendenze favorevoli a noi stessi, verso cui riempiamo la nostra bocca di pensieri, parole come biasimo e disprezzo. Ma, nel farlo, l’unico che riceve dei torti, siamo noi. La preoccupazione ossessiva, la preoccupazione: in proposito ricordiamo quanto diceva Shantideva https://www.sangye.it/altro/?cat=15 nel Bodhichariavatara: “Se incontro una situazione che possiamo migliorare, perché assillarmi? Devo intervenire per risolverla, da subito. Applicati. Viceversa, se proprio non puoi intervenire, allora, perché assillarsi?”
Potremmo trascorrere tutta la vita ad assillarci sulle cose che non vanno bene. Cosi, creiamo una vita di grandi angosce, ma è nostra responsabilità. Tanta sofferenza: di contro possiamo, curandoci effettivamente di noi stessi, creare la nostra felicita. Organizziamoci per il futuro, facciamolo al meglio, per evitare di cadere nelle sofferenza. Perciò è molto importante non tanto l’evento ma la nostra attitudine verso l’evento. L’idea della sofferenza e’ importante per il modo in cui affrontiamo l’evento, qualsiasi situazione. Il Buddha stesso, a suo tempo disse quel che poteva fare per alleviare il disagio degli esseri, ma ribadì che le propri negatività ed errori non possono essere lavate via con l’acqua, né possono essere tolte semplicemente come una spina dal corpo, ma semplicemente con l’addestramento, mostrandovi la comprensione della realtà, cosi potete aprire gli occhi e rendervene conto. La natura relativa della condizione delle cose, se tutti i Buddha e bodhisatva, avessero il potere di trasmettere le realizzazioni, l’avrebbero già fatto. Nonostante la grande compassione di tutti gli esseri realizzati, di mostrarci fattivamente ciò che va fatto per uscire dalla sofferenza, se non lo faremo, non saremo mai in grado di raggiungere la felicita e nessuno potrà venirci a salvare! La pratica di shine o calmo dimorare prevede la disintossicazione della nostra mente dal tumulto dell’angoscia, perché questi moti svantaggiosi ci nuocciono enormemente. Questa graduale purificazione della nostra mente, è imprescindibile, perché questo elevato livello di serenità, equivalente a shine, diventa la ricompensa al nostro impegno passo passo verso il controllo della nostra mente.
A tal fine dobbiamo dotarci delle accumulazioni, innanzitutto delle Sei cause favorevoli per realizzare shine o Sei requisiti fondamentali per sviluppare la concentrazione:
- Vivere in un luogo favorevole allo sviluppo della concentrazione;
- Controllare il desiderio, avere pochi desideri;
- Sviluppare la contentezza;
- Eliminare attività insulse;
- Preservare la moralità: purezza etica;
- Distogliere la mente dal pensiero discorsivo: tenere la mente sgombra da fantasie mondane, quindi superficiali, abbandonando e perciò acquisendo libertà da pensieri, pregiudizi, concettualizzazioni.
Superando i 5 impedimenti (1 Aspirare a oggetti del Reame del desiderio o Passione. 2 Avversione o Intenzioni dannose. 3 Pigrizia e Torpore. 4 Eccitazione e rimpianto-Rimorso turbante. 5 Dubbio.), grazie agli 8 antidoti (1 Fede, 2 Aspirazione, 3 Entusiasmo, 4 Elasticità, 5 Presenza mentale – Attenzione, 6 Consapevolezza – Introspezione, 7 Applicazione dell’antidoto, 8 Equilibrio – Equanimità), attraverso i 9 stadi (1 Distogliere la mente dagli oggetti esterni e dirigerla verso un oggetto interiore. 2 Non permettere che la mente si distragga, ma mantenerla ferma sull’oggetto interiore. 3 Essere consapevoli di quando la mente si lascia sfuggire l’oggetto e si rivolge all’esterno e mantenerla legata all’oggetto dell’indagine. 4 Approfondire la consapevolezza esaminante. 5 Prendere piacere nella concentrazione riflettendo sulle sue virtù. 6 Calmare ogni insoddisfazione sulla concentrazione, considerando la distrazione un difetto. 7 Calmare ogni tendenza al desiderio, infelicità, oscurità, sonnolenza e così via. 8 Fare uno sforzo perché la mente passi a uno stadio di non sforzo. 9 Continuare con serenità una volta raggiunto uno stadio di tranquillità.), consideriamo le 5 caratteristiche del luogo favorevole alla pratica del dharma https://www.sangye.it/altro/?p=1698 . In accordo al dharma, vale a dire non ottenuti con mezzi sconvenienti, ci si riferisce ad un luogo sano e positivo in cui si può vivere ed avere di che sostentarsi, dove si trovi facilmente da cibarsi e dissetarsi, senza doversi distogliere dalla meditazione, dove altri praticanti hanno già lasciato una caratteristica favorevole, lasciando la loro impronta spirituale, un ambiente senza problemi, senza malattie contagiose, senza conflitti sulla proprietà del territorio, non solo senza contese di umani ma anche una terra salubre, un luogo e terra salutare, inteso come elementi, aria suolo acqua non inquinata, buoni amici, amicizie e sostegno favorevole.
