Ven. Maruke Mangala Thero: Equanimità

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La parola Upekkha (Pali), Upeksha (sanscr) deriva da Upa-ikkha, Upa-iksha e ha il significato di equanimità, equilibrio, bilanciamento (della mente).
E’ l’opposto di mahi- iccha (mahiccha) denotante “avidità, brama”, “ stato non equilibrato della mente” che non solo genera nuove formazioni mentali, disposizioni (samskhara) ma inquina la mente generando contemporaneamente brama o avversione.
Un altro significato di upekkha è moderazione (maddhastata).
In un testo della letteratura buddhista, il Jataka Nikaya, il Buddha mostrò come è difficile per una persona ordinaria, non illumunata, mantenere uno stato mentale equilibrato. Vi si narra di un certo Sunakkhatta, in precedenza un devoto seguace del Buddha, che essendo stato circuito dal clan dei Tittaka, ostili al Buddha, andò per le strade con l’intento malizioso di diffamarlo. Alla fine, però il suo intento fallì perché il Buddha mantenne una perfetta equanimità verso di lui mandando così all’aria i piani di coloro che l’avevano istigato.
In seguito il Buddha si rivolse a Shariputra con le seguenti parole: “ Shariputra, il modo migliore per far fronte alle malevoli e infondate intenzioni degli altri è mantenere la perfetta equanimità libera da ogni tipo di reazione. Più uno reagisce più rimane invischiato in quelle azioni compiute dagli ignoranti e le accresce involontariamente.
In più occasioni il Buddha ha descritto le tendenze generali di una mente reattiva. La mente, quando non è propriamente controllata e incanalata verso il positivo, per predisposizione accresce le negatività e tende ad aggrapparsi al malsano. Perciò bisogna fare uno sforzo deliberato per sviluppare Upekkha (equanimità).
Questa non solo aiuta a liberarsi di ciò che uno ha già accumulato in passato, ma non permette il formarsi di nuove negatività nel futuro.
Si dice che il Buddha avesse perfezionato il processo di sviluppare Upekkha “lo stato equilibrato della mente’’ per milioni di anni nelle vite precedenti, insieme ad altre 9 virtù.
Queste sono conosciute con il nome di Paramita o perfezioni, l’ultima delle quali è l’equanimità.
Si può dire che tutto l’insegnamento Buddhista può essere ricondotto allo sviluppo di questa virtù. Nel testo Mangala sutta, il Buddha ha enumerato le azioni che portano felicità e fortuna in questa vita e riassume il beneficio finale che si ottiene spiritualmente.
Coloro la cui mente è inamovibile Pur essendo toccati dalle otto vicissitudini mondane Liberi dal patimento e dalle impurità Sperimentano la più alta beatitudine.
Le otto vicissitudini mondane sono : guadagno, perdita, fama, disonore, lode, offesa, felicità e sofferenza.
Tutti gli esseri nell’universo sono in contatto costante con queste otto vicissitudini. Mentre quattro di queste portano gioia e soddisfazione, le altre quattro portano sofferenza e frastrazione. Ciò che è difficile infatti è riuscire a mantenere una mente equilibrata quando ci si confronta con una di queste. Quando si sviluppa la mente a tale livello di equanimità, si può vivere nel mondo senza esserne influenzati.
Sempre nel Mangala sutta si dice : Vivere nel mondo, con cuore non turbato dal mondo, liberati dalla sofferenza, in pace. Questa è la più grande felicità.
Il Buddha ha descritto la vita in accordo all’equanimità come pura e nobile esistenza e l’ha paragonata a un fiore di loto meraviglioso che sboccia dal fango. Sebbene il loto si trovi sul fango sopravvive e si erge al di sopra di esso senza esserne contaminato. Questa è una splendida metafora di una vita che segue il sentiero di Upekkha.
Questo sentiero non è per nulla facile. Il Buddha lo ha paragonato al procedere contro corrente. Tuttavia è molto appagante. Tutti gli illuminati lo hanno praticato e quindi l’equanimità è una virtù da conseguire da chiunque desideri realizzare il più alto beneficio.
Il Buddha lo praticò e perfezionò finchè non ottenne il risveglio.
