Lama Yesce: Il karma

Lama Yesce: Se la nostra mente è ristretta ed ipersensibile, anche la più piccola briciola può farci indietreggiare: “io non voglio quella briciola!” Questo non è il modo di agire del praticante di Dharma.

Lama Yesce: Se la nostra mente è ristretta ed ipersensibile, anche la più piccola briciola può farci indietreggiare: “io non voglio quella briciola!” Questo non è il modo di agire del praticante di Dharma.

Per semplificare al massimo, anche secondo il modo di pensare della comune società, ogni cosa che voi dedicate al beneficio degli altri è automaticamente positiva, mentre tutto ciò che fate soltanto per il vostro stesso beneficio porta automaticamente una reazione negativa. Se agite in modo egoista, il vostro cuore si sente chiuso, ma quando realmente cercate di aiutare gli altri, psicologicamente sperimentate un’apertura ed una liberazione che porta calma e comprensione nella vostra mente. Questo è positivo, questo è un buon karma.

Comunque, se non controllate fattivamente la vostra motivazione, potreste pensare o dire le parole “Sto lavorando per il beneficio degli altri”, mentre in realtà state facendo l’opposto. Per esempio, alcune persone ricche donano denaro con l’idea che essi stiano aiutando gli altri, ma ciò che realmente vogliono fare è accrescere la loro stessa reputazione. Tale generosità non è sincera e non ha niente a che fare con le azioni positive o con la moralità.

Dare con l’aspettativa che gli altri vi ammirino è dare per il vostro stesso piacere. Il risultato finale è che ciò vi rende incontrollati, agitati e confusi. Fateci caso. Guardate il modo in cui le persone comuni agiscono; è così semplice. Anche se voi donate enormi somme di denaro, se lo fate con una motivazione egoistica, aspettando risultati straordinari per voi stessi, non concluderete un bel niente. È una cosa psicologica; c’è di più da dare che non il solo gesto materiale. Prendete me, per esempio. Posso stare seduto a gambe incrociate nella postura di meditazione ed indurvi a pensare “Oh, Lama sta meditando”. Ma se la mia mente è persa in qualche incredibile trip, sebbene sembri che io stia facendo qualcosa di positivo, in realtà sto facendo qualcosa di completamente nevrotico e confuso. Non potete mai giudicare un’azione dalla sua apparenza esterna; la sua componente psicologica è molto più importante.

Perciò, fate attenzione. In particolare, manifestare amorevole gentilezza non vuol sempre dire sorridere, abbracciare e dire alle persone “Oh, ti voglio così tanto bene”. Certamente, se questo è ciò di cui qualcuno ha bisogno, allora fatevi avanti ed accarezzate o abbracciate quella persona; non sto dicendo che dovete evitare tutti i contatti fisici. Soltanto dovete sapere ciò che è appropriato per ogni occasione. Ho visto molti studenti venire ad un corso di meditazione, apprendere per la prima volta argomenti come l’amore, la compassione e la bodhicitta, e alla fine del corso essere tutti infervorati, desiderosi di aiutare gli altri: “Lama, voglio andare a Calcutta ed essere utile agli esseri senzienti che lì soffrono”.

Io dico: “Vuoi andare? Ok, vai e prova ad essere di aiuto al meglio che puoi”. Così loro partono, pieni di emozione, e certamente vedono una sofferenza terribile: povertà, fame, malattia e così via. Dopo un mese, devono ripartire, esausti, perché vedono che il semplice andare là, cercando di aiutare, non è la vera soluzione.

Un paio di mie studentesse, due belle ragazze, è andato in Pakistan ed a Calcutta, con la speranza di esprimere la propria amorevole gentilezza offrendo aiuto laddove la sofferenza era più grande. Ho detto loro di andare e di ritornare quando fosse stato il momento. Una volta là hanno scoperto che ciò che stavano facendo non era un reale aiuto, e dopo non molto sono ritornate.