Per i principianti come noi, l’isolamento potrebbe comportare dei problemi, teorici o pratici. Lasciamoci alle spalle chi è soggetto ad una pigrizia irrimediabile. Né stiamo con persone dispersive, con cui concederci molto tempo, ma senza praticare. Non solo, ma dobbiamo essere liberi dal caos, senza rumori della natura, di fiumi o cascate, vento: in un luogo dalle caratteristiche ottimali. Ed è necessario esserne dotati come continuum circostanziale ed interno, disponibile ascolto, studio, meditazione, riflessione, ad alto livello, risorse interiori, conoscenza interiore, ambiente favorevole e consono per la nostra pratica. Inoltre importante è di essere liberi da desiderio compulsivo, liberi da attaccamento desiderio, il che è fondamentale. Pochi desideri e capacità di accontentarsi, altrimenti cadiamo nel voler troppo nel non accontentarci mai, desiderio in modo costante. Se potessi realizzare quel che desideriamo, tutto va bene, ma no e’ cosi. Perciò per evitare di rimaner disillusi, alimentare la capacità di saperci accontentare. L’aver a disposizione ricchezze non e’ il problema, ma lo è il desiderio compulsivo, accontentandoci di quel che abbiamo. Poco desiderio o desiderio contenuto significa evitare il desiderio compulsivo, altrimenti basta un niente e saremo sempre mancanti e poveri.
C’era un povero che trovò un gioiello di grandissimo valore. Pur essendo desiderio di gestirlo, tenendolo per sé, temette di poter incorrere in problemi. Perciò cercò qualcuno che se ne occupasse. Ma non sapendo a chi darlo, fini per donarlo al più ricco, al sovrano. – Ma con tutti i poveri del paese dovevi proprio darlo al più abbiente, al re? -Lo apostrofarono gli altri. Ma lui sentì che al re gli mancava sempre qualcosa, rendendolo come un poverello.
Quando non si è abituati a godere di quel che si ha, si ha sempre un senso di vuoto e non si apprezza quel che si ha. Fondamentale è rendersi conto che il possesso di risorse materiali potrebbero non servire affatto se non c’è un desiderio contenuto. Cos’è il desiderio contenuto? È non essere arraffoni, ma saper godere, usufruire in modo ottimale di quel che si ha. Apprezzare quel che si possiede. Il che non e’ una caratteristica utile per chi non ha ma, per chi ha. Il che fa la differenza dove c’è possesso.
Mi sono trovato nella casa di una persona che possedeva ben 18 orologi. Cosa se ne faceva? Cambia forse ogni giorno l’orologio? Ogni ora? Ma è forse il numero di orologi che fa la qualità del tempo? Più orologi conferiscono forse più tempo? Perciò usufruiamo del tempo che abbiamo a disposizione.
Il luogo ideale per shine è il silenzio o, perlomeno, un luogo senza rumore, caos, tutto ciò che disturba. Quindi, per la pratica di shine non si va in discoteca! Ma, onestamente, perché si va in discoteca? I frequentatori di discoteche mi hanno tenuti al corrente. In Bihar in India occorrono ben 1500 rs per entrare, la maggior parte si ubriacano con superalcolici, vengono travolti da luci psichedeliche e tutto gira, restano frastornati: la musica al altissimo volume, le luci e l’alcool li disturbano grandemente. Il che finisce per nuoce enormemente a tutto il corpo: luci, alcool alla mente ed al fegato. Per concludere, finiscono per vomitare. Tanti soldi, tanto spreco di materiale e tanto danno fisico: non e’ forse tutto controproducente? Tante chiacchiere, tanti discorsi insensati, senza nessun beneficio. Il che ci lascia senza argomenti. Inoltre la qualità d’ascolto è molto scarsa. Ed i discorsi positivi sono molto rari, anzi vengono ritenuti fuori luogo. Analizzando tutti questi discorsi di disistima per quella persona, la collera monta, incrementando tutti i difetti mentali. Riflettendo in modo onesto su questi discorsi occorre limitare il nostro tempo in quei settori. Se vogliamo farci del bene dobbiamo ridurli, e non e’ semplice affrontare cambiamenti dentro di noi. Dal momento che fino ad ora si e’ fatto tanto parlare, ora riflettiamo e meditiamo. Su cosa? Riflettiamo: ciò che ho ascoltato. Ha avuto un impatto benefico su di me?
Osserviamo quanto sia importante il nostro controllo interiore. Ognuno di noi ha delle carenze, anche fisiche o mentali. Ma possiamo migliorare le nostre imperfezioni solo se le rileviamo, se ce ne rendiamo conto. Perciò è necessario un intervento, un approccio, non tanto di sapienza astratta, ma occorre un confronto col nostro essere fisico e mentale, mediante un applicazione graduale di noi stessi, da cui scaturisce una mente più stabile, una percezione più chiara e realistica delle cose. Altrimenti, se lasciassimo questo territorio intatto, senza intervenire non potremmo migliorare la nostra condizione. Solo conoscendo noi stessi, ed avendo di mira gli obiettivi di shamata e vipassana, potremo tagliare vittoriosi quei traguardi. La concentrazione del calmo dimorare, è di grande beneficio. Occorre focalizzarci stabilmente su un tema prescelto, mettendo a punto la capacità di focalizzazione univoca. Il che è la via alla malleabilità psicofisica, all’estasi. Che non c’è ancora, perché siamo trascinati dalle pulsioni afflittive e ci lasciamo soverchiare da impulsi, pensieri fuorvianti di questa vita. Lasciamoci alle spalle queste idee fuorvianti. Se non ci alleniamo dentro, all’interno della nostra mente, queste cose non potranno crescere. Abbiamo parlato delle sei condizioni favorevoli x shine. La sesta è l’essere sgombri da preoccupazioni od idee con le persone o cose, invischiati con persone o cose, considerare che tutte le condizioni della nostra vita come passeggere. Non essere troppo attaccati. Non essere troppo invischiati. Perché c’è struggimento, speranze, delusioni. Perciò occorre fondarsi su una visione realistica. L’invischiamento attiva le dinamiche di amore-infatuazione, che non è amore vero ma è attaccamento, o viceversa, repulsione. Occorre osservare la qualità delle relazioni: quando siamo attanagliati dall’attaccamento e vengo gratificato e sostenuto. Apprezzo quello se mi gratifica, in base a quello che vuoi nei miei confronti, altrimenti diventa disappunto e repulsione. L’attaccamento crea relazioni molto instabili. Quando vagliamo la qualità delle relazioni, quando si ama senza attaccamento, si ama ancor più, amiamo meglio. L’attaccamento smisurato, alla durata per la nostra esistenza delle cose che si hanno, l’attaccamento non ci permette di essere contenti, le cose non vanno mai bene. E’ la natura dell’attaccamento che ci porta a questo. Riduciamo la pulsione dell’attaccamento compulsivo e dei pregiudizi, il che ci permette di intervenire ad un livello più profondo, si riduce così moltissimo questo territorio di pulsioni, si permette di creare un’atmosfera di perfetta serenità.