Nel Sutra del Diamante si legge:
Subhuti, migliaia di vite or sono, quando il mio corpo venne fatto a pezzi dal re Kalinga, non ero prigioniero dell’idea di un sé, di una persona, di un essere vivente o della durata di un’esistenza. Se, in quel momento, fossi stato soggetto a qualcuna di quelle idee, avrei provato rabbia e malevolenza nei confronti del re.
“ Ricordo inoltre che, nei tempi antichi, per ben 500 vite praticai la perseveranza trascendente attraverso il non essere catturato dall’idea di un sé, di una persona, di un essere vivente o della durata di un’esistenza. Quindi Subhuti, quando un bodhisattva fa sorgere l’ineguagliabile mente risvegliata, deve abbandonare ogni genere d’idea. Nel far nascere quella mente, non può basarsi sulla forma, né sui suoni, sugli odori, sui gusti, sugli oggetti del tatto o della mente. Può solo generare quella mente che non è soggetta a nulla.”
Quando si realizza la mente a tale punto non c’è più niente da ottenere o realizzare. Tutto il karma passato è esaurito e quello futuro non sorge.
Consideriamo brevemente il processo attraverso il quale si realizza Upekkha e raggiunge uno stato della mente equilibrato e saldo. Nel momento in cui ci confrontiamo con le otto vicissitudini mondane dobbiamo mantenere l’equanimità e il distacco, così, da un lato possiamo liberarci delle accumulazioni passate ( samskhara, disposizioni mentali), che prolungano la nostra esistenza, dall’altro evitiamo il sorgere di nuove formazioni.
Quando la mente è in perfetta equanimità, non giudica le cose. Quando i giudizi passati affiorano alla mente ma non vengono nutriti non hanno nessun modo di sopravvivere e spariscono da se. E’ come guidare un veicolo a benzina. Fintanto che la benzina c’è il motore va ma quando non mettiamo più benzina nella tanika il motore si ferma.
Allo stesso modo quando tutte le negatività della mente sono neutralizzate da Upekkha, ovvero dal non reagire, la mente ottiene la perfetta equanimità senza creare alcun nuovo sankhara ( predisposizione mentale).
Nel Buddhismo Upekkha è anche uno dei quattro fattori conosciuti come le Quattro Dimore di Brahma: Compassione, benevolenza, empatia ed equanimità. In questo caso però, sebbene il termine upekkha mantenga lo stesso signigficato di prima, l’attenzione è più diretta verso l’esterno e gli altri esseri.
Una meditazione recita nel seguente modo:
Possano tutti gli esseri dimorare nell’equanimità, senza attrazione e avversione, non vicini a qualcuno e distanti da altri. Possano dimorare così, Possa io fare in modo che sia così.
Infine un punto deve essere reso chiaro: Upekkha non indica in alcun modo “inazione”, “letargia” o “indifferenza”, un atteggiamento indifferente verso tutto. Nel buddhismo ci sono altri termini per indicare questi stati che sono considerati ostacoli della mente che non fanno progredire spiritualmente.
L’equanimità quindi non deve essere confusa con uno stato di torpore ma è invece una qualità estremamente positiva. Chi sviluppa Upekkha si astiene dalle reazioni che sorgono nella mente, ma non dalle azioni. Si realizzano le conseguenze delle azioni negative e ci si astiene dal compierle.
Per usare una metafora, quando le ebacce sono strappate via dal giardino, la piante che coltiviamo crescono meglio e di più. Eliminare le erbacce non significa eliminare tutte le piante del giardino.
Perciò Upekkha sembra essere il concetto centrale nell’insegnamento buddhista. Sviluppando questa qualità meravigliosa si può raggiungere la felicità vera in questa vita. L’insegnamento buddhista è pratico e solo mettendolo in atto si raccolgono i suoi frutti.

Questo insegnamento sull’equanimità è la traduzione dall’inglese di un discorso di un monaco theravada, il Ven. Maruke Mangala Thero (abate del Vihara di Lumbini, Nepal), in parte modificata ed ampliata da Taeri sunim.
Taeri sunim
http://www.bodhidharma.info/insegnamenti/comunita_bodhidharma/equanimita.htm