Lama Yeshe: I veri praticanti di Dharma danno il benvenuto ai problemi.
A volte, quando la gente ascolta per la prima volta gli insegnamenti di Dharma sulla felicità e la sofferenza pensa che la felicità dipende dalla sofferenza e che se si fosse completamente liberi dalla sofferenza non ci sarebbe alcun modo per sperimentare la felicità.
Posso vedere da dove proviene quest’idea. In un certo senso è abbastanza logico: se non c’è la sofferenza non c’è felicità, la sofferenza e la felicità sono fenomeni interdipendenti. Questa è l’esperienza umana. E’ pure la mia esperienza.
Quando studiavo al Monastero di Sera in Tibet dall’età di 9 a 24 anni, ricetti molti insegnamenti e molti commentari da eccellenti insegnanti. Ero ben accudito da mio zio, che fece in modo che mai patissi la fame o la sete e si prese cura di me in generale. Era una tipica vita monastica ed era davvero positiva. E, da parte mia, ho fatto del mio meglio per studiare e praticare il Dharma.
Ma, ancora, nel 1959, i cinesi ci cacciarono fuori dal Tibet. Beh, non esattamente, ma essi non permettevano alle persone di praticare il Dharma, così ho pensato che, se voglio continuare a praticare, non vi era alcuna ragione per rimanere in Tibet. Così sono scappato in India. Non solo erano i cinesi che ci impediscono di praticare, sparavano e ammazzavano. E, anche se avevo alle mie spalle lo studio e la pratica, non mi sentivo pronto a morire.
Così, in quella situazione di dolorosa incertezza ho dovuto guardare profondamente in me stesso per vedere se tutti quegli insegnamenti che avevo ricevuto mi avrebbero permesso di far fronte alla mia nuova realtà. Ho scoperto che mi hanno aiutato molto, e che mi hanno dato la fiducia di cui avevo bisogno per affrontare il contesto in cui mi trovavo.
Se non sei sottoposto a verifica, ricevi un insegnamento dopo l’altro e pensi di essere OK, ma quando si è di fronte ad una situazione difficile, è possibile che troverai non sei affatto OK. Ecco perché i veri praticanti di Dharma danno il benvenuto alle situazioni avverse.
Perché danno loro la possibilità di vedere se quello che hanno studiato funziona o no, perché ti danno la possibilità di trasformare la sofferenza in felicità. Altrimenti te ne andrai allegramente a spasso, avendo completamente perso il contatto con la realtà, e penserai che sei OK quando non lo sei, perché non avrai effettivamente praticato affatto il Dharma.
Per dirla in un altro modo, le situazioni dolorose sono una fonte di saggezza. Come mai è così? Prima di tutto, le situazioni dolorose nascono come risultato di karma non virtuoso. Quando sperimentiamo dolore dovremmo chiederci perché questo succede proprio a me? Come è avvenuto? Questo tipo di indagine ci porta a capire che è dipeso dalla maturazione del karma negativo che abbiamo creato in passato. Tale conoscenza di base può crescere in saggezza, la dolorosa esperienza ci aiuta a sviluppare una comprensione più profonda che va oltre il meramente intellettuale.
Naturalmente, se sei completamente ignorante, non importa quanta sofferenza provi, non c’è alcun modo perché quella porti alla felicità. Tutto ciò che fai ti porta da sofferenza a sofferenza. Se, invece, avrai almeno un briciolo di saggezza del Dharma, quando sei in difficoltà saprai come utilizzare questa esperienza per guidare te stesso alla felicità .
Una Lama disse: “Quando le cose vanno bene, sei un grande praticante del Dharma; quando le cose vanno male, la tua pratica di Dharma scompare. Quando lo stomaco è pieno e il sole si riversa nella tua stanza, è facile guardare alla religione; ma quando sorgono le difficoltà, ti trovi a mani vuote.”
E’ come quando ero ragazzo in Tibet, e tutto andava bene, e davo per scontato che stavo praticando il Dharma.
Così è rapidamente accaduto che quando sono arrivato al dunque, poiché non avevo mai praticato o nemmeno capito il Dharma, ho potuto scoprire che la mia pratica del Dharma mi potrebbe facilmente portare ad abbandonarlo, pensando che il Dharma non funzionasse.
La pratica del Dharma è molto difficile se non si capisce di cosa si tratta. È necessario rendersi conto che gli insegnamenti di Dharma stanno parlando di voi, della vostra realtà personale. È necessario assumerli personalmente ed integrarli con la nostra vita. Non è un bene che la vostra comprensione del Dharma sia come una zuppa, molte idee diverse mischiate insieme, ma che non fanno mai il Dharma una parte della vostra vita. Allora non può davvero esservi d’aiuto.
Se capite il vostro atteggiamento ed il suo grado d’intensità e sapete di cosa avete bisogno in ogni specifico momento nel tempo, è possibile soddisfare le vostre esigenze in modo appropriato e vedrete che farete progressi reali. Semplicemente raccogliere informazioni scollegate dalla vostra realtà non ha senso. Comprendendo il Dharma dal tuo punto di vista, dal modo in cui vivi la tua vita, hai molte più possibilità di sviluppare te stesso. Ecco che cosa si dovrebbe cercare di fare. Basare la pratica sulla propria esperienza.
Lama Yeshe diede questo insegnamento a Grizzly Lodge, California, nel 1980. A cura di Nicholas Ribush.
Tradotto dall’inglese dal Dott. Luciano Villa al Centro Studi Tibetani Sangye Cioeling, il cui nome fu conferito da Sua Santità il Dalai Lama, il 18 gennaio 2014 nell’ambito del “Progetto Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Chiunque è autorizzato per fini di studio o didattici, e non a fine di lucro, ad utilizzare e duplicare i contenuti di questa pubblicazione, purché sia citata la fonte. Non sono autorizzati utilizzi a scopo commerciale o a fini di lucro a qualsivoglia titolo. Tutti i diritti riservati.