Purezza etica. L’etica e’ un tipo di orientamento di autotutela, teso a custodirci, a proteggerci dalle pulsioni inconvulse.
Domanda. Come è possibile avanzare nella propria vita spirituale, anche in mezzo alla società normale, dove sembra che la negatività prevalente vinca facilmente?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. Non è facile. Tanti suggerimenti ci parlano di aver cura. Circa la vita quotidiana, essa comporta tante situazioni di disagio, che comportano tante sfide. Dalla guida nel caos del traffico e via dicendo. C’entra con la nostra vita interiore, è tutto una palestra, un addestramento, perché grazie ad esse si perviene poi a livelli più sofisticati. La fase principale della nostra pratica non è solo quella del ritiro. Molto dipende dalle nostre disposizioni. Come affrontiamo il caos del traffico cittadino? È solo una scocciatura, un fastidio? O è una palestra per cimentare la nostra pazienza? Consideriamo che molte scocciature sono auto create. Perciò è fondamentale occuparci della nostra mente. E’ tanto determinante occuparci delle cose e della qualità della mente che, se non lo facciamo, automaticamente cadiamo in basso. Di fronte ad una qualsiasi richiesta, abbiamo due modi di rispondere. In un caso affermare che è possibile e che faremo il nostro possibile per farlo. Nell’altro caso rispondere che è impossibile e tutto diventerà allora un problema. Dobbiamo lavorare con la nostra mente, cosi il desiderio diventerà felicita. Attenti invece a non danneggiare noi stessi.
Domanda. Come possiamo rallegrarci senza attaccamento, anche nei festeggiamenti?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. Bisogna imparare a godercela, a star bene. Tuttavia, quando andate in discoteca: vi piace? Se poi alcune cose vi diventano fastidiose, vuol dire che non e’ tutto un gran piacere. Nell’ambito dell’attaccamento, si sprigionano tanti veleni. Esiste uno stato affidabile di benessere provocato da quella frequentazione? È davvero un qualcosa di affidabile? O meno? Chi ha la passione della discoteca vuole sempre andarci. Ma non lo può fare sempre. Divertirsi e’ un arte interiore. Impariamo a dedicarci con diletto a tutto quel che facciamo. Se volessimo correre, ma non ne fossimo capaci, proveremmo delusione e disappunto. Non possiamo passare tutta la vita a parlare. E non è poi cosi facile trovare qualcuno che ci ascolti. Dobbiamo tendere al potenziamento delle nostre qualità grazie all’ascolto. Anche questa e’ una qualità piuttosto rara. Quel qualcosa che ci fa sentir bene, è attorno ad esso che scattano tutti gli impulsi di sofferenza. Diamoci protezione. Tuteliamoci. Custodiamo in modo salutare le nostre energie e risorse, in modo da farci stare sempre meglio. La sana abitudine a dare protezione deve aver luogo dentro noi stessi. L’atteggiamento lungimirante ci evita le delusioni. Altrimenti, non possiamo fare affidamento su nessuno: e nemmeno su noi stessi. Proprio pensando agli effimeri stimoli sensoriali della discoteca. Senz’altro qualcuno li apprezza, ma non li considera transitori. Trovate tante coppie maritate in discoteca? Coppie con bambini? Certamente, pur volendolo, a causa dei figli non ci si può dedicare a quel tipo di divertimento.
Su questa base si producono le afflizioni mentali che producono sofferenza. Per arrivare ad estirparle tutte, occorre realizzare la saggezza che comprende la vacuità. Ogni dinamica di sofferenza, che chiamiamo klesha o distorsioni, dipende da un fraintendimento della realtà: della persona e delle cose. Nel primo caso, concependo noi stessi come assoluti, a se stanti, separati. Da qui partono tutte le dinamiche della sofferenza, quindi occorre riconoscere questo fraintendimento, scoprendo che e’ un qualcosa che non e’ radicato nella realtà, non ha una base, non ha supporto di realtà. Si tratta di elementi non esistenti o accreditabili, in quanto non verificabili. Non è, come riteniamo erroneamente, che l’individuo esiste indipendentemente, di per sé. Si tratta di negare, anzi confutare, quel che ritenevamo erroneamente esistente. Questa, la scoperta della vacuità, è quella che smantella definitivamente la sofferenza. Quando parliamo di vacuità, in modo corretto o valido, non intendiamo il nulla, ne’ escludiamo l’esistenza di un alcunché, ma neghiamo l’esistenza a sé stante, assoluta. Non pensiamo affatto al nulla. Ma alla natura di un qualcosa che si scopre non esistente. Neghiamo la presenza intrinseca (di per sé e permanente) di una persona rispetto alla quale proviamo irritazione. Come la vediamo? Per il 99%, e’ solo da parte nostra che la vediamo negativa. Siamo arrabbiati? Siamo soverchiati da un fattore emotivo che ci rende non oggettiva quella situazione. Perciò possiamo proprio dichiarare che siamo arrabbiati con un qualcosa che, intrinsecamente, non esiste proprio. Quindi, quando parlo di vacuità di natura a se stante o vuota di come i fenomeni appaiono, ci dice che il modo in cui appaiono non corrisponde a quello che sono, perché sono soggetto ad una certa proiezione. Perciò, posso dire che quella persona non esiste affatto cosi come appare. Eppure, così ci appare. Ma ciò non corrisponde ad una visione oggettiva. Cosi come appare non c’è, perché non è fedele a quell’oggetto, non gli è fedele. Il che comporta una gran cautela nell’accreditare quel che ci appare. Siamo a rischio di essere sballottatati in dinamiche di attaccamento, con conseguente sofferenza per essere sbattuti qua e la.
