Metta Sutta

Buddha Sakyamuni, Metta Sutta: “Il puro di cuore, non legato ad opinioni, dotato di chiara visione, liberato da brame sensuali, di certo non tornerà a nascere in questo mondo”.

Buddha Sakyamuni, Metta Sutta: “Il puro di cuore, non legato ad opinioni, dotato di chiara visione, liberato da brame sensuali, di certo non tornerà a nascere in questo mondo”.

Discorso sulla benevolenza universale

Così dovrebbe agire chi pratica il bene
e conosce il sentiero della pace:
essere solerte, retto e sincero,
cortese nel parlare, gentile e umile,
dalla vita frugale, non gravato da impegni,
sereno, soddisfatto con poco,
calmo e discreto,
non altero o esigente.
E non fare ciò che i saggi disapprovano.

Che tutti gli esseri vivano felici e sicuri,
tutti, chiunque essi siano:
deboli o forti,
lunghi o possenti,
alti, medi o minuscoli,
visibili e non visibili,
vicini e lontani,
già nati o ancora non nati.

Che tutte le creature siano felici!

Che nessuno inganni l’altro,
né lo disprezzi,
né con odio o ira
desideri il suo male.

Come una madre con la sua vita
protegge suo figlio, il suo unico figlio;
così con cuore aperto
si abbia cura di ogni essere,
irradiando benevolenza sull’universo intero,
in alto verso il cielo, in basso verso gli abissi,
in ogni luogo senza limitazioni,
liberi da odio e rancore.

Fermi o camminando, seduti o distesi,
sempre quando si è svegli,
mantenere desta questa consapevolezza:
tale è la sublime dimora.

Il puro di cuore, non legato ad opinioni,
dotato di chiara visione,
liberato da brame sensuali,
di certo non tornerà a nascere in questo mondo.

Sutta Nipata I, 8

Nel Canone buddista si narra la storia di alcuni monaci che andarono dal Buddha lamentandosi di essere tormentati da fantasmi che non li lasciavano meditare né dormire. Il Buddha non perse tempo a discutere sulla “realtà” di queste forme-pensiero, ma insegnò a quei monaci il modo di liberarsene, con la pratica dell’amorevolezza e della compassione verso tutti gli esseri, reali o immaginari che siano. Nacque così il Metta-Sutta, che viene da allora recitato nei paesi buddisti anche come protezione contro gli “spiriti”.