Effettivamente, esprimere amorevole gentilezza attraverso l’azione è piuttosto difficile. Dovete essere molto abili. Ci vuole una grande saggezza. Se vi lanciate in una missione senza comprensione, soltanto con un ristretto ed emotivo sentimento di essere d’aiuto, correte il rischio di perdervi. Per esempio, se vedete qualcuno che sta annegando ed emotivamente vi tuffate senza saper nuotare, tutto ciò che accade è che entrambi perderete la vita.

La nostra energia fisica è limitata. Per questo motivo abbiamo dei limiti ad aiutare gli altri in questo modo – cerchiamo di essere di aiuto agli altri attraverso azioni fisiche, ma vi arriviamo vuoti; va oltre le nostre capacità. Se davvero volete dare una mano agli altri con amorevole gentilezza, agite secondo la vostra capacità e conoscete i vostri limiti. Non sovraccaricatevi di emotività e di comprensione incompleta.

L’energia mentale, comunque, è praticamente illimitata. Se realizziamo l’amorevole gentilezza, saremo come una nave. Non importa quanto pesante sia il carico, una nave può trasportarlo. Allo stesso modo, tramite l’amorevole gentilezza, possiamo fronteggiare ogni situazione che si presenta senza uscire di testa. Ed inoltre, una nave non discrimina, trasporta qualsiasi cosa di cui sia caricata. Similmente, con amorevole gentilezza, non favoriremo una persona piuttosto che un’altra: “Tu, vieni! Tu, vattene!”

Quando pratichiamo il dharma e la meditazione, ci costruiamo la forza interiore necessaria per essere del massimo beneficio agli altri e siamo capaci di fronteggiare qualsiasi difficoltà sorga. I praticanti che hanno paura a sentir parlare della sofferenza non stanno guardando in faccia la realtà. Il prefisso “maha” nella parola Buddhismo Mahayana significa “grande”. Un praticante mahayana si suppone che abbia tale vastità e, come una nave, accolga tutto ciò che gli si presenta.

Se la nostra mente è ristretta ed ipersensibile, anche la più piccola briciola può farci indietreggiare: “io non voglio quella briciola!” Questo non è il modo di agire del praticante di Dharma.

Anche la semplice persona media che vuole avere successo nella propria vita dovrebbe saper fronteggiare qualsiasi

situazione si presenti. Se perdete la testa per una minima cosa, questa vostra vita non potrà mai avere successo. La vita di tutti giorni è del tutto imprevedibile; non potete stabilire che le cose vadano proprio in un certo modo. Poiché le cose cambiano, voi dovete cambiare con loro. Dovete essere abbastanza flessibili da gestire qualsiasi cosa accada.

E se questo è vero per la persona ordinaria, quanto di più dovrebbe esserlo per un praticante di Dharma? Dovete avere il

coraggio di affrontare ogni difficoltà che incontrate: “Posso superare ogni ostacolo e raggiungere la perfetta liberazione.”

Attraversare l’oceano del samsara non è facile, ma non è il samsara che è difficile, è la nostra stessa mente. Ciò che dovete realmente attraversare è l’oceano della vostra mente schizofrenica, e dovete avere fiducia che potete farcela.

Per prima cosa dovete essere capaci di pensare “io posso affrontare qualsiasi cosa si presenti senza fuggirla.” La vita non è facile; lasciamo stare la meditazione, la vita in se stessa è difficile. Le cose cambiano; la mente cambia. Dovete fronteggiare qualsiasi cambiamento che avvenga.

Andare in ritiro non significa che state scappando dalla società e dalla vita perché le temete. Comunque, dovete sviluppare la fiducia che sarete capaci di gestire qualsiasi cosa la vita vi getti addosso. Ciò che dovete realmente giudicare, quindi, è quale sia la cosa ha più vantaggiosa da fare in ciascuna circostanza: rimanere nella società o andare in ritiro. Qualsiasi cosa intraprendiate è nelle nostre mani; ciò che avete bisogno di conoscere è perché lo state facendo.

Lama Yeshe diede questo insegnamento al Chenrezig Institute, Australia, il 28 giugno 1976.

A cura di Nicholas Ribush. Dal mensile on-line del Lama Yeshe Wisdom Archive Novembre-Dicembre 2003, n.10.

Traduzione di Anna Pagni.