La natura della realtà: la vacuità. Importante perché riconoscendola, ci permette di mollare la presa di tutte le afflizioni mentali. Inoltre, per il beneficio della pratica di shine laktong o concentrazione meditativa, senza un tema incisivo come la vacuità, anche la sospensione delle afflizioni mentali e’ solo temporanea. Finché non si fa questo lavoro di fondo i tre veleni hanno buon gioco. Invece con la comprensione della realtà siamo in grado di sconfiggerli.
Le sei condizioni favorevoli per realizzare shine riguardano l’ambito di questa pratica. Gli altri fattori favorevoli: riduzione del desiderio, capacita d’accontentarsi, abbandono della vita caotica, implicano anche sobrietà nella vita di tutti i giorni, abbassando tutte le fantasie. Questa analisi ed il conseguente abbandono delle fantasie dettate dall’attaccamento alle cose di questa vita, ci fa comprendere che le cose non sono eterne. Di contro, l’attaccamento ci crea turbamento di partenza, rende incapaci ad utilizzare le cose in modo soddisfacente. L’attaccamento diventa causa di sofferenza. Nella pratica di shine troviamo 5 difetti:
-
Pigrizia;
- Smemoratezza o dimenticanza;
- Apatia mentale o torpore e distrazione o eccitazione;
- Non applicare l’antidoto quando sorge un ostacolo;
- Cercare di applicare l’antidoto quando non c’è alcun ostacolo.
I 5 difetti dell’applicazione di shinè sono superabili con gli 8 antidoti:
-
Fede;
- Aspirazione;
- Entusiasmo;
- Elasticità;
- Presenza mentale – Attenzione;
- Consapevolezza – Introspezione;
- Applicazione dell’antidoto;
- Equilibrio – Equanimità.
Innanzitutto quando ci si pone in questa pratica, cosa ci può ostacolare? La pigrizia. Poi si dimenticano le istruzioni per l’uso: la dimenticanza. Successivamente, si alternano momenti di eccitazione ad altri di delusione, allora non ci si impegna. Ma, quando si dovesse fare un intervento inutile, saremmo nel caso della applicazione eccessiva, vale a dire interveniamo quando non c’è dimenticanza, pigrizia e scarso impegno. Affrontiamo la pigrizia, che dipende dal non sentirsi adeguati, in grado, in preda alla disistima, perciò rimando a domani, procrastino i miei impegni. Esistono tre tipi di pigrizia: l’invischiamento in cose poco positive, anzi in cose negative, l’attaccamento per attività non fruttuose in modo lungimirante.
La pigrizia, l’indolenza, perciò non ci si sente all’altezza, senza risorse, in preda alla disistima, ci si abbatte, ma, osservando tutte le nostre condizioni psicofisiche, ci rendiamo conto di avere una buona dose, o quantità, di intelligenza o qualità cognitive. Perciò, abbiamo le qualità di base ed è assurdo rifuggirne.
Il secondo tipo di pigrizia, il procrastinare o il rimandare al domani, scorre mentre la vita si consuma, si esaurisce. Ma la vita e’ incerta, non sappiamo se il domani ci sarà o meno. Il momento della morte e’ incerto. La lista delle priorità va fatta in base all’importanza, alla luce di ciò che e’ più rilevante. Occorre realizzare l’impatto di shine o la realizzazione della vacuità. Vale la pena di farlo, e’ un investimento di massimo rendimento garantito, che ne vale la pena. Altrimenti, se fosse limitato, ci cimenteremmo in uno sforzo che non ci porterebbe ad un risultato valido.
Dobbiamo alimentare la fede o convinzione, l’apprezzamento di convinzione che apprezza le qualità del calmo dimorare: convinzione fiduciosa. Su questa base si possono attivare altri tipi di fede o desiderio che ammira e la fede dell’aspirazione o che ambisce la realizzazione di queste qualità. Fede limpida, di ammirazione, su questa base di fiducia si ha convinzione, aspirazione, l’impegno entusiastico, una condizione di grande flessibilità.
Istruzioni per quando si dimenticano le istruzioni, in tema di riferimenti per la nostra meditazione, come oggetto da ricordare per la meditazione, da riconoscere e tenere a mente sulla base delle istruzioni. In caso di dimenticanza, come antidoto occorre rievocare le istruzioni a riguardo o rievocare l’oggetto alla base della istruzione. Per sviluppare Shine occorre costanza e continuità a riguardo, occorre scegliere l’oggetto di riferimento per la meditazione e mantenere l’oggetto di meditazione. Verifichiamo se, provando questo o quello, proviamo beneficio. Ma il passare da un metodo all’altro non fa che affievolire se non distruggere i benefici dati dalla continuità. Possiamo visualizzare nella nostra mente Buddha Sakyamuni o Tara, la divinità femminile. Se dovessimo trovarci meglio con la meditazione su Cenrezi piuttosto che su Tara e Buddha Sakyamuni, allora facciamo, ma siamo consapevoli dei limiti di questo modo d’agire. Per la meditazione su una divinità, Buddha Sakyamuni o Tara, può essere utile il dipinto o una statua, ma quel che importa è la rappresentazione delle qualità e la capacita di farle sorgere.
Shine non riguarda le coscienze sensoriali fisiche, ma riguarda la coscienza mentale, senza avere delle pretese di chiarezza di dettagli nella immagine, è meglio accontentarsi della qualità poco chiara, lavorando maggiormente con la qualità dell’attenzione, evitando divagazioni. Gradualmente metteremo a fuoco una rappresentazione nitida della divinità, ma prima dovremo accontentarci di immagini più sbiadite. Esistono diversi tipi di concentrazione meditativa. Ma nel buddhismo troviamo diversi modelli o tipi di vista positivi e lungimiranti. Risulta favorevole lavorare con shine sulla familiarizzazione del Buddha, con impronte potenti a lungo raggio. Immaginiamone la rappresentazione di illuminazione, il che ci favorisce ad avere contatti coi Buddha che verranno, il che ci favorisce le connessioni. L’oggetto della visualizzazione va visto come un oggetto visivo, ma immaginato di fronte a noi: piccolo, non tropo grande, che ci permette di ben visualizzare la figura del Buddha come pesante e molto luminoso. Piccolo è funzionale a far convergere la nostra attenzione, pesante per distoglierci dall’eccitazione, luminoso perché evita il torpore e la distrazione. La pigrizia ha 4 antidoti. L’antidoto alla dimenticanzaè la consapevolezza di voler tenere l’oggetto alla mente. Quando la meditazione è disturbata dal torpore e dall’eccitazione: come intervenire? Innanzitutto con la vigilanza. Esistono molti livelli di torpore, a partire da quello più grossolano, derivato dalla mancanza di tenuta o chiarezza come qualità dell’attenzione, da parte dell’osservatore. Un altro livello di fiacchezza o torpore, è quello in cui, pur essendoci una certa tenuta, la potenza dell’attenzione non e’ sufficientemente forte. Questi, ovviamente sono problemi che si avvertono solo dopo aver superato i difetti della pigrizia più grossolana. Ma questi, pur sottili, sono, momenti di gran rischio, perché la mente ha una certa tenuta e chiarezza, ma, senza un potente rigore, si raggiunge un livello mediocre d’attenzione, in cui si può pensare d’aver raggiunto shine, fino ad arrivare ad istupidirsi. È una situazione in cui si scambia un’energia poco energica, che ci fa cadere in un torpore sottile, per la situazione ottimale. Per questo è un gran rischio.
Cosa fare? Occorre applicare vigilanza ed introspezione. Il che ci conferisce un’elevata capacita a vigilare. Se da una parte possiamo cadere nel torpore, dall’altra possiamo entrare nell’eccitazione, l’euforia. Il che ci può portare a perdere gli oggetti di concentrazione della nostra mente. Oppure c’è un altro aspetto in cui e’ solo un angolo della mente che parte altrove: la mente che non e’ pienamente presente sull’oggetto di meditazione. Indulgere troppo in un versante – ad es. il torpore – ci fa correre il rischio della depressione. Quindi è necessaria l’ispirazione a suscitare l’attenzione ottimale per un qualcosa che susciti un nostro desiderio compulsivo positivo, per incoraggiarci. Da qui e’ facile saltare un po sopra le righe, entrare nell’euforia. Allora è necessario richiamarci ad una situazione che ci rimodula da un eccesso ad un altro.
Meditiamo sul corpo di Buddha come una statua. Dapprima effettuiamo un’osservazione sensoriale della statua, per poi trasportare l’immagine davanti a noi, come piccola, pesante e molto luminosa.
Facciamolo per 10 minuti.
Se ora non ci siamo riusciti, e’ perché la mente passa ad altro, in ogni sorta di evocazione, da pensieri in pensieri, il che e’ frutto dell’abitudine, di un desiderio compulsivo vivace. Ma lo dobbiamo abbattere, abituando la nostra mente ad accontentarsi, guardando attentamente ci accorgiamo che essa è molto assillata, il che è fonte di grande turbamento ed impedimento per lavorare sulle passioni che ci causano turbamento e distrazione. Applichiamo gli antidoti al torpore ed all’euforia, quando si presentasse il caso in cui si doveva intervenire, il non applicarsi lo si supera grazie all’intenzione e motivazione. Evitiamo anche gli interventi fuori luogo, il che va neutralizzato con l’equilibrio della equanimità, il che riguarda l’applicazione ai 5 difetti, con la conseguente applicazione degli 8 antidoti, come precedentemente esposto. L’immagine del Buddha va immaginata come piccola pesante e molto luminosa, perché il corpo del Buddha va immaginato come pesante e molto potente, perché e’ capace di scuotere in un istante centinaia di terre e di mondi. Col primo livello di Arya Bodhisatva si possono scuotere centinaia di pianeti, col secondo livello migliaia, mentre col terzo si parla di decine e centinaia di migliaia. Esiste una potenza fisica associata al corpo parola mente del Buddha, perciò il corpo ha il suo peso. Esiste una benefica ricaduta fisica nel rappresentare il corpo di Buddha come piccolo, pesante e luminoso.
Domanda. Per la meditazione di shinè: posso utilizzare il respiro?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. Il respiro non è stabile, e, a lungo andare, non è favorevole. Il che non vuol dire che non serve affatto ancorarsi a meditare sul respiro, che è utile per ritrovare l’equilibrio meditativo, ma come oggetto in se per shine non è funzionale, perché serve un qualcosa di stabile.
Domanda. L’etica, cos’è? Ed e’ favorevole a shine?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. La meditazione di shine trae beneficio dall’etica. La pratica di concentrazione e focalizzazione univoca interviene su un livello più sottile della mente, previene le turbolenze ad un livello più sottile. Ma prima occorre farlo a livello grossolano e prima ancora occorre farlo con la pratica etica, che placa le turbolenze grossolane e con shine si pacificano le sottili e con laktong o visione speciale, le si estirpano per sempre.
Domanda. Come posso aiutare una persona molto cara ad uscire dalle afflizioni?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. E’ una domanda molta generica, come tale posso rispondere in termini molto generici. Cosa può aver bisogno quella specifica persona? Conoscenza e familiarità, sono i presupposti che occorrono. Quanto più c’è purezza di motivazione, quanto più efficace può rivelarsi l’aiuto. Ma non fatevi troppe aspettative, non e’ affatto facile aiutare qualcuno. Ma, probabilmente, non siamo ancora liberi dai tre veleni, non siamo nella piena qualità di presenza ed è difficile riuscire ad essere ottimali quando siamo sottoposti al flusso delle afflizioni mentali. Il che non ci rende ottimali al servizio degli altri esseri. Inoltre, è molto importante la purezza della motivazione. Si può vivere questo fallimento con molto dispiacere, ma non serve. Se ce l’ho messa tutta, e non ce l’ho fatta, non serve martoriarmi. Questa carica d’aspettativa, invece di favorire e di farmi capire i bisogni della persona, può non far capire la situazione, quindo la sindrome del soccorritore può essere invasiva e soffocante. Talvolta, dandole spazio, si può essere di beneficio, perché, allentando la morsa del soccorritore ossessivo, si possono raggiungere risultai migliori. Occorre agire cautamente, caso per caso. Essere al servizio degli altri, è perciò tutt’altro che facile. Tra le altre prerogative in tal senso, e’ necessario evitare qualsiasi aspettativa di ritorno, mettendo anche nel conto che il soccorritore possa essere percepito financo come un molestatore, perciò si richiedono molte qualità al soccorritore, che lo si biasimi, o disprezzi. Le relazioni di aiuto sono una grande impresa che necessita grandi qualità.
Domanda. Come si può andare verso livelli di meditazione sempre più elevati, come il tantra?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel. Il problema di accorgersene che è giunto il momento non è un problema, piuttosto lo è una pratica squilibrata che può portare ad effetti non salutari. Vediamo il tema tantra che richiede una grande formazione della propria mente, perché la struttura del pensiero graduale è importante per il tantra. Perché senza questa struttura non attecchisce il veicolo esoterico ed a livello d’impegni, per la loro assunzione, dai voti di Praktimoksa, di liberazione individuale, si può poi assumere un impegno maggiore, che e’ l’impegno Bodhisattva e, più ancora, quello tantrico. Se, quindi, non esiste una capacità di custodire un impegno per la propria liberazione individuale, allora sarà impossibile mantenere gli impegni di bodisattva e quindi del tantra. Se, nell’ambito del Praktimoksa, basta evitare di nuocere, ma nel bodisattva occorre essere in grado di beneficiare, il fallimento può implicare una caduta anche grave. Innanzitutto occorre allenarsi al Praktimoksa per la liberazione individuale, il che è un impegno anche da laico. Assumiamo un codice etico quotidiano. È necessario un progressivo strutturarsi della pratica in modo progressivo, dal basso all’alto, senza salti dalle fondamenta al tetto.
Il che va invece fatto progressivamente, altrimenti si rischia di imboccare il sentiero sbagliato. Se la preparazione si rivelasse insufficiente, invece che rapido, quel percorso può incorrere in un rallentamento enorme. In tutti questi secoli dopo Buddha Sakyamuni, quanti Buddha sono sorti? 3 o 4? Sono sempre pochi. Il che non dipende dal sentiero, ma da come viene praticato.
domenica 06.05.12
Generiamo una motivazione la più ampia possibile, col desiderio di beneficiare tutti gli esseri o perlomeno con la motivazione di non danneggiare. La necessita di rivedere la nostra motivazione si rende necessaria per molte ragioni, perché, da un lato dipende dal desiderio di non vorrei soffrire, ma, dall’altro è ancora vittima della sofferenza: perché?
Per il motivo che e’ ancora sotto l’influsso delle afflizioni mentali, da una mente afflitta ed inquinata che ci impedisce di godere della felicità. Perciò occorre riorientare continuamente la nostra motivazione. Inoltre, reindirizziamo la nostra mente perché siamo ancora sottoposti alla sofferenza, anche se si presentano occasionali momenti di lietezza, ma siamo oggetti da afflizioni che ci fanno precipitare nella sofferenza. Cause del nostro disagio ce ne sono di diverse gradazioni, da quelle che non riconosciamo e che pur ci attivano la sofferenza, ed altre macroscopiche. Ma ci sono moltissime occasioni attivate da noi stessi, perché ci sono moltissimi stati di sofferenza che attiviamo da noi stessi senza nessuna motivazione valida. È necessario accendere i lumi della consapevolezza, lasciando da parte la noncuranza, ma riconoscere il perché esistono. Osserviamo l’avvicendarsi di pensieri e sensazioni che disturbano il nostro benessere, ci sono e sarebbe sbagliato metterle da parte. Occorre considerarle, analizzarle e correggerle. Dal punto di vista della condizione mentale, non sono di alta purezza e dovremmo considerarle per quella che sono. Potremmo incorrere nella resistenza a prenderne atto, il che può provocare tanto disagio, proprio perché non vorremmo accettare le cose come sono, con conseguente disagio e sconforto. La realtà non corrisponde alle mie esigenze ed aspettative, il che accentua la sofferenza. E’ questo il nostro contributo attivo alla sofferenza, a discapito di desiderare la felicita e non la sofferenza. Se non riusciamo ad essere disponibili ad accettare la realtà, continueremo ad incorrere in delusioni. Tutto allora diventa insoddisfacente ed ingovernabile. La felicità tanto desiderata potremmo non essere in grado di raggiungerla mai, perché riusciamo a trasformare tutto in disagevole. C’è un modo di trasformare il tutto rispetto a questa sofferenza infinita? Si, ma quando, quando ci si impegna, allora potremmo avere amicizie e sostenitori. Ma i grandi esseri fanno preghiere completamente diverse. Auspicano di incontrare amici, che sono i disagi e le difficoltà. Noi non ce la facciamo a convivere nemmeno con le cose favorevoli. Invece, abbiamo tutte le possibilità per stare bene, di trarre beneficio almeno a partire dalle condizioni favorevoli, allora ci potremo dedicare a quest’arte della felicita e del benessere interiore.
I sentiero sia sutra che tantra sono due ambiti per ottenere il risveglio, perché tutti possiamo diventare un Buddha. Nei sutra si pratica per tre incalcolabili eoni. Nel tantra in una sola vita si può conseguire l’illuminazione o, al peggio, in 16 vite.
Ma conduciamo la nostra vita sempre orientando i nostri desideri al disappunto. Diciamo: “Non va bene, perché le cose non sono esattamente come le vorrei, quindi oppongo resistenza e le rifiuto”. Se la mente è lasciata in questa situazione fallimentare, ci impedisce di raggiungere lo stato di Buddha anche in 16 vite. Tante cose vengono intese in modo fallimentare. Non sto accusando tutti voi, ma faccio delle considerazioni in base a delle rilevazioni.
Quando anche ci ritirassimo da soli in casa, staccando il telefono, potremmo star bene? No, perché penseremmo a questo o a quello che vorrei fare, od ottenere. Questo non va bene. Non va bene pensare che vorrei essere altrove! Le cose, così, non vanno bene. Se la nostra mente non fosse predisposta al disagio, perché riesco a star male anche senza il contributo degli alti? Visto che la mente ha un ruolo tanto dominante, no è forse il caso di riconoscere che sono le formazioni della mente a fare la differenza? Sono le nostre condizione interne a fare la differenza!
Altra tendenza è di dare la colpa agli altri. Ma gli altri hanno un ruolo molto marginale nel causare i nostri eventi interni, ma non posso consegnare le chiavi del mio malessere o felicita agli altri.
Quando parliamo degli errori, dobbiamo ammettere che tanto malessere sorge da dinamiche conflittuali, sopratutto in famiglia. Il che e’ comune per una mente ancora non ottimizzata. È molto importante nella vita quotidiana renderla il terreno per la pratica. Altrimenti, continueremo a dire che gli ideali sono irrealizzabili. O ci siamo, o non ci siamo, perché l’elaborazione mentale fa la differenza della nostra esistenza. Ma, anche se il corpo e’ provvisorio, la mente continua, e dobbiamo stimolarci a farlo. Pensiamo alla esigenza o necessità di ritiri di meditazioni, si tratta di un programma da realizzare ovunque, nella mente, con la mente, in qualsiasi momento. E’ la mente che si dispone alla pace, che si pacifica al suo interno, il che dipende da come si dispone la nostra mente, come trasformiamo a nostro favore la nostra mente. Questo e’ il punto centrale. La pratica spirituale ha luogo nella coscienza mentale. Non e’ un’esperienza estetica, né sensoriale la mente serena del calmo dimorare, l’emancipazione dalle dinamiche della sofferenza, la saggezza che comprende la realtà delle cose, la vacuità. I temi del lamrim, il sentiero graduale per l’illuminazione, non riguardano gli altri, ma la nostra adesione interiore, da parte quindi della nostra coscienza al sentiero. È importante coltivare questo interesse, ottimizzazione il nostro essere, riducendo gli impedimenti dell’attaccamento, far germogliare la capacita di accontentarsi, la purezza etica, senza essere invischiati nelle dinamiche mentali che ci portano sofferenza. Tutto ciò ci porta a realizzare stati effettivi di grande benessere. Proprio perché non abbiamo dimestichezza con questo modo d’essere, occorre ampliare la nostra prospettiva, perché non e’ possibile arrivare all’illuminazione in poco tempo, perché da tempo senza inizio siamo assillati dai veleni mentali. Ma s’ha da fare, occorre arrivare a quell’obiettivo.
L’agio, occorre familiarizzarci con questa nuova prospettiva, con fermezza ma con agio. Dedichiamoci con impegno ma con agio, senza mollare, senza mai rassegarci. Proprio perché il tempo e’ prezioso va ottimizzato, ma occorre agio, come non frustrazione, non frenesia. È una qualità importante che ci fa ottimizzare il tempo. Il buddhista non pensa tanto al tempo lunghissimo per conseguire la buddhità, ma alla qualità della nostra mente, alle qualità da realizzare. Senza di esse, che senso avrebbe il tempo? È importante mettere a punto tutte queste considerazioni, perché ci permettono di realizzare shine, oltre i 5 impedimenti, con gli 8 antidoti, attraverso gli stadi della gradualità dei 9 livelli di attenzione, attivando i 6 tipi forze, con 4 tipi di applicazione mentale.
I sei 6 tipi forze:
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Dell’ascolto. Studio (ascoltare il maestro).
- Della contemplazione. Riflettere su quanto si è ascoltato.
- Della memoria. Indagare sull’oggetto della propria situazione.
- Della consapevolezza. Riflettere su quello su cui si indaga.
- Della perseveranza entusiastica. Perseverare in questa attività.
- Della completa familiarità. Diventare familiare con il soggetto in materia.
A shine si unisce la pratica di laktong o visione profonda. Quali sono i tre 3 requisiti per praticare laktong? Affidarsi a riferimenti qualificati, da cui recepire osservazioni molteplici per il nostro ascolto, nonché l’elaborazione corretta. Quindi: riferimenti appropriati ed elaborazione appropriata. Chi sono gli esseri evoluti con 4 attributi o caratteristiche? Coloro che hanno molta competenza delle informazioni, frutto di tanto ascolto, in grado di esprimersi chiaramente, che comprende l’uditorio senza perdere la pazienza, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà d’insegnare il dharma. Inoltre, la competenza o che abbia tanto studiato, grande conoscendo sulla vacuità, grande formazione sulle fonti autorevoli sulla vacuità, competenza accurata di conoscenza delle scritture autorevoli o da interpretare o che mostrino aspetto definitivo. Import sapersi districare tra definitiva o da interpretare. Questa competenza della comprensione della vacuità, non e’ detto che debba estere considerata imprescindibile, ma per shine e laktong ci si focalizza sulla vacuità, in questo specifico ambito per eliminare le afflizioni mentali la vacuità va compresa perché solo cosi ci si disincanta, perciò lo studio della vacuità va intrapreso a lungo e n modo approfondimento, tanto ascolto, riflessione, meditazione. La realizzazione di shine laktong va indirizzata verso qualsiasi tipo di oggetto, processo meditazione analisi su analisi e pratica fino alla vetta del samsara o ciclico divenire, e’ 1 qualcosa che pero non ci toglie dal meccanismo della sofferenza, non dobbiamo perciò accontentarci da questa temporanea eliminazione della sofferenza, recidere invece la radice samsara perché vogliamo emanciparci 1 volta x tutte in modo definitivo. 1 domanda a riguardo: nel lamrim, nel capitolo su shine calmo dimorare e laktong o la visione profonda, sono alla fine, perché? Senza la vacuità non si raggiunge l’onniscenza.
Meditate per 10 minuti senza pensare a niente, ma guardando se sotto sotto sotto c’è qualcosa che manca, che possa produrre una piccola o maggiore sofferenza. Il che significa che la nostra disponibilità mentale non è ancora sufficientemente forte.
La meditazione senza oggetto specifico è utile per rilevare lo stato d’animo della nostra mente, che, al suo sfondo può essere già turbata, perché ci sono stati d’animo favorevoli al disagio, stati d’animo favorevoli alla chiusura che predispone al malessere. È una disposizione mentale antitetica alla disposizione mentale al rilassamento, all’apertura. Innanzitutto, occorre riconoscere la disposizione naturale della mente. L’ascolto alle informazioni spirituali è bene farlo in modo selettivo. Ci sono tantissime fonti, unite ad una certa selettività per un apprendimento mirato e selezionato. Ma ci sono tanti libri che potrebbero rappresentare elementi di rischio per possibili percorsi fallimentari. È bene tanto ascolto, un intenso apprendimento, il che amplia la nostra visione in modo vasto e chiara, per un’analisi sempre più significativa per la comprensione della visione profonda della vacuità. I riferimenti sono Nagarjuna, Darmakirti, Buddhapalita. Occorre vagliare tra significati interpretativi e definitivi. Non basta sapere i testi, ma occorre sviluppare la propria intuizione personale. Ribadisco l’importanza dell’apprendimento, dell’ascolto. Il che riguarda anche me stesso. Ci sono persone con impronte dalle vite passate, casi eccezionali, che in breve tempo sono in grado di trasmettere le conoscenze anche più profonde e complesse. Gli esseri evoluti, competenti sui trattati, non e’ detto che siano esseri evoluti ai fini della pratica della vacuità, per la nostra evoluzione definitiva. Esseri evoluti non necessariamente si manifestano con un carattere gradevole, come ad esempio: Marpa. Occorre acquisire tanti elementi per discernere chi e’ qualificato e chi non lo è. Occorrono riferimenti qualificati. Altrimenti, pensiamo di aver trovato la nostra guida spirituale, ma dopo anni vengono alla luce cose sgradite. Dato che c’è stata una relazione guru discepolo, non e’ il caso di biasimarla a cuor leggero, perché ha serie conseguenze carmiche. E’ un responsabilità personale. È nocivo criticare la relazione tra maestro e discepolo. È meglio non frequentarlo e tenere una relazione più rilassata.
Il Lamrin può essere insegnato con diverse attitudini, a volte può essere sfavorevole. Questi insegnamenti distorcenti sono molto nocivi, controproducenti, sono investimento di poca qualità e di grande tossicità. Occorre dedicarsi piuttosto ad ascoltare insegnamenti da chi insegna il lamrim con intenzioni corrette. Ascoltare costa fatica, denaro e tempo. Invece, nell’ascolto ottimale del Dharma, il tempo non viene sprecato e, per riuscire nell’intento di coltivare la nostra mente, occorre qualità.
Domanda. Qual e’ la relazione tra il buddismo tibetano e la psicologia? Sembra che le emozioni siano sempre da superare, abbandonare: vero?
Ghesce Tenzin Tenphel – Personalmente non ho alle spalle uno studio a riguardo. Ma, perché ho partecipato ad alcuni eventi, credo di poter dire qualcosa da un certo punto di vista. Perciò ritengo che l’approccio scientifico alla mente non sia, in un certo senso, convergente allo studio della scienza della mente in senso Buddhista. Le emozioni non sono necessariamente da eliminare, lo sono quelle distruttive: in tibetano gnomon. Dobbiamo eliminare anche le cause che provocano disagio, che provocano malessere e sconforto. Effettivamente la mente non è nociva nella sua totalità.